Lo statuto del PD prevede l’istituto delle primarie. Tale istituto, nonostante sia previsto, è privo di una regolamentazione cui si possa attingere per stabilire le metodologie che dovrebbero essere attuate nel corso delle votazioni. Inoltre, problematica molto importante sta nel fatto che le primarie previste all’interno dello statuto dovrebbero valere per tutte le regioni d’Italia, mentre – ma non è una novità – il PD (o presunto tale) non perde occasione per limitarle a proprio uso e consumo nelle regioni nelle quali abbia più di un candidato che si voglia presentare. Se tale norma fosse applicata senza deroghe le primarie dovrebbero essere per prima cosa regolamentate e quindi dovrebbero essere svolte in tutte le regioni d’Italia in cui si vota non solo per le regionali ma anche per tutte le altre competizioni elettorali amministrative. Un rilievo doveroso sta nel fatto che nel Lazio, regione fondamentale, delle primarie non si è neanche lontanamente parlato e questo per due motivi fondamentali: il primo sta nel fatto della assoluta irremovibilità da parte della candidata Emma Bonino a rinunciare a presentarsi per il governo della regione; il secondo sta nel fatto che in quanto a credibilità il PD non ha trovato nessuna candidatura di valore tale da poter candidare al posto della Bonino stessa. Questo comporterà la conseguenza di deviare il voto cattolico del PD, come è giusto che sia, in favore di Renata Polverini che si cumulerà insieme a quello dei moderati di centro (UDC) e a quello di molti appartenenti alla destra, essendo lei stata con onore e con coraggio la segretaria di un sindacato che - a differenza della CGIL – non è mai stato per il “no a priori” alle proposte ma per la discussione e per trovare con il Governo una soluzione giusta per i lavoratori. In terzo luogo, se si fossero svolte le primarie, il PD avrebbe preso una sonora batosta. Personalmente, di contro, ritengo al contrario la candidatura dell’ex segretario nazionale dell’UGL Polverini una grande scelta politica e mi auguro che sia lei al ballottaggio a vincere con ampio consenso. Il PD dopo la debacle che ha avuto il suo candidato in Puglia e la semplice presa d’atto dell’impossibilità di imporre un suo candidato in Lazio si trova adesso ad avere a che fare con un problema che se non riesce a risolvere in maniera credibile (e anche celere) rischia di avere brutte sorprese anche nella rossa Bologna, che si ripercuoterebbero inequivocabilmente sulle stesse elezioni regionali di fine marzo. Dulcis in fundo, comunque a Bologna le primarie le avevano fatte. Il risultato è sotto gli occhi di tu
UN UOMO GIACE TRAFITTO DA UN RAGGIO DI SOLE, ED E’ SUBITO SERA
Non nobis Domine, non nobis, sed Nomini Tuo da gloriam
VIAGGIA CON RYANAIR
JE ME SOUVIENS
VILLA BERTI VIA BEL POGGIO N. 13 IMOLA http://www.villaberti.it/
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Auguro a voi tutti un buon viaggio nel mio blog.
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Anchorage
domenica 31 gennaio 2010
giovedì 28 gennaio 2010
MERCOLEDÌ 27 GENNAIO 2010 , GIORNATA DELLA MEMORIA. RIFLESSIONI ALL’ESITO DELLE CELEBRAZIONI.
MERCOLEDÌ 27 GENNAIO 2010 , GIORNATA DELLA MEMORIA. RIFLESSIONI ALL’ESITO DELLE CELEBRAZIONI.
Il mo affetto per il popolo israeliano ed ebraico nel mondo è fortissimo. Usando le parole di Papa Carol Wojtyla – che faccio mie a pieno – “gli Ebrei sono i nostri fratelli maggiori” e a loro va il nostro più profondo affetto, la nostra più profonda solidarietà e il nostro più profondo amore in memoria di quello che i criminali nazisti hanno compiuto nei loro confronti. Provo un profondo turbamento interiore ogniqualvolta la mia mente ritorna a quando le mie nonne (paterna e materna) mi raccontavano dei treni che deportavano gli Ebrei nei lager e che facevano sosta in stazione nella mia città (Imola) . Questi nostri fratelli si affacciavano dalle fenditure dei vagoni e chiedevano pietosamente acqua, farmaci e cibo all’interno di vagoni stipati all’inverosimile. Entrambe le mie nonne con artifici di ogni tipo raccontavano di aver cercato di dare loro sollievo consegnando pane, acqua e farmaci con l’aiuto di medici “bianchi” imolesi. Le mie nonne mi hanno ripetuto per tanti anni che gli urli di quelle povere donne e dei loro bimbi le hanno accompagnate per tutta la vita e che non avrebbero mai potuto dimenticare tutto quel dolore. A questo punto ritengo sia opportuna una riflessione. A mio modesto avviso ritengo che esista, serpeggiante in modo subdolo, una forma di antisemitismo nei confronti di Israele, nei confronti degli Ebrei – soprattutto americani – e di conseguenza nei confronti degli USA. La mia ipotesi è avvallata da in equivoci segnali. A puro titolo informativo, la più alta carica ecclesiastica iraniana l’ayatollah Khamenei con il supporto del presidente Ahmadinejad ha deciso proprio nella giornata della memoria appena celebrata che verrà fatto tutto il possibile per la eliminazione di tutti gli Ebrei presenti nel mondo a cominciare dalla desertificazione dello Stato di Israele, aggiungendo che – parole sue – lo sterminio effettuato dai nazisti è stata un’opera sacrosanta, benedetta da Allah. Ahimè, pochi ricordano (ipocritamente) che la stessa tipologia di sterminio è stata adottata nei confronti degli Ebrei anche dalla ex URSS che ha fatto macellare non solo milioni di contadini (culachi russi ) ma anche milioni di Ebrei. Una valutazione mi sorge spontanea (spero di suffragarla con argomenti validi) : il 27 gennaio 2010 tutte le reti locali e nazionali hanno aperto i telegiornali mettendo nella scaletta la giornata della memoria come prima notizia e ne hanno parlato abbondantemente. Ma lo hanno fatto tutte?, tutte, tutte??? NO! Caso strano, nelle reti nazionali (e questo mi fa pensare molto seriamente) RAI 3 nazionale ha aperto trattando dell’assenza per protesta dei magistrati all’apertura dell’anno giudiziario. Questo lo reputo un grosso errore . Peraltro, a seguito di una serie di confronti e consultazioni attente ed approfondite con esponenti politici e storici di religione ebraica, per la prima volta mi sono sentito dire che esiste e si sta rinforzando sempre di più una forma di antisemitismo in seno ad una parte sempre più estesa della sinistra europea ed in particolare in Italia e in Bosnia. Il segnale che funge da cartina di tornasole è il sinistro rapporto di alleanza che si è attuato tra il presidente venezuelano Chavez e gli integralisti islamici. Lo stesso dicasi della Corea del Nord che è in contatto con gli integralisti islamici per la cessione di armi di distruzioni di massa. Per non parlare poi dell’Iran, del Nicaragua e del risveglio improvviso di Fidel Castro che ha attaccato gli americani accusandoli pubblicamente di aver invaso Haiti con forze militari con un'azione che lui considera a tutti gli effetti come un'occupazione militare con il progetto di destabilizzare i governi nicaraguensi e venezuelano. Tutto ciò mentre Cuba ha intrapreso rapporti con i regimi delle Repubbliche integraliste islamiche, reputandoli molto più redditizi e sicuri di quelli che aveva in precedenza con l'ex unione sovietica. In Italia, di contro, è sempre più palese un rapporto tra Islam ed estremisti di sinistra, di rifondazione comunista, comunisti italiani, verdi , no global, anarchici, black block attraverso il sostegno ad organizzazioni terroristiche come Hamas che lottano nel nome della distruzione di Israele. Esprimo quindi la mia più ferma condanna nei confronti dell’ignoranza (a massacrare gli Ebrei non sono stati solo i nazisti ma anche i comunisti in URSS ma questo viene puntualmente dimenticato). E’ pertanto condivisibile la preoccupazione espressa dagli Ebrei europei per questa nuova ondata di antisemitismo palese derivato dall’insana alleanza tra musulmani e sinistre
mercoledì 27 gennaio 2010
Giornata della Memoria
martedì 26 gennaio 2010
Draghi alle banche: "Rinforzatevi"
IL NUMERO UNO DI BANKITALIA FACCIA A FACCIA CON GLI ISTITUTI DI CREDITO
Draghi alle banche: "Rinforzatevi"
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/economia/201001articoli/51634girata.asp
Il governatore vede i big del settore:2010 difficile, la ripresa sarà fragile
ROMAIl 2010 si preannuncia ancora difficile con una ripresa della produzione che resta fragile e le banche italiane hanno un imperativo categorico: rafforzare il proprio patrimonio in modo da poter affrontare svalutazioni e perdite e prepararsi per tempo alle nuove e più stringenti regole internazionali la cui introduzione genera qualche timore nel settore. È un messaggio chiaro quello che emerge dalla tradizionale riunione fra il governatore della Banca d’Italia e i vertici dei sei principali gruppi italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Mediobanca, Banco Popolare e Ubi). L’incontro, iniziato in mattinata e proseguito con una colazione di lavoro fa il punto sulla situazione delle banche i cui bilanci 2009 e 2010 sconteranno le perdite sui crediti e sulle prospettive e i rischi. Molto è stato fatto lo scorso anno con diversi istituti che hanno varato aumenti di capitale ricorrendo al mercato e ai privati e cedendo attività ma l’opera, secondo quanto si apprende, dovrà continuare nel 2010. Una esortazione che, a livello globale, arriva proprio oggi anche dal Fondo Monetario Internazionale, mentre nel 2010 le banche del Vecchio Continente saranno di nuovo sottoposte ad uno ’stress test’ coordinato a livello europeo, per verificarne la solidità finanziaria e la resistenza di fronte a eventuali nuove crisi. Rafforzare il patrimonio, infatti, impone a cascata tutta una serie di comportamenti concreti per gli istituti di credito che dovranno quindi limitare o eliminare l’emissione di dividendi, porre un freno alle maxi retribuzioni, un fenomeno questo peraltro non particolarmente grave in Italia e che vedrà le banche, già oggetto di una normativa Bankitalia stringente, attuare nella seconda parte dell’anno i piani che seguono i nuovi principi Fsb. Anche l’emissione di prodotti finanziari ibridi segnerà il passo, perchè la tendenza internazionale è quella di non riconoscerli come capitale. Al governatore i banchieri hanno illustrato anche la situazione sul campo e i loro timori. La fase peggiore della crisi è passata e le condizioni di liquidità si avvicinano alla normalità ma le imprese non hanno ripreso appieno la produzione e chiedono poco credito. I segnali di ripresa dell’attività produttiva infatti, si fa notare, sono ancora fragili e differenziati tra i diversi settori dell’economia e la maggioranza delle Pmi si trova in una fase difficile. Per questo fabbisogno finanziario e la domanda di credito da parte di molte imprese rimangono deboli. Tutte le banche concordano però nel far notare come le condizioni di accesso al credito, uno dei nodi dei mesi scorsi, stiano migliorando. In un’audizione al Senato dopo l’incontro con Draghi il direttore generale di Mps Antonio Vigni evidenzia un altro dei timori che preoccupa il sistema creditizio, già emerso per bocca dell’Abi o di alcuni suoi esponenti nelle scorse settimane e ribadito nella riunione di oggi: l’impatto delle regole di Basilea 3. L’introduzione indistinta di requisiti più aspri per tutti a livello internazionale «condizionerebbe in maniera negativa l’attività delle banche, ancor più importante nell’attuale fase congiunturale». Dalla Banca d’Italia comunque si assicura che la fase di transizione sarà lunga in modo da poter far recepire i contenuti non solo alle banche ma all’intero mercato. Affrontati solo marginalmente invece nell’incontro due temi quali lo scudo fiscale (i dati sono peraltro nella disponibilità dell’Agenzia delle Entrate) e l’esposizione nei paesi dell’Europa dell’Est che però non sembra destare particolari preoccupazioni.
ROMAIl 2010 si preannuncia ancora difficile con una ripresa della produzione che resta fragile e le banche italiane hanno un imperativo categorico: rafforzare il proprio patrimonio in modo da poter affrontare svalutazioni e perdite e prepararsi per tempo alle nuove e più stringenti regole internazionali la cui introduzione genera qualche timore nel settore. È un messaggio chiaro quello che emerge dalla tradizionale riunione fra il governatore della Banca d’Italia e i vertici dei sei principali gruppi italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Mediobanca, Banco Popolare e Ubi). L’incontro, iniziato in mattinata e proseguito con una colazione di lavoro fa il punto sulla situazione delle banche i cui bilanci 2009 e 2010 sconteranno le perdite sui crediti e sulle prospettive e i rischi. Molto è stato fatto lo scorso anno con diversi istituti che hanno varato aumenti di capitale ricorrendo al mercato e ai privati e cedendo attività ma l’opera, secondo quanto si apprende, dovrà continuare nel 2010. Una esortazione che, a livello globale, arriva proprio oggi anche dal Fondo Monetario Internazionale, mentre nel 2010 le banche del Vecchio Continente saranno di nuovo sottoposte ad uno ’stress test’ coordinato a livello europeo, per verificarne la solidità finanziaria e la resistenza di fronte a eventuali nuove crisi. Rafforzare il patrimonio, infatti, impone a cascata tutta una serie di comportamenti concreti per gli istituti di credito che dovranno quindi limitare o eliminare l’emissione di dividendi, porre un freno alle maxi retribuzioni, un fenomeno questo peraltro non particolarmente grave in Italia e che vedrà le banche, già oggetto di una normativa Bankitalia stringente, attuare nella seconda parte dell’anno i piani che seguono i nuovi principi Fsb. Anche l’emissione di prodotti finanziari ibridi segnerà il passo, perchè la tendenza internazionale è quella di non riconoscerli come capitale. Al governatore i banchieri hanno illustrato anche la situazione sul campo e i loro timori. La fase peggiore della crisi è passata e le condizioni di liquidità si avvicinano alla normalità ma le imprese non hanno ripreso appieno la produzione e chiedono poco credito. I segnali di ripresa dell’attività produttiva infatti, si fa notare, sono ancora fragili e differenziati tra i diversi settori dell’economia e la maggioranza delle Pmi si trova in una fase difficile. Per questo fabbisogno finanziario e la domanda di credito da parte di molte imprese rimangono deboli. Tutte le banche concordano però nel far notare come le condizioni di accesso al credito, uno dei nodi dei mesi scorsi, stiano migliorando. In un’audizione al Senato dopo l’incontro con Draghi il direttore generale di Mps Antonio Vigni evidenzia un altro dei timori che preoccupa il sistema creditizio, già emerso per bocca dell’Abi o di alcuni suoi esponenti nelle scorse settimane e ribadito nella riunione di oggi: l’impatto delle regole di Basilea 3. L’introduzione indistinta di requisiti più aspri per tutti a livello internazionale «condizionerebbe in maniera negativa l’attività delle banche, ancor più importante nell’attuale fase congiunturale». Dalla Banca d’Italia comunque si assicura che la fase di transizione sarà lunga in modo da poter far recepire i contenuti non solo alle banche ma all’intero mercato. Affrontati solo marginalmente invece nell’incontro due temi quali lo scudo fiscale (i dati sono peraltro nella disponibilità dell’Agenzia delle Entrate) e l’esposizione nei paesi dell’Europa dell’Est che però non sembra destare particolari preoccupazioni.
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Il governo avverte le società quotate: "Pubblicare gli stipendi dei manager"
Il governo avverte le società quotate:"Pubblicare gli stipendi dei manager"
Pronto emendamento dell'esecutivo:«Non sarà più una scelta volontaria»
ROMA Le società quotate dovranno rendere pubblici «i compensi corrisposti» ai propri manager «a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma». È quanto prevede un emendamento alla Legge Comunitaria che verrà discusso in Aula al Senato. La disposizione è già prevista nel codice di autodisciplina delle società quotate, adottato però per ora solo su base volontaria. Con questo emendamento, la trasparenza sugli stipendi dei manager diventerebbe così totale e obbligatoria.L’articolo che l’esecutivo intende aggiungere alla Legge Comunitaria prevede una delega al Governo per l’emanazione, entro sei mesi dalla legge stessa, di un decreto legislativo per l’attuazione di due raccomandazioni espresse dalla Commissione Europea. In particolare, il decreto in questione prevede che «le società quotate - recita il testo - rendano pubblica una relazione sulle remunerazioni che illustri in apposita sezione la propria politica in materia di remunerazione dei componenti dell’organo di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche per l’esercizio finanziario successivo». Allo stesso tempo, «anche al fine di assicurare la trasparenza dell’attuazione della politica di remunerazione», il decreto dovrà prevedere che «la relazione sulla remunerazione illustri in apposita sezione i compensi corrisposti nell’esercizio di riferimento a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche». Non solo, il Governo chiede anche di «stabilire il coinvolgimento dell’assemblea dei soci nell’approvazione della politica di remunerazione».
ROMA Le società quotate dovranno rendere pubblici «i compensi corrisposti» ai propri manager «a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma». È quanto prevede un emendamento alla Legge Comunitaria che verrà discusso in Aula al Senato. La disposizione è già prevista nel codice di autodisciplina delle società quotate, adottato però per ora solo su base volontaria. Con questo emendamento, la trasparenza sugli stipendi dei manager diventerebbe così totale e obbligatoria.L’articolo che l’esecutivo intende aggiungere alla Legge Comunitaria prevede una delega al Governo per l’emanazione, entro sei mesi dalla legge stessa, di un decreto legislativo per l’attuazione di due raccomandazioni espresse dalla Commissione Europea. In particolare, il decreto in questione prevede che «le società quotate - recita il testo - rendano pubblica una relazione sulle remunerazioni che illustri in apposita sezione la propria politica in materia di remunerazione dei componenti dell’organo di amministrazione, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche per l’esercizio finanziario successivo». Allo stesso tempo, «anche al fine di assicurare la trasparenza dell’attuazione della politica di remunerazione», il decreto dovrà prevedere che «la relazione sulla remunerazione illustri in apposita sezione i compensi corrisposti nell’esercizio di riferimento a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, dei direttori generali e dei dirigenti con responsabilità strategiche». Non solo, il Governo chiede anche di «stabilire il coinvolgimento dell’assemblea dei soci nell’approvazione della politica di remunerazione».
D'Alema nuovo presidente del Copasir
D'Alema nuovo presidente del Copasir
L'ex premier al posto Rutelli eletto anche con i voti della maggioranza:"Sarò uomo di Stato, super partes"
ROMASarà uomo delle istituzioni, presidente super partes, ma senza rinunciare all’impegno politico di leader dell’opposizione. Massimo D’Alema è stato eletto all’unanimità presidente del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Il deputato e dirigente Pd era subentrato nei giorni scorsi come membro del Copasir a Emanuele Fiano. Sostituisce ora alla presidenza Francesco Rutelli («ho fatto la cosa giusta - ha detto - visto che le dimissioni in Italia non sono una cosa molto frequente») che resta componente dell’organismo. «Intendo lavorare nello spirito che ha fin qui guidato il Comitato: collaborazione istituzionale e senso dello Stato». Si è presentato così ai cronisti Massimo D’Alema a Palazzo San Macuto, dopo la sua elezione. E ha argomentato: «Credo di poter lavorare nello spirito di servizio, mi sono occupato di questi problemi a più riprese, prima come premier e poi come ministro degli Esteri». Ma il neo presidente, incalzato dai cronisti, ha avvertito: «Nulla vieta a un presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica di poter continuare a svolgere il proprio ruolo di esponente politico dell’opposizione». Il Copasir, ha ricordato D’Alema, «è un organo di controllo che normalmente viene affidato a un esponente dell’opposizione, il quale, ovviamente, nel rispetto dei compiti istituzionali, può continuare a esercitare un ruolo politico di opposizione. Il Comitato non è una magistratura». Puntualizzazione, questa, arrivata dopo una domanda sulle elezioni regionali. In particolare, i cronisti hanno chiesto a D’Alema se ha intenzione di fare campagna elettorale in Puglia per Nichi Vendola, uscito vincitore dalle primarie di domenica contro Francesco Boccia. «Non desidero parlare di questa cosa», ha ribattuto il neo presidente del Copasir, spiegando poi per quale ragione ritiene di poter continuare a fare politica, al di fuori delle funzioni di responsabile del Comitato. D’Alema ha espresso la sua gratitudine e ringraziato tutti i membri del Comitato che lo hanno voluto eleggere e, in particolare l’ex presidente del Copasir Francesco Rutelli che, dimettendosi - ha detto D’Alema - «ha compiuto un gesto di sensibilità che merita apprezzamento». Il Copasir, immediatamente dopo l’elezione del nuovo presidente, ha deliberato di avviare l’esame delle comunicazioni del Presidente del Consiglio relative alla conferma dell’opposizione del segreto di Stato nei procedimenti in corso presso gli uffici giudiziari di Perugia e di Milano. I due procedimenti sono quelli a carico di Marco Mancini, ex capo della sezione operativa del Sismi (oggi Aise), accusato in concorso con Tavaroli ed altri 34 indagati per il dossieraggio illegale. La presidenza del Consiglio, infatti, ottemperando alla sentenza dei giudici costituzionali che hanno «esteso ai pubblici ufficiali "anche indagati o imputati" il divieto di violare il segreto di Stato sugli "assetti organizzativi e operativi" del Sismi», ha confermato il «segreto di Stato» sollevato da Mancini davanti al giudice dell’udienza preliminare Mariolina Panasiti. Palazzo Chigi ha già chiarito che il «segreto» varrà per quegli atti del processo solo «in quanto riferibili alle relazioni internazionali tra servizi di informazione e agli interna corporis degli organismi informativi. Carmelo Briguglio, Fabrizio Cicchitto, Giuseppe Esposito e Gaetano Quagliariello , rappresentanti del Pdl nel Copasir, commentando l’elezione del nuovo presidente, hanno spiegato che «in ossequio alla norma che attribuisce alle forze politiche di opposizione la presidenza del Copasir, abbiamo aderito alla proposta riguardante l’onorevole Massimo D’Alema. Nel ringraziare l’onorevole Francesco Rutelli per la correttezza istituzionale con cui ha finora svolto il suo ruolo, auguriamo al nuovo presidente buon lavoro nel solco del clima di collaborazione nell’interesse delle istituzioni e della sicurezza nazionale che ha fin qui caratterizzato i lavori del Comitato». D’Alema è stato ricevuto nel pomeriggio dal presidente della Camera Gianfranco Fini. D’Alema, ex premier ed ex ministro degli Esteri nonchè ex presidente della commissione bicamerale per le riforme istituita ai tempi del governo ulivista, ha tra l’altro ricoperto la carica di segretario del Pds e poi dei Ds. Il Copasir è stato istituito dall’art. 30 della legge 3 agosto 2007 e ha sostituito il Comitato parlamentare di Controllo sui servizi segreti (Copaco). Ha il compito di verificare, in modo continuativo, che l’attività del sistema per l’informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione e delle leggi. Del Comitato fanno parte cinque deputati e cinque senatori nominati entro venti giorni dall’inizio della legislatura dai presidenti dei due rami del Parlamento in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari. Il presidente è eletto tra i membri dell’opposizione.
ROMASarà uomo delle istituzioni, presidente super partes, ma senza rinunciare all’impegno politico di leader dell’opposizione. Massimo D’Alema è stato eletto all’unanimità presidente del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Il deputato e dirigente Pd era subentrato nei giorni scorsi come membro del Copasir a Emanuele Fiano. Sostituisce ora alla presidenza Francesco Rutelli («ho fatto la cosa giusta - ha detto - visto che le dimissioni in Italia non sono una cosa molto frequente») che resta componente dell’organismo. «Intendo lavorare nello spirito che ha fin qui guidato il Comitato: collaborazione istituzionale e senso dello Stato». Si è presentato così ai cronisti Massimo D’Alema a Palazzo San Macuto, dopo la sua elezione. E ha argomentato: «Credo di poter lavorare nello spirito di servizio, mi sono occupato di questi problemi a più riprese, prima come premier e poi come ministro degli Esteri». Ma il neo presidente, incalzato dai cronisti, ha avvertito: «Nulla vieta a un presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica di poter continuare a svolgere il proprio ruolo di esponente politico dell’opposizione». Il Copasir, ha ricordato D’Alema, «è un organo di controllo che normalmente viene affidato a un esponente dell’opposizione, il quale, ovviamente, nel rispetto dei compiti istituzionali, può continuare a esercitare un ruolo politico di opposizione. Il Comitato non è una magistratura». Puntualizzazione, questa, arrivata dopo una domanda sulle elezioni regionali. In particolare, i cronisti hanno chiesto a D’Alema se ha intenzione di fare campagna elettorale in Puglia per Nichi Vendola, uscito vincitore dalle primarie di domenica contro Francesco Boccia. «Non desidero parlare di questa cosa», ha ribattuto il neo presidente del Copasir, spiegando poi per quale ragione ritiene di poter continuare a fare politica, al di fuori delle funzioni di responsabile del Comitato. D’Alema ha espresso la sua gratitudine e ringraziato tutti i membri del Comitato che lo hanno voluto eleggere e, in particolare l’ex presidente del Copasir Francesco Rutelli che, dimettendosi - ha detto D’Alema - «ha compiuto un gesto di sensibilità che merita apprezzamento». Il Copasir, immediatamente dopo l’elezione del nuovo presidente, ha deliberato di avviare l’esame delle comunicazioni del Presidente del Consiglio relative alla conferma dell’opposizione del segreto di Stato nei procedimenti in corso presso gli uffici giudiziari di Perugia e di Milano. I due procedimenti sono quelli a carico di Marco Mancini, ex capo della sezione operativa del Sismi (oggi Aise), accusato in concorso con Tavaroli ed altri 34 indagati per il dossieraggio illegale. La presidenza del Consiglio, infatti, ottemperando alla sentenza dei giudici costituzionali che hanno «esteso ai pubblici ufficiali "anche indagati o imputati" il divieto di violare il segreto di Stato sugli "assetti organizzativi e operativi" del Sismi», ha confermato il «segreto di Stato» sollevato da Mancini davanti al giudice dell’udienza preliminare Mariolina Panasiti. Palazzo Chigi ha già chiarito che il «segreto» varrà per quegli atti del processo solo «in quanto riferibili alle relazioni internazionali tra servizi di informazione e agli interna corporis degli organismi informativi. Carmelo Briguglio, Fabrizio Cicchitto, Giuseppe Esposito e Gaetano Quagliariello , rappresentanti del Pdl nel Copasir, commentando l’elezione del nuovo presidente, hanno spiegato che «in ossequio alla norma che attribuisce alle forze politiche di opposizione la presidenza del Copasir, abbiamo aderito alla proposta riguardante l’onorevole Massimo D’Alema. Nel ringraziare l’onorevole Francesco Rutelli per la correttezza istituzionale con cui ha finora svolto il suo ruolo, auguriamo al nuovo presidente buon lavoro nel solco del clima di collaborazione nell’interesse delle istituzioni e della sicurezza nazionale che ha fin qui caratterizzato i lavori del Comitato». D’Alema è stato ricevuto nel pomeriggio dal presidente della Camera Gianfranco Fini. D’Alema, ex premier ed ex ministro degli Esteri nonchè ex presidente della commissione bicamerale per le riforme istituita ai tempi del governo ulivista, ha tra l’altro ricoperto la carica di segretario del Pds e poi dei Ds. Il Copasir è stato istituito dall’art. 30 della legge 3 agosto 2007 e ha sostituito il Comitato parlamentare di Controllo sui servizi segreti (Copaco). Ha il compito di verificare, in modo continuativo, che l’attività del sistema per l’informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione e delle leggi. Del Comitato fanno parte cinque deputati e cinque senatori nominati entro venti giorni dall’inizio della legislatura dai presidenti dei due rami del Parlamento in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari. Il presidente è eletto tra i membri dell’opposizione.
lunedì 25 gennaio 2010
Bagnasco: «Riforme sono urgenti Sogno dei nuovi politici cattolici»
Bagnasco: «Riforme sono urgenti Sogno dei nuovi politici cattolici»
19:42 POLITICA Il presidente della Cei: «Disarmare gli animi per il bene del Paese. Riforme, seguire l'appello di Napolitano». Sulla crisi: «L'Italia si avvia verso il recupero». Sui fatti di Rosarno: «Serve una riflessione che nessuna ruspa può facilmente rimuovere
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La Clinton contro Bertolaso«Fa polemiche da dopo partita»
Il capo della Protezione civile: «La situazione è sotto gli occhi di tutti»
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Il segretario di Stato Usa: «Sono come le osservazioni che si fanno il lunedì. Haiti non è L'Aquila»
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WASHINGTON - Hillary Clinton replica a Bertolaso, dopo le critiche del capo della Protezione Civile sulla gestione americana degli aiuti ad Haiti: «Queste polemiche mi sembrano come quelle che si fanno il lunedì mattina sulle partite» del giorno prima. Ma Bertolaso controreplica: le mie erano valutazioni di una situazione che «è sotto gli occhi di tutti», fatte «da un tecnico», e non un attacco agli Stati Uniti che stanno facendo un grande sforzo. «Criticava la mancanza di coordinamento della organizzazioni internazionali».
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A Bologna, Delbono si dimette. Il testo integrale del discorso di Delbono
A Bologna, Delbono si dimette Prodi: "E' un gesto di responsabilità"
Il sindaco lascia dopo lo scandalo dei presunti viaggi a spese della Regione con la ex fidanzata e sua segretaria:«Lo faccio per la città, io non c'entro»
BOLOGNA L'epilogo del Cinzia-gate sono le dimissioni. Il prossimo nodo da affrontare il rischio commissariamento. Il sindaco di Bologna Delbono getta la spugna e lo annuncia nell’aula del consiglio comunale dopo le polemiche per l’inchiesta che lo vede indagato per peculato e abuso d’ufficio assieme allex fidanzata segretaria. Delbono se ne va dopo sette mesi alla vigilia della discussione del suo primo bilancio sapendo di aver fatto una «leggerezza» («avvicinare vita personale e amministrativa»), ma con la convinzione di essere innocente e di star facendo «la cosa giusta, per quanto faticosa» dato che «Bologna per me viene prima di tutto». Il crollo del sindaco, da giugno al timone della città che fu di Cofferati e ora dimissionario perchè indagato per peculato, abuso di ufficio e truffa aggravata, è diventato realtà nel pomeriggio in consiglio comunale. A farlo cadere l’inchiesta nata dalle accuse della sua ex compagna e segretaria Cinzia Cracchi, anche lei indagata per peculato e abuso d’ufficio. In aula Delbono ha parlato ai bolognesi ufficializzando una decisione che era già nell’aria nonostante l’annuncio spavaldo di sabato dopo l’interrogatorio in procura: niente dimissioni nemmeno se rinviato a giudizio, sentenziò allora. Parole ardite che non sono piaciute al Pd. Non a caso a mezzogiorno è stato il leader nazionale Pierluigi Bersani a intervenire nell’affaire bolognese. «Delbono dice: "Prima la città". E noi sottoscriviamo», ha tagliato corto. All’ora di pranzo, la conferma delle dimissioni è affidata al capogruppo del Pd locale: il sindaco «ha già deciso di dimettersi», rivela Sergio Lo Giudice, uscendo dal suo ufficio. Alle 15 l’ora x. Aria tesa, barba di un giorno e gessato blu, Delbono è uscito dalle sue stanze per salire sul ring, seguito da un codazzo di fotografi e giornalisti che forse nemmeno Cofferati ha mai vantato. «Siccome i modi e i tempi richiesti per difendermi eventualmente in sede giudiziaria, rischiano di avere ripercussioni negative sulla mia attività di sindaco, ho già deciso in piena coscienza che rassegnerò le dimissioni dalla mia carica», è stata la frase clou. Un dietrofront rispetto a sabato dettato anche dalla peculiarità di Bologna "la rossa": «La storia di questa città e la lunga tradizione di amministrazione e impegno civico fanno sì che a Bologna ci sia una cultura diversa rispetto ad altre città», ha spiegato. Poi ha rassicurato i cittadini: «Sceglierò modi e tempi che dovranno tener presente i temi prioritari della città a partire dal fatto che nei prossimi giorni inizierà in aula l’esame per la discussione del bilancio 2010». Un’ora dopo ha affrontato per la prima volta i giornalisti vis a vis, accettando per mezz’ora di rispondere al fuoco incrociato di domande. «Penso di aver fatto la cosa giusta», ha esordito e a chi gli chiedeva che cosa farà ora, Delbono, che è professore di economia in congedo, ha detto: «Sicuramente torno all’Università, poi vedremo». In più salse ha ripetuto di aver deciso «in piena coscienza e autonomia», indipendentemente dalle elezioni regionali imminenti e di aver maturato la decisione tra sabato sera e domenica. Nessun contatto con la segreteria nazionale del Pd («Mai sentito Bersani»), nè con Romano Prodi (un eventuale pressing «non mi ha pesato perchè non c’è stato»), mentre ha ammesso di aver parlato con il presidente della Regione Vasco Errani: «Mi ha detto "in bocca al lupo"». In ogni caso ha negato di sentirsi vittima di un complotto politico o della magistratura. Al contrario sul piano personale l’amarezza è tanta ed evidente, soprattutto rispetto a Cinzia che con le sue dichiarazioni l’ha portato alla resa: «Ho visto un accanimento e un livore che ha un pò sorpreso anche me». Ma lei non si sente responsabile: «Umanamente mi dispiace ma non sono la causa delle dimissioni», ha detto candidamente. Sensi di colpa non ne ha neanche Delbono, per una città che resta in standby con lo spettro del commissariamento per un anno. «Possono fare un decreto legge - ha spiegato rivolgendosi al governo - un’operazione bipartisan e votare molto prima dei prossimi 13 mesi. Magari già in autunno». Intanto sulle dimissioni fioccano i commenti. A cominciare da Prodi, uno dei primi a chiamarlo subito dopo la sua vittoria al ballottaggio: «Le dimissioni di Flavio Delbono sono un gesto di grande sensibilità nei confronti di Bologna», ha commentato, e la conferma «a differenza di altri, di saper mettere al primo posto il bene comune e non le sue ragioni personali». Toni più duri ovviamente quelli di Alfredo Cazzola, suo rivale al ballottaggio ma soprattutto l’uomo che ha dato il la per il "Cinzia-gate". Quella di Delbono è «una fine più che giusta», ha scandito aggiungendo che in ballo non c’è solo una questione giudiziaria, ma l’immagine di un uomo che «ha avuto un rapporto controverso con la sua compagna» mettendo in discussione anche il Delbono-politico. Critico anche Giorgio Guazzaloca, primo e unico sindaco non di sinistra e poi altro sfidante del sindaco a giugno: «Per Bologna è il punto più basso di 60 anni di storia», quindi l’accusa a Delbono di aver fatto «il ragioniere per sette mesi». Nessuna attenuante nemmeno per Gianfranco Pasquino, che lo sfidò alle urne da anima critica della sinistra: «Sono dimissioni tardive, di un candidato scelto male e che aveva già dimostrato di non essere un buon amministratore e nemmeno adeguato sul piano della rappresentanza».
BOLOGNA L'epilogo del Cinzia-gate sono le dimissioni. Il prossimo nodo da affrontare il rischio commissariamento. Il sindaco di Bologna Delbono getta la spugna e lo annuncia nell’aula del consiglio comunale dopo le polemiche per l’inchiesta che lo vede indagato per peculato e abuso d’ufficio assieme allex fidanzata segretaria. Delbono se ne va dopo sette mesi alla vigilia della discussione del suo primo bilancio sapendo di aver fatto una «leggerezza» («avvicinare vita personale e amministrativa»), ma con la convinzione di essere innocente e di star facendo «la cosa giusta, per quanto faticosa» dato che «Bologna per me viene prima di tutto». Il crollo del sindaco, da giugno al timone della città che fu di Cofferati e ora dimissionario perchè indagato per peculato, abuso di ufficio e truffa aggravata, è diventato realtà nel pomeriggio in consiglio comunale. A farlo cadere l’inchiesta nata dalle accuse della sua ex compagna e segretaria Cinzia Cracchi, anche lei indagata per peculato e abuso d’ufficio. In aula Delbono ha parlato ai bolognesi ufficializzando una decisione che era già nell’aria nonostante l’annuncio spavaldo di sabato dopo l’interrogatorio in procura: niente dimissioni nemmeno se rinviato a giudizio, sentenziò allora. Parole ardite che non sono piaciute al Pd. Non a caso a mezzogiorno è stato il leader nazionale Pierluigi Bersani a intervenire nell’affaire bolognese. «Delbono dice: "Prima la città". E noi sottoscriviamo», ha tagliato corto. All’ora di pranzo, la conferma delle dimissioni è affidata al capogruppo del Pd locale: il sindaco «ha già deciso di dimettersi», rivela Sergio Lo Giudice, uscendo dal suo ufficio. Alle 15 l’ora x. Aria tesa, barba di un giorno e gessato blu, Delbono è uscito dalle sue stanze per salire sul ring, seguito da un codazzo di fotografi e giornalisti che forse nemmeno Cofferati ha mai vantato. «Siccome i modi e i tempi richiesti per difendermi eventualmente in sede giudiziaria, rischiano di avere ripercussioni negative sulla mia attività di sindaco, ho già deciso in piena coscienza che rassegnerò le dimissioni dalla mia carica», è stata la frase clou. Un dietrofront rispetto a sabato dettato anche dalla peculiarità di Bologna "la rossa": «La storia di questa città e la lunga tradizione di amministrazione e impegno civico fanno sì che a Bologna ci sia una cultura diversa rispetto ad altre città», ha spiegato. Poi ha rassicurato i cittadini: «Sceglierò modi e tempi che dovranno tener presente i temi prioritari della città a partire dal fatto che nei prossimi giorni inizierà in aula l’esame per la discussione del bilancio 2010». Un’ora dopo ha affrontato per la prima volta i giornalisti vis a vis, accettando per mezz’ora di rispondere al fuoco incrociato di domande. «Penso di aver fatto la cosa giusta», ha esordito e a chi gli chiedeva che cosa farà ora, Delbono, che è professore di economia in congedo, ha detto: «Sicuramente torno all’Università, poi vedremo». In più salse ha ripetuto di aver deciso «in piena coscienza e autonomia», indipendentemente dalle elezioni regionali imminenti e di aver maturato la decisione tra sabato sera e domenica. Nessun contatto con la segreteria nazionale del Pd («Mai sentito Bersani»), nè con Romano Prodi (un eventuale pressing «non mi ha pesato perchè non c’è stato»), mentre ha ammesso di aver parlato con il presidente della Regione Vasco Errani: «Mi ha detto "in bocca al lupo"». In ogni caso ha negato di sentirsi vittima di un complotto politico o della magistratura. Al contrario sul piano personale l’amarezza è tanta ed evidente, soprattutto rispetto a Cinzia che con le sue dichiarazioni l’ha portato alla resa: «Ho visto un accanimento e un livore che ha un pò sorpreso anche me». Ma lei non si sente responsabile: «Umanamente mi dispiace ma non sono la causa delle dimissioni», ha detto candidamente. Sensi di colpa non ne ha neanche Delbono, per una città che resta in standby con lo spettro del commissariamento per un anno. «Possono fare un decreto legge - ha spiegato rivolgendosi al governo - un’operazione bipartisan e votare molto prima dei prossimi 13 mesi. Magari già in autunno». Intanto sulle dimissioni fioccano i commenti. A cominciare da Prodi, uno dei primi a chiamarlo subito dopo la sua vittoria al ballottaggio: «Le dimissioni di Flavio Delbono sono un gesto di grande sensibilità nei confronti di Bologna», ha commentato, e la conferma «a differenza di altri, di saper mettere al primo posto il bene comune e non le sue ragioni personali». Toni più duri ovviamente quelli di Alfredo Cazzola, suo rivale al ballottaggio ma soprattutto l’uomo che ha dato il la per il "Cinzia-gate". Quella di Delbono è «una fine più che giusta», ha scandito aggiungendo che in ballo non c’è solo una questione giudiziaria, ma l’immagine di un uomo che «ha avuto un rapporto controverso con la sua compagna» mettendo in discussione anche il Delbono-politico. Critico anche Giorgio Guazzaloca, primo e unico sindaco non di sinistra e poi altro sfidante del sindaco a giugno: «Per Bologna è il punto più basso di 60 anni di storia», quindi l’accusa a Delbono di aver fatto «il ragioniere per sette mesi». Nessuna attenuante nemmeno per Gianfranco Pasquino, che lo sfidò alle urne da anima critica della sinistra: «Sono dimissioni tardive, di un candidato scelto male e che aveva già dimostrato di non essere un buon amministratore e nemmeno adeguato sul piano della rappresentanza».
IL TESTO INTEGRALE DEL DISCORSO DI DELBONO:
sabato 23 gennaio 2010
Haiti, decine in piazza contro Preval:"Abbiamo fame"
Haiti, decine in piazza contro Preval:"Abbiamo fame"
Obama incentiva gli aiuti con i soldi delle tasse. I sismologi: «C'è il rischio di un altro terremoto»
LA QUERELLE SU GOOGLE "A rischio i rapporti con gli Usa "Su Internet Pechino sfida Hillary
LA QUERELLE SU GOOGLE
"A rischio i rapporti con gli Usa "Su Internet Pechino sfida Hillary
"A rischio i rapporti con gli Usa "Su Internet Pechino sfida Hillary
Il governo: "La Clinton nega la realtà"Obama: "Su Google aspetto risposte"
WASHINGTON La guerra fredda del Web continua, e la Cina risponde con durezza al segretario di stato americano Hillary Clinton, che l’ ha accusata ieri di limitare il libero accesso ad Internet, negando cosi la democrazia, mentre il presidente Usa Barack Obama si dice preoccupao dagli attacchi sferrati contro Google e chiede risposte a Pechino. In una nota pubblicata sul suo sito web, il portavoce del ministero degli esteri Ma Zhaoxu afferma che le accuse degli Usa «negano la realtà e danneggiano le relazioni tra i due paesi» ma sottolinea che, nonostante le divergenze, Pechino non rinuncia al proseguimento del dialogo. Dalla Casa Bianca, invece, non è arrivata nessuna mano tesa. «Il presidente resta preoccupato per la falla nelle misure di sicurezza informatica che Google ha attribuito alla Cina» ha fatto sapere il vice-portavoce Bill Burton. La tensione tra i due giganti - la prima e la terza economia del mondo, vicinissima però al sorpasso storico sulla seconda, il Giappone, è esplosa la scorsa settimana, quando il colosso americano di Internet, Google, ha minacciato di lasciare Pechino accusando la censura di violare la privacy dei suoi clienti. Clinton ha messo la Cina nel gruppo dei paesi che «recentemente hanno ristretto la libertà di Internet» con Tunisia, Uzbekistan, Arabia Saudita e Vietnam. In Cina non sono accessibili i siti dei profughi tibetani e uighuri, quelli delle organizzazioni umanitarie come Amnesty International e quelli di alcuni delle più popolari piattaforme di comunicazione sociale come Youtube, Facebook e Twitter. Nella Regione Autonoma del Xinjiang, teatro l’ estate scorsa di violenti scontri a base etnica, la Rete è stata completamente inaccessibile per sei mesi. Da qualche settimana è possibile collegarsi solo a quattro siti di organi d’ informazione gestiti direttamente dal governo. Nel suo intervento, il segretario di stato americano ha chiesto a Pechino di avviare un’inchiesta, «minuziosa» e «trasparente» sui casi di pirateria informatica denunciati da Google. Il portavoce cinese ha sostenuto che «Internet in Cina è apertO e la Cina è il paese più attivo nel suo sviluppo» e ha ricordato che «alla fine dell’ anno scorso i netizens cinesi hanno raggiunto la cifra di 384 milioni, con 3,68 milioni di website e 180 milioni di blog». «La Cina ha la sua situazione nazionale e le sue tradizioni culturali e gestisce Internet in accordo con le sue leggi e con le pratiche internazionali...la Costituzione cinese garantisce ai cittadini la libertà di opinione...» ha aggiunto. La nota di Ma Zhaoxu si conclude esprimendo la «speranza» che gli Usa «rispettino gli impegni presi dai leader dei due paesi» per portare le relazioni « in una nuova fase rafforzando il dialogo, la comunicazione e la collaborazione» e «affrontando i disaccordi e le difficoltà in modo appropriato». Secondo Wang Dong, esperto di relazioni tra Cina ed Usa dell’ Università di Pechino, «...è evidente che la Cina vuole mantenere una posizione equilibrata e non vuole che questa questione (quella di Google ed Internet, ndr) danneggi le relazioni con Washington». «Dobbiamo però renderci conto - aggiunge Wang - che non si tratta di un fatto casuale...al contrario, esso rivela una profonda contraddizione tra la Cina e gli Usa nella società, nell’ ideologia nei valori». Lo studioso ritiene che nelle ultime settimane il tema dei diritti umani sia stato per la prima volta sollevato con forza da esponenti del governo americano anche a causa delle difficoltà che sta incontrando in politica interna il presidente Barack Obama. Quella di Internet è solo l’ ultima di una serie di questioni sulle quali sono emergenze divergenze dopo la visita in Cina di Obama, nel novembre scorso. I temi maggiormente controversi sono: il commercio, con gli Usa che insistono per la rivalutazione dello yuan e la Cina che resiste, temendo un contraccolpo sulle esportazioni; il Tibet, con Pechino che chiede ad Obama di non ricevere il Dalai Lama (il leader buddhista in esilio) e il presidente americano che fa finta di non sentire; le relazioni con Taiwan, l’ isola che la Cina rivendica e alla quale gli Usa hanno accettato di fornire sistemi anti-missile Patriot, che sono in grado di contrastare un eventuale attacco missilistico cinese.
WASHINGTON La guerra fredda del Web continua, e la Cina risponde con durezza al segretario di stato americano Hillary Clinton, che l’ ha accusata ieri di limitare il libero accesso ad Internet, negando cosi la democrazia, mentre il presidente Usa Barack Obama si dice preoccupao dagli attacchi sferrati contro Google e chiede risposte a Pechino. In una nota pubblicata sul suo sito web, il portavoce del ministero degli esteri Ma Zhaoxu afferma che le accuse degli Usa «negano la realtà e danneggiano le relazioni tra i due paesi» ma sottolinea che, nonostante le divergenze, Pechino non rinuncia al proseguimento del dialogo. Dalla Casa Bianca, invece, non è arrivata nessuna mano tesa. «Il presidente resta preoccupato per la falla nelle misure di sicurezza informatica che Google ha attribuito alla Cina» ha fatto sapere il vice-portavoce Bill Burton. La tensione tra i due giganti - la prima e la terza economia del mondo, vicinissima però al sorpasso storico sulla seconda, il Giappone, è esplosa la scorsa settimana, quando il colosso americano di Internet, Google, ha minacciato di lasciare Pechino accusando la censura di violare la privacy dei suoi clienti. Clinton ha messo la Cina nel gruppo dei paesi che «recentemente hanno ristretto la libertà di Internet» con Tunisia, Uzbekistan, Arabia Saudita e Vietnam. In Cina non sono accessibili i siti dei profughi tibetani e uighuri, quelli delle organizzazioni umanitarie come Amnesty International e quelli di alcuni delle più popolari piattaforme di comunicazione sociale come Youtube, Facebook e Twitter. Nella Regione Autonoma del Xinjiang, teatro l’ estate scorsa di violenti scontri a base etnica, la Rete è stata completamente inaccessibile per sei mesi. Da qualche settimana è possibile collegarsi solo a quattro siti di organi d’ informazione gestiti direttamente dal governo. Nel suo intervento, il segretario di stato americano ha chiesto a Pechino di avviare un’inchiesta, «minuziosa» e «trasparente» sui casi di pirateria informatica denunciati da Google. Il portavoce cinese ha sostenuto che «Internet in Cina è apertO e la Cina è il paese più attivo nel suo sviluppo» e ha ricordato che «alla fine dell’ anno scorso i netizens cinesi hanno raggiunto la cifra di 384 milioni, con 3,68 milioni di website e 180 milioni di blog». «La Cina ha la sua situazione nazionale e le sue tradizioni culturali e gestisce Internet in accordo con le sue leggi e con le pratiche internazionali...la Costituzione cinese garantisce ai cittadini la libertà di opinione...» ha aggiunto. La nota di Ma Zhaoxu si conclude esprimendo la «speranza» che gli Usa «rispettino gli impegni presi dai leader dei due paesi» per portare le relazioni « in una nuova fase rafforzando il dialogo, la comunicazione e la collaborazione» e «affrontando i disaccordi e le difficoltà in modo appropriato». Secondo Wang Dong, esperto di relazioni tra Cina ed Usa dell’ Università di Pechino, «...è evidente che la Cina vuole mantenere una posizione equilibrata e non vuole che questa questione (quella di Google ed Internet, ndr) danneggi le relazioni con Washington». «Dobbiamo però renderci conto - aggiunge Wang - che non si tratta di un fatto casuale...al contrario, esso rivela una profonda contraddizione tra la Cina e gli Usa nella società, nell’ ideologia nei valori». Lo studioso ritiene che nelle ultime settimane il tema dei diritti umani sia stato per la prima volta sollevato con forza da esponenti del governo americano anche a causa delle difficoltà che sta incontrando in politica interna il presidente Barack Obama. Quella di Internet è solo l’ ultima di una serie di questioni sulle quali sono emergenze divergenze dopo la visita in Cina di Obama, nel novembre scorso. I temi maggiormente controversi sono: il commercio, con gli Usa che insistono per la rivalutazione dello yuan e la Cina che resiste, temendo un contraccolpo sulle esportazioni; il Tibet, con Pechino che chiede ad Obama di non ricevere il Dalai Lama (il leader buddhista in esilio) e il presidente americano che fa finta di non sentire; le relazioni con Taiwan, l’ isola che la Cina rivendica e alla quale gli Usa hanno accettato di fornire sistemi anti-missile Patriot, che sono in grado di contrastare un eventuale attacco missilistico cinese.
La nuova crociata Usa tra ideali e interessi
Il Web libero diventa un pilastro della politica
MARCO BARDAZZI http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51511girata.asp
Il «Newseum» di Washington, il museo dell’informazione che Hillary Clinton ha scelto come piattaforma di lancio per la nuova dottrina americana della libertà su Internet, è un luogo singolare. La facciata è dominata da una lastra di marmo di 50 tonnellate su cui è scolpito il primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, che proclama la tutela della libertà d’espressione. Nel gigantesco atrio d’ingresso, invece, è stato ricostruito un pezzo del Muro di Berlino, simbolo dell’oppressione. Che un segretario di Stato sancisca la «Internet Freedom» come un nuovo pilastro della politica estera statunitense, è un fatto straordinario. Che lo faccia scegliendo un palcoscenico simile, è un messaggio carico di simboli che non possono essere ignorati. Nel 1946 a Fulton, in Missouri, Winston Churchill dichiarò che sull’Europa era «calata una cortina di ferro» che spezzava in due il continente, contro la quale occorreva ribellarsi per restituire libertà a chi vi era rimasto intrappolato. In molti criticarono il suo discorso, ritenendo che con l’Urss occorresse il dialogo, non un confronto aperto. La Clinton ha scelto ora di parafrasare Churchill per denunciare che «una nuova cortina dell’informazione sta calando su larga parte del mondo». E ha fatto i nomi dei luoghi che sono, a suo avviso, intrappolati dalla parte sbagliata: Cina, Iran, Vietnam, Uzbekistan, Arabia Saudita, Tunisia, Egitto. Il blogger egiziano Bassem Samir, uscito di recente dal carcere, applaudiva in prima fila. La responsabile della diplomazia ha incalzato, paragonando blog e «tweets» a strumenti di libertà come il samizdat nei Paesi comunisti durante la Guerra Fredda. «In questo preciso momento - ha detto - censori del governo da qualche parte lavorano furiosamente per cancellare le mie parole». Ma la Storia, ha aggiunto indicando il Muro, «ha già condannato queste tattiche». Dietro un’offensiva simile da parte dell’amministrazione di Barack Obama, ci sono ovviamente giganteschi interessi nati dal caso Google. La società si è ribellata alla censura cinese non solo e non tanto per una vocazione a difendere i diritti umani, quanto perché un’incursione di hackers dalla Cina ha messo in pericolo il patrimonio su cui basa la sua stessa esistenza: segreti industriali, algoritmi del motore di ricerca, fiducia dei clienti. La Clinton ha mandato un messaggio forte a chiunque sia dietro la pirateria - ottenendo un’irritata risposta cinese - perché Washington riconosce gli scenari di pericolo che si aprono. Detto questo, però, la forza degli ideali che sta dietro le parole del segretario di Stato merita di non essere ridimensionata a mera tattica di difesa dei «gioielli di famiglia». Il pragmatismo e la Realpolitik fallirono, negli anni Settanta, nel tentativo di congelare il rapporto Usa-Urss in uno status quo inamovibile. Fu anche l’accento sugli ideali a far cadere il Muro nel decennio successivo. Barack Obama per una volta sembra aver messo da parte il pragmatismo per spingersi, nei confronti della Cina, su un terreno dove non si erano avventurati neppure i bushiani. Ed è quello che un Nobel per la pace deve avere il coraggio di fare
MARCO BARDAZZI http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51511girata.asp
Il «Newseum» di Washington, il museo dell’informazione che Hillary Clinton ha scelto come piattaforma di lancio per la nuova dottrina americana della libertà su Internet, è un luogo singolare. La facciata è dominata da una lastra di marmo di 50 tonnellate su cui è scolpito il primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, che proclama la tutela della libertà d’espressione. Nel gigantesco atrio d’ingresso, invece, è stato ricostruito un pezzo del Muro di Berlino, simbolo dell’oppressione. Che un segretario di Stato sancisca la «Internet Freedom» come un nuovo pilastro della politica estera statunitense, è un fatto straordinario. Che lo faccia scegliendo un palcoscenico simile, è un messaggio carico di simboli che non possono essere ignorati. Nel 1946 a Fulton, in Missouri, Winston Churchill dichiarò che sull’Europa era «calata una cortina di ferro» che spezzava in due il continente, contro la quale occorreva ribellarsi per restituire libertà a chi vi era rimasto intrappolato. In molti criticarono il suo discorso, ritenendo che con l’Urss occorresse il dialogo, non un confronto aperto. La Clinton ha scelto ora di parafrasare Churchill per denunciare che «una nuova cortina dell’informazione sta calando su larga parte del mondo». E ha fatto i nomi dei luoghi che sono, a suo avviso, intrappolati dalla parte sbagliata: Cina, Iran, Vietnam, Uzbekistan, Arabia Saudita, Tunisia, Egitto. Il blogger egiziano Bassem Samir, uscito di recente dal carcere, applaudiva in prima fila. La responsabile della diplomazia ha incalzato, paragonando blog e «tweets» a strumenti di libertà come il samizdat nei Paesi comunisti durante la Guerra Fredda. «In questo preciso momento - ha detto - censori del governo da qualche parte lavorano furiosamente per cancellare le mie parole». Ma la Storia, ha aggiunto indicando il Muro, «ha già condannato queste tattiche». Dietro un’offensiva simile da parte dell’amministrazione di Barack Obama, ci sono ovviamente giganteschi interessi nati dal caso Google. La società si è ribellata alla censura cinese non solo e non tanto per una vocazione a difendere i diritti umani, quanto perché un’incursione di hackers dalla Cina ha messo in pericolo il patrimonio su cui basa la sua stessa esistenza: segreti industriali, algoritmi del motore di ricerca, fiducia dei clienti. La Clinton ha mandato un messaggio forte a chiunque sia dietro la pirateria - ottenendo un’irritata risposta cinese - perché Washington riconosce gli scenari di pericolo che si aprono. Detto questo, però, la forza degli ideali che sta dietro le parole del segretario di Stato merita di non essere ridimensionata a mera tattica di difesa dei «gioielli di famiglia». Il pragmatismo e la Realpolitik fallirono, negli anni Settanta, nel tentativo di congelare il rapporto Usa-Urss in uno status quo inamovibile. Fu anche l’accento sugli ideali a far cadere il Muro nel decennio successivo. Barack Obama per una volta sembra aver messo da parte il pragmatismo per spingersi, nei confronti della Cina, su un terreno dove non si erano avventurati neppure i bushiani. Ed è quello che un Nobel per la pace deve avere il coraggio di fare
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Internet o morte... twitteremos!
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http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51515girata.asp
Cuba, la Sánchez denuncia il climadi «repressione dei diritti umani»
GORDIANO LUPI
Yoani Sánchez, nota per le sue cronache sulla vita quotidiana cubana contenute nel blog Generación Y e tradotte in italiano su La Stampa, ha denunciato una situazione negativa in tema di diritti umani a Cuba. «Noto negli ultimi mesi un aumento della repressione e delle punizioni a coloro che pensano in modo diverso, l’abbiamo visto in occasione di diversi eventi e raduni di protesta: punizioni agli oppositori, ai dissidenti, ai blogger indipendenti e a chi partecipi a qualunque manifestazione alternativa o con un criterio differente o contrario allo Stato». Yoani Sánchez si è rivolta al governo spagnolo auspicando un cambiamento di politica nei confronti del regime cubano e chiedendo a tutta l’Europa di dialogare con la gente invece che con il governo. «La Spagna deve cercare non tanto una posizione diversa rispetto al governo cubano, ma piuttosto cercare una posizione comune di solidarietà con la popolazione, facendo una distinzione: Cuba non è il suo governo, Cuba non è né un partito né un’ideologia, ma le piccole e piccolissime persone che formano questa società. Abbiamo bisogno della solidarietà dei paesi europei e soprattutto delle pressioni che possono fare dall’esterno sul diritto alla libertà d’espressione e sui diritti di cui noi cubani abbiamo bisogno». Il motto di Yoani Sánchez e del suo gruppo di blogger e giornalisti indipendenti è diventato: Internet o morte ... Twittearemos!, ironica parafrasi dello storico motto rivoluzionario Patria o morte…. Vinceremo! Abbiamo rivolto un paio di domande a Yoani Sánchez che ci ha risposto con la consueta sincerità e con il solito pacato ottimismo. Secondo te di cosa ha più bisogno la Cuba contemporanea? «Posso dirti soprattutto che il nostro paese non ha bisogno di presunti eroi che da oltre cinquant’anni dividono il popolo e generano odio. Abbiamo avuto sin troppe iniezioni di sfiducia che hanno prodotto comportamenti delatori tra cittadini. Adesso la cosa più importante è essere uniti». Cosa rispondi a chi sostiene che a Cuba avete istruzione, sanità garantita e un minimo di alimenti razionati? «Rispondo che non sono un animale da circo e non voglio sentirmi considerata come tale. Sono un essere umano che non può contentarsi della istruzione, di una scarsa razione di cibo e di un minimo di assistenza sanitaria. Non sono venuta al mondo per fare le piroette. Se i miei genitori sono stati parte della generazione del disincanto e io di quella del cinismo, mi rendo conto che mio figlio è a pieno titolo nella generazione dell’indifferenza. Adesso basta. Questo circolo vizioso deve finire. Il popolo cubano deve essere unito nella volontà di cambiare».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51515girata.asp
Cuba, la Sánchez denuncia il climadi «repressione dei diritti umani»
GORDIANO LUPI
Yoani Sánchez, nota per le sue cronache sulla vita quotidiana cubana contenute nel blog Generación Y e tradotte in italiano su La Stampa, ha denunciato una situazione negativa in tema di diritti umani a Cuba. «Noto negli ultimi mesi un aumento della repressione e delle punizioni a coloro che pensano in modo diverso, l’abbiamo visto in occasione di diversi eventi e raduni di protesta: punizioni agli oppositori, ai dissidenti, ai blogger indipendenti e a chi partecipi a qualunque manifestazione alternativa o con un criterio differente o contrario allo Stato». Yoani Sánchez si è rivolta al governo spagnolo auspicando un cambiamento di politica nei confronti del regime cubano e chiedendo a tutta l’Europa di dialogare con la gente invece che con il governo. «La Spagna deve cercare non tanto una posizione diversa rispetto al governo cubano, ma piuttosto cercare una posizione comune di solidarietà con la popolazione, facendo una distinzione: Cuba non è il suo governo, Cuba non è né un partito né un’ideologia, ma le piccole e piccolissime persone che formano questa società. Abbiamo bisogno della solidarietà dei paesi europei e soprattutto delle pressioni che possono fare dall’esterno sul diritto alla libertà d’espressione e sui diritti di cui noi cubani abbiamo bisogno». Il motto di Yoani Sánchez e del suo gruppo di blogger e giornalisti indipendenti è diventato: Internet o morte ... Twittearemos!, ironica parafrasi dello storico motto rivoluzionario Patria o morte…. Vinceremo! Abbiamo rivolto un paio di domande a Yoani Sánchez che ci ha risposto con la consueta sincerità e con il solito pacato ottimismo. Secondo te di cosa ha più bisogno la Cuba contemporanea? «Posso dirti soprattutto che il nostro paese non ha bisogno di presunti eroi che da oltre cinquant’anni dividono il popolo e generano odio. Abbiamo avuto sin troppe iniezioni di sfiducia che hanno prodotto comportamenti delatori tra cittadini. Adesso la cosa più importante è essere uniti». Cosa rispondi a chi sostiene che a Cuba avete istruzione, sanità garantita e un minimo di alimenti razionati? «Rispondo che non sono un animale da circo e non voglio sentirmi considerata come tale. Sono un essere umano che non può contentarsi della istruzione, di una scarsa razione di cibo e di un minimo di assistenza sanitaria. Non sono venuta al mondo per fare le piroette. Se i miei genitori sono stati parte della generazione del disincanto e io di quella del cinismo, mi rendo conto che mio figlio è a pieno titolo nella generazione dell’indifferenza. Adesso basta. Questo circolo vizioso deve finire. Il popolo cubano deve essere unito nella volontà di cambiare».
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mercoledì 20 gennaio 2010
Nigeria, scontri cristiani-musulmani Oltre 450 morti a Jos, arriva l'esercito
L'arcivescovo: «Le cause sono più etniche che religiose»
Nigeria, scontri cristiani-musulmani Oltre 450 morti a Jos, arriva l'esercito
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Rabbia per la costruzione di una moschea in un quartiere cristiano. Il vicepresidente: «Una minaccia per il Paese»
JOS (Nigeria) - Sale a 464 il bilancio dei morti in Nigeria in quattro giorni di scontri nella città di Jos, nel centro del Paese. Lo riferiscono fonti di una moschea locale e di gruppi per la difesa dei diritti umani. E' questo il tragico conto delle vittime del conflitto tra cristiani e musulmani iniziato domenica a Jos, in Nigeria. Nella capitale dello Stato di Plateau le autorità hanno imposto il coprifuoco e il governo ha mandato truppe dell'esercito per cercare di riportare la calma. I feriti sarebbero 800, decine gli arrestati
martedì 19 gennaio 2010
Haiti, il terremoto non ferma il turismo. Sull'isola devastazione e morte ma c'è chi si gode la vacanza
Haiti, il terremoto non ferma il turismo. Sull'isola devastazione e morte ma c'è chi si gode la vacanza
Port-au-Prince, 18 gen. - (Adnkronos) - Il devastante terremoto che ha colpito Haiti martedi' scorso non ha fermato l'industria del turismo. A pochi giorni dal sisma le navi da crociera di lusso sono tornate ad attraccare sulle spiagge dell'isola caraibica.
La Independence of the Seas, nave di proprietà della Royal Caribbean International con 4.370 persone a bordo, è sbarcata venerdì sulle spiagge private di un resort di Labadee, preso in affitto dal governo haitiano, a circa 130 km a nord della capitale Port-au-Prince, epicentro del sisma.
La Navigator of the Seas, che trasporta 3.100 passeggeri, sta per attraccare. I passeggeri dei due vascelli potranno scendere a terra per godersi il sole tropicale, acque cristalline e cocktails a base di rum, mentre nella parte meridionale dell'isola i soccorritori e i volontari provenienti da tutto il mondo lottano contro il tempo per recuperare i superstiti dalle macerie. La sicurezza dei turisti e' garantita da palizzate alte quattro metri e da guardie armate che sorvegliano tutto il perimetro del resort.
La decisione di attraccare ad Haiti ha diviso i passeggeri delle navi, molti di loro hanno deciso di rimanere a bordo per protesta. "Non posso guardarmi prendere il sole al mare, fare il bagno, mangiare carne alla brace e godermi un cocktail mentre decine di migliaia di persone morte sono ammucchiate sulle strade, e i sopravvissuti cercano disperatamente cibo e acqua", ha scritto un passeggero sul forum on-line della crociera. "Era già abbastanza difficile sedersi e mangiare un panino a Labadee prima del terremoto, sapendo che molti haitiani morivano di fame - commenta un altro passeggero - Ora non posso pensare di ingoiare un altro hamburger" Molte persone presenti sulle navi hanno paura che la gente disperata possa violare le recinzioni del resort per ottenere cibo e bevande, ma molti altri sembravano decisi a godersi la vacanza.
"Sarò qui fino a martedi' e ho intenzione di godermi la mia vacanza, e di passare del tempo sulla spiaggia", ha dichiarato un passeggero. La Royal Caribbean ha fatto sapere che la questione se "offrire una vacanza cosi' vicina all'epicentro di un terremoto" e' stata oggetto di un notevole dibattito interno, prima che venisse deciso di includere Haiti nell'itinerario. Per il vicepresidente dell'azienda, John Weis, "alla fine Labadee sara' importante per la ricostruzione di Haiti" perche' molte persone sopravvivono grazie al resort. La compagnia si e' comunque impegnata a donare tutti i proventi della visita alle vittime del terremoto, e a far arrivare alle popolazioni colpite alcuni aiuti alimentari presenti sulle navi.
La Independence of the Seas, nave di proprietà della Royal Caribbean International con 4.370 persone a bordo, è sbarcata venerdì sulle spiagge private di un resort di Labadee, preso in affitto dal governo haitiano, a circa 130 km a nord della capitale Port-au-Prince, epicentro del sisma.
La Navigator of the Seas, che trasporta 3.100 passeggeri, sta per attraccare. I passeggeri dei due vascelli potranno scendere a terra per godersi il sole tropicale, acque cristalline e cocktails a base di rum, mentre nella parte meridionale dell'isola i soccorritori e i volontari provenienti da tutto il mondo lottano contro il tempo per recuperare i superstiti dalle macerie. La sicurezza dei turisti e' garantita da palizzate alte quattro metri e da guardie armate che sorvegliano tutto il perimetro del resort.
La decisione di attraccare ad Haiti ha diviso i passeggeri delle navi, molti di loro hanno deciso di rimanere a bordo per protesta. "Non posso guardarmi prendere il sole al mare, fare il bagno, mangiare carne alla brace e godermi un cocktail mentre decine di migliaia di persone morte sono ammucchiate sulle strade, e i sopravvissuti cercano disperatamente cibo e acqua", ha scritto un passeggero sul forum on-line della crociera. "Era già abbastanza difficile sedersi e mangiare un panino a Labadee prima del terremoto, sapendo che molti haitiani morivano di fame - commenta un altro passeggero - Ora non posso pensare di ingoiare un altro hamburger" Molte persone presenti sulle navi hanno paura che la gente disperata possa violare le recinzioni del resort per ottenere cibo e bevande, ma molti altri sembravano decisi a godersi la vacanza.
"Sarò qui fino a martedi' e ho intenzione di godermi la mia vacanza, e di passare del tempo sulla spiaggia", ha dichiarato un passeggero. La Royal Caribbean ha fatto sapere che la questione se "offrire una vacanza cosi' vicina all'epicentro di un terremoto" e' stata oggetto di un notevole dibattito interno, prima che venisse deciso di includere Haiti nell'itinerario. Per il vicepresidente dell'azienda, John Weis, "alla fine Labadee sara' importante per la ricostruzione di Haiti" perche' molte persone sopravvivono grazie al resort. La compagnia si e' comunque impegnata a donare tutti i proventi della visita alle vittime del terremoto, e a far arrivare alle popolazioni colpite alcuni aiuti alimentari presenti sulle navi.
"Contro Craxi durezza senza eguali"
DIECI ANNI DALLA MORTE - LE POLEMICHE
"Contro Craxi durezza senza eguali"
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201001articoli/51372girata.asp
Lettera di Napolitano alla famiglia:«Luci ed ombre ma la sua improntaè incacellabile. Ora giudizio sereno»
Si riportano di seguito alcuni stralci della lettera del Presidente della Repubblica, On. G. Napolitano, alla vedova Craxi.
«L’on. Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l’esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona».
«attorno al sistema dei partiti, che aveva svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo tessuto democratico nell’Italia liberatasi dal fascismo, avevano finito per diffondersi degenerazioni, corruttele, abusi, illegalita».
«Quelle parole, senza infingimenti, trovarono la loro più esplicita descrizione - aggiunge infatti - nel discorso pronunciato il 3 luglio 1992 proprio dall’on. Craxi alla Camera, nel corso del dibattito sulla fiducia al governo Amato».
«Ma era ormai in pieno sviluppo la vasta indagine già da mesi avviata dalla Procura di Milano e da altre. E dall’insieme dei partiti e dei loro leader non era venuto tempestivamente un comune pieno riconoscimento delle storture da correggere, nè una conseguente svolta rinnovatrice sul piano delle norme, delle regole e del costume. In quel vuoto politico trovò, sempre di più, spazio, sostegno mediatico e consenso l’azione giudiziaria, con un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia».
«l’incriminazione e a la duplice condanna definitiva in sede penale dell’on. Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Fino all’epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall’Italia, dell’ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise - rileva - di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti». E se non si può «peraltro dimenticare che la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo - nell’esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell’on. Craxi - ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il diritto ad un processo equo« per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea», il Capo dello Stato ricorda che «oggi, in un contesto politico-istituzionale caratterizzato dalla logica della democrazia dell’alternanza, si è ancora in attesa di riforme che soddisfino le esigenze a cui ci richiama la riflessione sulle vicende sfociate in un tragico esito per l’on. Bettino Craxi».
AFGHANISTAN E AL QUAEDA
AFGHANISTAN E AL QUAEDA
Tornano le minacce. La risposta: droni e Cia
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51387girata.asp
A CURA DI MAURIZIO MOLINARI INVIATO de LA STAMPA A NEW YORK
Obama ha sostituito l’espressione di Bush «guerra al terrorismo» con «lotta agli estremisti violenti» ma combatte ancor più del predecessore al fine strategico di «smantellare, sconfiggere e distruggere Al Qaeda», da lui stesso illustrato parlando ai cadetti di West Point. L’accordo con l’Iraq per il ritiro del grosso delle truppe entro agosto e degli ultimi soldati entro il dicembre 2011 mantiene la promessa fatta agli elettori ma i tempi sono simili a quelli che erano stati pianificati del predecessore mentre la base liberal premeva per accelerarli.
In Afghanistan la decisione di portare il contingente a 100 mila uomini nasce dalla convinzione che quella contro Al Qaeda sia una «guerra giusta» e preannuncia l’intensificazione dei combattimenti con i taleban - e il conseguente aumento delle vittime americane - dalla primavera mentre non pochi deputati e senatori democratici puntavano a procedere con chiarezza verso il disimpegno. Obama conquista favori fra i conservatori, e lascia perplessi molti liberal, anche per combatte anche sugli altri fronti: in Pakistan adopera i droni della Cia per bombardare i jihadisti, in Yemen sostiene le truppe governative nelle operazioni anti-Al Qaeda e in Somalia ricorre alle truppe speciali contro le milizie degli Shebaab.
A guidarlo sono i consigli del Segretario di Stato Hillary Clinton e del ministro della Difesa Robert Gates oltre ai memorandum della Cia di Leon Panetta che descrivono molteplici piani di Al Qaeda per colpire gli Usa con attacchi più devastanti dell’11 settembre 2001. Sul fronte interno il fallito attentato di Natale al volo 253 Amsterdam-Detroit e la strage di Fort Hood spingono a rivedere la sicurezza interna e aumentare la prevenzione, aumentando in particolare la sorveglianza sui gruppi islamici americani. Ed è questo che fa temere violazioni dei diritti umani ai gruppi per le libertà civili già contrariate per il ritardo nella chiusura del carcere di Guantanamo.
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Caos Haiti, il cibo arriva dal cielo
TERREMOTO AI CARAIBI - SEI GIORNI DOPO
Caos Haiti, il cibo arriva dal cielo
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51396girata.asp
Polemica sugli Usa per i soccorsi. Gli aiuti lanciati dagli elecotteri, ma sull'isola dilagano le violenze. Novanta le persone estratte vive. E gli italiani inviano i carabinieri
PORT-AU-PRINCE
È di almeno 90 il numero totale delle persone finora estratte vive dalle macerie ad Haiti. Lo riferisce a Ginevra l’ultimo rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitaria (Ocha). Le operazioni di ricerca dei sopravissuti - precisa il comunicato - continuano e le squadre stanno raggiungendo sempre più aree al di fuori di Port-au-Prince.
Intanto migliaia di sopravvissuti al terremoto stanno provando a lasciare il paese in cerca di cibo, assistenza e riparo all’estero. Ma la mancanza di carburante e di beni alimentari ha generato un innalzamento dei prezzi delle corse in autobus: per un trasferimento fuori dal paese, gli haitiani sono costretti a spendere la paga di tre giorni di lavoro per ogni singolo posto. La maggior parte di questi "profughi" intende tornare a Port-au-Prince, non appena la situazione si sarà normalizzata. Molti di loro inviano i propri bambini all’estero, in attesa di riprendere il lavoro e costruire una nuova casa per tornare a una vita normale.
Un aereo del Pentagono sorvola però ogni giorno Haiti trasmettendo via radio notizie e un messaggio in creolo che esorta a non emigrare negli Stati Uniti. «Ascoltate, non precipitatevi sulle barche per lasciare il Paese. Se lo farete ci saranno problemi più grandi. Perchè, sarò onesto con voi: se pensate che raggiungerete gli Stati uniti e tutte le porte vi saranno aperte, non sarà così. Vi intercetteranno già in mare e vi rimanderanno da dove venite», recita il messaggio letto dall’ambasciatore haitiano negli Stati Uniti, Raymond Joseph, citato oggi dal New York Times.
Al momento non vi è nessun segnale su un possibile esodo di massa, ma gli Stati Uniti temono che possa avvenire nel prossimo futuro. Sono già in preparazione piani per intercettare l’arrivo di barche sulla costa della Florida e si prevede l’invio dei migranti illegali alla base americana di Guantanamo a Cuba. Un gruppo di 200 immigrati illegali rinchiusi in un centro di detenzione di Miami è stato trasferito altrove per far posto al possibile arrivo di haitiani. Il timore di un esodo dall’isola caraibica è tale che i permessi per curare i feriti negli Stati Uniti vengono concessi con il contagocce.
L’esercito degli Stati Uniti ha intanto paracadutato rifornimenti di cibo e acqua ad Haiti. Nei giorni scorsi questa tecnica era stata esclusa perché considerata troppo pericolosa. Il timore è che l’arrivo di pacchi in assenza di un’adeguata struttura di distribuzione scateni dei tumulti. Una portavoce dell’esercito statunitense, il maggiore Tanya Bradsher, ha riferito che ieri un aereo militare ha lanciato 14.500 pasti e 15mila litri d’acqua.
L’Italia è invece disponibile all’invio di carabinieri, nell’ambito delle circa 1.500 forze di polizia supplementari chieste ieri dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon. Lo si apprende da fonti qualificate del Palazzo di Vetro.
mercoledì 13 gennaio 2010
GIUSTIZIA- PIANETA DETENUTI Carceri, un piano da 21mila posti
GIUSTIZIA- PIANETA DETENUTI : Carceri, un piano da 21mila posti
Alfano ottiene lo stato d'emergenza «47 padiglioni, il modello è L'Aquila»
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201001articoli/51217girata.asp
ROMA
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla dichiarazione dello stato d’emergenza per le carceri, richiesto dal ministro della Giustizia Angelino Alfano. Lo stato d’emergenza durerà fino al 31 dicembre 2010: il nuovo piano realizzerà, ha detto il guardasigilli, 21.709 nuovi posti nei penitenziari italiani, con l’assunzione di duemila agenti.
«Avvieremo procedure - ha spiegato Alfano nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi - per realizzare strutture a cui dar vita nel 2011 e nel 2012 con modelli organizzativi tipo quello attuato a L’Aquila». Quest’anno, invece, «realizzeremo - ha detto il ministro - 47 nuovi padiglioni, strutture che si affiancheranno a quelle già esistenti». «Per questi padiglioni, verranno utilizzate le ricorse provenienti dalla Finanziaria - 500 milioni di euro - e dal bilancio del dicastero di via Arenula - 100 milioni -, mentre per le strutture che verranno realizzate tra il 2011 e il 2012, le risorse verranno prese dal bilancio statale e da finanziamenti provenienti dai privati».
Scettiche le prime reazioni dei sindacati di polizia penitenziaria. Per l’Osapp, «l’elefante ha partorito il topolino«: 47 padiglioni entro il 2010 per 9.650 detenuti in più »che potrebbero tranquillamente diventare, alle attuali condizioni, 15mila, stanno a significare l’esigenza di almeno 7 mila unità di polizia penitenziaria in più e non le 2 mila approvate in Consiglio dei ministri».
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla dichiarazione dello stato d’emergenza per le carceri, richiesto dal ministro della Giustizia Angelino Alfano. Lo stato d’emergenza durerà fino al 31 dicembre 2010: il nuovo piano realizzerà, ha detto il guardasigilli, 21.709 nuovi posti nei penitenziari italiani, con l’assunzione di duemila agenti.
«Avvieremo procedure - ha spiegato Alfano nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi - per realizzare strutture a cui dar vita nel 2011 e nel 2012 con modelli organizzativi tipo quello attuato a L’Aquila». Quest’anno, invece, «realizzeremo - ha detto il ministro - 47 nuovi padiglioni, strutture che si affiancheranno a quelle già esistenti». «Per questi padiglioni, verranno utilizzate le ricorse provenienti dalla Finanziaria - 500 milioni di euro - e dal bilancio del dicastero di via Arenula - 100 milioni -, mentre per le strutture che verranno realizzate tra il 2011 e il 2012, le risorse verranno prese dal bilancio statale e da finanziamenti provenienti dai privati».
Scettiche le prime reazioni dei sindacati di polizia penitenziaria. Per l’Osapp, «l’elefante ha partorito il topolino«: 47 padiglioni entro il 2010 per 9.650 detenuti in più »che potrebbero tranquillamente diventare, alle attuali condizioni, 15mila, stanno a significare l’esigenza di almeno 7 mila unità di polizia penitenziaria in più e non le 2 mila approvate in Consiglio dei ministri».
"Craxi statista, fu un capro espiatorio" Il direttore del Tg1 difende l'ex leader socialista: «Non serve riabilitazione»
"Craxi statista, fu un capro espiatorio"
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201001articoli/51227girata.asp
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201001articoli/51227girata.asp
Il direttore del Tg1 difende l'ex leader socialista: «Non serve riabilitazione»
Di Pietro: lo querelerò privatamente
ROMA
Statista o corrotto. Sulla figura di Bettino Craxi scambio di opinioni, con pochi complimenti, tra Augusto Minzolini e Antonio Di Pietro. Ha iniziato il direttore del Tg1, che al leader socialista ha dedicato un editoriale in coda all’edizione delle 20. «Craxi è stato trasformato in un capro espiatorio», è il giudizio di Minzolini per il quale «la verità è che ad un problema politico fu dato una soluzione giudiziaria e l’unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, cioè Craxi, fu spedito alla ghigliottina».
Il direttore del Tg1 non ha nascosto le sue riserve sui magistrati di Mani Pulite ed ha concluso netto: «Craxi non ha bisogno di nessuna riabilitazione, va già ricordato oggi come uno statista». Passa qualche minuto, e arriva la replica di Antonio Di Pietro: «Craxi è stato più volte condannato non perchè era uno statista ma perchè aveva tre conti correnti all’estero», ha detto il leader dell’Idv ospite a "Otto e mezzo" confermando il suo giudizio su Craxi: «Un corrotto condannato con sentenza penale passata in giudicato». Ma Di Pietro ne ha avuto anche per Minzolini: «Non può permettersi di raccontare bugie e di diffamare coloro che hanno fatto il loro dovere. Privatamente lo querelerò».
Sisma catastrofico ad Haiti: è strage. "La rottura della faglia è sotto la città"
Sisma catastrofico ad Haiti: è strage
Scossa di magnitudo 7 sulla capitale Port-au-Prince: migliaia le vittime. La Farnesina: "Forse c'è un italiano" . Già partita la macchina dei soccorsi
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51191girata.asp
Gli esperti: "Avevamo dato l'allarme"
Nel 2008 lanciammo l'allerta per l'enorme rischio sismico sull'Isola»
HAITIIl potentissimo sisma di Haiti ha avuto conseguenze ancora più devastanti perchè ha colto assolutamente impreparati, ma - riporta oggi il sito della Cnn - alcuni esperti da tempo lanciavano l’allarme sulla possibilità di un fortissimo terremoto nell’isola di Ispaniola, che Haiti divide con la Repubblican Dominicana.In uno studio presentato alla 18esima conferenza geologica dei Caraibi nel marzo del 2008 cinque scienziati parlarono di «un enorme rischio sismico» in corrispondenza di una faglia che si trova nel sud dell’isola, la faglia di Enriquillo-Plaintain Garden dove si è verificato appunto ieri il sisma di magnitudo 7. «Eravamo molto preoccupati» ha ricordato Paul Mann, ricercatore dell’università del Texas che era uno degli autori dello studio, sottolineando comunque quanto sia «difficile predirre» l’esatto verificarsi di una scossa di questa intensita. «Fenomeni di questo tipo possono rimanere silenti per centinaia di anni» ha aggiunto. I sismologi sottolineano come il terremoto avvenuto ieri sia infatti il più potente degli ultimi 200 anni. Nel 2004 altri due geologi avevano invece sottolineato i rischi di un’altra faglia, che si trova nella parte nord dell’isola, lungo la valle di Cibao nella repubblica Domenicana. «Questa è una delle zone sismische più attive del mondo, i sismologi non dovrebbero essere sorpresi da questo terremoto» ha dichiarato Jian Lin del Woods Hole Oceanographic Institution in Massachusetts."La rottura della faglia è sotto la città"
Il sismologo: «Un sisma analogo a quello che colpì Kobe nel 1995»
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51223girata.asp
HAITIIl potentissimo sisma di Haiti ha avuto conseguenze ancora più devastanti perchè ha colto assolutamente impreparati, ma - riporta oggi il sito della Cnn - alcuni esperti da tempo lanciavano l’allarme sulla possibilità di un fortissimo terremoto nell’isola di Ispaniola, che Haiti divide con la Repubblican Dominicana.In uno studio presentato alla 18esima conferenza geologica dei Caraibi nel marzo del 2008 cinque scienziati parlarono di «un enorme rischio sismico» in corrispondenza di una faglia che si trova nel sud dell’isola, la faglia di Enriquillo-Plaintain Garden dove si è verificato appunto ieri il sisma di magnitudo 7. «Eravamo molto preoccupati» ha ricordato Paul Mann, ricercatore dell’università del Texas che era uno degli autori dello studio, sottolineando comunque quanto sia «difficile predirre» l’esatto verificarsi di una scossa di questa intensita. «Fenomeni di questo tipo possono rimanere silenti per centinaia di anni» ha aggiunto. I sismologi sottolineano come il terremoto avvenuto ieri sia infatti il più potente degli ultimi 200 anni. Nel 2004 altri due geologi avevano invece sottolineato i rischi di un’altra faglia, che si trova nella parte nord dell’isola, lungo la valle di Cibao nella repubblica Domenicana. «Questa è una delle zone sismische più attive del mondo, i sismologi non dovrebbero essere sorpresi da questo terremoto» ha dichiarato Jian Lin del Woods Hole Oceanographic Institution in Massachusetts."La rottura della faglia è sotto la città"
Il sismologo: «Un sisma analogo a quello che colpì Kobe nel 1995»
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51223girata.asp
ROMA
La rottura della faglia che ha scatenato il terremoto di Haiti è arrivata sotto la città di Port-au-Prince. Lo ha detto il sismologo Warner Marzocchi, responsabile dell’attività di ricerca relativa alle previsioni probabilistiche dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
«L’epicentro del terremoto di Haiti - ha osservato - è avvenuto 10-15 chilometri dalla città e la frattura è arrivata sotto la città». Secondo l’esperto quello di Haiti è stato un terremoto «analogo a quello avvenuto nel 1995 nella città giapponese di Kobe, il disastro naturale più costoso dell’ultimo secolo in termini di vite umane». Allora i morti furono circa 6.000, ma «nel caso di Haiti ritengo che, purtroppo, dovremmo aspettarci decine di migliaia di morti».
Gli esperti: "Avevamo dato l'allarme"
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51209girata.asp
«Nel 2008 lanciammo l'allerta per l'enorme rischio sismico sull'Isola»
HAITI
Il potentissimo sisma di Haiti ha avuto conseguenze ancora più devastanti perchè ha colto assolutamente impreparati, ma - riporta oggi il sito della Cnn - alcuni esperti da tempo lanciavano l’allarme sulla possibilità di un fortissimo terremoto nell’isola di Ispaniola, che Haiti divide con la Repubblican Dominicana.
In uno studio presentato alla 18esima conferenza geologica dei Caraibi nel marzo del 2008 cinque scienziati parlarono di «un enorme rischio sismico» in corrispondenza di una faglia che si trova nel sud dell’isola, la faglia di Enriquillo-Plaintain Garden dove si è verificato appunto ieri il sisma di magnitudo 7. «Eravamo molto preoccupati» ha ricordato Paul Mann, ricercatore dell’università del Texas che era uno degli autori dello studio, sottolineando comunque quanto sia «difficile predirre» l’esatto verificarsi di una scossa di questa intensita. «Fenomeni di questo tipo possono rimanere silenti per centinaia di anni» ha aggiunto.
I sismologi sottolineano come il terremoto avvenuto ieri sia infatti il più potente degli ultimi 200 anni. Nel 2004 altri due geologi avevano invece sottolineato i rischi di un’altra faglia, che si trova nella parte nord dell’isola, lungo la valle di Cibao nella repubblica Domenicana. «Questa è una delle zone sismische più attive del mondo, i sismologi non dovrebbero essere sorpresi da questo terremoto» ha dichiarato Jian Lin del Woods Hole Oceanographic Institution in Massachusetts.
martedì 12 gennaio 2010
Morta l'attrice Brittany Murphy
Aveva 32 anni. Deceduta sotto la doccia, il corpo trovato dalla madre
Morta l'attrice Brittany Murphy
A Los Angeles per cause naturali. Era stata protagonista in 8 Mile, Don't Say a Word e Sin City
http://www.corriere.it/spettacoli/09_dicembre_20/brittany-murphy_a08126b2-eda5-11de-9ea5-00144f02aabc.shtml
LOS ANGELES - È morta per cause naturali l’attrice Brittany Murphy, 32 anni. A dirlo è il coroner che ha esaminato il corpo. L’attrice è morta domenica a Los Angeles. Lo ha riferito Sally Stewar, portavoce del Cedars Sinai Medical Center, dove era stata trasportata dai medici del pronto intervento. Il coroner, o medico legale, ha dichiarato: «Le cause della morte appaiono naturali». L'attrice era sposata con il produttore Simon Monjack. Dopo una telefonata al pronto soccorso, Murphy è stata trasportata al Cedars Sinai Medical Center, dove i medici ne hanno constatato il decesso. La giovane attrice sarebbe morta sotto la doccia e il corpo sarebbe stato ritrovato dalla madre. Le cause del decesso sono ancora sconosciute, ma secondo i primi resoconti si è trattato di un arresto cardiaco. Il sito di gossip TMZ, che per primo ha dato la notizia della morte, ha scritto che nel bagno dove è stata ritrovata la donna c'era «molto vomito». Negli ultimi giorni Murphy si era curata per un'influenza e c'erano molte ricette mediche in casa. Nel passato dell'attrice ci sono stati episodi di abusi di sostanze e periodi oscuri non mancheranno polemiche e illazioni sulle circostanze della sua morte. Per l'attrice non era un periodo felice: era stata licenziata dal set del suo ultimo film, The caller, in quanto, secondo voci non confermate, avrebbe dato troppi e non meglio specificati problemi alla troupe. Un portavoce del procuratore di Los Angeles ha detto che non vi sono sospetti di nessun genere dietro al decesso ma che si farà un'autopsia nei prossimi giorni.
CARRIERA - Nata il 10 novembre del 1977 ad Atlanta (Georgia), all'età di 9 anni partecipa al musical Les Misèrables e a tredici ha già un manager. Nel 1991 si trasferisce in California. Nello stesso periodo prende parte a un episodio della serie Murphy Brown e viene scritturata nel telefilm Drexell's Class. Qualche tempo dopo, indossa i panni di Wendy nel teen-serial Blossom, mentre nel 1995 è tra le protagoniste di Ragazze a Beverly Hills. Divisa tra cinema e tv, dedica gran parte del suo tempo al teatro anche a Broadway. Brittany coltiva anche la passione per il canto: è la cantante del gruppo Blessed Soul. Nel 1998 è protagonista in David e Lisa, poi è accanto ad Angelina Jolie in Ragazze interrotte e si farà psicoanalizzare da Michael Douglas in Don't Say a Word. Inoltre nel 2002, il rapper Eminem la sceglie per 8 Mile. Appare in Oggi sposi... Niente sesso e Tutte le ex del mio ragazzo. Nel 2005 è nel cast di Sin City.
20 dicembre 2009(ultima modifica: 21 dicembre 2009)
«Mio padre Craxi e quei fondi del Psi»
La figlia - Stefania: lui sbagliò a non capire quanto fosse corrotto il partito
«Mio padre Craxi e quei fondi del Psi»
«Si fidò di persone sbagliate, era un uomo solo e morì in povertà»
«Il tesoro di Craxi non è mai esistito. Mio padre è morto povero. Sbagliò a fidarsi». I ricordi di Stefania Craxi, figlia del leader del Psi morto nel 2000.
http://www.corriere.it/politica/10_gennaio_12/Mio-padre-Craxi-e-quei-fondi-del-Psi-aldo-cazzullo_492fc9ea-ff43-11de-a791-00144f02aabe.shtml
Rosarno, l'Egitto protesta Bossi: «Lì fanno fuori i cristiani»
IL Senatùr: «Noi razzisti? Guardate come trattano i cristiani». La Cei: rivedere cittadinanza
Rosarno, l'Egitto protesta Bossi: «Lì fanno fuori i cristiani»
Il Cairo: in Italia campagna di aggressione contro i musulmani. Frattini: «Rispettiamo le leggi»
http://www.corriere.it/cronache/10_gennaio_12/rosarno-egitto-denuncia-violenze_9ceac5f4-ff60-11de-a791-00144f02aabe.shtml
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venerdì 8 gennaio 2010
Fuoco per le strade di Rosarno
Fuoco per le strade di Rosarno. In Calabria è caccia all'africano
Gravi due degli immigrati feriti, scontro Maroni-Pd. Napolitano: "Fermare senza indugio ogni violenza"
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201001articoli/51057girata.asp
Gravi due degli immigrati feriti, scontro Maroni-Pd. Napolitano: "Fermare senza indugio ogni violenza"
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/201001articoli/51057girata.asp
Una trentina i feriti per i disordini. Maroni «Finora troppa tolleranza». Bersani: «Ennesimo scaricabarile». Idv: «Migranti sfruttati dalla mafia»
REGGIO CALABRIA
«Questo non è il Far West, ma la Calabria. E quelli la devono smettere». Urla così un vigile urbano all’ingresso di Rosarno indicando la sede del municipio. Da ieri questa città, tutta affacciata sulla piana di Gioia Tauro, che conta 15mila residenti, pochissimi centri di ritrovo, e quasi nessuna piazza, è al centro di una guerriglia iniziata dagli immigrati, tutti di colore e provenienti in massima parte dal centro Africa, e continuata dalla popolazione, dai residenti, dai calabresi. Anche se secondo le forze dell’ordine chi ha sparato colpi ad aria compressa e usato anche spranghe è «gente che viene da fuori». Forse cani sciolti della criminalità organizzata. In ogni caso la tensione è alta come non mai, la paura c’è. Oggi i bambini a scuola non sono andati - si racconta - e tutti i negozi sono rimasti chiusi. Le festività natalizie sembrano passano da tanto tempo.
La task force istituita dal Viminale e operativa nella Prefettura di Reggio, dovrà occuparsi non solo di gestire l’emergenza, ma anche di capire come porre le basi per la sicurezza. «Invocata da tutti, ma perseguita da pochi», si spiega. I dati ufficiali sugli scontri sono allarmanti: 32 feriti, di cui 14 tra gli extracomunitari e 18 fra le forze dell’ordine, mentre al momento non risulta che nessun cittadino italiano sia stato curato o medicato negli ospedali della zona. Otto le persone arrestate, di cui sette extracomunitari. I reati contestati a vario titolo vanno dalla devastazione, alla rissa e violenza a pubblico ufficiale.
L’unico italiano arrestato è un 37enne del luogo che questa mattina mentre con il suo escavatore stava spostando i cassonetti dal centro della strada, alla vista di un gruppo di immigrati avrebbe provato ad investirne uno. L’accusa per lui è di tentato omicidio. Due immigrati sono stati colpiti da spranghe e bastoni. «Uno di loro - spiegano dal 118 - dovrà essere operato per risolvere il trauma cranico». Il ferimento è avvenuto durante scontri sulla Statale 18 tra Rosarno e Gioia Tauro, tra immigrati e popolazione. Sempre questo pomeriggio altri due immigrati sono stati feriti alle gambe nei pressi di Rosarno, a quanto pare da colpi di pistola ad aria compressa.
I fatti di Rosarno dividono la politica. «A Rosarno c’è una situazione difficile come in altre realtà, perchè in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, un’immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall’altra ha generato situazione di forte degrado» ha detto Maroni, facendo infuriare le opposizioni. «Mi dispiace molto che il ministro dell’Interno non abbia perso l’occasione, anche questa volta, di fare lo scaricabarile sulla famosa immigrazione clandestina» la replica del segretario del PD, Pier Luigi Bersani. «Prima bisogna fare in modo di riportare la calma, poi andare alla radice di una situazione fatta sicuramente di mafia, sfruttamento, xenofobia e razzismo. Io vorrei ricordare a Maroni - ha aggiunto - che viviamo da anni in vigenza di una legge che si chiama Bossi-Fini. È ora che se lo ricordi anche il ministro».
Le violenze a Rosarno rappresentano «il secondo segnale preoccupante di un territorio che reagisce al mondo dello sfruttamento, dopo quello sul Litorale Domizio in Campania», ha sottolineato il direttore della Fondazione Migrantes, don Giancarlo Perego, per il quale «ancora una volta è emersa una forte carenza della presenza della realtà sociale a tutela dei diritti dei lavoratori». E in serata è arrivato il monito di Napolitano che ha chiesto di «fermare senza indugio ogni violenza» anche per poter «discutere e affrontare i problemi della cittadinanza».
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SCONTRI
mercoledì 6 gennaio 2010
IN MEMORIA DELL’AVV. M. BEZICCHERI
IN MEMORIA DELL’AVV. M. BEZICCHERI
L’improvvisa scomparsa dell’Avv. Marcantonio Beziccheri, avvenuta in Bologna, mi ha lasciato un senso di vuoto. Sarà per il fatto che ne sono venuto a conoscenza dopo che il suo funerale era stato celebrato ed al quale non ho potuto partecipare; sarà il fatto che da quanto mi è stato riferito alla funzione i suoi colleghi presenti erano ben pochi come del resto erano poche le persone che hanno avuto il coraggio di accompagnarlo nell’ultimo viaggio. Ho sempre provato ammirazione nei confronti dell’incorruttibile. Lui era uno di questi. Legato fin da ragazzino e fino alla fine alla destra vera non a quella ammorbata dall’inserimento di ideologie prese un po’ qua e un po’ là che non danno luogo al benché minimo costrutto. L’uomo Beziccheri non ha mai avuto paura , ha sempre lavorato per gli ultimi e per coloro che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di difendere. E’ giusto e doveroso che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati faccia il suo dovere per ricordarlo. Non ci interessa in realtà se qualcuno in Chiesa lo abbia salutato romanamente. Tanto meno non ci interessa se lo abbia fatto lui in vita. Noi moderati abbiamo il più assoluto rispetto nei confronti delle persone che in pieno periodo di decadenza hanno il coraggio di esprimersi liberamente su quale che sia il loro pensiero. Noi moderati non consideriamo importante il fatto che sia condivisibile o meno l’opinione politica altrui. Noi moderati facciamo di tutto erchè proprio questo pensiero possa avere una voce senza censura alcuna su un blog edificato con sette pietre nelle fondamenta in ognuna delle quali c’è una lettera che unita alle altre sei compone la parola LIBERTA’. Tutte le altre pietre che arrivano alla fine della costruzione dell’edificio che si chiama DEMOCRAZIA hanno ognuna una lettera che alla fine compone le parole PENSIERO RAGIONE TOLLERANZA COSTRUTTIVISMO UGUAGLIANZA SOLIDARIETA’ AMICIZIA RISPETTO FEDELTA’ PATRIOTTISMO STATO DIO .
L’improvvisa scomparsa dell’Avv. Marcantonio Beziccheri, avvenuta in Bologna, mi ha lasciato un senso di vuoto. Sarà per il fatto che ne sono venuto a conoscenza dopo che il suo funerale era stato celebrato ed al quale non ho potuto partecipare; sarà il fatto che da quanto mi è stato riferito alla funzione i suoi colleghi presenti erano ben pochi come del resto erano poche le persone che hanno avuto il coraggio di accompagnarlo nell’ultimo viaggio. Ho sempre provato ammirazione nei confronti dell’incorruttibile. Lui era uno di questi. Legato fin da ragazzino e fino alla fine alla destra vera non a quella ammorbata dall’inserimento di ideologie prese un po’ qua e un po’ là che non danno luogo al benché minimo costrutto. L’uomo Beziccheri non ha mai avuto paura , ha sempre lavorato per gli ultimi e per coloro che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di difendere. E’ giusto e doveroso che il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati faccia il suo dovere per ricordarlo. Non ci interessa in realtà se qualcuno in Chiesa lo abbia salutato romanamente. Tanto meno non ci interessa se lo abbia fatto lui in vita. Noi moderati abbiamo il più assoluto rispetto nei confronti delle persone che in pieno periodo di decadenza hanno il coraggio di esprimersi liberamente su quale che sia il loro pensiero. Noi moderati non consideriamo importante il fatto che sia condivisibile o meno l’opinione politica altrui. Noi moderati facciamo di tutto erchè proprio questo pensiero possa avere una voce senza censura alcuna su un blog edificato con sette pietre nelle fondamenta in ognuna delle quali c’è una lettera che unita alle altre sei compone la parola LIBERTA’. Tutte le altre pietre che arrivano alla fine della costruzione dell’edificio che si chiama DEMOCRAZIA hanno ognuna una lettera che alla fine compone le parole PENSIERO RAGIONE TOLLERANZA COSTRUTTIVISMO UGUAGLIANZA SOLIDARIETA’ AMICIZIA RISPETTO FEDELTA’ PATRIOTTISMO STATO DIO .
IN RICORDO DI BENIAMINO PLACIDO
IN RICORDO DI BENIAMINO PLACIDO
L’Italia, con la scomparsa del prof. Beniamino Placido, ha perso un grande intellettuale, un libero pensatore, e , soprattutto, una persona di grande cultura. Nonostante non abbia condiviso le sue opinioni politiche espresse sul quotidiano “la Repubblica” resta il fatto che abbia apprezzato l’uomo e la sua intelligenza nonché la sua abilità nel mettere in parole intellegibili a tutti il suo profondo pensiero. Gli auguro di essere, ora, in pace insieme a Nostro Signore.
IN RICORDO DI DON LEONARDO ZEGA
IN RICORDO DI DON LEONARDO ZEGA
Mi associo alle condoglianze per la perdita che il giornalismo ha subito con la perdita di don Leonardo Zega, un uomo di profonda cultura e fede, oltre che di grande abilità nell’utilizzo del linguaggio per portare nelle case le notizie sugli avvenimenti di cui è stato testimone nel mondo, in particolare, in Medio Oriente.
Ringrazio il lettore che ha lasciato il seguente messaggio sul blog: “il giorno 06.01.2010 moriva don Leonardo Zega,storico direttore di Famiglia Cristiana. lo aveva diretto dal 1980 al 1988.nato alle porte di macerata,nel 1928, si e spento a Milano ad 81 anni. Sacerdote dal 1954,si occupa subito di giornalismo,prima in ufficio edizioni centrali S. Paolo,poi,in redazione di orizzonti,e, di famiglia cristiana. Nel 1988 vince il premio giornalistico Saint Vincent. la redazione,gli amici e quanti hanno avuto il piacere di conoscerlo,lo salutano con affetto e raccomandano la sua anima a Dio. Grazie se pubblicherete questo necrologio,del resto trattasi di un blog eccezionalmente serio. non vi chiediamo di commentare la figura di don Leonardo. solo di lasciare questo necrologio in prima pagina,visibile per 2 soli giorni. pace e bene”.
IL PREOCCUPANTE FENOMENO NELLA CITTA DI MUMBAI (INDIA)
IL PREOCCUPANTE FENOMENO NELLA CITTA DI MUMBAI (INDIA) DI QUELLA CHE LE AUTORITA’ LOCALI STANNO TRISTEMENTE CONSIDERANDO COME UNA SORTA DI EPIDEMIA DI SUICIDI TRA GIOVANISSIMI.
Il caso più eclatante di questo fenomeno è quello descritto dal lettore che nei giorni scorsi ha mandato il messaggio che si riporta:
"chiederei un memento in favore della mia piccola compaesana di 11 anni,neha sawant,giovanissima e famosissima,oltrechè brava cantante indiana,di mumbai,suicidatasi,recentemente,tramite,impiccagione. se questo blog,cosi attento alle vicende umane,volesse,almeno,darle uno spazio con una sua foto,vi saremmo molto grati. a. kaur, commerciante,in Bologna. Grazie"
Ho in corso la preparazione del grafico con le statistiche aggiornate al 31.12.2008 dei suicidi che si sono verificati in Italia suddivisi per sesso, dal 1970 al 2008.
domenica 3 gennaio 2010
La disciplina dei saldi e delle vendite straordinarie
La disciplina dei saldi e delle vendite straordinarie
di Ilaria Ricciardi dal sito http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/consumatore/approfondimenti/articolo/lstp/111172/
I saldi sono la croce e la delizia dei consumatori. Le “vendite di fine stagione” (o saldi), riguardano i prodotti di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non sono venduti entro un certo periodo. Le modalità di svolgimento, la pubblicità, anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata dei saldi sono disciplinati dalle leggi regionali d’attuazione, sancite dal D.Lgs. n.114/98 (legge di riforma del commercio).
Nonostante i larghi margini di discrezionalità lasciati agli enti locali dalla riforma, restano comunque molti punti “base” in comune a tutto il territorio nazionale. Vediamo quali sono.
Norme di legge statali disciplinanti le vendite di fine stagione o saldi, Art.15 D.Lgs. 31 marzo 1998, n.114/98.
Per vendite straordinarie s’intendono le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l’esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti.
Le vendite di fine stagione riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non sono venduti entro un certo periodo di tempo.
Nelle vendite disciplinate dalla normativa lo sconto o il ribasso effettuato deve essere espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che deve essere riportato, insieme al prezzo finale.
Le regioni, sentite i rappresentanti degli enti locali, le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio, disciplinano le modalità di svolgimento, la pubblicità anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata delle vendite di liquidazione e delle vendite di fine stagione.
Principali regole sui saldi:
1. La vendita di fine stagione deve essere preceduta da comunicazione – da parte del negoziante - al Comune.
2. Le condizioni favorevoli di acquisto prospettate al consumatore attraverso il messaggio pubblicitario devono essere reali ed effettive.
3. I prodotti esposti per la vendita nelle vetrine esterne o all’ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell’esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, devono indicare in modo chiaro e ben leggibile il prezzo di vendita al pubblico, mediante l’uso di un cartello o con altre idonee modalità; quando siano esposti insieme prodotti identici dello stesso valore è sufficiente l’uso di un unico cartello. Negli esercizi di vendita e nei reparti di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita del libero servizio l’obbligo di indicazione del prezzo deve essere osservato per tutte le merci esposte al pubblico.
4. I dati da esporre nei cartellini sono:
a) Il prezzo normale (quello originario);
b) La percentuale (x %) di sconto sul prezzo normale di vendita;
c) Il prezzo finale di vendita (quello scontato).
5. Il prezzo va obbligatoriamente indicato in euro; l’indicazione in lire può essere usata in via di mera opportunità.
6. Alle vendite di fine stagione non si applicano le norme relative alle vendite sottocosto: l’esercente, dunque, è libero di vendere i prodotti anche a prezzo inferiore a quello di acquisto.
7. Il commerciante, pur non avendone l’obbligo legale, continuerà ad accettare i pagamenti con carta di credito e POS secondo i termini delle relative convenzioni.
8. In caso di mancanza di conformità del bene al contratto (difetti o mancata corrispondenza rispetto alle caratteristiche descritte prima della vendita) il cliente ha diritto, ai sensi del D.Lgs. n.24/2002:
a) al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione (a scelta, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro);
b) ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto (se la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; se il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione entro un congruo termine; se la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata hanno arrecato notevoli inconvenienti al consumatore).
E' bene però precisare che la responsabilità del venditore al dettaglio sorge per il difetto di conformità del bene al contratto esistente al momento della consegna (ma si presume per legge che i difetti che si manifestano entro sei mesi dalla consegna esistessero già a tale data):
a) il venditore è responsabile quando il difetto si manifesta entro due anni dalla consegna del bene;
b) il consumatore decade dalla garanzia se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro due mesi dalla scoperta (a meno che il venditore non abbia riconosciuto l’esistenza del difetto o non l’abbia occultato); detto termine è più ampio di quello di 8 giorni originariamente previsto dall'art.1490 del codice civile per la denuncia al venditore di eventuali vizi scoperti;
c) l’azione legale per far valere di difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive in 26 mesi dalla consegna del bene.
9. Fatta eccezione per i casi di mancata conformità del prodotto, di cui al n.8), la merce acquistata - in qualsiasi periodo dell’anno e non solo durante le vendite di fine stagione o "saldi" - non è, da un punto di vista legale, "soggetta a cambio", nel senso che l’acquirente non ha alcun diritto, riconosciuto dalla legge, alla sostituzione della merce. Al di là dello "stretto diritto", si auspica, comunque, l’uso della massima disponibilità e cortesia nei confronti del cliente.
10. Il cosiddetto "diritto di recesso" o "di ripensamento", esercitabile normalmente entro sette giorni dall’acquisto, nulla a che vedere con gli acquisti conclusi all’interno di un esercizio commerciale, concernendo invece, ai sensi del D.Lgs. n.50/92, i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, e cioè:
a) durante la visita di un operatore commerciale al domicilio del consumatore o di un altro consumatore ovvero sul posto di lavoro del consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trovi, anche temporaneamente, per motivi di lavoro, di studio o di cura;
b) durante una escursione organizzata dall'operatore commerciale al di fuori dei propri locali commerciali;
c) in area pubblica o aperta al pubblico, mediante la sottoscrizione di una nota d'ordine, comunque denominata;
d) per corrispondenza o, comunque, in base ad un catalogo che il consumatore ha avuto modo di consultare senza la presenza dell’operatore commerciale.
Alcuni consigli dalle Associazioni dei consumatori
Sostituzione del capo acquistato.
Conservate sempre lo scontrino: se è vero che la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, è altrettanto vero che le cose cambiano se il prodotto è danneggiato o non conforme (art. 1519 ter cod. civile introdotto da D.L.vo n.24/2002). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Ma la grande novità è che non c’è più bisogno, come stabilito dall’art. 1495 del cod. civ., di denunziare “i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta”. Il D.lgs n. 24/2002 ha stabilito, infatti, che il consumatore deve denunciare “al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto”.
Esposizione del prezzo.
Sulla merce è obbligatorio il cartellino che indica il vecchio prezzo, quello nuovo ed il valore percentuale dello sconto applicato; il prezzo deve essere inoltre esposto “in modo chiaro e ben leggibile” (Dlg n. 114/98). Inoltre i messaggi pubblicitari devono essere presentati in modo non ingannevole per il consumatore. Il consumatore deve quindi innanzitutto controllare, prima dell’inizio del periodo dei saldi, i prezzi dei prodotti e annotare eventuali aumenti. Ciò consentirà di riconoscere i falsi dai veri ribassi e scegliere di conseguenza. Meglio privilegiare i negozi conosciuti dove vi è maggiore certezza di acquistare articoli in saldo e non fondi di magazzino. Attenzione ai negozi che espongono articoli a prezzi scontati accanto ad altri articoli a prezzo normale. Non di rado, infatti, le vetrine sono allestite in maniera poco chiara e quindi ingannevole per il consumatore; è bene, inoltre, confrontate i prezzi di più negozi per decidere se si tratta veramente di un buon affare. Attenzione ai forti sconti: non si acquista il saldo, ma la qualità del prodotto.
La prova dei capi.
Non è obbligatoria, ma rimessa alla discrezionalità del negoziante. Il consiglio è di diffidare dei capi di abbigliamento che possono essere solo guardati e non provati. Controllare attentamente l’etichetta e la taglia.
Pagamento con carte di credito.
I prodotti acquistati in saldo possono essere pagati con carte di credito. Se il commerciante espone la vetrofania delle carte di credito (comunicando in tal modo al cliente che in quel negozio ne è consentito l’uso) è tenuto ad accettarle in ogni periodo dell’anno e quindi anche durante i saldi, in virtù della convenzione stipulata con la società emittente la carta. Se il negoziante non accetta il pagamento con carte di credito nonostante il suo negozio esponga una vetrofania delle carte stesse, il caso va segnalato alla società che ha emesso la carta.
di Ilaria Ricciardi dal sito http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/consumatore/approfondimenti/articolo/lstp/111172/
I saldi sono la croce e la delizia dei consumatori. Le “vendite di fine stagione” (o saldi), riguardano i prodotti di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non sono venduti entro un certo periodo. Le modalità di svolgimento, la pubblicità, anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata dei saldi sono disciplinati dalle leggi regionali d’attuazione, sancite dal D.Lgs. n.114/98 (legge di riforma del commercio).
Nonostante i larghi margini di discrezionalità lasciati agli enti locali dalla riforma, restano comunque molti punti “base” in comune a tutto il territorio nazionale. Vediamo quali sono.
Norme di legge statali disciplinanti le vendite di fine stagione o saldi, Art.15 D.Lgs. 31 marzo 1998, n.114/98.
Per vendite straordinarie s’intendono le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l’esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti.
Le vendite di fine stagione riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non sono venduti entro un certo periodo di tempo.
Nelle vendite disciplinate dalla normativa lo sconto o il ribasso effettuato deve essere espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che deve essere riportato, insieme al prezzo finale.
Le regioni, sentite i rappresentanti degli enti locali, le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio, disciplinano le modalità di svolgimento, la pubblicità anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata delle vendite di liquidazione e delle vendite di fine stagione.
Principali regole sui saldi:
1. La vendita di fine stagione deve essere preceduta da comunicazione – da parte del negoziante - al Comune.
2. Le condizioni favorevoli di acquisto prospettate al consumatore attraverso il messaggio pubblicitario devono essere reali ed effettive.
3. I prodotti esposti per la vendita nelle vetrine esterne o all’ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell’esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, devono indicare in modo chiaro e ben leggibile il prezzo di vendita al pubblico, mediante l’uso di un cartello o con altre idonee modalità; quando siano esposti insieme prodotti identici dello stesso valore è sufficiente l’uso di un unico cartello. Negli esercizi di vendita e nei reparti di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita del libero servizio l’obbligo di indicazione del prezzo deve essere osservato per tutte le merci esposte al pubblico.
4. I dati da esporre nei cartellini sono:
a) Il prezzo normale (quello originario);
b) La percentuale (x %) di sconto sul prezzo normale di vendita;
c) Il prezzo finale di vendita (quello scontato).
5. Il prezzo va obbligatoriamente indicato in euro; l’indicazione in lire può essere usata in via di mera opportunità.
6. Alle vendite di fine stagione non si applicano le norme relative alle vendite sottocosto: l’esercente, dunque, è libero di vendere i prodotti anche a prezzo inferiore a quello di acquisto.
7. Il commerciante, pur non avendone l’obbligo legale, continuerà ad accettare i pagamenti con carta di credito e POS secondo i termini delle relative convenzioni.
8. In caso di mancanza di conformità del bene al contratto (difetti o mancata corrispondenza rispetto alle caratteristiche descritte prima della vendita) il cliente ha diritto, ai sensi del D.Lgs. n.24/2002:
a) al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione (a scelta, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro);
b) ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto (se la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; se il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione entro un congruo termine; se la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata hanno arrecato notevoli inconvenienti al consumatore).
E' bene però precisare che la responsabilità del venditore al dettaglio sorge per il difetto di conformità del bene al contratto esistente al momento della consegna (ma si presume per legge che i difetti che si manifestano entro sei mesi dalla consegna esistessero già a tale data):
a) il venditore è responsabile quando il difetto si manifesta entro due anni dalla consegna del bene;
b) il consumatore decade dalla garanzia se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro due mesi dalla scoperta (a meno che il venditore non abbia riconosciuto l’esistenza del difetto o non l’abbia occultato); detto termine è più ampio di quello di 8 giorni originariamente previsto dall'art.1490 del codice civile per la denuncia al venditore di eventuali vizi scoperti;
c) l’azione legale per far valere di difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive in 26 mesi dalla consegna del bene.
9. Fatta eccezione per i casi di mancata conformità del prodotto, di cui al n.8), la merce acquistata - in qualsiasi periodo dell’anno e non solo durante le vendite di fine stagione o "saldi" - non è, da un punto di vista legale, "soggetta a cambio", nel senso che l’acquirente non ha alcun diritto, riconosciuto dalla legge, alla sostituzione della merce. Al di là dello "stretto diritto", si auspica, comunque, l’uso della massima disponibilità e cortesia nei confronti del cliente.
10. Il cosiddetto "diritto di recesso" o "di ripensamento", esercitabile normalmente entro sette giorni dall’acquisto, nulla a che vedere con gli acquisti conclusi all’interno di un esercizio commerciale, concernendo invece, ai sensi del D.Lgs. n.50/92, i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, e cioè:
a) durante la visita di un operatore commerciale al domicilio del consumatore o di un altro consumatore ovvero sul posto di lavoro del consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trovi, anche temporaneamente, per motivi di lavoro, di studio o di cura;
b) durante una escursione organizzata dall'operatore commerciale al di fuori dei propri locali commerciali;
c) in area pubblica o aperta al pubblico, mediante la sottoscrizione di una nota d'ordine, comunque denominata;
d) per corrispondenza o, comunque, in base ad un catalogo che il consumatore ha avuto modo di consultare senza la presenza dell’operatore commerciale.
Alcuni consigli dalle Associazioni dei consumatori
Sostituzione del capo acquistato.
Conservate sempre lo scontrino: se è vero che la possibilità di cambiare il capo dopo che lo si è acquistato è generalmente lasciata alla discrezionalità del negoziante, è altrettanto vero che le cose cambiano se il prodotto è danneggiato o non conforme (art. 1519 ter cod. civile introdotto da D.L.vo n.24/2002). In questo caso scatta l’obbligo per il negoziante della riparazione o della sostituzione del capo e, nel caso ciò risulti impossibile, la riduzione o la restituzione del prezzo pagato. Ma la grande novità è che non c’è più bisogno, come stabilito dall’art. 1495 del cod. civ., di denunziare “i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta”. Il D.lgs n. 24/2002 ha stabilito, infatti, che il consumatore deve denunciare “al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto”.
Esposizione del prezzo.
Sulla merce è obbligatorio il cartellino che indica il vecchio prezzo, quello nuovo ed il valore percentuale dello sconto applicato; il prezzo deve essere inoltre esposto “in modo chiaro e ben leggibile” (Dlg n. 114/98). Inoltre i messaggi pubblicitari devono essere presentati in modo non ingannevole per il consumatore. Il consumatore deve quindi innanzitutto controllare, prima dell’inizio del periodo dei saldi, i prezzi dei prodotti e annotare eventuali aumenti. Ciò consentirà di riconoscere i falsi dai veri ribassi e scegliere di conseguenza. Meglio privilegiare i negozi conosciuti dove vi è maggiore certezza di acquistare articoli in saldo e non fondi di magazzino. Attenzione ai negozi che espongono articoli a prezzi scontati accanto ad altri articoli a prezzo normale. Non di rado, infatti, le vetrine sono allestite in maniera poco chiara e quindi ingannevole per il consumatore; è bene, inoltre, confrontate i prezzi di più negozi per decidere se si tratta veramente di un buon affare. Attenzione ai forti sconti: non si acquista il saldo, ma la qualità del prodotto.
La prova dei capi.
Non è obbligatoria, ma rimessa alla discrezionalità del negoziante. Il consiglio è di diffidare dei capi di abbigliamento che possono essere solo guardati e non provati. Controllare attentamente l’etichetta e la taglia.
Pagamento con carte di credito.
I prodotti acquistati in saldo possono essere pagati con carte di credito. Se il commerciante espone la vetrofania delle carte di credito (comunicando in tal modo al cliente che in quel negozio ne è consentito l’uso) è tenuto ad accettarle in ogni periodo dell’anno e quindi anche durante i saldi, in virtù della convenzione stipulata con la società emittente la carta. Se il negoziante non accetta il pagamento con carte di credito nonostante il suo negozio esponga una vetrofania delle carte stesse, il caso va segnalato alla società che ha emesso la carta.
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