Replica necessaria a don Giorgio De Capitani, parroco di Monte di Rovagnate (Lecco)
Le parole utilizzate dal parroco di Monte di Rovagnate, e fatte tuonare dall’alto del suo pulpito e durante l’omelia, non possono che necessitare una replica accompagnata da parole di forte condanna per quanto da lui detto, per le modalità di espressione utilizzate e l’occasione in cui si è espresso e per i valori (non solo ma anche) cristiani che ha violato . Insomma, il sentimento per la pietà dei defunti impone rispetto per tutti i morti anche per quelli il cui sacrificio non si è in grado di comprendere; ma se a violare tale valore è un prete che approfitta del pulpito dell’omelia domenicale per lanciarsi nell’agone politico in quanto probabilmente desideroso di appendere al chiodo la tonaca e occupare una poltroncina ben retribuita da qualche parte … è evidente che il fatto assume connotazioni di una tale gravità da non individuarne dei precedenti.
Da tempo, la smania di protagonismo sembra una febbre contagiosa. Di certo il dipietrismo non aiuta. Ma ritorniamo al prete-giudice.
Non volendo ripetere ciò che si può leggere dagli articoli tratti dalla stampa sotto riportata, voglio invece soffermarmi a fare un commento di fronte a tale mostruosa condotta.
Il parroco in questione ha definito pubblicamente «Mercenari, farabutti, criminali» (cfr. Il Giornale) i nostri soldati caduti a Kabul. Questo signore si badi bene non si stava riferendo a pedofili, a criminali o a mafiosi ma a degli onesti e coraggiosi lavoratori, a meravigliosi figli, padri, mariti; si è espresso in tal modo nei confronti di persone per bene che lui non ha mai conosciuto (e che però giudica) e che hanno onorato la Patria sino al sacrificio estremo. Orbene, è da vili offendere e vilipendere in questo modo la memoria di persone cadute nell’adempimento di un dovere, non solo, ma lo è ancora di più se ciò avviene per puri e meri scopi abietti e futili come la voglia di protagonismo o peggio se si vuol pensare di utilizzare il pulpito di una Chiesa come trampolino di lancio per una carriera alternativa magari con la prospettiva di una candidatura alle prossime elezioni. Papa Benedetto XVI, ieri all’Angelus, ha invitato i fedeli a pregare per i soldati morti in Afghanistan mentre «promuovevano la pace e lo sviluppo delle istituzioni». E’ quindi evidente che il prete in questione si stava esprimendo non come Pastore - e cioè non secondo le linee vaticane – ma a titolo esclusivamente personale tuttavia senza sottolinearlo. Neppure i richiami del suo diretto superiore e gli inviti dei legali della Curia sono riusciti a farlo desistere. Perciò, le eresie, quelle vere, sono le farneticazioni di chi dimenticando la Parola, il Verbo, utilizza la tonaca, il pulpito e la Croce violando i più sacri principi cattolici.
C’è da aggiungere che è inconcepibile che un prete si rifiuti di piangere quei morti, perché «fanno il mestiere di uccidere, sono pagati per questo». (cfr. Il Giornale, articolo sotto riportato). Ancora più inconcepibile è quanto riferito nell’articolo sotto riportato secondo cui nessuno - tranne la donna solitaria - si alzi o nemmeno borbotti quando don Giorgio affonda l’invettiva contro i parà, e nemmeno quando divaga sugli operai «che ormai sono cretini e votano Lega e Berlusconi».
Quanto detto è necessaria premessa per spiegare il mio assoluto punto di vista sulla questione connotato da dissenso, repulsione, avversione, contrarietà, disgusto verso questa ignobile condotta che non trova precedenti. Per completare il mio pensiero, dato che il prete in questione dice che riceverà il premio Borsellino, io credo che se quanto ha riferito è vero, tale scelta andrà riveduta in quanto Borsellino era un uomo dello Stato, anch’egli caduto nell’adempimento del dovere. E penso che si rivolterà nella tomba all’idea di essere in qualunque modo ed a qualsiasi titolo accomunato ad un tale soggetto.
Voglio anche rivolgere il mio pensiero a coloro che rischiano ogni giorno la loro vita per consentire a tutti gli altri - anche a soggetti come questo prete - di dormire sonni tranquilli nei propri letti e una vita confortevole per ringraziarli per il lavoro quotidianamente svolto in nome della Pace, della Solidarietà, e per il lavoro svolto al fine di catturare di criminali internazionali che seminano terrore e che vanno fermati prima che compiano altre stragi.
La storia dalla cronaca dei giornali
Don Giorgio maledice i caduti ma ora Tettamanzi lo scarica
di Luca Fazzo dal sito web http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=384303
nostro inviato a RovagnateL’ultima predica di don Giorgio, quella che colma la misura e costringe la Curia milanese a scaricarlo pubblicamente, risuona ieri mattina in questa piccola chiesa brianzola. Don Giorgio De Capitani, il prete che sul suo sito web aveva chiamato «mercenari» i caduti di Kabul - e che per questo era stato inutilmente ammonito - non si pente, rilancia, rincara la dose: «Mercenari, farabutti, criminali», definisce i nostri soldati. Una manciata di ore, e gli piomba addosso il comunicato di un cardinale esasperato: Tettamanzi «prendendo le distanze dalle prese di posizioni personali del prete ambrosiano don Giorgio De Capitani, le cui dichiarazioni sono già state oggetto di richiamo solo parzialmente recepito, ribadisce il proprio dolore e vicinanza» alle vittime di Kabul. Dietro la curialità del linguaggio, è l’annuncio della rottura. Del resto anche Benedetto XVI, ieri all’Angelus, ha invitato i fedeli a pregare per i soldati morti in Afghanistan mentre «promuovevano la pace e lo sviluppo delle istituzioni».«Mercenari, farabutti, criminali», così ieri tuona don Giorgio dall’altare. Certo, sarebbe tutto più semplice da raccontare se a questo punto i fedeli si alzassero indignati e abbandonassero la piccola chiesa di pietra di Monte, frazione di Rovagnate. Invece è solo una donna a insorgere, e a lasciare i banchi gridando «Vergogna!» al prete, che la ricambia urlandole «Vattene». O se don Giorgio fosse un prete in maglione e i suoi parrocchiani venissero dai centri sociali. Invece lui è un omino magro, con la tonaca d’ordinanza, e la sua è una bella chiesa di una volta, con i tanti chierichetti, i banchi pieni come in città non si vedono più, il coro delle pie donne che cantano l’Osanna e l’Alleluia. Nei banchi ci sono le facce perbene e operose della gente dei colli brianzoli. Che ascolta senza scomporsi l’omelia di un prete che si rifiuta di piangere quei morti, perché «fanno il mestiere di uccidere, sono pagati per questo». Come accada che nessuno - tranne la donna solitaria - si alzi o nemmeno borbotti quando don Giorgio affonda l’invettiva contro i parà, e nemmeno quando divaga sugli operai «che ormai sono cretini e votano Lega e Berlusconi», non è facile da capire. Il gregge sta col suo pastore, apparentemente. E quando don Giorgio annuncia che gli verrà dato il «premio Borsellino», l’intera chiesa lo applaude a lungo, e dalle panche si alzano in piedi per una standing ovation come a teatro. Poi tutti fuori, sul sagrato in ciottoli baciato dal sole, a chiacchierare e a prepararsi al pranzo della domenica.Questa stranezza non durerà ancora a lungo. «Ormai non c’è più neanche da commentare - dice Alberto Zangrillo, il dottore che al momento della Comunione gli gridò in faccia “terrorista” -. Io sono un medico ma non uno psichiatra, mentre quell’uomo andrebbe interdetto, siamo di fronte a un poveraccio in preda alle sue misere farneticazioni». E l’eco della predica di ieri arriva in fretta fin giù in città, a Lecco, al vicario episcopale Bruno Molinari. È il superiore diretto di don Giorgio, è quello che - davanti alle offensive via blog del prete di Rovagnate - lo aveva richiamato all’ordine, invitandolo a un linguaggio più consono alla tonaca, e lo aveva fatto ammonire dagli avvocati della Curia milanese. Con i risultati che si sono visti. «A questo punto - dice don Molinari - è chiaro che gli strumenti della persuasione non bastano più. Non so in che termini e in che tempi, ma in queste ore si sta pensando a come porre fine a tutto ciò. Perché è evidente che siamo al di fuori della normalità della vita pastorale». Di esserne al di fuori, d’altronde, don Giorgio lo sa perfettamente. Ci sta bene e ne va orgoglioso. «Perché i profeti sono sempre soli», dice nell’omelia dopo le Sacre Scritture. E «il profeta Elia affrontò da solo 450 profeti di Baal, io ho sfidato solo Castelli e Calderoli e loro non si sono presentati. Ma vengano pure in 450, e io non avrò paura di loro». E non finisce qui, perché nel furore predicatorio, un po’ in italiano e un po’ in dialetto, vola ancora più alto e più lontano, e dice che ai nostri giorni è ancora tra noi «l’eresia docetista, che non credeva all’incarnazione del Cristo, come oggi non crede che la fede si incarni nella vita di oggi, nelle sue battaglie di tutti i giorni, e che se un prete parla di ambiente o di pace lo accusa di fare politica». Quando spezza il pane, don Giorgio spiega che «il pane è simbolo di nutrimento dello spirito, mentre la politica della Lega vi riempie solo il tubo digerente». Quanto durerà, ancora, tutto ciò? «Questione di giorni - dice da Lecco don Molinari - e i provvedimenti verranno presi».
LECCO/ IL PRETE USA ANCORA PAROLE INDEGNE CONTRO GLI EROI
Don Giorgio senza vergogna: "Mercenari, farabutti, criminali"
Don Giorgio De Capitani, parroco di Monte di Rovagnate (Lecco), come riferisce ilgiornale.it, non ha avuto nessuna pietà per i parà uccisi nemmeno durante la predica di ieri. Solo una fedele protesta e gli urla: "Vergogna". E l'altro: "Vattene!". Ce n'è anche per gli operai: " Sono cretini e votano Lega e Berlusconi"
Dal sito web http://quotidianonet.ilsole24ore.com/cronaca/2009/09/20/233661-prete_parla_come_sciacalli_soldati_mercenari.shtml
Lecco, 20 settembre 2009 - I parrocchiani più furiosi con lui, lo chiamano lo sciacallo. Pregando di usare la esse minuscola, perché sennò lo sciacallo vero potrebbe querelare.. Si chiama Don Giorgio De Capitani, fa il parroco di Monte, frazione di Rovagnate, cinquecento abitanti nella Brianza lecchese.
Da quando a Kabul i terroristi islamici hanno massacrato i sei parà della Folgore, il prete vomita insulti. Dal pulpito, sul blog, sul web. Contro La Russa, definito "La Russa del cazzo" in un commento pubblicato sul sito del sacerdote e poi rimosso. Contro i soldati italiani: "Mercenario vuol dire che combatti a pagamento. E quelli cos'erano? Avevano chiesto loro di andare lì, erano pagati bene, spaevano cosa rischiavano. In questoi Paese se muoiono centinaia di operai saul lavoro nessuno dice niente, invece se muoiono sdei mercenari sembra una tragedia nazionale. Mi dispiace per le famiglie, però è colpa dello stato. Se uno fa quel mestiere non dovrebbe potersi sposare, così non saremmo qui a consolare orfani e vedove?".
All'anima del consolare. Semmai insultare. Quese parole sono state pubblicate stamane dal "Giornale" che, in un'intervista a firma Luca Fazzo, ha dichiarato anche: "La Chiesa in Lombardia è spaventosa. Ci sono un sacco di preti che votano Berlusconi o che addirittura votano Lega. E quelli che non sono d'accordo stanno zitti per paura". E ancora: "Io ho sempre detto cose peggiori. I miei video sono su Youtube, basta andarli a vedere. Ho detto che Berlusconi è un porco. Anzi, un porcone. Anzi, uno stupratore. Eppure la Curia non mi ha mai detto niente. Invece stavolta mi hanno fatto chiamare dall'avvocato. E ci scommetto che non è finita qui. Stavolta me la faranno pagare".
Ieri,intanto, durante l'omelia delola domenica, Doin Giorgio ha rincarato la dose. Ecco ciò che riferisce Il Giornale (http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=384303) nella cronaca dell'inviato Luca Fazzo: "... Mercenari, farabutti, criminali, così tuona don Giorgio dall'altare. Certo sarebbe tutto più semplice da raccontare se a questo punto i fedeli si alzassero indignati e abbandonassero la piccola chiesa di pietra di Monte, frazione di Rovagnate. Invece, è solol una donna a insorgere e a lasciare i banchi gridando: al prete che la rimcabia urlandole: ... E nemmeno quando divaga sugli operai "che ormai sono cretini e votano Lega e Berlusconi", non è facile da capire. Il cardinale di Milano fa comunicare: "Si tratta di prese di posizione personali, la diocesi prende le distanze". E sul web si scatena l'nferno.
Le parole utilizzate dal parroco di Monte di Rovagnate, e fatte tuonare dall’alto del suo pulpito e durante l’omelia, non possono che necessitare una replica accompagnata da parole di forte condanna per quanto da lui detto, per le modalità di espressione utilizzate e l’occasione in cui si è espresso e per i valori (non solo ma anche) cristiani che ha violato . Insomma, il sentimento per la pietà dei defunti impone rispetto per tutti i morti anche per quelli il cui sacrificio non si è in grado di comprendere; ma se a violare tale valore è un prete che approfitta del pulpito dell’omelia domenicale per lanciarsi nell’agone politico in quanto probabilmente desideroso di appendere al chiodo la tonaca e occupare una poltroncina ben retribuita da qualche parte … è evidente che il fatto assume connotazioni di una tale gravità da non individuarne dei precedenti.
Da tempo, la smania di protagonismo sembra una febbre contagiosa. Di certo il dipietrismo non aiuta. Ma ritorniamo al prete-giudice.
Non volendo ripetere ciò che si può leggere dagli articoli tratti dalla stampa sotto riportata, voglio invece soffermarmi a fare un commento di fronte a tale mostruosa condotta.
Il parroco in questione ha definito pubblicamente «Mercenari, farabutti, criminali» (cfr. Il Giornale) i nostri soldati caduti a Kabul. Questo signore si badi bene non si stava riferendo a pedofili, a criminali o a mafiosi ma a degli onesti e coraggiosi lavoratori, a meravigliosi figli, padri, mariti; si è espresso in tal modo nei confronti di persone per bene che lui non ha mai conosciuto (e che però giudica) e che hanno onorato la Patria sino al sacrificio estremo. Orbene, è da vili offendere e vilipendere in questo modo la memoria di persone cadute nell’adempimento di un dovere, non solo, ma lo è ancora di più se ciò avviene per puri e meri scopi abietti e futili come la voglia di protagonismo o peggio se si vuol pensare di utilizzare il pulpito di una Chiesa come trampolino di lancio per una carriera alternativa magari con la prospettiva di una candidatura alle prossime elezioni. Papa Benedetto XVI, ieri all’Angelus, ha invitato i fedeli a pregare per i soldati morti in Afghanistan mentre «promuovevano la pace e lo sviluppo delle istituzioni». E’ quindi evidente che il prete in questione si stava esprimendo non come Pastore - e cioè non secondo le linee vaticane – ma a titolo esclusivamente personale tuttavia senza sottolinearlo. Neppure i richiami del suo diretto superiore e gli inviti dei legali della Curia sono riusciti a farlo desistere. Perciò, le eresie, quelle vere, sono le farneticazioni di chi dimenticando la Parola, il Verbo, utilizza la tonaca, il pulpito e la Croce violando i più sacri principi cattolici.
C’è da aggiungere che è inconcepibile che un prete si rifiuti di piangere quei morti, perché «fanno il mestiere di uccidere, sono pagati per questo». (cfr. Il Giornale, articolo sotto riportato). Ancora più inconcepibile è quanto riferito nell’articolo sotto riportato secondo cui nessuno - tranne la donna solitaria - si alzi o nemmeno borbotti quando don Giorgio affonda l’invettiva contro i parà, e nemmeno quando divaga sugli operai «che ormai sono cretini e votano Lega e Berlusconi».
Quanto detto è necessaria premessa per spiegare il mio assoluto punto di vista sulla questione connotato da dissenso, repulsione, avversione, contrarietà, disgusto verso questa ignobile condotta che non trova precedenti. Per completare il mio pensiero, dato che il prete in questione dice che riceverà il premio Borsellino, io credo che se quanto ha riferito è vero, tale scelta andrà riveduta in quanto Borsellino era un uomo dello Stato, anch’egli caduto nell’adempimento del dovere. E penso che si rivolterà nella tomba all’idea di essere in qualunque modo ed a qualsiasi titolo accomunato ad un tale soggetto.
Voglio anche rivolgere il mio pensiero a coloro che rischiano ogni giorno la loro vita per consentire a tutti gli altri - anche a soggetti come questo prete - di dormire sonni tranquilli nei propri letti e una vita confortevole per ringraziarli per il lavoro quotidianamente svolto in nome della Pace, della Solidarietà, e per il lavoro svolto al fine di catturare di criminali internazionali che seminano terrore e che vanno fermati prima che compiano altre stragi.
La storia dalla cronaca dei giornali
Don Giorgio maledice i caduti ma ora Tettamanzi lo scarica
di Luca Fazzo dal sito web http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=384303
nostro inviato a RovagnateL’ultima predica di don Giorgio, quella che colma la misura e costringe la Curia milanese a scaricarlo pubblicamente, risuona ieri mattina in questa piccola chiesa brianzola. Don Giorgio De Capitani, il prete che sul suo sito web aveva chiamato «mercenari» i caduti di Kabul - e che per questo era stato inutilmente ammonito - non si pente, rilancia, rincara la dose: «Mercenari, farabutti, criminali», definisce i nostri soldati. Una manciata di ore, e gli piomba addosso il comunicato di un cardinale esasperato: Tettamanzi «prendendo le distanze dalle prese di posizioni personali del prete ambrosiano don Giorgio De Capitani, le cui dichiarazioni sono già state oggetto di richiamo solo parzialmente recepito, ribadisce il proprio dolore e vicinanza» alle vittime di Kabul. Dietro la curialità del linguaggio, è l’annuncio della rottura. Del resto anche Benedetto XVI, ieri all’Angelus, ha invitato i fedeli a pregare per i soldati morti in Afghanistan mentre «promuovevano la pace e lo sviluppo delle istituzioni».«Mercenari, farabutti, criminali», così ieri tuona don Giorgio dall’altare. Certo, sarebbe tutto più semplice da raccontare se a questo punto i fedeli si alzassero indignati e abbandonassero la piccola chiesa di pietra di Monte, frazione di Rovagnate. Invece è solo una donna a insorgere, e a lasciare i banchi gridando «Vergogna!» al prete, che la ricambia urlandole «Vattene». O se don Giorgio fosse un prete in maglione e i suoi parrocchiani venissero dai centri sociali. Invece lui è un omino magro, con la tonaca d’ordinanza, e la sua è una bella chiesa di una volta, con i tanti chierichetti, i banchi pieni come in città non si vedono più, il coro delle pie donne che cantano l’Osanna e l’Alleluia. Nei banchi ci sono le facce perbene e operose della gente dei colli brianzoli. Che ascolta senza scomporsi l’omelia di un prete che si rifiuta di piangere quei morti, perché «fanno il mestiere di uccidere, sono pagati per questo». Come accada che nessuno - tranne la donna solitaria - si alzi o nemmeno borbotti quando don Giorgio affonda l’invettiva contro i parà, e nemmeno quando divaga sugli operai «che ormai sono cretini e votano Lega e Berlusconi», non è facile da capire. Il gregge sta col suo pastore, apparentemente. E quando don Giorgio annuncia che gli verrà dato il «premio Borsellino», l’intera chiesa lo applaude a lungo, e dalle panche si alzano in piedi per una standing ovation come a teatro. Poi tutti fuori, sul sagrato in ciottoli baciato dal sole, a chiacchierare e a prepararsi al pranzo della domenica.Questa stranezza non durerà ancora a lungo. «Ormai non c’è più neanche da commentare - dice Alberto Zangrillo, il dottore che al momento della Comunione gli gridò in faccia “terrorista” -. Io sono un medico ma non uno psichiatra, mentre quell’uomo andrebbe interdetto, siamo di fronte a un poveraccio in preda alle sue misere farneticazioni». E l’eco della predica di ieri arriva in fretta fin giù in città, a Lecco, al vicario episcopale Bruno Molinari. È il superiore diretto di don Giorgio, è quello che - davanti alle offensive via blog del prete di Rovagnate - lo aveva richiamato all’ordine, invitandolo a un linguaggio più consono alla tonaca, e lo aveva fatto ammonire dagli avvocati della Curia milanese. Con i risultati che si sono visti. «A questo punto - dice don Molinari - è chiaro che gli strumenti della persuasione non bastano più. Non so in che termini e in che tempi, ma in queste ore si sta pensando a come porre fine a tutto ciò. Perché è evidente che siamo al di fuori della normalità della vita pastorale». Di esserne al di fuori, d’altronde, don Giorgio lo sa perfettamente. Ci sta bene e ne va orgoglioso. «Perché i profeti sono sempre soli», dice nell’omelia dopo le Sacre Scritture. E «il profeta Elia affrontò da solo 450 profeti di Baal, io ho sfidato solo Castelli e Calderoli e loro non si sono presentati. Ma vengano pure in 450, e io non avrò paura di loro». E non finisce qui, perché nel furore predicatorio, un po’ in italiano e un po’ in dialetto, vola ancora più alto e più lontano, e dice che ai nostri giorni è ancora tra noi «l’eresia docetista, che non credeva all’incarnazione del Cristo, come oggi non crede che la fede si incarni nella vita di oggi, nelle sue battaglie di tutti i giorni, e che se un prete parla di ambiente o di pace lo accusa di fare politica». Quando spezza il pane, don Giorgio spiega che «il pane è simbolo di nutrimento dello spirito, mentre la politica della Lega vi riempie solo il tubo digerente». Quanto durerà, ancora, tutto ciò? «Questione di giorni - dice da Lecco don Molinari - e i provvedimenti verranno presi».
LECCO/ IL PRETE USA ANCORA PAROLE INDEGNE CONTRO GLI EROI
Don Giorgio senza vergogna: "Mercenari, farabutti, criminali"
Don Giorgio De Capitani, parroco di Monte di Rovagnate (Lecco), come riferisce ilgiornale.it, non ha avuto nessuna pietà per i parà uccisi nemmeno durante la predica di ieri. Solo una fedele protesta e gli urla: "Vergogna". E l'altro: "Vattene!". Ce n'è anche per gli operai: " Sono cretini e votano Lega e Berlusconi"
Dal sito web http://quotidianonet.ilsole24ore.com/cronaca/2009/09/20/233661-prete_parla_come_sciacalli_soldati_mercenari.shtml
Lecco, 20 settembre 2009 - I parrocchiani più furiosi con lui, lo chiamano lo sciacallo. Pregando di usare la esse minuscola, perché sennò lo sciacallo vero potrebbe querelare.. Si chiama Don Giorgio De Capitani, fa il parroco di Monte, frazione di Rovagnate, cinquecento abitanti nella Brianza lecchese.
Da quando a Kabul i terroristi islamici hanno massacrato i sei parà della Folgore, il prete vomita insulti. Dal pulpito, sul blog, sul web. Contro La Russa, definito "La Russa del cazzo" in un commento pubblicato sul sito del sacerdote e poi rimosso. Contro i soldati italiani: "Mercenario vuol dire che combatti a pagamento. E quelli cos'erano? Avevano chiesto loro di andare lì, erano pagati bene, spaevano cosa rischiavano. In questoi Paese se muoiono centinaia di operai saul lavoro nessuno dice niente, invece se muoiono sdei mercenari sembra una tragedia nazionale. Mi dispiace per le famiglie, però è colpa dello stato. Se uno fa quel mestiere non dovrebbe potersi sposare, così non saremmo qui a consolare orfani e vedove?".
All'anima del consolare. Semmai insultare. Quese parole sono state pubblicate stamane dal "Giornale" che, in un'intervista a firma Luca Fazzo, ha dichiarato anche: "La Chiesa in Lombardia è spaventosa. Ci sono un sacco di preti che votano Berlusconi o che addirittura votano Lega. E quelli che non sono d'accordo stanno zitti per paura". E ancora: "Io ho sempre detto cose peggiori. I miei video sono su Youtube, basta andarli a vedere. Ho detto che Berlusconi è un porco. Anzi, un porcone. Anzi, uno stupratore. Eppure la Curia non mi ha mai detto niente. Invece stavolta mi hanno fatto chiamare dall'avvocato. E ci scommetto che non è finita qui. Stavolta me la faranno pagare".
Ieri,intanto, durante l'omelia delola domenica, Doin Giorgio ha rincarato la dose. Ecco ciò che riferisce Il Giornale (http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=384303) nella cronaca dell'inviato Luca Fazzo: "... Mercenari, farabutti, criminali, così tuona don Giorgio dall'altare. Certo sarebbe tutto più semplice da raccontare se a questo punto i fedeli si alzassero indignati e abbandonassero la piccola chiesa di pietra di Monte, frazione di Rovagnate. Invece, è solol una donna a insorgere e a lasciare i banchi gridando:
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