Pietro Berti

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VILLA BERTI - IMOLA VIA BEL POGGIO 13

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Anchorage

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sabato 19 marzo 2011

E. Marinella - Napoli










E' agli inizi del XX secolo che Eugenio Marinella getta le basi di quella che sarebbe divenuta una delle più favolose "storie di successo" napoletane. Nel 1914, alla vigilia della prima guerra mondiale, Eugenio decise, dimostrando un'innegabile dose di coraggio e intraprendenza, di aprire bottega in Piazza Vittoria sull'elegante Riviera di Chiaia di Napoli, allora come oggi, uno dei più bei lungomare d'Italia. La posizione si rivelò strategica per una botteguccia di soli 20 metri quadrati davanti alla quale passeggiava l'alta società napoletana. Dopo aver effettuato i lavori di ristrutturazione e acquisito i due atelier, uno molto grande per la fabbricazione di camicie e un altro più piccolo, per le cravatte, don Eugenio intraprese il suo primo viaggio a Londra, per incontrarvi i futuri fornitori. Il negozio diventa presto un piccolo scrigno prezioso in cui si possono trovare autentici tesori di raffinatezza e di gusto, un piccolo angolo di Inghilterra a Napoli. In un'epoca in cui lo stile"inglese" è molto di moda, Marinella è il solo a proporre, a Napoli, una vasta gamma di prodotti esclusivi provenienti da Londra, esigendo dai fornitori inglesi l'esclusività. All'inizio, l'attività principale della bottega non è la cravatta ma la camicia, regina del guardaroba maschile. Al fine di essere al top della moda e della qualità, Eugenio induce alcuni artigiani camiciai di livello senza pari a trasferirsi da Parigi per insegnare ai suoi operai l'arte del taglio. Per quanto riguarda le cravatte, sono realizzate esclusivamente in sette pieghe: il quadrato è piegato sette volte verso l'interno così da dare alla cravatta una consistenza incomparabile. E' solo molto dopo che fa la sua comparsa la cravatta attuale con la struttura interna. Il negozio è passato attraverso avvenimenti storici importanti che hanno cambiato anche il corso della sua storia: le due guerre mondiali, il declino dell'antica nobiltà e la comparsa della nuova borghesia con l'avvento dei prodotti americani che portano sostanziali cambiamenti della moda. Molto attento alle evoluzioni della società e del costume, Eugenio non si perde d'animo e interrompe la produzione di camicie a favore della cravatta che diventa il prodotto faro della casa Marinella.
Storia > TradizioneLa vera ripresa si ha però negli anni Ottanta, quando Francesco Cossiga, allora Presidente della Repubblica e amico di famiglia, diventa un vero e proprio ambasciatore del marchio prendendo l'abitudine di portare in dono ai capi di stato, nelle loro visite ufficiali, una scatola contenente cinque cravatte Marinella. Il marchio comincia così a fare il giro del mondo. Il G7 organizzato a Napoli nel 1994 spalanca definitivamente alla piccola ditta napoletana le porte della cerchia molto esclusiva di fornitori dei grandi del mondo: gli organizzatori decidono infatti di offrire a tutti i capi di stato presenti, una scatola contenente sei cravatte Marinella, portando un'enorme pubblicità al marchio. La passione per l'eleganza e la qualità continua ancora oggi grazie a Maurizio Marinella, terza generazione della famiglia, che ha raccolto l'eredità del marchio con uno spirito imprenditoriale in sintonia con le moderne leggi del marketing riuscendo a far affermare il marchio E. Marinella anche all'estero, dagli Stati Uniti al Giappone. La produzione firmata E.Marinella ha conservato la scrupolosa attenzione alla qualità delle materie prime e la curatissima fattura ancora oggi rigorosamente artigianale, per queste cravatte "napoletane veraci" e allo stesso tempo "very british".




La storia della famiglia Marinella comincia con il capostipite Eugenio Marinella che a 34 anni e dopo quindici anni nel settore dell' abbigliamento maschile, decise che era giunto il momento di cambiare lo stile ed il modo di vestire di un uomo che conta. E' lui fondatore della "filosofia Marinella": più che un punto vendita un salotto dove le relazioni umane si basano su disponibilità, cortesia e rispetto. Dopo di lui il figlio Luigi ed oggi il nipote Maurizio hanno portato avanti la sua filosofia facendo delle cravatte Marinella un vero e proprio simbolo di eleganza. Negli anni che precedettero la sua morte, don Eugenio, aveva imposto al nipote Maurizio, che all'epoca aveva circa dieci anni, di trascorrere ogni giorno qualche ora nel negozio perché potesse respirarne l'aria; Maurizio ricevette così due insegnamenti: quello del nonno e delle relazioni con la vecchia clientela e quello del padre che gestisce l'avvento del boom economico. Maurizio ha saputo coniugare lo spirito imprenditoriale con la disponibilità verso la clientela: nel periodo natalizio, per esempio, dove le code davanti al negozio sono interminabili, offre sfogliatelle e caffè alle persone in attesa per farle pazientare. Se il piccolo negozio di Napoli è, oggi come ieri, il luogo di incontro delle persone eleganti di tutto il mondo, lo si deve alle tre generazioni di Marinella che non hanno mai voluto tramutare il nome in un grande marchio ma hanno preferito associargli l'immagine di piccolo negozio che oggi, come nel 1914, propone prodotti di qualità in un ambiente discreto e conviviale ma al contempo informale.





Il nodo, cardine e punto focale della cravatta, è frutto di una creazione personale, di un gesto quotidiano che, seppur compiuto attenendosi ad un preciso schema, da origine ad una cravatta ogni volta unica ma identica a se stessa. Attraverso il modo di annodare la cravatta l'uomo manifesta, seppur involontariamente, la sua personalità. Ogni nodo ha il proprio nome e la propria storia. Durante il secolo scorso il nodo della cravatta divenne estremamente importante, tanto che furono dati alle stampe piccoli trattati, nei quali si dissertava dei vari modi di annodare la cravatta. Il gesto di annodare personalmente la cravatta fu tenuto fin dall'inizio in grande considerazione. Luigi XIV preferiva annodare di persona la propria cravatta scelta tra quelle che ogni mattina il cravatier gli porgeva su un vassoio. Anche Lord Brummel, il gentiluomo inglese che lanciò il nuovo modo di concepire l'eleganza maschile, ogni mattina si dedicava con estrema perizia ad annodare personalmente la cravatta e se il nodo non gli riusciva alla perfezione al primo tentativo, era solito buttar via la cravatta utilizzata e prenderne un'altra. E così via fino a quando il nodo non gli sembrava fatto ad arte! Il nodo più diffuso oggigiorno è comparso nella seconda metà dell'800 ed ha cominciato ad aver successo quando il colletto rigido fu sostituito da quello morbido. Probabilmente esso fu utilizzato dapprima negli ambienti sportivi, probabilmente a Londra dai frequentatori del "four in hand club" che si divertivano a lanciare nuove mode. Forse proprio lì nacque l'idea di annodare le cravatte come le briglie del tiro a quattro, tanto che in Inghilterra il nuovo nodo venne chiamato "four in hand" (tiro a quattro). Lo stesso tipo di nodo in Francia prese il nome di régate, poiché era usato soprattutto da coloro che partecipavano alle gare veliche. Del resto non è altro che una variante di un nodo molto comune in mare, il parlato, usato spesso per gli ormeggi provvisori. L'origine sportiva del nodo sarebbe più che verosimile dato che nel secolo scorso, anche quando si praticava sport, bisognava indossare la cravatta; soprattutto in questo ambiente, si era quindi alla ricerca di nuovi modi di annodare, secondo soluzioni il più possibile pratiche e durature. In seguito i nodi si sono moltiplicati. Di fatti, contrariamente a quanto si crede, sono numerosissimi. Ogni nodo è frutto di una piccola invenzione compiuta da personaggi più o meno famosi. In una tale varietà di nodi esistenti, non si può dire che un nodo sia migliore di un altro, ma solo che ve ne sono alcuni che hanno più personalità di altri. Donec mollis hendrerit risus. Phasellus nec sem in justo pellentesque facilisis.
Stile > Arte del Nodo > Americano
"L'Americano" è un nodo consistente, adatto alle cravatte larghe ed imbottite. Gli americani accolsero con favore l'avvento della cravatta larga ed il primo personaggio celebre che l'adottò fu Nixon, imitato poi da Ford e da Carter. Mentre negli Stati Uniti "l'Americano" viene eseguito quasi esclusivamente su cravatte larghe, in Europa lo si adopera con cravatte di ogni tipo. Risalta maggiormente se si portano camicie dal colletto all'americana, fermato cioè da due bottoncini. Come farlo:
La parte larga (A) sovrapposta al codino (B),
compie un giro attorno ad esso e quindi viene infilata nel doppino intorno al collo.
Da li passa attraverso l'anello formatosi attorno al codino (B).
Infine il nodo viene stretto, tirato e fatto scorrere verso il colletto.
Stile > Arte del Nodo > Bluff
Il "Bluff" è forse il più comune degli Ascot montati. E' di dimensioni maggiori rispetto all'Ascot regolare e sarebbe quindi più complicato da preparare a mano. Apparentemente manca il nodo che in realtà è nascosto dalle gambe mantenute lievemente sollevate da una cucitura ed incrociate
Come farlo:
La cravatta montata è una cravatta artificiale, posticcia, un puro espediente che da una vita ad una cravatta già annodata, il cui nodo è cucito.
Stile > Arte del Nodo > Churchill
Il "Churchill" è un tipo di papillon che ha riscosso molto successo tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta quando era simbolo di successo ed eleganza. Il particolare taglio del "Churchill", curvilineo - rettilineo, dona ai nastri ed i fiocchi ad un certo spessore.Tale papillon si adatta ad ogni occasione. Il diverso uso verrà quindi imposto dal tipo di tessuto con il quale è realizzato Come farlo:
Occorre sovrapporre il nastro destro (A) al sinistro (B)
e poi lo si infila nel doppino attorno al collo.
Quindi il nastro destro (A) passa sul sinistro (B) piegato in due e posto di traverso.
L'estremità del nastro destro (A) va allora piegata e così infilata dal basso verso l'alto nell'anello che si è formato.
Infine bisogna tirare i fiocchi e i nastri opposti.
Stile > Arte del Nodo > Classico
Le varianti dei nodi di papillon sono di competenza di pochi specialisti. Ad un occhio esperto fiocchi e nastri non sembrano cambiare di molto. Ciò che cambia è la natura stessa del papillon che viene annodato ogni volta in modo diverso: questo crea sottili differenze, quasi impercettibili.Il "Classico" è un nodo particolarmente composto, adatto ai papillon già pronti da indossare, dato che una volta preparato è piuttosto difficile da sciogliere. Per questo viene utilizzato dai cravattai soprattutto per i papillon da vendere già annodati. Come farlo:
Il nastro destro (A) viene infilato nel doppino dal basso:
poi deve essere piegato in due e, posto trasversalmente, deve subire una torsione di 180°.
A questo punto occorre infilare in nastro sinistro (B) nel doppino
e dopo aver piegato l'estremità a doppino,
va infilata nell'anello.
Stile > Arte del Nodo > Diagonale
Questo nodo è caratterizzato da un taglio diagonale che crea una linea di sbieco sul nodo. Può essere preparato quasi esclusivamente con cravatta di cashmere. Nel "Diagonale" il nodo si scopre e lascia in vista la piega.Essa crea un gioco di chiaro-scuro al centro del nodo stesso. Per valorizzare questo nodo è preferibile usare una cravatta chiara, in tinta unita a piccoli disegni Come farlo:
Bisogna sovrapporre la parte larga (A) al codino (B)
e poi le si fa compiere un giro attorno ad esso.
A tal punto bisogna infilare un dito nell'anello che si è così formato e quindi la parte larga (A) va inserita dall'alto nel doppino.
Infine deve essere infilata lateralmente nell'anello e tirata torcendo
Stile > Arte del Nodo > Inglese
"L'inglese" è il nodo classico per eccellenza. Fino agli anni Sessanta era questo il nodo portato dalla maggior parte della popolazione inglese. Usato inizialmente dalla classe dominante, fu in un secondo momento imitato dal resto della popolazione. Lo stesso Edoardo VIII, prima di passare al "Windsor", portava solitamente questo tipo di nodo.Per realizzarlo occorre una cravatta che non superi i 6/7 cm di larghezza ed il nodo non deve essere più alto di 3 cm. E' un nodo neutro ed equilibrato: né troppo largo, né troppo stretto Come farlo:
La parte larga (A), sovrapposta al codino (B),
compie un giro attorno ad esso
e quindi viene infilata nel doppino intorno al collo.
Da li passa attraverso l'anello formatosi attorno al codino (B).Infine il nodo viene stretto, tirato e fatto scorrere verso il colletto.
Stile > Arte del Nodo > Puff
E' questo un Ascot montato che ha però una forma molto simile ad una cravatta annodata. Esso è un normale Ascot che viene cucito al nodo.Le gambe sono lievemente bombate all'uscita dal nodo. Talvolta per la bombatura si ricorre anche all'uso di un'imbottitura. Generalmente il Puff Ascott si completa con l'applicazione di una spilla.
Come farlo:
La cravatta montata è una cravatta artificiale, posticcia, un puro espediente che da vita ad una cravatta già annodata, il cui nodo è cucito.
Stile > Arte del Nodo > Scappino
"L'Half Windsor" è un nodo molto simile al "Windsor" ma si differenzia da esso per il fatto che nella preparazione è previsto un passaggio in meno. Ciò lo rende meno conico del Windsor.E' un nodo non troppo grande che può essere adoperato sia per dare più corposità al nodo di una cravatta troppo stretta, sia per appiattire il nodo di una cravatta particolarmente larga. Non è adatto alle cravatte di maglia. Come farlo:
Dopo aver fatto passare la parte larga (A) sul codino (B) e nel doppino attorno al collo, la si sovrappone al codino.
Viene poi infilata dal basso nel doppino
e quindi nell'anello formato da essa stessa.
Stile > Arte del Nodo > Semplicissimo
Come dice il nome stesso è un nodo ancora più semplice da preparare di quello normale. Risulta più piatto e sottile e rispetto alla sequenza normale risparmia un passaggio.Per ottenere l'effetto del "Semplicissimo" il segreto sta nell'imprimere alla parte larga una tOrsione di 180° nella prima fase. Questo nodo ha un'ottima tenuta e benché sia molto semplice da preparare si scioglie con maggiore difficoltà rispetto al normale. Come farlo:
Bisogna piegare su se stesso di 180 gradi la parte larga (A),
che si fa passare sotto al codino (B).
Quindi si infila nel doppino e poi nell'anello.
In ultimo si stringe il nodo e lo si tira verso il colletto.
Stile > Arte del Nodo > Windsor
"L'Half Windsor" è un nodo molto simile al "Windsor" ma si differenzia da esso per il fatto che nella preparazione è previsto un passaggio in meno. Ciò lo rende meno conico del Windsor.E' un nodo non troppo grande che può essere adoperato sia per dare più corposità al nodo di una cravatta troppo stretta, sia per appiattire il nodo di una cravatta particolarmente larga. Non è adatto alle cravatte di maglia. Come farlo:
Si fa passare la parte larga (A) sul codino (B),
poi nel doppino ed una seconda volta dietro al codino (B) e nel doppino.
Quindi passa sul codino (B) ed un'ultima volta nel doppino attorno al collo.
Infine viene fatta scivolare nell'anello.
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Stile > Tradizione SartorialeRappresenta uno dei punti saldi della civiltà contemporanea. Questo tipi di abito è nato alla fine del secolo scorso per rispondere all'esigenza della classe economicamente produttiva di vestire in modo pratico, sobrio ma comunque elegante. L'uomo di fine '800 non trascorre più il suo tempo esclusivamente ad oziare nei salotti, ma si impegna quotidianamente a lavorare in ufficio, in banca o in negozio. Il suo abbigliamento si adegua al nuovo status e riscopre le linee naturali del corpo: le corte culottes si allungano, i volumi delle imbottiture e dei volants diminuiscono ed i tagli si fanno più semplici e lineari. Sotto l spinta di questa apparente rinuncia all'estetica, l'eleganza diviene un'arte ancor più sottile e raffinata. Essere eleganti era ed è una sfida affidata soprattutto alla cura dei particolari. Sono questi che rendono lo stile personale uno stile inimitabile. Il nuovo abito maschile è vivacizzato solo da poche note di colore che attenuano l'austerità dei toni scuri. Il gilet, la camicia, la cravatta assumano in tal senso un ruolo di primaria importanza e diventano simboli di uno status sociale, contrassegni di stile ed eleganza.
Stile > Note Storiche"La cravate 'est l'homme" come si legge nel Corriere delle Dame del 30 maggio 1835. Si tratta di un accessorio certamente essenziale dell'abbigliamento classico maschile ma sicuramente privo di funzionalità. D'altronde proprio la sua "inutilità" l'ha resa quanto mai emblema di distinzione sociale: tramite essa l'uomo può esternare a propria indole ed i propri umori quotidiani. Il termine "cravatta" (in antico "corvatta") si fa generalmente derivare dal francese cravate, adattamento della parola croata hrvat (croato) e dunque significherebbe "croata". Ma secondo alcuni studiosi il vocabolo non avrebbe orgini croate ma si collegherebbe al turco kurbac e all'ungherese korbacs, termini che designano entrambi oggetti lunghi, come lo scudiscio e la frusta. D'altronde "cravache" in francese vuol dire frusta ed in Francia il termine "cravate" veniva già usato nel XV secolo per definire un pezzo di stoffa lungo e sottile. In Italia il termine cravatta fu adoperato nel corso del '500 come testimonia Cesare Vecellio nel libro "Degli abiti antichi e moderni in diversi parte del mondo" (1590), in cui a proposito del focale (antica sciarpa romana) Vecellio scrive che era "una specie di cravatta". Ripercorrendo la storia dell'uomo ci si imbatte nelle cosiddette "protocravatte" ovvero misteriosi accessori considerati i progenitori dell'odierna cravatta. All'incirca duemila anni fa, gli Egiziani talvolta mettevano al collo delle mummie un ornamento, probabilmente un amuleto che avevo la forma di un cordone chiudo da un nodo. Qualche secolo più tardi in Cina veniva utilizzato un drappo da annodare al collo: si è venuti a conoscenza di esso dopo la scoperta della tomba di Shin Huang Ti (III secolo a.c.), l'imperatore cinese celebre per aver fatto erigere la Grande Muraglia. Nella sua tomba sono stati rinvenuti 7500 soldati di terracotta, ognuno dei quali porta al collo qualcosa di molto simile ad una sciarpa annodata. In Cina non vi sono però altre testimonianze di questo tipo di accessorio. Tre secoli dopo comparve in Occidente un'altra "protocravatta". La testimonianza iconografica anche in questo caso è di tutto rispetto: si tratta della colonna Traiana, fatta innalzare da Traiano nel 106 d.c. per celebrare la fortunata campagna contro i Daci. Osservando con molta attenzione i militari romani raffigurati nel fregio, si è notato che alcuni legionari hanno al collo una sorta di fazzoletto ripiegato sotto la corazza.
Stile > Note StoricheAltri soldati invece sono rappresentati con questo fazzoletto semplicemente annodato al collo. E' plausibile che i soldati romani abbiano ereditato questo accessorio proprio dalle popolazioni della Dacia, utilizzandolo probabilmente per riparsri dal clima particolarmente rigido. Si ritiene che in seguito alle campagne in Dacia, l'uso di questo fazzoletto da annodare al collo si sia diffuso tra i Romani, non solo tra i militari, ma anche tra i contadini. Alcuni celebri scrittori latini, quali Orazio e Seneca, ricordano che talvolta i Romani usavano una sciarpa chiamata focale, proprio perché avvolgeva la gola. Tuttavia sembra che ricorressero a questo accessorio soprattutto persone malate o effeminate. Ma soltanto a partire dal XVII secolo sia il termine cravatta che l'accessorio stesso fanno il loro ingresso ufficiale nella vita dell'uomo. La nascita vera e propria della cravatta si collega ad un preciso evento storico: la guerra dei Trent'anni (1618-1648). Durante questo conflitto la cravatta compare per la prima volta al collo dei soldati croati, abilissimi cavalieri mercenari che si vendevano al miglior offerente e che indossavano un'uniforme che prevedeva qualcosa di molto simile ad una cravatta. Probabilmente si trattava di un lungo colletto, di gran moda in quel periodo, annodato però in modo del tutto particolare. Questi soldati divennero celebri per la loro cravatta e ne lanciarono involontariamente la moda, tanto che, per più di un secolo, il reggimento croato al servizio del Re di Francia fu chiamato "Real Cravatta". Prima di cristallizzarsi nelle attuali fogge, la cravatta è passata attraverso numerose trasformazioni. Un primo cambiamento si ebbe nel 1692. Nacque allora la cravatta alla Steinkerques, dal nome della località presso la quale si svolse una sanguinosa battaglia, combattuta e vinta dai francesi contro Guglielmo III d'Orange. Per fronteggiare l'attacco sferrato a sorpresa contro il loro accampamento, gli ufficiali francesi nella fretta si annodarono con negligenza le loro cravatte, lasciando le estremità pendenti semplicemente infilate in un'asola. In seguito a tale episodio nacque una nuova moda che dilagò prima in Francia e subito dopo in Italia.
Stile > Note StoricheInizialmente la cravatta era una semplice sciarpa, ornata di pizzo e tulle che ebbe una grande fortuna ancora per tutto il'700 ed era realizzata in finissimo lino. Alla fine dello stesso secolo la cravatta diventò più larga e si portava arrotolata più volte attorno al collo e annodata davanti, lasciando le estremità più corte e pendenti. Con la Rivoluzione Francese anche l'abbigliamento fu travolto da un'ondata rivoluzionaria e prese piede la moda degli Incroyables, gli anticonformisti del tempo, che indossavano lunghissime cravatte, da avvolgere innumerevoli volte al collo. Sin dai primi anni del Settecento infatti sia gli uomini che le donne portavano sovente al collo fasce di seta, annodate a fiocco, che potevano essere indossate a collo nudo o sovrapposte ad un pezzo di stoffa inumidita. Il papillon (termine francese che significa farfalla) nasce come un nodo semplice ed istintivo. Esso è una variante del nodo piano usato dai marinai sia per ridurre la vela sia per congiungere le estremità di due cime. all'inizio del XIX secolo la cravatta cominciò ad essere annodata in svariati modi ed i lembi venivano lasciati più o meno lunghi. Una certa fortuna ebbero anche gli stock, ovvero le cravatte montate. Sebbene la cravatta bianca tenesse saldamente il campo, verso la metà del secolo fece capolino la cravatta nera, che riscosse un discreto successo. Nel corso dell'Ottocento la cravatta cominciò ad assumere l'attuale fisionomia. L'affermazione dell'abito scuro favorì l'apertura di questo accessorio al colore ed una più vasta gamma di tessuti. Alla fine del secolo fece finalmente la sua comparsa la cravatta "moderna" la cui fortuna fu contemporanea alla moda della camicia con il collo inamidato, alto e rigido. Le sue caratteristiche fondamentali si stabilizzarono in una precisa tipologia e solo taglio e larghezza continuarono a variare secondo le mode.
Stile > DecalogoIl capostipite dei Marinella per tutta la vita si mise a rincorrere l'eleganza maschile, le camicie inamidate, i cappelli a cilindro, le ghette ed i bastoni. In lui era innato il senso del buon gusto e del rigore formale. Ecco alcuni degli insegnamenti che Marinella distribuiva a tutti coloro che volevano farne tesoro:1- Come in tutte le cose anche per la cravatta è una questione di misura: quella giusta è compresa tra gli 8,5 e i 9,5 cm nel punto più largo2- Il nodo: importante imparare a farlo senza stringere troppo, per evitare l'effetto "impiccato". Disfarlo sempre la sera e appendere la cravatta ben tesa durante la notte.3- Avere la stoffa giusta: seta jaquard per le regimental, seta più leggera tipo foulard per gli stampati, fantasie per le cravatte dal tono elegante, lana a righe o fantasie scozzesi per l'abbigliamento invernale sportivo.4- Una cravatta per ogni occasione: al mattino preferire la cravatta chiara e di fantasia, la sera optare per una cravatta più scura.5- Non farsi consigliare e non demandare a nessuno la scelta della cravatta: l'unica regola è seguire l'istinto. Scegliere la cravatta deve essere un atto irrazionale.6- Anche l'istinto deve seguire una certa logica. Assolutamente da evitare: i disegni molto grandi e vistosi, quelle con un unicodisegno centrale ma anche quelle troppo smorte e anonime. Ricordarsi che la cravatta rivela il carattere.
Stile > Decalogo7- Da preferire:quelle in tinta unita in colori decisi, piccoli disegni(pois, losanghe, quadretti, rombi, piccole stampe cachemire), righe trasversali di due o tre colori al massimo.8- I colori:la cravatta deve "staccare" dall'abito e dalla camicia, senza per questo fare a pugni. Deve essere di colore più scuro della camicia e più intenso di quello della giacca. E' spesso l'unica nota colorata di un abbigliamento serioso ma attenzione a non esagerare! Evitare il verde pisello, il giallo canarino così come il rosso fuoco ed il rosa confetto. Più scuri senza essere anonimi i bordeaux ed i rossi scuri, i blu, i verdi e i marroni.9- L'abbinamento con la camicia é un campo minato in cui solo il buongusto vi può guidare: da evitare comunque la sovrapposizione di una cravatta dal disegno fitto su una camicia a quadretti o l'abbinamento "tutto righe" di una cravatta regimental, camicia rigata e giacca in tessuto operato.10- Mai il coordinato cravatta+fazzoletto da taschino: è un'inutile quanto anacronistica affettazione. Evitare sempre di avere un aspetto d'insieme troppo curato e lezioso e optare per un'eleganza decontractée.
Rappresenta uno dei punti saldi della civiltà contemporanea. Questo tipi di abito è nato alla fine del secolo scorso per rispondere all'esigenza della classe economicamente produttiva di vestire in modo pratico, sobrio ma comunque elegante. L'uomo di fine '800 non trascorre più il suo tempo esclusivamente ad oziare nei salotti, ma si impegna quotidianamente a lavorare in ufficio, in banca o in negozio. Il suo abbigliamento si adegua al nuovo status e riscopre le linee naturali del corpo: le corte culottes si allungano, i volumi delle imbottiture e dei volants diminuiscono ed i tagli si fanno più semplici e lineari. Sotto l spinta di questa apparente rinuncia all'estetica, l'eleganza diviene un'arte ancor più sottile e raffinata. Essere eleganti era ed è una sfida affidata soprattutto alla cura dei particolari. Sono questi che rendono lo stile personale uno stile inimitabile. Il nuovo abito maschile è vivacizzato solo da poche note di colore che attenuano l'austerità dei toni scuri. Il gilet, la camicia, la cravatta assumano in tal senso un ruolo di primaria importanza e diventano simboli di uno status sociale, contrassegni di stile ed eleganza.




Luchino Visconti ne ordinava a bizzeffe, tutte con fondo blue o rosso, sfoderate come foulard che coordinava a fazzoletti da taschino coloratissimi di seta indiana. Aristotele Onassis ne comprava dodici alla volta, rigorosamente nere per scoraggiare gli interlocutori e non far mai capire di che umore era. Ancora oggi, come all'inizio del secolo, le cravatte di Marinella sono al collo degli uomini più eleganti e famosi: il libro delle firme custodito gelosamente in bottega annovera gli autografi di molte teste coronate e presidenti di stato, alti esponenti della politica e dell'imprenditoria, della cultura e dello spettacolo. Sono stati al collo di tutti i presidenti americani da Kennedy in poi, compreso Bill Clinton al quale le regalò la moglie Hillary. Oggi tra i blasonati clienti ci sono Re Juan Carlos e il principe Alberto di Monaco, diversi esponenti di casa Agnelli, ma anche Cossiga, Berlusconi e D'Alema.. Uomini dotati di buon gusto, che non vogliono rinunciare alla cravatta confezionata su misura da mani esperte, uomini per i quali una cravatta Marinella è un vero "nodo d'autore




ORDINE DELLA GIARRETTIERASull'origine di questo famoso e nobilissimo Ordine, il più prestigioso, esistono varie versioni. La più accreditata racconta che il re Edoardo III nel corso di un ballo di corte tenutosi la sera del 19 gennaio 1350, raccolse la giarrettiera caduta alla contessa di Salisbury, esclamando: "Honny soit qui mal y pense!" (sia vituperato chi pensa male). L'Ordine venne creato in onore di Dio, della Beata Vergine Marina, di Sant'Edoardo e di San Giorgio patrono dell'Inghilterra. Il Pontefice Clemente VI approvò e riconobbe l'Ordine concedendo di erigere in collegiata di canonici la chiesa edificata in onore di San Giorgio a Windsor. L'Ordine si compone, della sua istituzione, 25 cavalieri e viene conferito per altissimi servizi resi alla nazione. Ogni anno i cavalieri della Giarrettiera si riuniscono in Capitolo, nella cappella di San Giorgio nel castello di Windsor, il 23 aprile, festa di San Giorgio. Originariamente l'insegna dell'Ordine era costituita da una Giarrettiera; nel tempo vennero aggiunti il Collare con il medaglione di San Giorgio sospeso ad un nastro azzurro e la placca. Sulla giarrettiera è ricamato il motto "Honny soit qui mal y pense". Questa frase, insieme ad uno stemma reale sormontato da una corona con un unicorno da un lato ed un leone dall'altro, appare su un lussuoso portacenere di ceramica blu. Il posacenere è appoggiato su un mobile scuro, accanto ad un vecchio orologio di legno, con le lancette che segnano le 17.00, ora del tè in Inghilterra. L'orologio, il mobile ed il posacenere si trovano in un piccolo angolo di "Old England": il negozio di Marinella. Marinella infatti da cent'anni è fornitore ufficiale della casa reale inglese ed è insignito di questo prestigiosissimo fregio.




"La cravate 'est l'homme" come si legge nel Corriere delle Dame del 30 maggio 1835. Si tratta di un accessorio certamente essenziale dell'abbigliamento classico maschile ma sicuramente privo di funzionalità. D'altronde proprio la sua "inutilità" l'ha resa quanto mai emblema di distinzione sociale: tramite essa l'uomo può esternare a propria indole ed i propri umori quotidiani. Il termine "cravatta" (in antico "corvatta") si fa generalmente derivare dal francese cravate, adattamento della parola croata hrvat (croato) e dunque significherebbe "croata". Ma secondo alcuni studiosi il vocabolo non avrebbe orgini croate ma si collegherebbe al turco kurbac e all'ungherese korbacs, termini che designano entrambi oggetti lunghi, come lo scudiscio e la frusta. D'altronde "cravache" in francese vuol dire frusta ed in Francia il termine "cravate" veniva già usato nel XV secolo per definire un pezzo di stoffa lungo e sottile. In Italia il termine cravatta fu adoperato nel corso del '500 come testimonia Cesare Vecellio nel libro "Degli abiti antichi e moderni in diversi parte del mondo" (1590), in cui a proposito del focale (antica sciarpa romana) Vecellio scrive che era "una specie di cravatta". Ripercorrendo la storia dell'uomo ci si imbatte nelle cosiddette "protocravatte" ovvero misteriosi accessori considerati i progenitori dell'odierna cravatta. All'incirca duemila anni fa, gli Egiziani talvolta mettevano al collo delle mummie un ornamento, probabilmente un amuleto che avevo la forma di un cordone chiudo da un nodo. Qualche secolo più tardi in Cina veniva utilizzato un drappo da annodare al collo: si è venuti a conoscenza di esso dopo la scoperta della tomba di Shin Huang Ti (III secolo a.c.), l'imperatore cinese celebre per aver fatto erigere la Grande Muraglia. Nella sua tomba sono stati rinvenuti 7500 soldati di terracotta, ognuno dei quali porta al collo qualcosa di molto simile ad una sciarpa annodata. In Cina non vi sono però altre testimonianze di questo tipo di accessorio. Tre secoli dopo comparve in Occidente un'altra "protocravatta". La testimonianza iconografica anche in questo caso è di tutto rispetto: si tratta della colonna Traiana, fatta innalzare da Traiano nel 106 d.c. per celebrare la fortunata campagna contro i Daci. Osservando con molta attenzione i militari romani raffigurati nel fregio, si è notato che alcuni legionari hanno al collo una sorta di fazzoletto ripiegato sotto la corazza.
Stile > Note StoricheAltri soldati invece sono rappresentati con questo fazzoletto semplicemente annodato al collo. E' plausibile che i soldati romani abbiano ereditato questo accessorio proprio dalle popolazioni della Dacia, utilizzandolo probabilmente per riparsri dal clima particolarmente rigido. Si ritiene che in seguito alle campagne in Dacia, l'uso di questo fazzoletto da annodare al collo si sia diffuso tra i Romani, non solo tra i militari, ma anche tra i contadini. Alcuni celebri scrittori latini, quali Orazio e Seneca, ricordano che talvolta i Romani usavano una sciarpa chiamata focale, proprio perché avvolgeva la gola. Tuttavia sembra che ricorressero a questo accessorio soprattutto persone malate o effeminate. Ma soltanto a partire dal XVII secolo sia il termine cravatta che l'accessorio stesso fanno il loro ingresso ufficiale nella vita dell'uomo. La nascita vera e propria della cravatta si collega ad un preciso evento storico: la guerra dei Trent'anni (1618-1648). Durante questo conflitto la cravatta compare per la prima volta al collo dei soldati croati, abilissimi cavalieri mercenari che si vendevano al miglior offerente e che indossavano un'uniforme che prevedeva qualcosa di molto simile ad una cravatta. Probabilmente si trattava di un lungo colletto, di gran moda in quel periodo, annodato però in modo del tutto particolare. Questi soldati divennero celebri per la loro cravatta e ne lanciarono involontariamente la moda, tanto che, per più di un secolo, il reggimento croato al servizio del Re di Francia fu chiamato "Real Cravatta". Prima di cristallizzarsi nelle attuali fogge, la cravatta è passata attraverso numerose trasformazioni. Un primo cambiamento si ebbe nel 1692. Nacque allora la cravatta alla Steinkerques, dal nome della località presso la quale si svolse una sanguinosa battaglia, combattuta e vinta dai francesi contro Guglielmo III d'Orange. Per fronteggiare l'attacco sferrato a sorpresa contro il loro accampamento, gli ufficiali francesi nella fretta si annodarono con negligenza le loro cravatte, lasciando le estremità pendenti semplicemente infilate in un'asola. In seguito a tale episodio nacque una nuova moda che dilagò prima in Francia e subito dopo in Italia.
Stile > Note StoricheInizialmente la cravatta era una semplice sciarpa, ornata di pizzo e tulle che ebbe una grande fortuna ancora per tutto il'700 ed era realizzata in finissimo lino. Alla fine dello stesso secolo la cravatta diventò più larga e si portava arrotolata più volte attorno al collo e annodata davanti, lasciando le estremità più corte e pendenti. Con la Rivoluzione Francese anche l'abbigliamento fu travolto da un'ondata rivoluzionaria e prese piede la moda degli Incroyables, gli anticonformisti del tempo, che indossavano lunghissime cravatte, da avvolgere innumerevoli volte al collo. Sin dai primi anni del Settecento infatti sia gli uomini che le donne portavano sovente al collo fasce di seta, annodate a fiocco, che potevano essere indossate a collo nudo o sovrapposte ad un pezzo di stoffa inumidita. Il papillon (termine francese che significa farfalla) nasce come un nodo semplice ed istintivo. Esso è una variante del nodo piano usato dai marinai sia per ridurre la vela sia per congiungere le estremità di due cime. all'inizio del XIX secolo la cravatta cominciò ad essere annodata in svariati modi ed i lembi venivano lasciati più o meno lunghi. Una certa fortuna ebbero anche gli stock, ovvero le cravatte montate. Sebbene la cravatta bianca tenesse saldamente il campo, verso la metà del secolo fece capolino la cravatta nera, che riscosse un discreto successo. Nel corso dell'Ottocento la cravatta cominciò ad assumere l'attuale fisionomia. L'affermazione dell'abito scuro favorì l'apertura di questo accessorio al colore ed una più vasta gamma di tessuti. Alla fine del secolo fece finalmente la sua comparsa la cravatta "moderna" la cui fortuna fu contemporanea alla moda della camicia con il collo inamidato, alto e rigido. Le sue caratteristiche fondamentali si stabilizzarono in una precisa tipologia e solo taglio e larghezza continuarono a variare secondo le mode.




DecalogoIl capostipite dei Marinella per tutta la vita si mise a rincorrere l'eleganza maschile, le camicie inamidate, i cappelli a cilindro, le ghette ed i bastoni. In lui era innato il senso del buon gusto e del rigore formale. Ecco alcuni degli insegnamenti che Marinella distribuiva a tutti coloro che volevano farne tesoro:1- Come in tutte le cose anche per la cravatta è una questione di misura: quella giusta è compresa tra gli 8,5 e i 9,5 cm nel punto più largo2- Il nodo: importante imparare a farlo senza stringere troppo, per evitare l'effetto "impiccato". Disfarlo sempre la sera e appendere la cravatta ben tesa durante la notte.3- Avere la stoffa giusta: seta jaquard per le regimental, seta più leggera tipo foulard per gli stampati, fantasie per le cravatte dal tono elegante, lana a righe o fantasie scozzesi per l'abbigliamento invernale sportivo.4- Una cravatta per ogni occasione: al mattino preferire la cravatta chiara e di fantasia, la sera optare per una cravatta più scura.5- Non farsi consigliare e non demandare a nessuno la scelta della cravatta: l'unica regola è seguire l'istinto. Scegliere la cravatta deve essere un atto irrazionale.6- Anche l'istinto deve seguire una certa logica. Assolutamente da evitare: i disegni molto grandi e vistosi, quelle con un unicodisegno centrale ma anche quelle troppo smorte e anonime. Ricordarsi che la cravatta rivela il carattere.
Stile > Decalogo7- Da preferire:quelle in tinta unita in colori decisi, piccoli disegni(pois, losanghe, quadretti, rombi, piccole stampe cachemire), righe trasversali di due o tre colori al massimo.8- I colori:la cravatta deve "staccare" dall'abito e dalla camicia, senza per questo fare a pugni. Deve essere di colore più scuro della camicia e più intenso di quello della giacca. E' spesso l'unica nota colorata di un abbigliamento serioso ma attenzione a non esagerare! Evitare il verde pisello, il giallo canarino così come il rosso fuoco ed il rosa confetto. Più scuri senza essere anonimi i bordeaux ed i rossi scuri, i blu, i verdi e i marroni.9- L'abbinamento con la camicia é un campo minato in cui solo il buongusto vi può guidare: da evitare comunque la sovrapposizione di una cravatta dal disegno fitto su una camicia a quadretti o l'abbinamento "tutto righe" di una cravatta regimental, camicia rigata e giacca in tessuto operato.10- Mai il coordinato cravatta+fazzoletto da taschino: è un'inutile quanto anacronistica affettazione. Evitare sempre di avere un aspetto d'insieme troppo curato e lezioso e optare per un'eleganza decontractée.




estratto da: http://www.marinellanapoli.it/marinella/

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