A Bologna, Delbono si dimette Prodi: "E' un gesto di responsabilità"
Il sindaco lascia dopo lo scandalo dei presunti viaggi a spese della Regione con la ex fidanzata e sua segretaria:«Lo faccio per la città, io non c'entro»
BOLOGNA L'epilogo del Cinzia-gate sono le dimissioni. Il prossimo nodo da affrontare il rischio commissariamento. Il sindaco di Bologna Delbono getta la spugna e lo annuncia nell’aula del consiglio comunale dopo le polemiche per l’inchiesta che lo vede indagato per peculato e abuso d’ufficio assieme allex fidanzata segretaria. Delbono se ne va dopo sette mesi alla vigilia della discussione del suo primo bilancio sapendo di aver fatto una «leggerezza» («avvicinare vita personale e amministrativa»), ma con la convinzione di essere innocente e di star facendo «la cosa giusta, per quanto faticosa» dato che «Bologna per me viene prima di tutto». Il crollo del sindaco, da giugno al timone della città che fu di Cofferati e ora dimissionario perchè indagato per peculato, abuso di ufficio e truffa aggravata, è diventato realtà nel pomeriggio in consiglio comunale. A farlo cadere l’inchiesta nata dalle accuse della sua ex compagna e segretaria Cinzia Cracchi, anche lei indagata per peculato e abuso d’ufficio. In aula Delbono ha parlato ai bolognesi ufficializzando una decisione che era già nell’aria nonostante l’annuncio spavaldo di sabato dopo l’interrogatorio in procura: niente dimissioni nemmeno se rinviato a giudizio, sentenziò allora. Parole ardite che non sono piaciute al Pd. Non a caso a mezzogiorno è stato il leader nazionale Pierluigi Bersani a intervenire nell’affaire bolognese. «Delbono dice: "Prima la città". E noi sottoscriviamo», ha tagliato corto. All’ora di pranzo, la conferma delle dimissioni è affidata al capogruppo del Pd locale: il sindaco «ha già deciso di dimettersi», rivela Sergio Lo Giudice, uscendo dal suo ufficio. Alle 15 l’ora x. Aria tesa, barba di un giorno e gessato blu, Delbono è uscito dalle sue stanze per salire sul ring, seguito da un codazzo di fotografi e giornalisti che forse nemmeno Cofferati ha mai vantato. «Siccome i modi e i tempi richiesti per difendermi eventualmente in sede giudiziaria, rischiano di avere ripercussioni negative sulla mia attività di sindaco, ho già deciso in piena coscienza che rassegnerò le dimissioni dalla mia carica», è stata la frase clou. Un dietrofront rispetto a sabato dettato anche dalla peculiarità di Bologna "la rossa": «La storia di questa città e la lunga tradizione di amministrazione e impegno civico fanno sì che a Bologna ci sia una cultura diversa rispetto ad altre città», ha spiegato. Poi ha rassicurato i cittadini: «Sceglierò modi e tempi che dovranno tener presente i temi prioritari della città a partire dal fatto che nei prossimi giorni inizierà in aula l’esame per la discussione del bilancio 2010». Un’ora dopo ha affrontato per la prima volta i giornalisti vis a vis, accettando per mezz’ora di rispondere al fuoco incrociato di domande. «Penso di aver fatto la cosa giusta», ha esordito e a chi gli chiedeva che cosa farà ora, Delbono, che è professore di economia in congedo, ha detto: «Sicuramente torno all’Università, poi vedremo». In più salse ha ripetuto di aver deciso «in piena coscienza e autonomia», indipendentemente dalle elezioni regionali imminenti e di aver maturato la decisione tra sabato sera e domenica. Nessun contatto con la segreteria nazionale del Pd («Mai sentito Bersani»), nè con Romano Prodi (un eventuale pressing «non mi ha pesato perchè non c’è stato»), mentre ha ammesso di aver parlato con il presidente della Regione Vasco Errani: «Mi ha detto "in bocca al lupo"». In ogni caso ha negato di sentirsi vittima di un complotto politico o della magistratura. Al contrario sul piano personale l’amarezza è tanta ed evidente, soprattutto rispetto a Cinzia che con le sue dichiarazioni l’ha portato alla resa: «Ho visto un accanimento e un livore che ha un pò sorpreso anche me». Ma lei non si sente responsabile: «Umanamente mi dispiace ma non sono la causa delle dimissioni», ha detto candidamente. Sensi di colpa non ne ha neanche Delbono, per una città che resta in standby con lo spettro del commissariamento per un anno. «Possono fare un decreto legge - ha spiegato rivolgendosi al governo - un’operazione bipartisan e votare molto prima dei prossimi 13 mesi. Magari già in autunno». Intanto sulle dimissioni fioccano i commenti. A cominciare da Prodi, uno dei primi a chiamarlo subito dopo la sua vittoria al ballottaggio: «Le dimissioni di Flavio Delbono sono un gesto di grande sensibilità nei confronti di Bologna», ha commentato, e la conferma «a differenza di altri, di saper mettere al primo posto il bene comune e non le sue ragioni personali». Toni più duri ovviamente quelli di Alfredo Cazzola, suo rivale al ballottaggio ma soprattutto l’uomo che ha dato il la per il "Cinzia-gate". Quella di Delbono è «una fine più che giusta», ha scandito aggiungendo che in ballo non c’è solo una questione giudiziaria, ma l’immagine di un uomo che «ha avuto un rapporto controverso con la sua compagna» mettendo in discussione anche il Delbono-politico. Critico anche Giorgio Guazzaloca, primo e unico sindaco non di sinistra e poi altro sfidante del sindaco a giugno: «Per Bologna è il punto più basso di 60 anni di storia», quindi l’accusa a Delbono di aver fatto «il ragioniere per sette mesi». Nessuna attenuante nemmeno per Gianfranco Pasquino, che lo sfidò alle urne da anima critica della sinistra: «Sono dimissioni tardive, di un candidato scelto male e che aveva già dimostrato di non essere un buon amministratore e nemmeno adeguato sul piano della rappresentanza».
BOLOGNA L'epilogo del Cinzia-gate sono le dimissioni. Il prossimo nodo da affrontare il rischio commissariamento. Il sindaco di Bologna Delbono getta la spugna e lo annuncia nell’aula del consiglio comunale dopo le polemiche per l’inchiesta che lo vede indagato per peculato e abuso d’ufficio assieme allex fidanzata segretaria. Delbono se ne va dopo sette mesi alla vigilia della discussione del suo primo bilancio sapendo di aver fatto una «leggerezza» («avvicinare vita personale e amministrativa»), ma con la convinzione di essere innocente e di star facendo «la cosa giusta, per quanto faticosa» dato che «Bologna per me viene prima di tutto». Il crollo del sindaco, da giugno al timone della città che fu di Cofferati e ora dimissionario perchè indagato per peculato, abuso di ufficio e truffa aggravata, è diventato realtà nel pomeriggio in consiglio comunale. A farlo cadere l’inchiesta nata dalle accuse della sua ex compagna e segretaria Cinzia Cracchi, anche lei indagata per peculato e abuso d’ufficio. In aula Delbono ha parlato ai bolognesi ufficializzando una decisione che era già nell’aria nonostante l’annuncio spavaldo di sabato dopo l’interrogatorio in procura: niente dimissioni nemmeno se rinviato a giudizio, sentenziò allora. Parole ardite che non sono piaciute al Pd. Non a caso a mezzogiorno è stato il leader nazionale Pierluigi Bersani a intervenire nell’affaire bolognese. «Delbono dice: "Prima la città". E noi sottoscriviamo», ha tagliato corto. All’ora di pranzo, la conferma delle dimissioni è affidata al capogruppo del Pd locale: il sindaco «ha già deciso di dimettersi», rivela Sergio Lo Giudice, uscendo dal suo ufficio. Alle 15 l’ora x. Aria tesa, barba di un giorno e gessato blu, Delbono è uscito dalle sue stanze per salire sul ring, seguito da un codazzo di fotografi e giornalisti che forse nemmeno Cofferati ha mai vantato. «Siccome i modi e i tempi richiesti per difendermi eventualmente in sede giudiziaria, rischiano di avere ripercussioni negative sulla mia attività di sindaco, ho già deciso in piena coscienza che rassegnerò le dimissioni dalla mia carica», è stata la frase clou. Un dietrofront rispetto a sabato dettato anche dalla peculiarità di Bologna "la rossa": «La storia di questa città e la lunga tradizione di amministrazione e impegno civico fanno sì che a Bologna ci sia una cultura diversa rispetto ad altre città», ha spiegato. Poi ha rassicurato i cittadini: «Sceglierò modi e tempi che dovranno tener presente i temi prioritari della città a partire dal fatto che nei prossimi giorni inizierà in aula l’esame per la discussione del bilancio 2010». Un’ora dopo ha affrontato per la prima volta i giornalisti vis a vis, accettando per mezz’ora di rispondere al fuoco incrociato di domande. «Penso di aver fatto la cosa giusta», ha esordito e a chi gli chiedeva che cosa farà ora, Delbono, che è professore di economia in congedo, ha detto: «Sicuramente torno all’Università, poi vedremo». In più salse ha ripetuto di aver deciso «in piena coscienza e autonomia», indipendentemente dalle elezioni regionali imminenti e di aver maturato la decisione tra sabato sera e domenica. Nessun contatto con la segreteria nazionale del Pd («Mai sentito Bersani»), nè con Romano Prodi (un eventuale pressing «non mi ha pesato perchè non c’è stato»), mentre ha ammesso di aver parlato con il presidente della Regione Vasco Errani: «Mi ha detto "in bocca al lupo"». In ogni caso ha negato di sentirsi vittima di un complotto politico o della magistratura. Al contrario sul piano personale l’amarezza è tanta ed evidente, soprattutto rispetto a Cinzia che con le sue dichiarazioni l’ha portato alla resa: «Ho visto un accanimento e un livore che ha un pò sorpreso anche me». Ma lei non si sente responsabile: «Umanamente mi dispiace ma non sono la causa delle dimissioni», ha detto candidamente. Sensi di colpa non ne ha neanche Delbono, per una città che resta in standby con lo spettro del commissariamento per un anno. «Possono fare un decreto legge - ha spiegato rivolgendosi al governo - un’operazione bipartisan e votare molto prima dei prossimi 13 mesi. Magari già in autunno». Intanto sulle dimissioni fioccano i commenti. A cominciare da Prodi, uno dei primi a chiamarlo subito dopo la sua vittoria al ballottaggio: «Le dimissioni di Flavio Delbono sono un gesto di grande sensibilità nei confronti di Bologna», ha commentato, e la conferma «a differenza di altri, di saper mettere al primo posto il bene comune e non le sue ragioni personali». Toni più duri ovviamente quelli di Alfredo Cazzola, suo rivale al ballottaggio ma soprattutto l’uomo che ha dato il la per il "Cinzia-gate". Quella di Delbono è «una fine più che giusta», ha scandito aggiungendo che in ballo non c’è solo una questione giudiziaria, ma l’immagine di un uomo che «ha avuto un rapporto controverso con la sua compagna» mettendo in discussione anche il Delbono-politico. Critico anche Giorgio Guazzaloca, primo e unico sindaco non di sinistra e poi altro sfidante del sindaco a giugno: «Per Bologna è il punto più basso di 60 anni di storia», quindi l’accusa a Delbono di aver fatto «il ragioniere per sette mesi». Nessuna attenuante nemmeno per Gianfranco Pasquino, che lo sfidò alle urne da anima critica della sinistra: «Sono dimissioni tardive, di un candidato scelto male e che aveva già dimostrato di non essere un buon amministratore e nemmeno adeguato sul piano della rappresentanza».
IL TESTO INTEGRALE DEL DISCORSO DI DELBONO:
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