Non l'ho plagiata, me l'aveva riferita un amico. L'editore minimizza: una svista
Premio Pulitzer copia, costretta a scusarsi
La prima firma femminile del NYTimes usa una frase tratta da un blog. Ma la rete la smaschera..
Maureen Dowd, prima firma femminile del New York Times
Premio Pulitzer copia, costretta a scusarsi
La prima firma femminile del NYTimes usa una frase tratta da un blog. Ma la rete la smaschera..
Maureen Dowd, prima firma femminile del New York Times
NEW YORK – La 57enne superstar e Premio Pulitzer del New York Times Maureen Dowd è una copiona. E’ stata la stessa Dowd, da anni la penna più tagliente e caustica d’America, a fare il pubblico mea culpa dopo essere colta in castagna dalla blogosfera. Il plagio - un semplice taglia e incolla dal blog progressista The Huffington Post - è stato scoperto dal quotidiano online Politico, costringendo la Dowd ad inviare una email di scusa ad Arianna Huffington.
LA FRASE CLONATA - Nella frase incriminata, pubblicata nel suo ultimo editoriale di domenica, la Dowd scrive «Sempre di più la data degli eventi solleva il dubbio del perché, se doveva servire a prevenire attacchi terroristici, la tortura era utilizzata soprattutto nel periodo in cui l’entourage di Bush stava cercando informazioni politiche per giustificare la guerra in Iraq». Nel chiedere scusa la Dowd ha assicurato di «non conoscere il blogger Josh Marshall» da cui ha copiato alla lettera questo lungo passaggio, ma di avere «ottenuto la frase da un mio amico». Il web non l’ha bevuta e anzi molti hanno subito rilanciato lo scandalo che nel 2003 travolse il New York Times, quando si scoprì che il giovane cronista afro-americano Jason Blair aveva scritto per tre anni, indisturbato, decine di articoli, inventando di sana pianta le storie, scopiazzando da internet e da altri colleghi. Mentre allora licenziò sia il truffaldino Blair sia il suo direttore e protettore Howell Raines, questa volta l’autorevole quotidiano si è limitato ad osservare che «in una precedente versione della sua rubrica Dowd ha dimenticato di attribuire un paragrafo al blog di Marshall».
LA FRASE CLONATA - Nella frase incriminata, pubblicata nel suo ultimo editoriale di domenica, la Dowd scrive «Sempre di più la data degli eventi solleva il dubbio del perché, se doveva servire a prevenire attacchi terroristici, la tortura era utilizzata soprattutto nel periodo in cui l’entourage di Bush stava cercando informazioni politiche per giustificare la guerra in Iraq». Nel chiedere scusa la Dowd ha assicurato di «non conoscere il blogger Josh Marshall» da cui ha copiato alla lettera questo lungo passaggio, ma di avere «ottenuto la frase da un mio amico». Il web non l’ha bevuta e anzi molti hanno subito rilanciato lo scandalo che nel 2003 travolse il New York Times, quando si scoprì che il giovane cronista afro-americano Jason Blair aveva scritto per tre anni, indisturbato, decine di articoli, inventando di sana pianta le storie, scopiazzando da internet e da altri colleghi. Mentre allora licenziò sia il truffaldino Blair sia il suo direttore e protettore Howell Raines, questa volta l’autorevole quotidiano si è limitato ad osservare che «in una precedente versione della sua rubrica Dowd ha dimenticato di attribuire un paragrafo al blog di Marshall».
LE ACCUSE A HILLARY - L’incidente – e i suoi eventuali esiti futuri - è considerato da molti un test sul potere delle superstar all’interno del giornalismo Usa sempre più in crisi. Non è la prima volta che la Dowd finisce nei guai. L’anno scorso la columnist era stata censurata come «una sessista anti-Hillary» dal garante dei lettori del suo stesso giornale, Clark Hoyt. Ma invece di smorzare i toni, lei si era vendicata. Con un editoriale di fuoco in cui aveva fatto a pezzi proprio le fan della Clinton che avevano costretto Hoyt ad avviare un' indagine interna contro di lei, rea di aver contribuito con le sue analisi sessiste alla sconfitta dell' ex first lady. In sua difesa era scesa in campo anche Gail Collins, la rispettatissima unica «altra» columnist donna del New York Times su un totale di dieci, la prima ed unica ad aver diretto la prestigiosa pagina degli editoriali, dal 2001 al 2007. «Mi sento costretta a rispondere al suo attacco contro Maureen Dowd», aveva scritto a Hoyt la Collins, femminista e pro-Hillary, in una e mail pubblicata nella pagina delle lettere. «Visto che la sua critica nei confronti di Maureen si basa sul fatto che molte fan di Hillary Clinton trovano i suoi fondi offensivi – incalzava -. Posso assicurarle in qualità di ex responsabile di quella pagina che i sostenitori di moltissimi candidati di entrambi i partiti hanno sporto l' identica lamentela nel corso degli anni». Poi l' affondo finale, diretto anche alla proprietà: «Se il public editor attacca un opinionista perché ha preso per i fondelli un personaggio politico controverso, il suo sembra invito a tutti noi a smorzare i toni». «Spero proprio - concludeva la Collins -, di aver capito male».
18 maggio 2009(ultima modifica: 22 luglio 2009)
18 maggio 2009(ultima modifica: 22 luglio 2009)
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