Pietro Berti

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Anchorage

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domenica 13 marzo 2011

Le misure cautelari non detentive

Le misure cautelari non detentive
Le misure cautelari sono dei provvedimenti con cui può essere limitata la libertà della persona, che riveste la figura di indagato o imputato, e sono contenute nel libro IV del codice di procedura penale.L’art. 13 della Costituzione, ultimo comma, prevede che “la legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva”; pertanto la Costituzione del ’48 si preoccupa di rimandare alla legislazione penale la fissazione perentoria dei limiti massimi della custodia cautelare nell’ambito di ogni stato e grado del giudizio in rapporto all’entità della pena.Il costituente ha scelto di contemperare due esigenze tra loro contrapposte: il principio della presunzione di non colpevolezza dell’imputato e la tutela dell’accertamento della verità processuale e della sicurezza della collettività nella fase predibattimentale.La loro applicazione determina una limitazione della libertà o facoltà personali; pertanto le misure cautelari vengono adottate nel rispetto di alcuni principi e condizioni:
principio di legalità e tassatività ex art. 272 c.p.p.;
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (fumus commissi delicti) ex art. 273 c.p.p.;
sussistenza di particolari esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p., quali: esigenze d’indagine relative a situazioni di concreto e attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova; fuga o pericolo di fuga dell’imputato, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione; esigenze di tutela della collettività, quando sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede;
principio di adeguatezza, ossia nel disporre le misure, il giudice deve tener conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto ex art. 275, I comma, c.p.p.;
principio di proporzionalità, ossia ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata ex art. 275, comma II, c.p.p.;
principio di gradualità, ossia la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata, ex art. 275, comma III, c.p.p.;
principio della salvaguardia dei diritti, ossia le modalità di esecuzione delle misure cautelari devono salvaguardare i diritti della persona ad essa sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto ex art. 277 c.p.p.;
criterio di determinazione della pena, ossia agli effetti dell’applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato ex art. 278 c.p.p.
Il provvedimento con cui viene disposta la custodia cautelare ha la natura dell’ordinanza, quindi il provvedimento, pur se succintamente, deve essere motivato.L’art. 309 c.p.p. prevede che entro dieci giorni dall’esecuzione o notificazione del provvedimento, l’imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito dell’ordinanza che dispone la misura coercitiva. Fuori dall’ipotesi precedente l’art. 310 del c.p.p. prevede che il P.M., l’imputato e il suo difensore possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari, enunciandone contestualmente i motivi. In entrambi i casi, sia il giudice del riesame o eventualmente il giudice dell’appello deve provvedere, dato che si tratta della libertà personale dell’imputato, in tempi brevissimi, ossia entro 10 gg. dalla ricezione degli atti.Contro le decisioni emesse ex artt. 309 e 310 c.p.p. le parti possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento.La Corte di Cassazione Penale, Sez. II, con sentenza del 19 ottobre 2006 n. 35195 ha stabilito il principio secondo cui: “In tema di misure cautelari personali, ai fini del computo del termine di fase delle indagini preliminari si deve avere riguardo al reato contestato nel provvedimento restrittivo, costituito dalla reciproca integrazione dell’ordinanza cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari e di quella pronunciata ex art. 309 c.p.p. dal tribunale del riesame, in quanto il delitto per cui si procede è quello enunciato nell’imputazione del provvedimento restrittivo, anche se l’azione penale sia stata esercita successivamente per un delitto diverso”.
Il sottoscritto procuratore, infine, intende porre l’attenzione sulle misure cautelari non detentive.Trattasi di misure limitative della libertà personale diverse dalla custodia cautelare che il giudice, tenuto conto delle esigenze cautelari e dell’esigenza di non interrompere i processi educativi in atto, può applicare nel corso del procedimento al minorenne imputabile. Il giudice può disporle solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Quando è disposta una misura cautelare il minorenne è affidato ai Servizi della Giustizia Minorile affinché svolgano interventi di sostegno e controllo in collaborazione con i servizi di assistenza dell’ente locale.La misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata.Le misure cautelari non detentive sono:
prescrizioni: il giudice può impartire al minorenne specifiche prescrizioni inerenti attività di studio o di lavoro o altre attività utili per la sua educazione al fine di non interrompere i processi educativi in atto; tali obblighi hanno efficacia per due mesi e sono rinnovabili una sola volta, per esigenze probatorie. Il giudice nel prendere tale decisione, ascolta l’esercente la potestà genitoriale anche al fine di coinvolgerlo nell’attività di recupero. Nel caso di gravi e ripetute violazioni nelle prescrizioni, il giudice può disporre la misura della permanenza in casa;
permanenza in casa: il giudice prescrive al soggetto minorenne di permanere presso l’abitazione familiare o in altro luogo di privata dimora. Contestualmente può disporre limiti e divieti alla facoltà del minorenne di comunicare con persone diverse da quelle con cui coabitano con lui o lo assistono. Il giudice, con separato provvedimento, può anche consentire al minore di allontanarsi dall’abitazione per ragioni di studio o lavoro o per svolgere altre attività utili alla sua educazione.
I genitori vigilano sul comportamento del minore consentendo, nel contempo, gli interventi di sostegno e controllo dei Servizi della Giustizia Minorile e dell’Ente Locale. Nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di allontanamento ingiustificato dall’abitazione, il giudice può disporre la misura del collocamento in comunità;
collocamento in comunità: il giudice ordina che il minorenne sia affidato ad una comunità pubblica o autorizzata. Contestualmente può imporre eventuali specifiche prescrizioni inerenti attività di studio o di lavoro o altre attività utili per la sua educazione, al fine di non interrompere i processi educativi in atto.
Il responsabile della comunità collabora con i Servizi della Giustizia Minorile e dell’Ente Locale.Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni imposte o di allontanamento ingiustificato dalla comunità, il giudice può imporre la misura della custodia cautelare, per un tempo non superiore ad un mese, qualora si proceda per un delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
tratto da www.overlex.com - Portale giuridico
Pubblicato da : Avv. Sheila Cesca
sul sito http://www.overlex.com/stampa.asp?id=1773&txttabella=articoli

Misure cautelari non detentive
Cosa sono le misure cautelari non detentiveSono misure limitative della libertà personale diverse dalla custodia cautelare che il giudice, tenuto conto delle esigenze cautelari e dell'esigenza di non interrompere i processi educativi in atto, può applicare nel corso del procedimento al minorenne imputabile: prescrizioni, permanenza in casa, collocamento in comunità.Il giudice può disporle solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.Quando è disposta una misura cautelare il minorenne è affidato ai servizi della giustizia minorile affinché svolgano interventi di sostegno e controllo in collaborazione con i servizi di assistenza dell'ente locale.La misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata. (art. 19 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988; art. 275 codice procedura penale)PrescrizioniIl giudice può impartire al minorenne specifiche prescrizioni inerenti attività di studio o di lavoro o altre attività utili per la sua educazione al fine di non interrompere i processi educativi in atto; tali obblighi hanno efficacia per due mesi e sono rinnovabili una sola volta, per esigenze probatorie. Il giudice, nel prendere tale decisione, ascolta l'esercente la potestà genitoriale anche al fine di coinvolgerlo nell'attività di recupero.Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni, il giudice può disporre la misura della permanenza in casa. (art. 20 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988)Permanenza in casaCon il provvedimento che dispone la permanenza in casa il giudice prescrive al soggetto minorenne di permanere presso l'abitazione familiare o in altro luogo di privata dimora. Contestualmente può disporre limiti e divieti alla facoltà del minorenne di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.Il giudice può anche consentire al minore, con separato provvedimento, di allontanarsi dall'abitazione per ragioni di studio o lavoro o per svolgere altre attività utili alla sua educazione.I genitori vigilano sul comportamento del minore consentendo, nel contempo, gli interventi di sostegno e controllo dei servizi della giustizia minorile e dell'ente locale.Nel caso di gravi e ripetute violazioni degli obblighi a lui imposti o nel caso di allontanamento ingiustificato dalla abitazione, il giudice può disporre la misura del collocamento in comunità. (art. 21 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988)Collocamento in comunitàCon il provvedimento che dispone il collocamento in comunità il giudice ordina che il minorenne sia affidato ad una comunità pubblica o autorizzata. Contestualmente può imporre eventuali specifiche prescrizioni inerenti attività di studio o di lavoro o altre attività utili per la sua educazione, al fine di non interrompere i processi educativi in atto.Il responsabile della comunità collabora con i servizi della giustizia minorile e dell'ente locale.Nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni imposte o di allontanamento ingiustificato dalla comunità, il giudice può imporre la misura della custodia cautelare, per un tempo non superiore ad un mese, qualora si proceda per un delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.(art. 22 del D.P.R. 448 del 22 settembre 1988; art. 10 D.Lvo 272 del 28 luglio 1989)
Legislazione
D.P.R. 448 del 22 settembre 1988
Decreto Legislativo 28 luglio 1989 n. 272
estratto da: http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_5_4_7.wp;jsessionid=378CA39600CABC50850316071A45ADAF.ajpAL01
apri anche il link sottostante sul tema:
"Questioni interpretative in materia di misure cautelari non detentive e di interrogatorio di garanzia con particolare riferimento alle finalità e alla natura dell’interrogatorio, all’interrogatorio in caso di aggravamento della misura e all’interrogatorio preventivo in caso di misure interdittive"
http://appinter.csm.it/incontri/relaz/16267.pdf

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