Carcere Militare
Per poter comprendere l’istituto e le finalità del carcere militare non si può evitare di riprendere alcune nozioni in tema di giustizia militare. Pare certamente necessario e doveroso peraltro utilizzare i materiali di cui al Libro Bianco 2002 pubblicato dal Ministero della Difesa. Ho pubblicato anche il link per poter reperire il testo integrale del volume per chi volesse leggerlo tutto.
Libro Bianco 2002
http://www.difesa.it/Approfondimenti/ArchivioApprofondimenti/Libro+Bianco/
Parte VIII
http://www.difesa.it/Approfondimenti/ArchivioApprofondimenti/Libro+Bianco/Parte+VIII.htm
LA GIUSTIZIA MILITARE
8.1 GENERALITA'8.2 CONSIGLIO DELLA MAGISTRATURA MILITARE8.3 ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA MILITARE8.4 ATTIVITA' GIUDIZIARIA: DATI STATISTICI8.5 PERSONALE DI MAGISTRATURA8.6 PERSONALE NON DI MAGISTRATURA8.7 ASSEGNAZIONE DI PERSONALE MILITARE8.8 ISTITUZIONE DI SEZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA MILITARE8.9 L'ORGANIZZAZIONE PENITENZIARIA MILITARE (OPM - ORGANI ESECUTIVI)8.10 CONSIDERAZIONI8.11 APPLICAZIONE DEL CODICE PENALE MILITARE DI PACE (E NON DI GUERRA) DURANTE LE MISSIONI MILITARI ALL'ESTERO - ASPETTI PROBLEMATICI
8.1 GENERALITA'Il Ministro della Difesa ha, rispetto ai magistrati militari ed al Consiglio della Magistratura militare, C.M.M. le medesime attribuzioni che spettano al Ministro della Giustizia rispetto al Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.), e ai magistrati ordinari.L'art. 103 della Costituzione attribuisce, in tempo di pace, ai tribunali militari l'esercizio della giurisdizione per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze Armate.La legge 7 maggio 1981, n.180, ha apportato una serie di modifiche all'ordinamento giudiziario militare.
8.2 CONSIGLIO DELLA MAGISTRATURA MILITARECon legge 30.12.1988, n.561 è stato istituito il C.M.M., organo di autogoverno, successivamente regolamentato con D.P.R. del 24.3.1989, n.158.Il Consiglio, al fine di garantire la stessa indipendenza riconosciuta ai giudici ordinari, ha, come già detto le medesime attribuzioni spettanti al C.S.M., ivi comprese quelle concernenti i procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati militari.Il C.M.M. è, infatti, competente a deliberare su ogni provvedimento di stato riguardante i magistrati militari e su ogni altra materia ad esso devoluta dalla legge.In particolare, delibera sulle assunzioni della Magistratura Militare, sull'assegnazione di sedi e di funzioni, sui trasferimenti, sulle promozioni, sulle sanzioni disciplinari, sul conferimento ai magistrati militari di incarichi extragiudiziari; esprime pareri e può far proposte al Ministro della Difesa sulle modificazioni delle circoscrizioni giudiziarie militari e su tutte le materie riguardanti l'organizzazione o il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia militare; dà pareri su disegni di legge concernenti i problemi del settore giudiziario.Sulle materie di competenza del Consiglio, il Ministro della Difesa può avanzare proposte, proporre osservazioni e può intervenire alle adunanze del Consiglio, quando ne è richiesto dal Presidente o quando lo ritenga opportuno, per fare comunicazioni o per dare chiarimenti.Il Ministro, tuttavia, non può essere presente alle deliberazioni.Fanno parte del Consiglio - che dura in carica 4 anni - : il primo presidente della Corte di Cassazione, che lo presiede; il procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione; cinque componenti eletti dai magistrati militari, di cui almeno uno magistrato militare di Cassazione; due componenti estranei alla magistratura militare, scelti d'intesa tra i Presidenti delle due Camere fra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati con almeno quindici anni di esercizio professionale: uno di essi è eletto dal Consiglio Vice Presidente.L'attuale Consiglio - che è il IV dalla legge istitutiva - si è insediato il 31 luglio 2001.
8.3 ORGANIZZAZIONE GIUDIZIARIA MILITAREGli Uffici giudiziari militari si distinguono in organi requirenti (Procura generale militare presso la Suprema Corte di Cassazione; Procura generale presso la Corte militare d'Appello e 9 Procure militari presso i Tribunali militari) e organi giudicanti (Corte militare d'Appello, 9 Tribunali militari e Tribunale militare di sorveglianza).Presso ogni tribunale militare, organo giudiziario di 1° grado, è istituito un ufficio del giudice per le indagini preliminari e uno del giudice per l'udienza preliminare, la cui organizzazione non presenta particolarità rispetto ai corrispondenti uffici esistenti presso i tribunali ordinari.Ai sensi della legge 180/81, i tribunali militari giudicano con l'intervento del presidente del tribunale militare, che lo presiede o, in caso di impedimento, di un magistrato militare di appello, con funzioni di presidente; di un magistrato militare di tribunale o di appello, con funzioni di giudice; di un militare di una delle FF.AA. o della Guardia di Finanza, di grado pari a quello dell'imputato e comunque non inferiore al grado di ufficiale, estratto a sorte, con funzioni di giudice.
Organo di secondo grado è la Corte militare d'Appello, istituita con l'art.3 della legge 7.5.1981, n.180, che giudica sull'appello proposto avverso i provvedimenti emessi dai tribunali militari.Alla Corte militare d'Appello sono devolute, altresì, le competenze che l'art.45 dell'ordinamento giudiziario militare (R.D. 9 settembre 1941, n.1022) attribuiva al Tribunale supremo militare in composizione speciale (riabilitazione militare; reintegrazione nel grado, ecc.).Il Collegio giudicante della Corte militare d'Appello è formato dal presidente della Corte stessa o, in caso di impedimento, da un magistrato militare di Cassazione o di Appello, con funzioni di presidente; da due magistrati militari di appello, con funzioni di giudice; da due militari di una delle FF.AA. o della Guardia di Finanza, di grado pari a quello dell'imputato e, comunque, non inferiore a tenente colonnello, estratti a sorte, con funzioni di giudice.
Vi è poi il Tribunale militare di sorveglianza - istituito dal D.L. 27.10.1986, n.700, convertito con legge 23.12.1986, n.897, a seguito del riordinamento degli organi di sorveglianza della giurisdizione ordinaria - competente a vigilare sull'esecuzione delle pene (fig. 1).Il suddetto Tribunale si compone di tutti i magistrati militari di sorveglianza e di esperti nominati dal C.M.M., nell'ambito delle categorie indicate dall'art.80, IV comma, della legge 26.7.1975, n.354 (professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia e psichiatria), nonché fra i docenti di scienze criminalistiche.
TABELLA ITALIA (File Pdf 495 Kb)
8.4 ATTIVITA' GIUDIZIARIA: DATI STATISTICINel corso dell'anno 2000 - come emerge dagli esiti di un'indagine conoscitiva promossa dal Consiglio della Magistratura Militare - gli Uffici giudiziari militari di primo grado hanno pronunciato 4010 sentenze dibattimentali (di cui 870 di patteggiamento), alle quali vanno aggiunte 1500 sentenze rese dai giudici per l'udienza preliminare - dati questi pressocchè costanti rispetto a quelli degli ultimi anni.Gli uffici requirenti di primo grado, invece, sempre nel medesimo anno di riferimento, hanno esercitato l'azione penale in circa 4300 casi, a fronte dei quasi 9000 dell'anno 1997 (meno 50%).I dati relativi agli uffici giudiziari militari d'appello, a quelli di sorveglianza e alla Procura generale militare presso la Suprema Corte di Cassazione fanno emergere come l'attività giudiziaria sia numericamente limitata e, comunque, tendenzialmente in diminuzione.Tale quadro non deve, tuttavia, indurre a ritenere - come sostenuto dallo stesso Consiglio in una recente delibera - che il lavoro e le esigenze degli uffici giudiziari militari, con la riduzione del personale di leva, siano destinati necessariamente a diminuire.Infatti, se da un lato è vero che statisticamente si è registrato un decremento dei reati tipici commessi dal personale di leva cosiddetti reati di "assenza" (mancanza alla chiamata, diserzione, ecc.), è altrettanto vero che sono lievitati i reati cosiddetti di "carattere", soprattutto alcune tipologie di delitti come quelli patrimoniali contro la P.A..Ciò comporta che se numericamente il carico di lavoro può apparire diminuito, nella realtà tali tipologie di reati di "carattere", per le difficoltà delle indagini e dei dibattimenti, determinano un impegno lavorativo molto più elevato rispetto al precedente.Inoltre, occorre tenere presente il carico di lavoro che è derivato dal nuovo codice di procedura penale che ha introdotto (1989) il cosiddetto rito "accusatorio" in cui la prova si forma con il contraddittorio delle parti, nonché la neo istituzione degli Uffici del giudice per le indagini preliminari (gip) e del giudice per l'udienza preliminare (gup).
8.5 PERSONALE DI MAGISTRATURAIn tale contesto, la situazione di copertura dell'organico dei magistrati militari si presenta, allo stato, abbastanza soddisfacente, tenuto anche conto della circostanza che nell'immediato si prevedono pochi collocamenti in quiescenza.A fronte di un organico di 103 magistrati militari, infatti, attualmente si registrano 83 presenze cui sono da aggiungere altre 13 unità di recente nomina che stanno completando il periodo di uditorato, ultimato il quale saranno immessi nelle relative funzioni.Per la copertura dei residui 7 posti, è in fase di espletamento il concorso per titoli (riservato ai magistrati ordinari).Il Consiglio della Magistratura militare, tuttavia, ha evidenziato, per il medio termine, le difficoltà legate alle particolari modalità di immissione in servizio dei magistrati militari.In particolare, il concorso per l'accesso nella Magistratura militare si svolge in due fasi, la prima delle quali riservata ai magistrati ordinari, e una successiva riservata ai laureati.I magistrati ordinari vincitori, però, frequentemente raggiungono le sedi loro assegnate solo se di gradimento e solo se nel frattempo non hanno potuto soddisfare le loro aspirazioni di trasferimento nell'ambito dell'ordine giudiziario di provenienza.Da ciò conseguono inevitabili lungaggini e riflessi negativi sulla copertura degli uffici.
8.6 PERSONALE NON DI MAGISTRATURA (riepilogo prospetto 2)Per quanto invece riguarda il personale non di magistratura, i vigenti organici dei dirigenti, funzionari, collaboratori e assistenti di cancelleria prevedono 7 unità dirigenziali, 14 direttori di cancelleria, 26 funzionari di cancelleria, 40 collaboratori di cancelleria, 36 assistenti giudiziari e 173 unità di IV e V qualifica funzionale.Attualmente, se si è provveduto alla completa copertura dei posti di IV e V qualifica funzionale, si registrano nelle altre qualifiche delle vacanze, destinate tuttavia ad essere ripianate nel breve periodo: in parte mediante procedure concorsuali e in parte mediante il ricorso alle procedure di riqualificazione.Quanto ai concorsi, l'Amministrazione, dopo aver richiesto e ottenuto - in sede di programmazione triennale del fabbisogno di personale, ai sensi dell'art.39, comma 1, della legge 449/97 - l'autorizzazione dalla Presidenza del Consiglio, ha bandito, nel decorso mese di luglio, i concorsi relativi a varie qualifiche: n. 9 posti di funzionario di cancelleria, n. 12 posti di collaboratore di cancelleria e n. 31 posti di assistente giudiziario.
PERSONALE NON DI MAGISTRATURA DELLA GIUSTIZIA MILITARE (File Pdf 317 KB)
Le procedure di riqualificazione, per i restanti posti, sono invece in fase di ultimazione.Per il personale non di magistratura la legge 3.2.1989, n.38 ha istituito presso il Ministero della Difesa il Consiglio di Amministrazione per il personale delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, che oltre ad avere le attribuzioni previste dalla legge in materia di personale, svolge anche le funzioni di consiglio di disciplina.Il suddetto Consiglio, costituito all'inizio di ogni biennio con decreto del Ministro, è composto da un magistrato militare di Cassazione, nominato alle funzioni direttive superiori, che lo presiede; un magistrato militare con funzioni di giudice di appello; il dirigente più anziano tra i dirigenti delle cancellerie militari e un dirigente in servizio presso la Direzione Generale per il Personale Civile.
8.7 ASSEGNAZIONE DI PERSONALE MILITAREUna problematica molto delicata è rappresentata dall'assegnazione di personale militare a supporto degli Uffici Giudiziari Militari, personale che attualmente (compresi CC e G di F) si approssima alle 400 unità.Il nuovo modello professionale verso cui sta evolvendo lo strumento militare, avrà come conseguenza, nelle FF.AA., sia la drastica riduzione del numero dei "Quadri" (Ufficiali e Sottufficiali), sia la graduale sospensione della ferma di leva. Pertanto, in un futuro molto prossimo, le FF.AA. saranno nell'impossibilità di poter sostenere e fronteggiare le richieste degli Organi della G.M., in particolare di quelli dislocati in periferia.Conseguentemente, per assicurare il funzionamento delle cancellerie giudiziarie militari (onere posto a carico dell'A.D. ex art. 15 L. 180/1981), si dovrà prevedere esclusivamente l'impiego di personale civile ausiliario.La suesposta problematica (estesa anche all'insostenibile sovrassegnazione di autovetture a servizio degli Uffici Giudiziari Militari: 63 a fronte delle 37 previste dal D.I. 06.11 1990), è all'esame di apposito Gruppo di Lavoro, costituito su disposizione del Gabinetto del Ministro presso lo Stato Maggiore della Difesa (SMD) e comprendente rappresentanti, oltre di SMD (che presiede) e del Gabinetto del Ministro, anche degli Stati Maggiori di Forza Armata, dei Comandi Generali CC. e G. di F., del Segretariato Generale della Difesa e della Magistratura Militare.
8.8 ISTITUZIONE DI SEZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA MILITAREL'istituzione di Sezioni di polizia giudiziaria militare presso ciascuna Procura militare della Repubblica è un'esigenza vivamente avvertita dall'Ordinamento giudiziario militare; se ne sono fatti portavoce più volte il Consiglio della Magistratura militare nelle sue delibere plenarie ed il Procuratore generale militare della Repubblica presso la Corte militare di Appello nella periodica relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario. Sul punto appare opportuno che venga predisposta una disciplina organica tenendo conto della peculiare condizione militare e assicurando l'armonizzazione dei compiti e delle responsabilità di PGM dei Comandanti di Corpo con le attribuzioni proposte per le Sezioni la cui istituzione potrà essere analizzata nell'ambito di una più ampia riforma dell'ordinamento giudiziario penale militare.Al momento, tuttavia, pur in assenza dello specifico veicolo legislativo, le necessità segnalate negli anni dalle diverse Procure militari, sono state talora soddisfatte ricorrendo all'assegnazione, sul solo piano effettivo, del personale richiesto appartenente all'Arma dei Carabinieri.
8.9 L'ORGANIZZAZIONE PENITENZIARIA MILITARE (OPM - Organi esecutivi)L'OPM costituisce un settore di attività alle dipendenze dello SM dell'Esercito.Le carceri militari sono istituzionalmente preposte alla custodia di detenuti militari per reati militari (Decreto Luogotenenziale 27 ottobre 1918, Regio Decreto 306/1943 e art.26 CPMP) che, conservando lo stato giuridico militare, continuano ad essere soggetti a leggi (penali) e regolamenti (disciplinari) propri di tale stato, sotto la giurisdizione della Magistratura militare, e ricevono un trattamento rieducativo-addestrativo diretto a favorire il loro reinserimento nelle unità delle Forze Armate e nel contesto civile della società.Per effetto della legge 121/1981 (art. 79), nelle carceri militari possono essere reclusi anche gli appartenenti alle Forze di Polizia (FP) detenuti per qualsiasi reato, su richiesta degli interessati. In mancanza di specifica richiesta, i detenuti delle FP vengono ristretti presso le "Sezioni protette" degli Istituti di pena civili (IPC). Tali compiti di detenzione delle carceri militari sono verificati nella loro esecuzione dalla:- Magistratura di Sorveglianza militare e ordinaria, rispettivamente per i detenuti definitivi militari e per gli appartenenti alle FP;- Autorità giudiziaria militare e ordinaria procedente, rispettivamente per gli altri detenuti militari e gli altri appartenenti alle FP.Tale realtà, con sempre più frequenti "affidamenti" di "particolari detenuti" sottoposti ad una sorveglianza tipica di IPC "di massima sicurezza", ha accentuato la "devianza d'impiego" di un'organizzazione normalmente dedicata a compiti di carattere esclusivamente militare.Attualmente, infatti, per effetto della promiscuità di detenuti militari e civili, di trattamenti detentivi e di competenze giudiziarie, il personale militare vigilatore deve di fatto assolvere funzioni tipiche di un IPC "di massima sicurezza" secondo leggi e norme che al momento sono eterogenee fra loro, con assunzione da parte dello stesso di responsabilità tipiche dell'organizzazione civile.Al momento, le esigenze di detenzione militare sono soddisfatte interamente dall'Esercito, per il tramite di una struttura basata su:- un Comando a livello Generale di Brigata, con sede in Sulmona;- un battaglione addestramento reclute (57° btg. f. "Abruzzi") nella stessa sede, incaricato di formare anche il personale (U., SU. e Mil.Tr.) destinato a compiti di "vigilanza detenuti";- 2 carceri militari attive, rispettivamente in Roma (Forte Boccea) e S. Maria Capua Vetere (CE);- 3 Sezioni di carcere militare in posizione "Quadro" nelle sedi di Peschiera del Garda (VR), Cagliari e Palermo.Da sottolineare che tali esigenze, già a suo tempo ridottesi con la sottrazione degli "obiettori" alla giustizia militare (per effetto della sentenza n. 358/1993 della Corte Costituzionale), si ridurranno ulteriormente in considerazione che le tipologie dei reati dei militari detenuti nelle carceri militari (mancanza alla chiamata e diserzione) sono quasi esclusivamente connesse con il servizio obbligatorio di leva che è destinato a scomparire nel breve-medio termine.In tale quadro, appare evidente la ridondanza della struttura che potrebbe essere razionalizzata individuando un'unica sede ove concentrare tutte le citate componenti, prevedendo il trasferimento del Comando OPM da Sulmona a S. Maria Capua Vetere e la contrazione del carcere militare di Roma a Sezione "Quadro".Tale provvedimento consentirà di soddisfare pienamente le esigenze di detenzione militare, nella sede di S. Maria Capua Vetere, dove sono stati completati i lavori di ammodernamento e di ampliamento della capacità ricettiva.Si rendono, altresì, necessarie adeguate soluzioni connesse con la: - possibile detenzione militare femminile;- attuale legislazione/regolamentazione penitenziaria militare, risalente al 1918 e al 1943;- diminuzione della disponibilità di personale vigilatore e custode da impiegare nelle carceri militari che al momento è essenzialmente tratto da quello in servizio obbligatorio di leva.
8.10 CONSIDERAZIONIIl disegno riformatore relativo all'Amministrazione della Difesa, non ancora compiuto, non ha sinora riguardato l'amministrazione giudiziaria militare. L'area della giustizia militare è rimasta pressocchè immutata nel tempo.Se da un lato la spiccata autonomia di tale ordinamento ne costituisce la fondante ragione , dall'altro potrebbe non essere del tutto coerente una siffatta scelta che quanto meno dovrebbe essere adeguatamente approfondita per essere confermata.I profili che potrebbero essere affrontati riguardano sia la competenza della magistratura militare sia, in un nesso inscindibile, l'ordinamento.Occorre non solo proiettarsi nel medio-lungo periodo e cercare di anticipare i tempi, ma anche rivisitare opzioni che potrebbero per una loro condivisa opportunità essere introdotte, qualora innovative dell'attuale sistema, nel mondo giuridico.
8.11 APPLICAZIONE DEL CODICE PENALE MILITARE DI PACE (E NON DI GUERRA) DURANTE LE MISSIONI MILITARI ALL'ESTERO - Aspetti problematiciL'art. 9 c.p.m.g., risalente al pari di quello di pace al 1941, prescrive che: "Sono soggetti alla legge penale militare di guerra, ancorchè in tempo di pace, i corpi di spedizione all'estero per operazioni militari, dal momento in cui si inizia il passaggio dei confini dello Stato e, se trattasi di spedizione oltremare, dal momento in cui s'inizia l'imbarco del corpo di spedizione.Per gli equipaggi delle navi militari o degli aeromobili militari, la soggezione alla legge penale militare di guerra ha inizio dal momento in cui è ad essi comunicata la destinazione alla spedizione".La disposizione, statuendo l'applicazione della legge penale militare di guerra a tutti i Corpi - equipaggi terrestri, navali ed aerei - allorchè vengono inviati all'estero per azioni militari, consente sia l'esercizio dell'azione penale verso tutti quei reati tipici codificati in siffatta legge eventualmente commessi da militari italiani, sia la perseguibilità di specifici reati commessi a danno di questi ultimi.Se questa è la norma di riferimento in materia, occorre dire che sinora il Legislatore, in occasione delle numerose missioni all'estero che le nostre FF.AA. sono state chiamate a svolgere, ha scelto di applicare il solo codice penale militare di pace.La soluzione adottata ha come conseguenza anche l'impossibilità di perseguire i cosiddetti "crimini di guerra" le cui fattispecie sono contenute negli artt. da 165 a 230 c.p.m.g. all'epoca molto anticipatorio sul punto rispetto alle norme internazionali vigenti, ma che nel tempo avrebbe richiesto un aggiornamento alla luce delle convenzioni successivamente ratificate in materia dall'Italia.Inoltre, un ulteriore effetto della scelta operata dal Legislatore è da rinvenire nell'inapplicabilità nelle operazioni militari all'estero delle norme di diritto bellico, di diritto internazionale umanitario e di quelle disposizioni volte a consentire una migliore tutela dei nostri militari.In tale contesto sinora si è cercato di sopperire con istruzioni interne e con le cosiddette "regole di ingaggio", la cui violazione rileva eventualmente solo sul piano disciplinare. Tuttavia, attesa anche la vastità della materia, esse non possono considerarsi risolutive del problema.Unico punto fermo rimane la giurisdizione del Tribunale militare di Roma in ordine a tutti i reati militari commessi all'estero da appartenenti ai contingenti impiegati.La sospensione sempre sancita dal Legislatore del c.p.m.g. nei confronti delle forze militari impiegate all'estero ha la sua ratio verosimilmente in fattori di natura più psicologica che giuridica.Il termine "guerra" suscita nell'immaginario collettivo scenari che si vorrebbero esorcizzare con l'abolizione della parola dal linguaggio comune. Ma è giunto il momento di razionalizzare la materia e conformare la situazione di diritto a quella di fatto.E' interesse delle FF.AA. e degli operatori disporre di un quadro di riferimento aggiornato, certo e compatibile con i principi costituzionali, con le convenzioni internazionali ratificate e con le emergenti fattispecie dettate dall'esperienza operativa. I risultati non possono che essere del tutto positivi sul piano sostanziale e processuale.Orbene, è per tali significative ed ineludibili finalità che il Governo si è fatto carico del problema e con decreto-legge, stante la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni volte a disciplinare la partecipazione italiana all'operazione multinazionale denominata "Enduring-Freedom" contro il terrorismo, ha provveduto ad applicare il codice penale militare di guerra al personale impiegato.Ciò comporterà una particolare tutela penale inerente alla condizione e all'interesse militare e consentirà l'applicazione di alcune norme contro le leggi e gli usi della guerra, cioè di diritto umanitario.Tuttavia, si è dovuto stabilire la non applicazione a detta operazione delle disposizioni sulla procedura militare di guerra e quelle concernenti il relativo ordinamento giudiziario.Contestualmente al predetto provvedimento, il Governo, attese le significative implicazioni di natura sostanziale e processuale, ha approvato anche un disegno di legge recante modifiche allo stesso codice penale militare di guerra, non limitate alla sola operazione "Enduring-Freedom".Infatti diverse disposizioni sostanziali del codice penale militare di guerra appaiono contrastanti con alcuni principi costituzionali ed altre richiedono un adeguamento all'ordinamento militare ridefinito e alle mutate circostanze di fatto.L'iniziativa legislativa ha, così, il pregio di introdurre un aggiornato assetto nel pieno rispetto di tutti gli interessi in gioco, modernizzando in definitiva la materia.Peraltro, entrambe le iniziative si coniugano in modo puntuale con l'esigenza in tal senso prospettata dal C.M.M.. Un più radicale e incisivo intervento di riforma dei codici non potrà che essere realizzato nei dovuti modi e nei necessari tempi, che, attesa la complessità dei temi in discussione, è verosimile ritenere non brevi.
Si consiglia la lettura di questi due articoli sul tema tratti dal sito web http://poliziadistato.it/poliziamoderna/articolo.php?cod_art=1125
L’ultimo carcere
Un giorno hanno indossato la divisa delle forze armate o delle forze dell’ordine, ora si trovano in prigione. La vita dei detenuti dell’unico penitenziario militare rimasto attivo in Italia
Anacleto Flori
Il frastuono del traffico cittadino cessa come per incanto quando la pesante porta carraia si richiude alle nostre spalle, rivelando lo scenario consueto di una caserma: mura di cinta tutt’intorno, palazzine basse e ben tenute, il piazzale dell’alzabandiera e ampi viali ordinati lungo i quali si muovono gruppi di giovani volontari in tuta mimetica. Quello che colpisce è la sensazione di assoluta tranquillità, mentre ci guardiamo intorno stupiti, cercando di trovare, al di là di alcune torrette di controllo che campeggiano in alto, qualche traccia evidente, i segni inequivocabili del carcere. E sì perché questa di Santa Maria Capua Vetere (CE) non è una caserma come tutte le altre, proprio tra le sue mura si trova, dopo la chiusura delle storiche strutture di Forte Boccea a Roma e di Peschiera del Garda (VR) l’ultimo penitenziario militare attivo. La prigione vera e propria è situata all’interno di un edificio su due piani, a ferro di cavallo, presidiato da soldati armati; qui i controlli diventano più rigorosi e, nonostante la totale assenza di tentativi di evasione, prima di entrare bisogna sottoporsi ad una accurata perquisizione. Una volta superata l’accogliente sala colloqui, dove tavolini e sedie hanno preso il posto della tavolata e del vetro divisorio, sono i lunghi corridoi intervallati da pesanti cancelli di ferro e le piccole celle, con tanto di spioncini e inferriate alle finestre, a suscitare nel visitatore il disagio psicologico, tipico di un luogo chiuso. Qui i detenuti si trovano a condividere non solo la privazione della libertà e l’angusto spazio di una cella ma anche la stessa condizione esistenziale: quella di avere un giorno indossato una divisa, di essere stati per un periodo della propria vita dall’altra parte della barricata, dalla parte della legge e non dei malfattori. La popolazione carceraria di Santa Maria Capua Vetere (un centinaio circa di reclusi) è infatti composta non solo da persone provenienti dai ranghi dell’esercito, dell’aeronautica e della marina, colpevoli di reati militari, ma anche da appartenenti alle forze di polizia (poliziotti, carabinieri, finanzieri, forestali e guardie penitenziarie) che hanno volontariamente scelto, in base all’art.79 della legge 121/81, di scontare qui la loro pena, piuttosto che in un carcere civile. “A quest’ora (sono circa le 10,30, ndr) le celle sono quasi tutte vuote – fa notare il direttore carcerario, il tenente colonnello Antonio del Monaco – perché dopo la sveglia (alle 7,00) e la celebrazione della Santa Messa i detenuti sono impegnati con i gruppi di lavoro per tutta la mattinata. Siamo infatti convinti che in un carcere che non vuole più essere inteso come luogo di segregazione, la condivisione di attività lavorative ma anche culturali e ricreative diventa un elemento rieducativo fondamentale”. Da qui la creazione di spazi comuni come la biblioteca, la palestra, la sala tv, la cappella, una mensa in cui guardie e carcerati mangiano lo stesso cibo, e perfino l’allestimento di una squadra di calcio, iscritta al campionato regionale di 3^ categoria, in cui giocano fianco a fianco, unico caso in Italia, carcerati, sorveglianti e perfino un magistrato. “Inoltre – continua il comandante – all’interno della caserma c’è anche un’area verde in cui i detenuti, in occasione di feste come il Natale o la Pasqua, possono trascorrere fuori dal carcere un’intera giornata con le proprie famiglie; famiglie molto spesso segnate da profondi processi di disgregazione a causa delle vicende processuali e penali. Ricucire con pazienza la trama dei tessuti affettivi gioca allora un ruolo fondamentale per la riuscita del futuro reinserimento: un aspetto su cui abbiamo puntato molto, organizzando, con il finanziamento della regione Campania, corsi di formazione professionale (giardinaggio e pittura) riservati al personale recluso ma anche auspicando l’apertura, proprio qui, di una succursale dell’Istituto alberghiero di Teano”. Spirito di condivisione dunque, ma anche, per motivi logistici, alcune necessarie differenziazioni, come la creazione, ad esempio, di distinte sezioni carcerarie in cui trovano posto i detenuti militari, quelli delle forze dell’ordine e i condannati a lunghe pene detentive (gli ergastolani, a differenza degli altri, vivono in celle singole). Il recente arrivo di una detenuta, ha inoltre reso necessario l’allestimento di una sezione femminile. Anche le attività sono diversificate a seconda dello status giuridico di appartenenza: i militari di carriera svolgono per lo più esercitazioni ed addestramenti, perché nel loro caso la pena da scontare è finalizzata soprattutto al reinserimento nei rispettivi corpi. Discorso diverso invece per gli appartenenti alle forze dell’ordine, che sono per lo più impiegati nella manutenzione delle infrastrutture e nei servizi logistici della caserma (bar, mensa, casermaggio e magazzini). Ed è proprio qui che si riscontra la maggiore disparità di trattamento: mentre il lavoro dei detenuti provenienti dalle forze armate viene retribuito (la paga è quella di un ex soldato di leva), poliziotti, finanzieri, carabinieri, forestali e penitenziari, ormai smilitarizzati, lavorano a titolo gratuito e volontario (per loro non è possibile applicare il trattamento previsto dall’ordinamento penitenziario militare).Intanto i primi detenuti, facilmente riconoscibili dalla tuta grigia a bande bianche, iniziano a rientrare per il pranzo: alcuni sono accompagnati da sorveglianti, altri invece arrivano da soli senza alcuna scorta: sono quelli che potremmo definire (citando Brubaker, uno dei più bei film sul mondo carcerario, interpretato da Robert Redford) gli affidabili; detenuti cui vengono spesso assegnati lavori di responsabilità e liberi di circolare all’interno della caserma senza particolari restrizioni. “Quello della affidabilità è un vero e proprio attestato di fiducia – sottolinea Elisabetta Bosco, sociologa del Nucleo osservazione scientifico della personalità – concessso ai detenuti dopo un periodo di osservazione di una sessantina di giorni. Una scelta coraggiosa e responsabile da parte dell’amministrazione penitenziaria anche perché la decisione viene presa, tenendo conto soprattutto degli aspetti personali e comportamentali più che del tipo di reato commesso”.Un atteggiamento di apertura, reso possibile dall’unicità dei reati commessi, dall’assenza cioè di recidiva: è come se le persone rinchiuse in questo carcere si siano trovate, a un certo punto della propria vita di fronte a una sorta di tragico “incidente di percorso”, con tutto il suo carico di dolorose conseguenze.“Nella maggior parte dei casi – spiega infatti la sociologa – si tratta di delitti passionali o di reati commessi nell’esercizio delle proprie funzioni, da soggetti che si sono fatti in qualche modo contagiare dalla vicinanza dei comportamenti illegali. In ogni caso ci troviamo di fronte a persone che conservano anche in carcere una sorta di etica professionale, con dei valori morali che hanno, solo per un attimo, abbandonato: da qui anche l’incredulità, l’incapacità quasi di rendersi conto di trovarsi ormai dall’altra parte della barricata”. È il caso di Alfonso, un detenuto sulla cui onestà lo stesso comandate del Monaco metterebbe la mano sul fuoco: più di un decennio di polizia alle spalle, trascorso come esperto di motori presso l’autoparco della questura di Roma fino al momento dell’arresto e della condanna all’ergastolo per concorso nell’omicidio della moglie, da cui si era appena separato. Nessuno potrà restituire la vita a quella giovane donna e Alfonso ha pagato e sta pagando per questo. Ma anche a lui non è rimasto molto: non la gioia dei suoi figli, che non ha più rivisto dal giorno del suo arrivo a Santa Maria Capua Vetere, non il lavoro di poliziotto, che pure aveva rappresentato il coronamento di una passione coltivata fin da ragazzino, ma solo l’affetto immutabile e le rare visite dei suoi anziani genitori. Ora, dopo sette lunghi anni di buona condotta per lui si apre la prospettiva della semi libertà: intanto, tra queste mura, ha conosciuto un modo diverso di vivere e la speranza del perdono.Perché per lui, come per tutti gli altri, alla fine c’è da fare i conti con un diffuso giudizio morale, difficile da sopportare: da un delinquente di strada, magari con un passato difficile ci si può attendere determinati comportamenti criminali, ma da un carabiniere o da un poliziotto, assolutamente no. Per alcuni può diventare una colpa imperdonabile che merita una doppia condanna, sociale prima ancora che penale.Intanto tra storie di drammatica umanità e piccoli segnali di speranza, il giorno è scivolato via: la porta carraia cigola piano sui cardini, restituendoci all’abbraccio caotico della città. Per chi rimane al di là del muro, inizia l’attesa del controllo delle 22,30, quello che sancisce la fine della giornata: è l’ultimo rito quotidiano da poter condividere insieme agli altri. Poi è tempo di rimanere soli, con n la propria coscienza.
“Catena militare” fu il primoSi chiamava così il primo carcere in Italia destinato alla custodia di soldati di cui si ha conoscenza attraverso un “regio biglietto” del 1822. Sorgeva a Genova, presso i cui arsenali i detenuti lavoravano sotto la sorveglianza dei gendarmi della città e della Marina. Ma è solo nel 1840, con l’emanazione del nuovo codice penale che si diffonde il termine di reclusione militare, la cui evoluzione porterà nel 1852 al concetto di rieducazione, grazie al quale i detenuti potranno produrre indumenti e oggetti da mettere in vendita e da cui ricavare la propria “mercede”. Seguirà poi la riforma dell’ordinamento penitenziario del 1975 e la legge 121/81 che sancirà la possibilità per il personale delle forze di polizia di scontare, come scelta personale, la propria pena all’interno dei carceri militari, il cui numero, però, si è andato via via riducendo nel corso degli anni. Nel 1918 se ne contavano dodici, di cui ben undici di prevenzione, più un reclusorio militare a Gaeta; nel 1990 l’ordinamento penitenziario militare prevedeva tre carceri militari Roma, Peschiera del Garda e Santa Maria Capua Vetere e cinque sezioni distaccate, mentre con la ristrutturazione dell’ordinamento del 2005, l’unico carcere attivo rimane quello campano. Attualmente a capo della struttura carceraria di Santa Maria Capua Vetere, ospitata nella caserma “Ezio Andolfato” e con l’assetto ordinativo di un battaglione, c’è un comandante che è al tempo stesso direttore del carcere e delegato dell’autorità giudiziaria.Gianluca Picardi
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