ANCHE DUE ITALIANI, DI FIRENZE, FRA GLI SCIENZIATI AUTORI DELLA RICERCA
Alzheimer: scoperti tre nuovi geni
Servono a proteggere il cervello. Sono «indeboliti» nella maggior parte di coloro che sono colpiti dal morbo
FIRENZE - Due squadre di scienziati europei hanno scoperto tre mutazioni genetiche che potrebbero contribuire all'insorgenza della malattia di Alzheimer: i tre geni, che dovrebbero proteggere il cervello da eventuali danni e assicurare le funzioni dei neuroni, risultano infatti «indeboliti» nella maggior parte dei pazienti colpiti da questo male. Si tratta del più vasto studio finora realizzato su questa malattia e della prima volta, in 15 anni, che viene scoperta un’associazione tra geni e Alzheimer.
ITALIANI NEL TEAM - La scoperta è stata pubblicata ieri sulla rivista Nature Genetics. Uno dei due team, guidato da Julie Williams dell’università gallese di Cardiff, ha esaminato i genomi di circa 19mila pazienti scoprendo due varianti che statisticamente hanno dimostrato una significativa associazione con la malattia. Anche il secondo studio, condotto dal team di Philippe Amouyel dell’università di Lille, in Francia, ha scoperto due varianti una delle quali è la stessa di quella scoperta dal gruppo di Cardiff. Il fatto che due diversi studi, scrive il New York Times, concordino su almeno un gene è un importante passo avanti nella cura della malattia. All’interno del team coordinato da Philippe Amouyel, dell’Institut Pasteur de Lille (Francia), un ruolo di rilievo è stato svolto da alcuni neuroscienziati italiani, fra i quali Benedetta Nacmias, ricercatore in Neurologia alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Firenze e Sandro Sorbi, ordinario di Neurologia alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Firenze
GENI E AMBIENTE - Finora oltre 550 geni sono stati proposti da studi condotti su scale molto più ridotte ma nessuno ha dimostrato di essere la causa dell’Alzheimer a eccezione del gene APOE4, l’unico che finora ha dimostrato di aumentare le possibilità di contrarre la malattia. «Se riuscissimo a rimuovere gli effetti di questi geni, potremmo ridurre del 20% circa il numero di coloro che soffrono di Alzheimer», ha detto Williams. Secondo gli scienziati i geni contribuiscono per l’80% allo sviluppo della malattia, il resto dipende da stile dio vita e fattori ambientali.
ITALIANI NEL TEAM - La scoperta è stata pubblicata ieri sulla rivista Nature Genetics. Uno dei due team, guidato da Julie Williams dell’università gallese di Cardiff, ha esaminato i genomi di circa 19mila pazienti scoprendo due varianti che statisticamente hanno dimostrato una significativa associazione con la malattia. Anche il secondo studio, condotto dal team di Philippe Amouyel dell’università di Lille, in Francia, ha scoperto due varianti una delle quali è la stessa di quella scoperta dal gruppo di Cardiff. Il fatto che due diversi studi, scrive il New York Times, concordino su almeno un gene è un importante passo avanti nella cura della malattia. All’interno del team coordinato da Philippe Amouyel, dell’Institut Pasteur de Lille (Francia), un ruolo di rilievo è stato svolto da alcuni neuroscienziati italiani, fra i quali Benedetta Nacmias, ricercatore in Neurologia alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Firenze e Sandro Sorbi, ordinario di Neurologia alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Firenze
GENI E AMBIENTE - Finora oltre 550 geni sono stati proposti da studi condotti su scale molto più ridotte ma nessuno ha dimostrato di essere la causa dell’Alzheimer a eccezione del gene APOE4, l’unico che finora ha dimostrato di aumentare le possibilità di contrarre la malattia. «Se riuscissimo a rimuovere gli effetti di questi geni, potremmo ridurre del 20% circa il numero di coloro che soffrono di Alzheimer», ha detto Williams. Secondo gli scienziati i geni contribuiscono per l’80% allo sviluppo della malattia, il resto dipende da stile dio vita e fattori ambientali.
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