La disciplina delle attenuanti generiche
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le attenuanti comuni
le attenuanti generiche
le circostanze ad effetto speciale e ad efficacia speciale
La disciplina delle attenuanti generiche si rinviene nell'art. 62 bis immediatamente dopo quella della attenuanti comuni.
Le attenuanti generiche sono circostanze non espressamente prevedute dalla legge, che attengono alla gravità del reato e/o alla capcità a delinquere dell'agente, delle quali il Giudice deve tenere conto nell'attività di commisurazione della pena.
Si ritiene che, una volta verificata la ricorrenza di circostanze che giustifichino l'applicazione delle attenuanti generiche, il giudice non abbia discrezionalità in ordine alla loro valutazione ai fini della commisurazione della pena (parte della dottrina riteneva, invece, che la loro concessione fosse oggetto di un potere discrezionale del giudice).
Sotto il profilo della disciplina, l'art. 62 bis stabilisce che le attenuanti generiche possano anche concorrere con altre circostanze e che, in ogni caso, si considerino come unica circostanza.
Una peculiare problematica interpretativa relativa all'applicazione delle generiche è quello relativo al raccordo con i criteri di commisurazione della pena di cui all'art. 133 cp.
Si è, infatti, osservato che i criteri espressamente individuati all'art. 133 cp relativi alla gravità del reato (1° comma) ed alla capacità a delinquere (2° comma) sono gli stessi che formano oggetto di considerazione in sede di applicazione delle attenuanti generiche, sicchè potrebbe darsi il caso che il medesimo elemento sia preso in considerazione due volte, la prima in sede di commisurazione della pena e la seconda in sede di applicazione delle attenuanti generiche con la conseguente violazione del precetto del ne bis in idem sostanziale.
Autorevole dottrina ha, dunque, rilevato che, qualora taluno degli elementi di cui all'art. 133 cp, formi oggetto di considerazione in sede di giudizio sulla concessione delle attenuanti generiche esso non dovrà essere tenuto presente in sede di commisurazione della pena.
La giurisprudenza ha, peraltro, avuto modo di precisare che, ove il Giudice intenda concedere le attenuanti generiche sulla base dei parametri indicati all'art. 133 cp, dovrà, tuttavia, motivare in ordine alla ritenuta prevalenza di tale elemento rispetto agli altri analogamente individuati nel medesimo art. 133 cp.
La disciplina delle attenuanti generiche è stata, da ultimo, modificata dalla Legge n. 251 del 5 dicembre 2005 nota come legge ex Cirielli che ha lasciato, peraltro, sostanzialmente inalterato il primo comma dell'art. 62 - bis introducendo un secondo comma che così testualmente recita: "ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all'art. 133, primo comma numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni".
La norma, al di là della tecnica dei rimandi, stabilisce che, in caso di soggetto già recidivo che commetta taluno dei delitti gravi e di particolare gravità previsti dall'art. 407, comma 2 lettera a) del codice di procedura penale (es. omicidio, strage, sequestro di persona a fini estorsivi) per il quale debba essere applicata una pena non inferiore a cinque anni, le attenuanti generiche non potranno essere concesse sulla base dei criteri di cui al secondo comma dell'art. 133 cp che attengono alla capacità a delinquere del colpevole e di cui al numero 3 del primo comma dell'art. 133 cp che riguarda l'intensità del dolo ed il grado della colpa.
I soli criteri, tra quelli individuati dall'art. 133 cp, di cui potrà essere tenuto conto saranno, dunque, quelli relativi alle modalità dell'azione ed alla gravità del danno e, ove il giudice intenda concedere le attenuanti generiche sulla base di tali elementi, dovrà motivare in ordine alla ritenuta prevalenza rispetto a tutti gli altri elementi di cui all'art. 133 cp presuntivamente valutati negativamente nei riguardi dei soggetti indicati nel medesimo secondo comma dell'art. 62 bis (i cc.dd. recidivi reiterati speciali, soggetti, cioè, che, già recidivi, abbiano commesso taluno dei reati gravi di cui all'art. 407, comma 2 lettera a) cpp purchè siano punibili con la reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni.
La modifica introdotta dalla ex Cirielli alla disciplina delle attenuanti è stata oggetto di commenti critici in quanto è apparsa poco logica l'aprioristica esclusione di strumenti di valutazione neutri ai fini della concessione delle generiche a carico di una determinata categotria di soggetti. Si è anche osservato che il mantenimento, quali criteri per la concessione delle attenuanti generiche, degli elementi di cui ai numeri uno e due del comma 1 dell'art. 133 cp ben difficilmente potrà realisticamente condurre alla concessione delle predette attenuanti in quanto le modalità dell'azione e la gravità del danno risultano, spesso, insite nella stessa natura dei reati contemplati nell'art. 62 bis, secondo comma, che sono, come detto, i delitti di cui all'art. 407, comma 2, lett. a) del cpp puniti con pena non inferiore nel minimo a cinque anni.
***
Attenuanti generiche – attenuanti speciali – compatibilità – sussistenza [art. 62 c.p.]
E’ possibile che vengano concesse le attenuanti generiche in assenza di quelle speciali.
(Fonte: Altalex Massimario 28/2008. Cfr. nota su Altalex Mese)
Attenuanti generiche – attenuanti speciali – compatibilità – sussistenza [art. 62 c.p.]
E’ possibile che vengano concesse le attenuanti generiche in assenza di quelle speciali.
(Fonte: Altalex Massimario 28/2008. Cfr. nota su Altalex Mese)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Sentenza 9 aprile - 19 maggio 2008, n. 19966
(Presidente De Majo - Relatore Cordova)
Svolgimento del processo
Con sentenza del 29.9.2005 il G.u.p. di **** condannava col rito abbreviato M.G. alla pena di tre anni e mesi quattro di reclusione in ordine ai reati di cui agli art. 609 bis, 609 ter c. I, 609 quater C.p. per avere compiuto atti sessuali sulla pronipote minore degli anni 12, consistenti nel toccarla al seno ed alle gambe, nel farle vedere il proprio organo genitale, toccandola, ed altro (capo A); ed agli art. 609 bis, 609 ter I ed ultimo comma, 609 quater C.p. per avere compiuto analoghi atti sulla pronipote minore degli anni 10, consistenti nel toccarla nella zona vicina ai genitali, nel baciarla sulla bocca, nell'abbassarle in parte i pantaloni (capo B).
Avverso tale sentenza proponeva appello il difensore e nel dibattimento l'imputato, contumace, faceva pervenire una missiva con cui eccepiva di aver chiesto al precedente difensore il giudizio abbreviato subordinatamente all'esame della nuora M.C., che avrebbe potuto lumeggiare i suoi comportamenti con gli altri bambini che era solito frequentare: ma tale intendimento era stato disatteso, in quanto il difensore aveva chiesto il rito alternativo senza alcuna subordinazione probatoria.
Riteneva la Corte di Napoli che tale doglianza, riportata anche nei motivi d'appello, fosse destituita di fondamento, in quanto all'udienza preliminare del 29.9.2005 non solo era presente il M., ma la richiesta probatoria subordinata al giudizio abbreviato era stata proposta dal difensore e rigettata con articolata ordinanza del primo giudice, che induceva l'esponente a richiedere, iure proprio, il giudizio abbreviato non condizionato.
Tanto premesso, e ribadito che non era necessario ascoltare la M., la Corte rigettava l'impugnazione con la seguente motivazione:
1) quanto all'eccezione che, agli esiti dell'incidente probatorio, risultava la conferma solo dei toccamenti al seno e alla gamba della e quelli alla gamba della riteneva che tali episodi erano sufficienti a configurare penalmente la responsabilità dell'imputato;
2) la **** aveva riferito che lo zio le toccava la gamba, il seno, tentava di baciarla sulla bocca, mentre stava seduto con i pantaloncini corti le faceva vedere le sue "cose basse", si toccava, col pretesto di una ferita le voleva far abbassare i pantaloncini, non le toccava la "farfallina" ma andava sempre là vicino; che le stesse attenzioni aveva per **** facendola sedere in grembo per toccarle le gambe e l'aveva baciata sulla bocca;
3) le due ragazzine non avevano alcun interesse a mentire, e dalla consulenza espletata si evinceva che non avevano difficoltà nell'orientamento né distorsioni percettive, per cui erano pienamente attendibili;
4) quanto alla diminuente di cui all'ultimo comma dell'art. 609 bis C.p. per non essere avvenuti stupri e per l'assenza di conseguenze psicopatologiche, affettive o relazionali, essa non poteva essere concessa per la gravità e la reiterazione della condotta contestata;
5) la pena inflitta era stata generosamente ridotta grazie alle generiche e non era suscettibile di ulteriori decurtazioni in ossequio ai parametri di cui agli art. 132 e 133 C.p.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso il M. tramite il difensore, deducendo quanto segue:
a) la Corte territoriale si era incentrata solo sui pochi e scarsamente rilevanti elementi accusatori, omettendo di valutare i numerosi riscontri probatori a sostegno della tesi difensiva;
b) mancava una puntuale verifica delle capacità a testimoniare delle minori, nonostante le vistose discrasie e contraddizioni;
c) la motivazione era illogica anche sui riscontri esterni che non si riferivano alle presunte molestie, ma a fatti nulla aventi in comune con esse;
d) al più, i fatti contestati potevano configurare la tentata violenza sessuale e con quella consumata, mancando l'intenzione di appagamento degli istinti sessuali;
e) per integrare il reato contestato occorreva quanto meno il toccamento di quelle parti del corpo suscettibili di essere diretti al pieno conseguimento dell'eccitazione e dell'orgasmo;
f) in ogni caso, dovevasi verificare se il comportamento del M. integrasse l'ipotesi della minore gravità di cui all'art. 609 bis, c. III C.p.:
g) se l'incensuratezza, l'avanzata età e la personalità non incline a commettere azioni criminose aveva comportato la concessione delle attenuanti generiche, contraddizione per il diniego dell'ipotesi attenuata per gli elementi di gravità e di reiterazione.
Chiedeva pertanto l'annullamento dell'impugnata sentenza.
Motivi della decisione
Deve rilevare e ribadire ancora una volta questa Corte, che, ai sensi dell'art. 606 del C.p.p., il ricorso può essere proposto per ipotesi tassativamente determinate, tra cui, per qual che qui interessa, l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale, l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, la mancata assunzione di una prova decisiva richiesta ex art. 495 c. II C.p.p., la mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal provvedimento impugnato.
Orbene, dalla sintesi della decisione impugnata sopra riportata, risulta chiaramente che la Corte territoriale ha preso esaurientemente in esame tutti i punti controversi, dandone una valutazione immune da vizi logico-giuridici, per cui è preclusa in questa sede la verifica della correttezza della stessa in rapporto ai dati processuali, ed essendo estraneo a questa Corte di Cassazione il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, sussistendo il vizio di motivazione solo quando il giudice abbia omesso del tutto di valutare una prova regolarmente acquisita, purché decisiva, ovvero quando l'abbia valutata in modo incontrovertibilmente opposto all'evidenza, e non già quando l'abbia valutata in modo diverso rispetto a quanto dedotto dall'imputato.
Infatti, il giudizio di legittimità non può mai risolversi nella rivisitazione dell'iter ricostruttivo del fatto, dovendosi limitarsi alla mera constatazione dell'eventuale travisamento della prova, che consiste nell'utilizzarne una inesistente o un risultato di essa inconfutabilmente diverso nella sua oggettività da quello effettivo, restando estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato di detta prova ed alla sua capacità dimostrativa, non potendosi accedere ad una diversa lettura dei dati processuali o ad una diversa loro interpretazione, essendo precluso in questa sede il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali, e rimanendo suo unico oggetto i vizi di cui al citato art. 606 C.p.p.
Non solo ciò, ma i motivi di ricorso sono del tutto generici ed aspecifici, mancando l'indicazione concreta dei dedotti elementi a discolpa, nonché delle asserite contraddizioni delle minori ed alla pretesa illogicità della motivazione sui riscontri esterni.
Quanto alla eccepita contraddizione tra la concessione delle attenuanti generiche ed il non aver ravvisato la minore gravità del fatto ex art. 609 quater, c. III, C.p., le prime furono date dal G.u.p. unicamente per l'incensuratezza, mentre la seconda ipotesi fu respinta dalla Corte d'appello per la reiterazione e la gravità della condotta, attuata su due bimbe minori degli anni 12 e degli anni 10: e nessuna illogicità può essere in ciò ravvisata, in quanto l'incensuratezza attiene alla mancanza di precedenti, mentre la gravità dei fatti riguarda la condotta concretamente posta in essere nel caso concreto, indipendentemente dall'essere o non il reo immune da precedenti penali: altrimenti, il più efferato delitto potrebbe essere ritenuto di "minore gravità" se commesso da un incensurato.
Ne consegue l'inammissibilità del ricorso, come da dispositivo, per manifesta infondatezza
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
SEZIONE III PENALE
Sentenza 9 aprile - 19 maggio 2008, n. 19966
(Presidente De Majo - Relatore Cordova)
Svolgimento del processo
Con sentenza del 29.9.2005 il G.u.p. di **** condannava col rito abbreviato M.G. alla pena di tre anni e mesi quattro di reclusione in ordine ai reati di cui agli art. 609 bis, 609 ter c. I, 609 quater C.p. per avere compiuto atti sessuali sulla pronipote minore degli anni 12, consistenti nel toccarla al seno ed alle gambe, nel farle vedere il proprio organo genitale, toccandola, ed altro (capo A); ed agli art. 609 bis, 609 ter I ed ultimo comma, 609 quater C.p. per avere compiuto analoghi atti sulla pronipote minore degli anni 10, consistenti nel toccarla nella zona vicina ai genitali, nel baciarla sulla bocca, nell'abbassarle in parte i pantaloni (capo B).
Avverso tale sentenza proponeva appello il difensore e nel dibattimento l'imputato, contumace, faceva pervenire una missiva con cui eccepiva di aver chiesto al precedente difensore il giudizio abbreviato subordinatamente all'esame della nuora M.C., che avrebbe potuto lumeggiare i suoi comportamenti con gli altri bambini che era solito frequentare: ma tale intendimento era stato disatteso, in quanto il difensore aveva chiesto il rito alternativo senza alcuna subordinazione probatoria.
Riteneva la Corte di Napoli che tale doglianza, riportata anche nei motivi d'appello, fosse destituita di fondamento, in quanto all'udienza preliminare del 29.9.2005 non solo era presente il M., ma la richiesta probatoria subordinata al giudizio abbreviato era stata proposta dal difensore e rigettata con articolata ordinanza del primo giudice, che induceva l'esponente a richiedere, iure proprio, il giudizio abbreviato non condizionato.
Tanto premesso, e ribadito che non era necessario ascoltare la M., la Corte rigettava l'impugnazione con la seguente motivazione:
1) quanto all'eccezione che, agli esiti dell'incidente probatorio, risultava la conferma solo dei toccamenti al seno e alla gamba della e quelli alla gamba della riteneva che tali episodi erano sufficienti a configurare penalmente la responsabilità dell'imputato;
2) la **** aveva riferito che lo zio le toccava la gamba, il seno, tentava di baciarla sulla bocca, mentre stava seduto con i pantaloncini corti le faceva vedere le sue "cose basse", si toccava, col pretesto di una ferita le voleva far abbassare i pantaloncini, non le toccava la "farfallina" ma andava sempre là vicino; che le stesse attenzioni aveva per **** facendola sedere in grembo per toccarle le gambe e l'aveva baciata sulla bocca;
3) le due ragazzine non avevano alcun interesse a mentire, e dalla consulenza espletata si evinceva che non avevano difficoltà nell'orientamento né distorsioni percettive, per cui erano pienamente attendibili;
4) quanto alla diminuente di cui all'ultimo comma dell'art. 609 bis C.p. per non essere avvenuti stupri e per l'assenza di conseguenze psicopatologiche, affettive o relazionali, essa non poteva essere concessa per la gravità e la reiterazione della condotta contestata;
5) la pena inflitta era stata generosamente ridotta grazie alle generiche e non era suscettibile di ulteriori decurtazioni in ossequio ai parametri di cui agli art. 132 e 133 C.p.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso il M. tramite il difensore, deducendo quanto segue:
a) la Corte territoriale si era incentrata solo sui pochi e scarsamente rilevanti elementi accusatori, omettendo di valutare i numerosi riscontri probatori a sostegno della tesi difensiva;
b) mancava una puntuale verifica delle capacità a testimoniare delle minori, nonostante le vistose discrasie e contraddizioni;
c) la motivazione era illogica anche sui riscontri esterni che non si riferivano alle presunte molestie, ma a fatti nulla aventi in comune con esse;
d) al più, i fatti contestati potevano configurare la tentata violenza sessuale e con quella consumata, mancando l'intenzione di appagamento degli istinti sessuali;
e) per integrare il reato contestato occorreva quanto meno il toccamento di quelle parti del corpo suscettibili di essere diretti al pieno conseguimento dell'eccitazione e dell'orgasmo;
f) in ogni caso, dovevasi verificare se il comportamento del M. integrasse l'ipotesi della minore gravità di cui all'art. 609 bis, c. III C.p.:
g) se l'incensuratezza, l'avanzata età e la personalità non incline a commettere azioni criminose aveva comportato la concessione delle attenuanti generiche, contraddizione per il diniego dell'ipotesi attenuata per gli elementi di gravità e di reiterazione.
Chiedeva pertanto l'annullamento dell'impugnata sentenza.
Motivi della decisione
Deve rilevare e ribadire ancora una volta questa Corte, che, ai sensi dell'art. 606 del C.p.p., il ricorso può essere proposto per ipotesi tassativamente determinate, tra cui, per qual che qui interessa, l'inosservanza o l'erronea applicazione della legge penale, l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, la mancata assunzione di una prova decisiva richiesta ex art. 495 c. II C.p.p., la mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal provvedimento impugnato.
Orbene, dalla sintesi della decisione impugnata sopra riportata, risulta chiaramente che la Corte territoriale ha preso esaurientemente in esame tutti i punti controversi, dandone una valutazione immune da vizi logico-giuridici, per cui è preclusa in questa sede la verifica della correttezza della stessa in rapporto ai dati processuali, ed essendo estraneo a questa Corte di Cassazione il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, sussistendo il vizio di motivazione solo quando il giudice abbia omesso del tutto di valutare una prova regolarmente acquisita, purché decisiva, ovvero quando l'abbia valutata in modo incontrovertibilmente opposto all'evidenza, e non già quando l'abbia valutata in modo diverso rispetto a quanto dedotto dall'imputato.
Infatti, il giudizio di legittimità non può mai risolversi nella rivisitazione dell'iter ricostruttivo del fatto, dovendosi limitarsi alla mera constatazione dell'eventuale travisamento della prova, che consiste nell'utilizzarne una inesistente o un risultato di essa inconfutabilmente diverso nella sua oggettività da quello effettivo, restando estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato di detta prova ed alla sua capacità dimostrativa, non potendosi accedere ad una diversa lettura dei dati processuali o ad una diversa loro interpretazione, essendo precluso in questa sede il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali, e rimanendo suo unico oggetto i vizi di cui al citato art. 606 C.p.p.
Non solo ciò, ma i motivi di ricorso sono del tutto generici ed aspecifici, mancando l'indicazione concreta dei dedotti elementi a discolpa, nonché delle asserite contraddizioni delle minori ed alla pretesa illogicità della motivazione sui riscontri esterni.
Quanto alla eccepita contraddizione tra la concessione delle attenuanti generiche ed il non aver ravvisato la minore gravità del fatto ex art. 609 quater, c. III, C.p., le prime furono date dal G.u.p. unicamente per l'incensuratezza, mentre la seconda ipotesi fu respinta dalla Corte d'appello per la reiterazione e la gravità della condotta, attuata su due bimbe minori degli anni 12 e degli anni 10: e nessuna illogicità può essere in ciò ravvisata, in quanto l'incensuratezza attiene alla mancanza di precedenti, mentre la gravità dei fatti riguarda la condotta concretamente posta in essere nel caso concreto, indipendentemente dall'essere o non il reo immune da precedenti penali: altrimenti, il più efferato delitto potrebbe essere ritenuto di "minore gravità" se commesso da un incensurato.
Ne consegue l'inammissibilità del ricorso, come da dispositivo, per manifesta infondatezza
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
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