Pietro Berti

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Anchorage

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martedì 26 aprile 2011

Gli Amanuensi




GLI AMANUENSI

L’etimologia della parola amanuense, ancora una volta è latina: "a manu servus" e cioè "schiavo che copia a mano". Infatti gli amanuensi esistevano già nell’antica Grecia, ma diversamente dagli scribi che erano uomini liberi e scrivevano i documenti ufficiali, erano servi ed avevano il compito appunto di realizzare più copie di un libro. Anche a Roma inizialmente erano schiavi, ma poi spesso furono riuniti in vere e proprie officine scrittorie, gestite dai venditori di libri, dove c’erano però anche uomini liberi,. La loro ricompensa era calcolata in base al numero delle righe ricopiate.
Nel Medioevo questo lavoro fu affidato soprattutto ai monaci, che copiavano i testi in una stanza lo scriptorium, adiacente alla biblioteca. Lo scriptorium era una delle stanze più importanti delle abbazie, l’unica ad essere sempre riscaldata. Qui il monaco copista trascriveva i testi in silenzio, interrompendo il suo lavoro solo per le preghiere; a volte era aiutato da un altro confratello che, mentre dettava, controllava eventuali errori del testo. Ogni giorno un amanuense riempiva quattro fogli di pergamena che misurava mediamente dai 35 ai 50 cm., in altezza e dai 25 ai 30 cm. di larghezza. Ogni libro era trascritto da un solo amanuense, mentre le decorazioni, a volte, potevano essere realizzate anche da altri monaci. Il tutto con grande fatica, come ci dice uno di loro: "Annebbia la vista, incurva la schiena, schiaccia le costole ed indolenzisce il corpo".
Certo, a volte realizzavano dei veri e propri capolavori, come il piccolo libro, grande come un francobollo che abbiamo visto a Montecassino in cui c’è trascritta la preghiera del Padre nostro.
Inoltre tale lavoro era molto costoso: per esempio un nobile alla metà del 1300 pagò un libro 200 pecore, più una gran quantità di grano e segale. Eppure proprio in questo periodo incominciarono a fiorire molte biblioteche private, in quanto, pur se molti nobili non sapevano né leggere e né scrivere, possedere dei manoscritti era simbolo di potere e rispetto. Manuel Neri












Scrittura e Storia degli Amanuensi
A partire dal 313 d.C., data che sancisce l'emanazione dell' editto di Costantino che proclamava la libertà di culto per i cristiani, si assiste ad un rapido e consistente sviluppo del testo scritto e, di conseguenza, dello studio della scrittura.



Per poter studiare, si rese quindi necessaria la riproduzione dei libri e , poiché a quel tempo non era ancora stata inventata la stampa, i libri potevano essere riprodotti solo copiandoli a mano: nasce così la figura degli amanuensi, umili ed anonimi monaci che avevano il compito di riprodurre pazientemente a mano le Sacre Scritture, opere greche e latine, testi di grandi storici, poeti e naturalisti e, grazie al romano Cassiodoro, consapevole di quanto fosse importante che la cultura e le tradizioni delle antiche civiltà non andassero perdute, anche testi profani.
I libri ricopiati servivano ai monaci per la lettura e l'insegnamento. Era nei monasteri infatti che la cultura veniva custodita e tramandata ed alcuni di questi monasteri avevano biblioteche in cui erano custoditi i preziosi libri salvati dalla distruzione dei barbari.I monaci che si dedicavano a questa attività studiavano le arti liberali (grammatica, dialettica, retorica, aritmetica, geometria, musica, astronomia) e spesso, nel lavoro di esegesi e nelle traduzioni, assumevano l'arbitrio di apporre interpolazioni o estrapolazioni allo scopo di dare un senso cristiano alla quasi totalità dei concetti e a tale proposito aggiungevano , a volte, anche una breve preghiera alla fine del libro.
Grazie all'opera degli Amanuensi, sono arrivati sino a noi tanti capolavori che altrimenti sarebbero andati perduti ed è per questo che i monasteri fpossono essere considerati dei veri e propri centri di promozione culturale oltre che di fede e spiritualità.
Il lavoro di copiatura era molto lungo e faticoso tanto è vero che, per ricopiare la Bibbia, era necessario un intero anno di lavoro fatto da più persone e vi erano persino dei testi così estesi e complicati che spesso non bastava l' intera vita di un Amanuense per realizzarne una copia. Proprio per questo, nei testi dei secoli IX e X, si trovano spesso affermazioni come questa: "L'approdo non è più gradito al marinaio di quanto non sia l'ultima riga del manoscritto allo stanco amanuense".La media di copiatura era di 10-12 pagine al giorno nonostante di solito gli amanuensi fossero esonerati dalle preghiere della terza, sesta e nona ora proprio per non dover interrompere il loro lavoro nelle ore di luce. Gli amanuensi erano costretti a stare chiusi per ore ed ore nello scriptorium ( dal latino: luogo dove si scrive), fermi nella stessa posizione, con le dita e la mano che si irrigidivano per i crampi.
Lo scriptorium era una sala spaziosa ed illuminata da numerose finestre. Nella posizione più idonea a ricevere la luce c' erano i tavoli dove lavoravano i monaci amanuensi. Non in tutti i monasteri c'era però lo scriptorium; in tal caso, i monaci svolgevano il lavoro di scrittura nel refettorio o nelle celle individuali.
All'interno dello scriptorium vi era una specifica suddivisione dei compiti.
l lavori di preparazione, come ad esempio lisciare i fogli di pergamena e tracciare le linee parallele che avrebbero guidato la mano del copista ,spettavano ad aiutanti comuni chiamati Scriptores.
La copiatura spettava ai copisti, generalmente schiavi eruditi chiamati dagli antichi romani "servus a manu" e che provvedevano a realizzare, sempre manualmente e con bella grafia, le copie delle varie pagine che componevano il libro. I copisti utilizzavano piani d'appoggio, a volte con il piano inclinato: il manoscritto da copiare era poggiato su di un leggio fissato ad un supporto.
Gli Amanuensi scrivevano o meglio trascrivevano il testo, avendo cura della fedeltà dello scritto e della qualità del carattere, sui fogli di pergamena cioè pelle di agnello, pecora, montone o capra lavorata in modo da divenire liscia e chiamata pergamena in quanto entrata nell'uso comune per la prima volta a Pèrgamo, città dell' Asia Minore.
La decorazione spettava invece ai miniaturisti i quali avevano un compito certamente secondario rispetto al fatto di riprodurre e tramandare un testo, ma sicuramente più appariscente, più artistico e di forte impatto visivo.Le loro meravigliose creazioni danno inizio, nei testi medievali, ai paragrafi e ai capitoli e molto spesso, nell'immaginario collettivo, s'identificano con lo stesso Medioevo. Si tramandano infatti pochi nomi di amanuensi, ma si citano molti nomi di artisti miniaturisti, alcuni dei quali erano anche talentuosi pittori nel senso tradizionale del termine che, nei periodi di scarso lavoro, non disdegnavano di prestare la propria opera a servizio della Chiesa o dei Signori che ne facevano richiesta. I miniaturisti realizzavano spesso autentiche opere d'arte miniate che volevano riflettere la grandezza e la gloria di Dio e venivano create con oro zecchino a 24 carati applicato su una base in gesso, per esaltarne la spazialità e poi lucidato con un brunitoio in pietra d'agata.
La miniatura era già stata usata come decorazione di manoscritti ai tempi degli Egizi e dei Greci, ma ebbe il suo massimo sviluppo nel Medio Evo. La parola 'miniatura' deriva dal latino minium, il colore usato per riquadrare le pagine e per scrivere i titoli e le lettere iniziali dei manoscritti. Gli amanuensi infatti lasciavano appositamente in bianco la lettera iniziale di ogni capitolo affinché venisse poi ' miniata' dai miniaturisti il cui compito era quello di illustrare, illuminare ed arricchire il testo con fregi, decorazioni, cartigli e figure varie, inserendosi con abilità nei margini, nei bordi, nelle lettere maiuscole, con tutta la grazia ricca e delicata di cui erano maestri.Ai miniaturisti piaceva adornare la lettera iniziale di ogni capitolo o di ogni pagina con dorature o con vivaci colori come il rosso per le prime linee scritte, le lettere maiuscole ed i titoli, il verde e l' azzurro per le lettere iniziali e l' oro e l' argento per codici di lusso destinati al culto religioso. Essi inserivano nel testo delle piccole e bellissime raffigurazioni di angeli, di santi o di scene della vita di ogni giorno. In qualche libro, i margini di ciascuna pagina venivano decorati con ghirlande di fiori e di foglie e spesso, in mezzo a questi bordi infiorati venivano dipinti anche animaletti quali api, farfalle,scarabei e libellule.
Le miniature, col passare del tempo, divennero piccoli capolavori contenuti nello spazio di pochi centimetri quadrati all'interno degli Evangelari ( raccolta di testi sacri, messali), nei Salteri (raccolta di salmi) e nelle Bibbie che ebbero, grazie all'uso dell'oro e della porpora, un aspetto molto elegante.
Il codice medioevale non aveva una pagina dedicata al titolo, ma iniziava con la frase scritta con l'inchiostro rosso e con le lettere ingrandite: era l'incipit (inizio) e finiva con la parola explicit ( fine), dopo la quale si poteva trovare la sottoscrizione in cui erano indicati il nome del monaco amanuense, la data in cui aveva finito di scrivere e le persone per le quali aveva scritto.
Infine la rilegatura - essenziale per l'uso e la conservazione dei testi - spettava ai rilegatori, che spesso traducevano il loro lavoro in realizzazioni artigianali ed artistiche di altissimo livello in quanto spesso la rilegatura era in cuoio ed i volumi venivano abbelliti con massicci angoli d'argento lavorato a mano e con grossi fermagli. Alcuni libri venivano invece ricoperti di velluto o con una tavoletta d'avorio scolpito in basso rilievo. Qualche esemplare era perfino rivestito con una lamina d'oro battuto e riposto negli scrigni insieme con perle ed altri gioielli.
Pertanto ogni libro, ogni pagina, ogni parola ed ogni lettera erano frutto di uno sforzo artistico ed artigianale che vedeva collaborare fra loro una vera e propria equipe specializzata in Vangeli, Messali, Libri d' Ore, Corali, oggetti preziosi e lussuosi, custoditi gelosamente nei tesori e nelle biblioteche ed utilizzati per la liturgia ufficiale o per disparati usi privati.






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