Pietro Berti

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Anchorage

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mercoledì 2 marzo 2011

Claustrofobia



Claustrofobia:Paura degli spazi chiusi. Definizione ampliata: È definita come una paura persistente, anormale e ingiustificata di permanere in uno spazio chiuso.Questa fobia può essere conseguenza di una cattiva esperienza (ad esempio, essere rimasto chiuso in uno spazio chiuso) o anche indirettamente (aver ascoltato racconti di persone a cui sia successo qualcosa di simile). Le persone che patiscono la paura degli spazi chiusi (si stima che tra un 2 e un 5% della popolazione) di solito evitano di conseguenza gli ascensori, la metro, i tunnel, le case piccole, fino alle porte girevoli possono presentare difficoltà, così come anche l'uso di equipaggiamenti per tecniche di diagnosi medica come la TAC. Non temono lo spazio chiuso in se stesso, ma le possibili conseguenze negative derivanti dal fatto di trovarsi in quel luogo. Ad esempio, temono di restare chiusi per sempre o morire soffocati, ciò dovuto al fatto che credono che non vi è sufficiente aria in spazi chiusi. Allo stesso modo, molti spazi piccoli e chiusi implicano poca libertà di movimenti, ciò fa che le persone claustrofobiche si sentano molto vulnerabili.Tra coloro che soffrono di questa fobia chi entre in uno spazio chiuso sente un'ansietà intensa e sintomi quali la mancanza di aria, capogiri, palpiti, ecc. I fobici tendono a evitare gli spazi chiusi, che descrivono con la sensazione di essere intrappolati senza uscita.Si può riconoscere una persona che soffre di claustrofobia se presenta alcune delle seguenti condotte: entrando in una stanza, controlla dove sono le uscite, si colloca vicino ad esse e si sente secondo se le porte o le finestre sono chiuse; evita di guidare o entrare in un'automobile durante l'ora di picco del traffico; evita di usare l'ascensore e sceglie le scale, anche se sono molti i piani; in una festa piena di gente, sceglie di situarsi vicino alle uscite; sente panico se si chiude una porta nella stanza dove si trova.La claustrofobia si tratta con psicoterapia, tecniche di rilassamento e visualizzazione, terapia cognitiva comportamentale e in alcuni casi medicine, come gli antidepressivi o gli ansiolitici.Alcuni specialisti mettono in relazione la claustrofobia con l'agorafobia (paura degli spazi aperti) perchè le considerano le due faccie della stessa moneta. Entrambe le fobie, chi le patisce riconosce che i loro timori sono irrazionali, ma non possono controllarli. I sintomi di ansietà sperimentati sono simili. e in entrambi i casi, la soluzione alla fobia inizia facendo fronte ai propri timori.
fonte: http://www.fobie.org/Claustrofobia.html


Claustrofobia
La claustrofobia è la paura di luoghi chiusi o troppo affollati, come ascensori, gallerie, scompartimenti dei treni, cabine telefoniche…
Le persone che soffrono di claustrofobia manifestano malessere, sensazione di soffocamento, oppressione, e hanno l'impressione di essere rinchiusi o imprigionati ogni qual volta sono esposti alla situazione fobica.
La claustrofobia e le sensazioni che ad essa si associano ricordano le risposte di terrore tipiche degli animali intrappolati senza alcuna via di scampo. Si tratta quindi del residuo di un'antica paura, che un tempo era funzionale, ma al giorno d'oggi si manifesta in situazioni apparentemente innocue. Detto in parole più semplici, non porta alcun vantaggio sentirsi in pericolo ogni qual volta si prende l'ascensore.
La claustrofobia e l'agorafobia sono considerati due facce della stessa medaglia in quanto le situazioni che spaventano sono simili, ma con la motivazione sottostante differente: l'agorafobico ha timore dell'attacco di panico, di non poter essere soccorso in caso di malessere e apprezza di essere accompagnato e rassicurato da una persona di fiducia, il claustrofobico si sente soffocare se attorno a sé non ha uno spazio da lui considerato sufficientemente ampio.
Il claustrofobico e l'agorafobico hanno strutture di personalità opposte: il primo è in genere una persona autonoma, ama avere i propri spazi, la propria indipendenza, è infastidito da chi si preoccupa per lui, mentre l'agorafobico in genere è una persona passiva e dipendente che ha bisogno di qualcuno che si occupi di lui, ama i legami stabili.Le persone con claustrofobia sono costrette a impostare le scelte di vita e la quotidianità in relazione al loro disturbo d'ansia e mettono in atto condotte di evitamento nei confronti della situazione ansiogena. In genere prediligono mansioni da svolgere all'aperto, che garantiscano una discreta dinamicità, mentre soffrono a eseguire lavori sedentari all'interno di una struttura. Quando sono in casa, amano stare con le porte delle stanze spalancate, non riescono a dormire con la porta della camera da letto chiusa e, in alcuni casi, esigono che le finestre stiano aperte, anche in inverno per avere la garanzia che circoli sufficiente aria. Possono sentirsi soffocati da persone troppo opprimenti e questo si ripercuote anche nei legami affettivi.
L'agorafobico può diventare claustrofobico per reazione, ovvero, magari inconsapevolmente, si sforza di superare le sue paure esponendosi talmente a situazioni ansiogene che lo portano a sviluppare il disturbo opposto! Alessandra Banche


La claustrofobia è sicuramente una delle fobie più diffuse. II claustrofobico è un soggetto affetto dalla paura eccessiva e irrazionale degli spazi stretti e chiusi come tunnel o ascensori. In situazioni simili, il soggetto farà di tutto per uscire all'aperto e godere pienamente di quel senso di libertà che solo il sentirsi "libero di respirare" gli può consentire. Le paure correlate più frequenti sono il timore che il soffitto e il pavimento si chiudano, schiacciando le persone che si trovano nella stanza, il timore che il rifornimento d'aria si esaurisca e si muoia soffocati, il timore di svenire a causa della mancanza di aria e luce.Il cinema, inteso ovviamente come locale, è un posto poco piacevole per chi soffre di questa fobia: non vi sono finestre, le uscite non sempre sono controllabili, c'è molta gente in sala, e spesso non ci si può muovere con libertà per non disturbare le altre persone. Tutte queste sensazioni sgradevoli fanno spesso rinunciare alla frequentazione di queste sale. Uno degli eventi più temuti dal claustrofobico è quello di doversi sottoporre ad una risonanza magnetica, esame che prevede l'inserimento dell'intera persona in un tubo molto stretto e totalmente chiuso. Non sono rari, ovviamente, coloro che soffrono di questo disturbo in ascensore. Altro posto che mette in crisi tanta parte della popolazione è la metropolitana. Qui c'è proprio di tutto: oscurità, sotterranei, cunicoli, affollamento, odori sgradevoli, ventate improvvise d'aria e rumori stridenti dei treni.Oltre alle classiche manovre di evitamento o di fuga di fronte alla situazione fobica, il claustrofobico tiene a bada l'ansia cercando delle giustificazioni apparentemente logiche che spieghino il motivo di una scelta che altri considerano un po' strana o quanto meno poco usuale. E così queste persone preferiscono salire le scale, adducendo i più svariati motivi: l'opportunità di fare del moto per tenersi in forma, la necessità di raccogliere le idee prima di andare a parlare con qualcuno (l'ascensore è sempre troppo veloce!), e via dicendo. La claustrofobia deve essere tenuta distinta dall'agorafobia, tipica di chi soffre o ha sofferto di attacchi di panico, che non si limita alla paura degli spazi chiusi, ma riguarda tutte le situazioni, anche all'aperto, da cui non vi sia una rapida via di fuga (es. un ponte, una lunga coda o l'autostrada).
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La claustrofobia è sicuramente una delle fobie più diffuse. Essa è la paura di luoghi chiusi o troppo affollati, come ascensori, gallerie, cinema, metropolitane… Le persone che soffrono di claustrofobia manifestano malessere, sensazione di soffocamento, oppressione, e hanno l'impressione di essere rinchiusi o imprigionati ogni qual volta sono esposti alla situazione fobica. La claustrofobia e l'agorafobia sono considerati due facce della stessa medaglia in quanto le situazioni che spaventano sono simili, ma con la motivazione sottostante differente: l'agorafobico ha timore dell'attacco di panico, di non poter essere soccorso in caso di malessere e apprezza di essere accompagnato e rassicurato da una persona di fiducia, il claustrofobico si sente soffocare se attorno a sé non ha uno spazio da lui considerato sufficientemente ampio. Il claustrofobico e l'agorafobico hanno strutture di personalità opposte: il primo è in genere una persona autonoma, ama avere i propri spazi, la propria indipendenza, è infastidito da chi si preoccupa per lui, mentre l'agorafobico in genere è una persona passiva e dipendente che ha bisogno di qualcuno che si occupi di lui, ama i legami stabili.Le persone con claustrofobia sono costrette a impostare le scelte di vita e la quotidianità in relazione al loro disturbo d'ansia e mettono in atto condotte di evitamento nei confronti della situazione ansiogena. In genere prediligono mansioni da svolgere all'aperto, che garantiscano una discreta dinamicità, mentre soffrono a eseguire lavori sedentari all'interno di una struttura. Quando sono in casa, amano stare con le porte delle stanze spalancate, non riescono a dormire con la porta della camera da letto chiusa e, in alcuni casi, esigono che le finestre stiano aperte, anche in inverno per avere la garanzia che circoli sufficiente aria. Possono sentirsi soffocati da persone troppo opprimenti e questo si ripercuote anche nei legami affettivi.L'agorafobico può diventare claustrofobico per reazione, ovvero, magari inconsapevolmente, si sforza di superare le sue paure esponendosi talmente a situazioni ansiogene che lo portano a sviluppare il disturbo opposto!
Il trattamento sintomatico della claustrofobia è relativamente semplice, se non complicato da altri disturbi psicologici, e prevede primariamente un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale di breve durata (spesso entro i 3-4 mesi).La psicoterapia della claustrofobia, dopo un periodo di esame del caso che si esaurisce in breve, passa necessariamente attraverso l'utilizzo delle tecniche di esposizione graduata agli stimoli temuti. Il paziente viene avvicinato in modo molto progressivo agli stimoli che innescano la paura, partendo da quelli più lontani dall'oggetto o situazione centrale (es. l'immagine di una stanza chiusa ma piena di luce). Il contatto con tali stimoli viene mantenuto finché inevitabilmente non subentra l'abitudine ed essi non generano più ansia. Solo a tal punto si procede all'esposizione ad uno stimolo leggermente più ansiogeno, in una gerarchia accuratamente preparata in seduta a priori. In questo modo, nell'arco di poche settimane, si riesce a salire sulla gerarchia fino ad arrivare a esposizioni molto più forti, senza suscitare mai troppa ansia nel soggetto e ripetendo ogni esercizio finché non è diventato "neutro".Tale procedura può spaventare molto le persone che soffrono di una claustrofobia, poiché implica affrontare direttamente l'oggetto o situazione temuta, ma se ben effettuata, con l'aiuto di un terapeuta esperto, è assolutamente applicabile e garantisce un successo nella stragrande maggioranza dei casi.In alcuni casi, per rendere più efficace il metodo, si insegnano al paziente strategie di rilassamento fisiologico e lo si invita ad utilizzarle poco prima di esporsi agli stimoli ansiogeni, in modo da facilitare la creazione di un nuovo condizionamento, in cui l'organismo associ rilassamento, anziché ansia, a tali stimoli.
Nel caso di claustrofobia invalidante è molto diffuso l'uso di farmaci ansiolitici "al bisogno", per gestire l'ansia dovendo fronteggiare necessariamente certe situazioni temute (es. prima di entrare in metropolitana). Tale strategia consente di sopravvivere all'evento, ma non ottiene altro che l'effetto di rafforzare la fobia


La claustrofobia è l'estrema, eccessiva e disabilitante paura dello stare, anche per poco, in spazi chiusi ed angusti come ascensori, piccole stanze, grotte, gallerie, sale di cinema, cabine telefoniche, scomparti del treno, etc.

L'intenso timore della persona è dovuto alla paura che da tali luoghi non si possa più uscire e/o non vi sia aria sufficiente, e che ciò possa addirittura portare alla morte.

Per quanto descritto l'individuo inizia ad avere sintomi di panico con sensazione di soffocamento ed oppressione o di imprigionamento, iniziando da subito a mettere in atto qualsiasi comportamento per uscire dal luogo.

Questa paura degli spazi chiusi finisce per danneggiare le aree sociali, familiari, lavorative ed affettive della persona creando insormontabili e patologici problemi nella vita di tutti i giorni.

Ad esempio utilizzare l'ascensore di casa e dell'ufficio, attraversare un tunnel in auto, fare una risonanza magnetica (esame che prevede lo stare fermi in un tubo stretto e chiuso per diverso tempo), andare a vedere un film con le persona cara, prendere la metropolitana, fare una telefonata urgente da una cabina, e così via.
Nel claustrofobico oltre ai sintomi psico-fisici di paura vi è un atteggiamento di continuo evitamento dello stimolo fobico, anche con la ricerca di spiegazioni e giustificazioni solo però apparentemente logiche.
Occorre sottolineare la sostanziale differenza che intercorre tra la Claustrofobia e l'Agorafobia (situazione psicopatologica spesso riscontrata in chi è afflitto da Attacchi di Panico).
L'Agorafobia non è solo la paura degli spazi chiusi, come la Claustrofobia, ma anche di situazioni all'aperto dalle quali non è facile e veloce allontanarsi e trovare una via di fuga.

Se vuoi approfondire clicca pure qui sotto
Vai alla Fobia
Vai all'Aviofobia
Vai all'Agorafobia
Vai alla Fobia Sociale
Vai alla Fobia Specifica
Vai a tutti i Disturbi trattati nel sito
fonte: http://www.cpsico.com/paura_degli_spazi_chiusi_claustrofobia.htm

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