Roma, 14-04-2011 Un fiume di sangue scorre attraverso la Libia: Muammar Gheddafi lo aveva promesso, e cosi' e'. A Misurata, citta' "martire", la "Sarajevo libica", sono finiti sotto le bombe anche i bambini, quelli ricoverati in un ospedale pediatrico. Piccoli inermi, vittime innocenti e inconsapevoli di un conflitto che procede spedito verso una escalation che preoccupa sempre di piu' le Nazioni Unite e il suo segretario generale Ban Ki-moon. E l'Italia e' ancora in prima fila per impedire che il massacro a Misurata continui: il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha ribadito anche oggi quanto sia urgente aiutare la citta', dove "250 civili, tra cui 20 bambini, sono stati uccisi in due settimane" - 23 solo oggi dai missili Grad - e dove oltre 20.000 sfollati "muovono verso il centro" e "6.000 stranieri sono in attesa di evacuazione".Frattini denuncia poi che i soldati del rais minano le zone intorno alla citta' martire, creando una "situazione terribile", soprattutto, ancora una volta, per i bambini "che vanno a metterci le mani". La situazione e' grave, tanto da spingere Ban Ki-moon, significativamente lanciato nel corso di un vertice tra Lega araba, Ue e Unione africana, a esprimere nuovamente "grave preoccupazione per l'escalation della violenza e per le violazioni dei diritti umani". A Misurata, tutta la periferia e' nelle mani di Gheddafi, che - spiegano fonti dei ribelli - con le sue truppe si e' fatto largo verso il centro e controlla le due arterie principali, Tripoli e Bengasi street. I militari ribelli stimano di controllare meno del 40% della citta', mentre il porto finora nelle loro mani, e che rappresenta l'unica via d'uscita da Misurata, e' stato chiuso oggi dopo i pesanti bombardamenti da parte delle forze governative. I guerriglieri di "Libia libera" attaccano i nemici con assalti mirati, rapidi, poi si ritirano lungo le strette stradine costellate di macerie. Barricate di fortuna, in gran parte tubi d'acciaio messi per traverso e blocchi di cemento armato, spuntano in tutte le strade. Nessuno puo' uscire, se non consegnandosi ai miliziani della Jamariyah islamica. "La sua tattica e' quella di terrorizzare la popolazione. Quello che lui non controlla non lo deve controllare nessun altro - continuano le fonti -. E' come per gli impianti, o il petrolio va a Tripoli o non va da nessuna parte". Circa 400 soldati addestrati si confrontano con un migliaio di fedelissimi del rais. L'artiglieria spara a casaccio, e la gran parte delle famiglie ammassate nei due chilometri di "area sicura" davanti al porto. Gli insorti chiedono piu' raid Nato. Da Bengasi, ammettono i ribelli, "ogni giorno partono piccole imbarcazioni che trasportano medicinali, armi, equipaggiamento. Alle volte partono anche dei piccoli gruppi di guerriglieri, che danno il cambio agli altri". Per evitare i controlli Nato, i soldati di Bengasi sono costretti a fare come i contrabbandieri, sfrecciare sul mare vicino alla costa, usando imbarcazioni piccole, poco individuabili ma altrettanto di fortuna. Domani la grande manifestazione dell'opposizione colorera' la "capitale dei ribelli": sono attesi cortei in tutto il Paese. Forse anche a Tripoli, dove oggi Gheddafi e' sfilato in pompa magna a bordo di un suv. Nel quartiere di Fashaloum la tensione e' gia' alta, con voci che si rincorrono su un "bagno di sangue", con le forze di sicurezza che avrebbero sparato sulla folla. I ribelli sognano una nuova avanzata, si organizzano, rafforzano le difese. E sognano, questa notte, che l'insurrezione scoppi nella capitale del rais.
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