Emergenza Yemen, Summit mondiale contro Al Qaeda
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L’iniziativa di Brown. E Obama è furioso con la Cia
di MARCO BARDAZZI
L’emergenza-Yemen ha scalato rapidamente posizioni nell’agenda delle priorità della comunità internazionale e sembra ora destinata alla «top ten» dei guai planetari.
Il primo ministro britannico Gordon Brown ha annunciato la convocazione a Londra il 28 gennaio di una conferenza internazionale dedicata al paese della Penisola Arabica, che rischia di diventare una nuova roccaforte del terrorismo. L’iniziativa di Downing Street è la diretta conseguenza della preoccupazione dei servizi d’intelligence, che cresce con l’emergere di nuovi retroscena sul fallito attentato dell’aspirante kamikaze Umar Farouk Abdulmutallab, il nigeriano che il 25 dicembre ha cercato di far concludere in tragedia il volo Amsterdam-Detroit.
E gli stessi retroscena stanno facendo montare l’irritazione di Barack Obama per quelle che appaiono sempre più come clamorose falle nell’apparato di sicurezza americano: il presidente ha ricevuto un resoconto completo sulle indagini alle Hawaii, dove è in vacanza, e ha riconvocato i capi dell’antiterrorismo per martedì a Washington. Gli errori e le sottovalutazioni che emergono nel caso Abdulmutallab potrebbero costare il posto a qualcuno: in cima alla lista di chi viene indicato come a rischio, ci sono il ministro della Sicurezza interna Janet Napolitano e il Direttore nazionale dell’intelligence, Dennis Blair. A frenare Obama c’è però il lutto che ha appena colpito i servizi segreti: sette agenti della Cia, tra cui una donna che comandava l’unità, sono rimasti uccisi in un attacco kamikaze in Afghanistan, nella provincia di Khost.
«I vostri successi e perfino i vostri nomi resteranno ignoti ma il vostro sacrificio, grazie al quale sono stati sventati complotti e salvate molte vite, è profondamente apprezzato», ha scritto Obama, commentando le sette anonime stelle nere (una per ogni agente caduto) che si andranno ad aggiungere alle altre 90 incastonate all’ingresso del quartier generale di Langley, in Virginia. La vicenda del giovane nigeriano addestrato nello Yemen, è servita a rendere non più rinviabile una riflessione internazionale su cosa stia accadendo nel paese arabo. Brown ha scelto una data significativa per dar vita a un tavolo di lavoro in questo senso: il 28 gennaio a Londra era già in programma la conferenza sul futuro dell’Afghanistan, l’ex santuario di Al Qaeda dove i terroristi sono di nuovo all’offensiva.
Il primo ministro britannico approfitterà della presenza dei leader internazionali per mettere sotto i riflettori anche lo Yemen, in un momento in cui suscita timori analoghi a quelli afghani. «Il nuovo decennio - ha scritto Brown sul sito web di Downing Street - comincia come il precedente, con la creazione di un clima di paura da parte di Al Qaeda: c’è ora un nuovo quartier generale per il terrorismo, lo Yemen». Casa Bianca e Unione Europea hanno subito dato un forte appoggio all’iniziativa britannica, e Brown conta di coinvolgere anche l’Arabia Saudita e altri paesi del Golfo, per creare un gruppo battezzato «Amici dello Yemen» che aiuti il governo di Sana’a a reagire alla minaccia dell’integralismo islamico.
Obama nel frattempo potrebbe però decidere di accelerare e colpire i santuari del terrore yemeniti. Secondo il «Washington Post», ha ricevuto la conferma che Abdulmutallab ha incontrato il religioso Anwar al-Awlaki, che sta diventando agli occhi della Cia un mini Osama bin Laden. La casa nell’area montagnosa yemenita di Shabwa dove i due si sarebbero visti, è la stessa distrutta il 24 dicembre in un attacco aereo coordinato da Washington, che sembra aver mancato Awlaki. Il religioso yemenita-americano è lo stesso che avrebbe ispirato il maggiore dell’Esercito Nidal Hasan, autore il 5 novembre della sparatoria nella base di Fort Hood in Texas (13 morti). L’intelligence avrebbe inoltre detto a Obama che possono esserci fino a 300 seguaci di Al Qaeda attualmente in fase di addestramento nello Yemen.
Al presidente sono stati poi impietosamente dettagliati i passi falsi compiuti nel caso di Abdulmutallab. Secondo il «New York Times» era dall’estate scorsa che Cia e Nsa - l’agenzia per lo spionaggio elettronico - sapevano che in Yemen era in preparazione un attacco da far eseguire a un nigeriano. Un’informazione sottovalutata e non incrociata con l’allarme lanciato dallo padre del giovane terrorista, che aveva scongiurato gli Usa a intervenire per bloccarlo perché stava «preparando qualcosa di grosso».
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