Pietro Berti

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Anchorage

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lunedì 2 marzo 2009

L’onda (Die Welle, Germania 2008)


L’onda (Die Welle, Germania 2008)




Durata 101 minuti; Distribuzione BIM; Genere drammatico; Regia Dennis Gansel; con J. Vogel, F. Lau, M. Riemelt, J. Ulrich, C. Paul.
Questo film è vivamente consigliato a tutti coloro che non abbiamo ancora ben definita nella loro mente quello che significa “il terminare una parola con -ismo” . Un insegnante di storia, R. Jones, al Cubberley High School di Palo Alto in California nel 1967 ha tentato realmente un esperimento scolastico da cui è stato estratto il best-seller “The Whave” di M. Ruhe, a sua volte base del film. Si tratta del tedesco “L’onda”, diretto da D. Gansel, che si è rivelato un grandissimo successo in patria e ha raccolto riconoscimenti in tutti i Festival cinematografici europei. L’opera ha intenzione di suscitare domande sulla concreta possibilità di rinascita di regimi totalitari come il nazismo ed il comunismo nel mondo di oggi, ed il conseguente – da parte di entrambi i sistemi - antisemitismo. Il regista sostiene che la tendenza all’individualismo e una totale frammentazione della società in piccoli gruppi non è altro che una scatola cinese; non può continuare all’infinito. Prima o poi si creerà un enorme vuoto, ed in quel momento il pericolo è che spunti fuori un “-ismo” capace di riempirlo.
Storia. Preambolo. Un professore di liceo propone ai suoi alunni un singolare esperimento per rendere loro intellegibile il funzionamento di un governo totalitario e di come sia stato possibile che il nazismo ed il comunismo perpetrassero orribili crimini senza che la popolazione si ribellasse. Germania 2009. L’insegnante di liceo, R. Wenger, nel periodo designato alle esercitazioni decide, ai fini di far capire i meccanismi e i rischi dell’autoritarismo, di stimolare i suoi studenti a promuovere codici collettivi di disciplina, di riconoscimento, di autostima. Da parte sua il professore si fingerà “un capo”; gli studenti coinvolti lo chiameranno Sig. Wenger e dovranno alzarsi in piedi ogni qualvolta abbiano qualcosa da dire. Il professore renderà possibile l’annullamento delle differenze sociali tra studenti facendogli indossare una sorta di divisa ed adotteranno una sorta di saluto che ricorda in maniera vaga quello nazionalsocialista. In poche settimane quella che era cominciata come un’innocua illustrazione di concetti, come rigore e continuità diventa un vero e proprio movimento denominato “l’onda” (the whave). Subito gli e le studenti inizieranno a minacciare gli altri da questi esperimenti esclusi. L’occasione per l’esplosione del conflitto in tutta la sua violenza avviene durante una partita scolastica di pallanuoto. In quel momento il professore decide di interrompere immediatamente la sperimentazione. E’ tardi. L’onda è sfuggita al suo controllo. Pietro Berti

5 commenti:

  1. LA NEW WHAVE CINEMATOGRAFICA SUL TEMA DEL TOTALITARISMO
    E’ un evidente sintomo della Cultura Democratica che avanza il concetto che non esistono dittature o totalitarismi buoni o cattivi. Quest’anno le sale cinematografiche hanno avuto modo di veder proiettare almeno ben tre pellicole che spiegano con la stessa crudele verità sia la dittatura russa dell’ex URSS sia quella nazista tedesca. Mi riferisco ai films “Defiance: I giorni del coraggio”, a “Katyn” e a “Operazione Valchiria”. Orbene, il messaggio di tutti e tre questi films è di evidenziare che le dittature e i totalitarismi producono i medesimi nefasti effetti, senza alcuna distinzione: eliminazione della libertà di pensiero e di espressione in qualsiasi forma; omologazione del popolo al pensiero gradito al partito unico; compressione di qualsiasi forma di libertà personale; processi sommari in nome del regime; apertura di campi di concentramento in cui rinchiudere i dissidenti al regime; antisemitismo e massima compressione della libertà per i seguaci delle altre religioni (in quanto l’unico vero dio, per questi sistemi, è rappresentato dall’ideologia del partito unico o in alternativa dalla persona del dittatore). Non importa quale sia il credo fornito da un totalitarismo, l’unica certezza sono i suoi risultati. Non credo sia casuale questa nuova lettura della nostra storia. I tempi sono forse maturi per una riflessione finalmente più distaccata dai tradizionali interessi che hanno indotto a falsare – a seconda delle rispettive opportunità particolaristiche – ciò che è il vero dato storico e soprattutto a negare le tragiche ferite delle vittime e l’oblio di milioni di morti. Il mondo è pieno ancora di totalitarismi contro cui il cosiddetto mondo civile (Europa compresa) non solo non si schiera, ma con cui addirittura fa affari. E’ sconcertante vedere politici di livello internazionale che si professano come paladini delle libertà democratiche affiancarsi a dittatori o comunque a membri di totalitarismi che praticano torture, rinchiudono i dissidenti nei campi di concentramento, operano discriminazioni basate su sesso, razza, religione o ideologie politiche. Un esempio per tutti, la Cina: quante delegazioni politiche europee si sono recate in Cina in nome del suo ruolo di nuovo interlocutore economico? Ricordo ancora con dolore (e credo che non potrò dimenticarla per molti anni) la faccia di Prodi che capeggiando la delegazione di imprenditori italiani (tra cui Montezemolo quale presidente di Confindustria) ha avvallato l’idea che l’Italia non gridando contro gli orrori avverso i diritti umani in Cina e premendo per fare affari con quel “nuovo interlocutore economico” ne sia un fiancheggiatore. La stessa immagine la hanno fornita anche altri premier europei. Io non riesco a comprendere. Abbiamo forse fondato una nuova e più subdola forma di totalitarismo, quello economico? Possibile che si vogliano ignorare semplici sistemi di pressione contro un interlocutore economico che da solo andrebbe poco lontano, dato che non è in grado da solo di poter coprire il rapporto domanda/offerta al suo interno ed ha necessità dei mercati occidentali. Inutile anche l’argomento sul rischio di possibili alleanze con paesi inseriti nella Black list, in quanto quei paesi – senza democrazia e senza libero mercato – non sono in grado di poter fornire a paesi come la Cina il numero di consumisti di cui avrebbe bisogno e che solo i paesi democratici occidentali possono garantirle. Pertanto, chiarito che la Cina ha bisogno economico delle democrazie occidentali tanto quanto queste della Cina, non si comprende per quale ragioni le democrazie occidentali non pretendano dai paesi con cui fanno affari quanto meno il rispetto dei diritti umani (in essi ricompresi, quali imprescindibili, quelli dei lavoratori alla sicurezza dei luoghi e delle condizioni di lavoro, ad una retribuzione dignitosa, a degli orari che ne garantiscano la salute e la possibilità di lavorare per vivere e non di vivere per dover lavorare; l’esclusione di bambini e minori dall’espletamento di attività lavorative imponendo loro, invece, di studiare).
    Amalia Lamanna Bologna

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  2. ho notato sul forum di un sito di cinema in cui scrivi e su cui scrivo che il tuo commento a questo film ha generato polemiche e reazioni. per quale motivo credi che i crimini del comunismo contro gli ebrei vengano negati o ignorati? (cinefilo)

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  3. il film è molto bello (lo è altrettanto il commento) e pone inquietanti interrogativi. la nostra società è sempre esposta al rischio di nuovi totalitarismi.

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  4. recensine straordinaria. mai pensato di scrivere per una rivista di cinema?

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  5. il film apre tematiche degne di moltissimi dibattiti

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