[stanti i recenti fatti di Tunisia, questa voce o sezione potrebbe soffrire di recentismo]
Zine El-Abidine Ben Ali, arabo: زين العابدين بن علي (Hammam-Sousse, 3 settembre 1936), è un militare e politico tunisino. È stato il secondo presidente della Repubblica di Tunisia dal 7 novembre 1987, succedendo ad Habib Bourguiba. Il suo mandato, protrattosi per più legislature, si è concluso dopo 23 anni, il 14 gennaio 2011, quando un crescendo di proteste popolari, iniziate nel 2010, ha indotto Ben Alì ad essere esiliato all'estero.
Indice[nascondi]
1 Biografia
1.1 Infanzia
1.2 Elezioni a Presidente
1.3 Regime autoritario
1.4 Fine del regime
2 Note
3 Altri progetti
4 Collegamenti esterni
[modifica] Biografia
[modifica] Infanzia
Nacque ad Hammam-Sousse il 3 settembre 1936. Mentre era studente alla Sousse Secondary School si unì alla resistenza contro il dominio coloniale francese svolgendo funzioni di collegamento con il partito regionale Neo-Destour: per questo fu temporaneamente espulso dalla scuola e imprigionato[1].
Al termine della scuola secondaria Ben Ali si guadagnò i gradi nella Special Inter-service School a Saint-Cyr, in Francia, nella Scuola di Artiglieria a Châlons-sur-Marne, in Francia, nella Senior Intelligence School in Maryland, e nella School for Anti-Aircraft Field Artillery in Texas. La sua carriera militare professionale iniziò nel 1964 come ufficiale dello Stato Maggiore tunisino, ed in questo periodo fondò il Dipartimento della Sicurezza militare e ne diresse le operazioni per 10 anni. Brevemente servì come addetto militare in Marocco e in Spagna prima di essere nominato direttore generale della Sicurezza nazionale nel 1977[2]. Nel 1980 fu nominato ambasciatore a Varsavia, in Polonia, dove rimase quattro anni. Fu poi ministro degli interni ad interim, prima di essere nominato ministro dell'interno il 28 aprile 1986 e poi Primo Ministro dal presidente Habib Bourguiba, nell'ottobre 1987[3].
[modifica] Elezioni a Presidente
Ben Ali divenne Presidente della Tunisia il 7 novembre 1987, dopo aver spinto i medici di Bourguiba a dichiarare che il presidente era inabile ed incapace di adempiere i doveri della presidenza.[4][5] La transizione si svolse in modo pacifico, in conformità con l'articolo 57 della Costituzione tunisina.[6] Lo Stato era sull'orlo del collasso economico (inflazione al 10%, debito estero che raggiungeva il 46% del PIL) e a rischio di un attacco militare da parte dell'Algeria, cui si aggiunse la scoperta di un progetto di colpo di stato da parte del radicale "Movimento di Tendenza Islamico", per il quale 76 membri dell'organizzazione furono condannati nel 1987.
In quello che passò alla storia come il "colpo di Stato medico", fu agevolato da alcuni servizi segreti tra cui il SISMI su indicazione di Bettino Craxi[7].
Nel 1999 Fulvio Martini, ex capo del servizio segreto militare italiano, ha dichiarato ad una commissione parlamentare che "Nel 1985-1987 abbiamo organizzato una sorta di golpe in Tunisia, mettendo il presidente Ben Ali come capo di Stato in sostituzione di Bourguiba ". Bourguiba, anche se era un simbolo della resistenza anticoloniale, era stato ritenuto non più in grado di governare il suo paese e la sua reazione all'integralismo islamico era stata ritenuta "un po' troppo energica" da Martini. Agendo sotto le direttive di Bettino Craxi, primo ministro italiano, e Giulio Andreotti, ministro degli esteri, Martini afferma di aver mediato l'accordo che ha portato alla transizione pacifica del potere nelle mani di Zine El-Abidene Ben Ali.[8]
[modifica] Regime autoritario
Il nuovo leader proseguì la politica filo-occidentale del predecessore. Sotto la sua presidenza l'economia tunisina nel 2007 si è classificata al primo posto in termini di competitività economica in Africa, secondo il World Economic Forum[9]. In termini di libertà, le organizzazioni non governative e i media stranieri hanno regolarmente criticato la sua politica in materia di diritti umani, l'inclinazione verso la dittatura, compresa la repressione dei suoi oppositori, e gli attacchi alla libertà di stampa. Il suo regime è stato anche caratterizzato da una generalizzazione della corruzione, della quale ha beneficiato in primo luogo la famiglia della sua seconda moglie Leila, i Trabelsi, descritta dagli osservatori come "un clan para-mafioso" [10]. La sua fortuna personale, stimata in cinque miliardi di euro depositati in conti esteri o investiti nel settore immobiliare, sarebbe soprattutto il risultato di appropriazione indebita effettuata durante i 23 anni della sua presidenza.[11].
Il partito di Ben Ali, il Raggruppamento Costituzionale Democratico (RCD), erede del Partito Socialista Destouriano, ha dominato la scena politica nazionale dal 1987 al 2010: nel 1999, in occasione delle prime elezioni presidenziali con due candidati, il partito ottenne il 99,66% dei suffragi. Nel 2002 Ben Ali impose una riforma costituzionale che abolì ogni limite di durata alla carica presidenziale, permettendo la sua rielezione nel 2004 con il 94,5% dei consensi.
[modifica] Fine del regime
Incontro con Colin Powell (a sinistra)
Per approfondire, vedi la voce Sommosse popolari in Tunisia del 2010-2011.
A partire dal dicembre 2010 una serie di proteste popolari si è allargata a numerose città della Tunisia. I partecipanti sono scesi in rivolta per manifestare contro disoccupazione, rincari alimentari, corruzione e cattive condizioni di vita. Le proteste, iniziate nel dicembre 2010, hanno costituito la più drammatica ondata di disordini sociali e politici in tre decenni e hanno provocato decine di morti e feriti. Ben Ali si è trovato quasi sorpreso e spiazzato da quest'insurrezione popolare, in quanto sino a quel momento mai nessuno avrebbe potuto osare così tanto e in ogni caso avrebbe trovato una repressione violenta da parte delle forze di polizia. Questa volta l'impresa di eliminare dalla scena politica Ben Ali appariva possibile. In uno scenario pieno di scontri continui (alla fine si conteranno più di 100 vittime tra civili e forze armate), il 14 gennaio 2011 il presidente ha infine abbandonato il Paese, fuggendo in esilio a Jedda in Arabia Saudita.
[modifica] Note
^ Biography in Tunisia Online. URL consultato il 11 November 2010.
^ Ben Ali’s Biography: Zine El Abidine Ben Ali, President of the Tunisian Republic, Changement.tn
^ Zine el-Abidine Ben Ali Biography Biography.com
^ Tunisian Constitution United Nations, 2009.
^ Bourguiba Described in Tunis New York Times, November 9th, 1987
^ Tunisian Constitution United Nations, 2009.
^ Sul ruolo del SISMI, allora guidato da Fulvio Martini, nel "colpo di Stato medico" del 1987, si veda, tra l'altro, Carlo Chianura, "L'Italia dietro il golpe in Tunisia". L'ammiraglio Martini: Craxi e Andreotti ordinarono al Sismi di agire. "La Repubblica" 10-10-1999. URL consultato il 22-12-2009., La Repubblica, 11 ottobre 1999, e Pierre Lethier, Argent secret: l'espion de l'affaire Elf parle, Paris, Albin Michel, 2001, p. 66 (ISBN 2-226-12186-2).
^ http://www.repubblica.it/online/fatti/afri/tuni/tuni.html
^ (EN) Africa Competitiveness Report 2007 (Forum économique mondial)
^ Julie Calleeuw, « Tunisie : les Trabelsi, une « quasi-mafia » », RTBF, 14 janvier 2011
^ « La fortune des Ben Ali en question », Europe 1, 17 janvier 2011
[modifica] Altri progetti
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Zine El-Abidine Ben Ali
[modifica] Collegamenti esterni
(AR) Sito di Ben Alì in Arabo (versione cache da www.archive.org perché il sito è stato rimosso)
estratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Zine_El-Abidine_Ben_AliIndice[nascondi]
1 Biografia
1.1 Infanzia
1.2 Elezioni a Presidente
1.3 Regime autoritario
1.4 Fine del regime
2 Note
3 Altri progetti
4 Collegamenti esterni
[modifica] Biografia
[modifica] Infanzia
Nacque ad Hammam-Sousse il 3 settembre 1936. Mentre era studente alla Sousse Secondary School si unì alla resistenza contro il dominio coloniale francese svolgendo funzioni di collegamento con il partito regionale Neo-Destour: per questo fu temporaneamente espulso dalla scuola e imprigionato[1].
Al termine della scuola secondaria Ben Ali si guadagnò i gradi nella Special Inter-service School a Saint-Cyr, in Francia, nella Scuola di Artiglieria a Châlons-sur-Marne, in Francia, nella Senior Intelligence School in Maryland, e nella School for Anti-Aircraft Field Artillery in Texas. La sua carriera militare professionale iniziò nel 1964 come ufficiale dello Stato Maggiore tunisino, ed in questo periodo fondò il Dipartimento della Sicurezza militare e ne diresse le operazioni per 10 anni. Brevemente servì come addetto militare in Marocco e in Spagna prima di essere nominato direttore generale della Sicurezza nazionale nel 1977[2]. Nel 1980 fu nominato ambasciatore a Varsavia, in Polonia, dove rimase quattro anni. Fu poi ministro degli interni ad interim, prima di essere nominato ministro dell'interno il 28 aprile 1986 e poi Primo Ministro dal presidente Habib Bourguiba, nell'ottobre 1987[3].
[modifica] Elezioni a Presidente
Ben Ali divenne Presidente della Tunisia il 7 novembre 1987, dopo aver spinto i medici di Bourguiba a dichiarare che il presidente era inabile ed incapace di adempiere i doveri della presidenza.[4][5] La transizione si svolse in modo pacifico, in conformità con l'articolo 57 della Costituzione tunisina.[6] Lo Stato era sull'orlo del collasso economico (inflazione al 10%, debito estero che raggiungeva il 46% del PIL) e a rischio di un attacco militare da parte dell'Algeria, cui si aggiunse la scoperta di un progetto di colpo di stato da parte del radicale "Movimento di Tendenza Islamico", per il quale 76 membri dell'organizzazione furono condannati nel 1987.
In quello che passò alla storia come il "colpo di Stato medico", fu agevolato da alcuni servizi segreti tra cui il SISMI su indicazione di Bettino Craxi[7].
Nel 1999 Fulvio Martini, ex capo del servizio segreto militare italiano, ha dichiarato ad una commissione parlamentare che "Nel 1985-1987 abbiamo organizzato una sorta di golpe in Tunisia, mettendo il presidente Ben Ali come capo di Stato in sostituzione di Bourguiba ". Bourguiba, anche se era un simbolo della resistenza anticoloniale, era stato ritenuto non più in grado di governare il suo paese e la sua reazione all'integralismo islamico era stata ritenuta "un po' troppo energica" da Martini. Agendo sotto le direttive di Bettino Craxi, primo ministro italiano, e Giulio Andreotti, ministro degli esteri, Martini afferma di aver mediato l'accordo che ha portato alla transizione pacifica del potere nelle mani di Zine El-Abidene Ben Ali.[8]
[modifica] Regime autoritario
Il nuovo leader proseguì la politica filo-occidentale del predecessore. Sotto la sua presidenza l'economia tunisina nel 2007 si è classificata al primo posto in termini di competitività economica in Africa, secondo il World Economic Forum[9]. In termini di libertà, le organizzazioni non governative e i media stranieri hanno regolarmente criticato la sua politica in materia di diritti umani, l'inclinazione verso la dittatura, compresa la repressione dei suoi oppositori, e gli attacchi alla libertà di stampa. Il suo regime è stato anche caratterizzato da una generalizzazione della corruzione, della quale ha beneficiato in primo luogo la famiglia della sua seconda moglie Leila, i Trabelsi, descritta dagli osservatori come "un clan para-mafioso" [10]. La sua fortuna personale, stimata in cinque miliardi di euro depositati in conti esteri o investiti nel settore immobiliare, sarebbe soprattutto il risultato di appropriazione indebita effettuata durante i 23 anni della sua presidenza.[11].
Il partito di Ben Ali, il Raggruppamento Costituzionale Democratico (RCD), erede del Partito Socialista Destouriano, ha dominato la scena politica nazionale dal 1987 al 2010: nel 1999, in occasione delle prime elezioni presidenziali con due candidati, il partito ottenne il 99,66% dei suffragi. Nel 2002 Ben Ali impose una riforma costituzionale che abolì ogni limite di durata alla carica presidenziale, permettendo la sua rielezione nel 2004 con il 94,5% dei consensi.
[modifica] Fine del regime
Incontro con Colin Powell (a sinistra)
Per approfondire, vedi la voce Sommosse popolari in Tunisia del 2010-2011.
A partire dal dicembre 2010 una serie di proteste popolari si è allargata a numerose città della Tunisia. I partecipanti sono scesi in rivolta per manifestare contro disoccupazione, rincari alimentari, corruzione e cattive condizioni di vita. Le proteste, iniziate nel dicembre 2010, hanno costituito la più drammatica ondata di disordini sociali e politici in tre decenni e hanno provocato decine di morti e feriti. Ben Ali si è trovato quasi sorpreso e spiazzato da quest'insurrezione popolare, in quanto sino a quel momento mai nessuno avrebbe potuto osare così tanto e in ogni caso avrebbe trovato una repressione violenta da parte delle forze di polizia. Questa volta l'impresa di eliminare dalla scena politica Ben Ali appariva possibile. In uno scenario pieno di scontri continui (alla fine si conteranno più di 100 vittime tra civili e forze armate), il 14 gennaio 2011 il presidente ha infine abbandonato il Paese, fuggendo in esilio a Jedda in Arabia Saudita.
[modifica] Note
^ Biography in Tunisia Online. URL consultato il 11 November 2010.
^ Ben Ali’s Biography: Zine El Abidine Ben Ali, President of the Tunisian Republic, Changement.tn
^ Zine el-Abidine Ben Ali Biography Biography.com
^ Tunisian Constitution United Nations, 2009.
^ Bourguiba Described in Tunis New York Times, November 9th, 1987
^ Tunisian Constitution United Nations, 2009.
^ Sul ruolo del SISMI, allora guidato da Fulvio Martini, nel "colpo di Stato medico" del 1987, si veda, tra l'altro, Carlo Chianura, "L'Italia dietro il golpe in Tunisia". L'ammiraglio Martini: Craxi e Andreotti ordinarono al Sismi di agire. "La Repubblica" 10-10-1999. URL consultato il 22-12-2009., La Repubblica, 11 ottobre 1999, e Pierre Lethier, Argent secret: l'espion de l'affaire Elf parle, Paris, Albin Michel, 2001, p. 66 (ISBN 2-226-12186-2).
^ http://www.repubblica.it/online/fatti/afri/tuni/tuni.html
^ (EN) Africa Competitiveness Report 2007 (Forum économique mondial)
^ Julie Calleeuw, « Tunisie : les Trabelsi, une « quasi-mafia » », RTBF, 14 janvier 2011
^ « La fortune des Ben Ali en question », Europe 1, 17 janvier 2011
[modifica] Altri progetti
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Zine El-Abidine Ben Ali
[modifica] Collegamenti esterni
(AR) Sito di Ben Alì in Arabo (versione cache da www.archive.org perché il sito è stato rimosso)
Nessun commento:
Posta un commento