Il potere di grazia del Presidente della Repubblica
Questo documento è la sintesi di un documento più ampio che è possibile trovare nella “prima pagina” del sito www.ildirittoamministrativo.it
A chi spetta il potere di grazia?
La grazia, in passato riservata al Re, è oggi una prerogativa del Presidente della Repubblica.
L’art. 87, undicesimo comma della Costituzione prevede che “Il presidente della Repubblica può concedere grazia e commutare le pene “.
Dal tenore letterale di tale norma il potere di grazia è riservato espressamente ed in via esclusiva al Capo dello Stato, quale organo super partes rappresentante dell’unità nazionale.
Tuttavia, l’articolo 89 della Costituzione dispone “nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che se ne assumono la responsabilità”.
La concessione della grazia è, quindi, un atto formalmente presidenziale ma sostanzialmente misto, che presuppone la compartecipazione fra Capo dello Stato e Ministro proponente.
Il Ministro della Giustizia, è cioè, competente ad effettuare l’istruttoria sulla grazia, a predisporre il relativo decreto di concessione che da forma al provvedimento di clemenza, a controfirmarlo ed a curarne l’esecuzione.
La decisione finale su tale atto, che per ragioni umanitarie mitiga o elide il trattamento sanzionatorio - come ribadito dalla Corte Costituzionale nella Sentenza n. 200 del 2004 - è di esclusiva competenza “del Capo dello Sato”. Spetta cioè unicamente al Presidente della Repubblica valutare la “sussistenza in concreto dei presupposti umanitari che giustificano l’adozione del provvedimento di clemenza”.
Perché può essere concessa la grazia?
La grazia è un istituto connotato da una finalità (come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 134 del 1976 e nell’ordinanza n. 388 del 1987) “umanitaria ed equitativa” che si sostanzia nello “attenuare l’applicazione della legge penale in tutte quelle ipotesi nelle quali essa viene a configgere con il più alto sentimento della giustizia sostanziale”.
Inoltre dalla relazione governativa al progetto preliminare del codice di procedura preliminare del 1988, a commento dell’articolo 672, si evince che la grazia funge da “strumento di risocializzazione “ del condannato “alla luce dei risultati del trattamento rieducativo” al quale egli sia stato sottoposto.
“L'esercizio del potere di grazia risponde a finalità essenzialmente umanitarie, da apprezzare in rapporto ad una serie di circostanze (non sempre astrattamente tipizzabili), inerenti alla persona del condannato o comunque involgenti apprezzamenti di carattere equitativo, idonee a giustificare l'adozione di un atto di clemenza individuale, il quale incide pur sempre sull'esecuzione di una pena validamente e definitivamente inflitta da un organo imparziale, il giudice, con le garanzie formali e sostanziali offerte dall'ordinamento del processo penale.
La funzione della grazia è, dunque, in definitiva, quella di attuare i valori costituzionali, consacrati nel terzo comma dell'art. 27 Cost., garantendo soprattutto il «senso di umanità», cui devono ispirarsi tutte le pene, e ciò anche nella prospettiva di assicurare il pieno rispetto del principio desumibile dall'art. 2 Cost., non senza trascurare il profilo di «rieducazione» proprio della pena.
È evidente, altresì, come – determinando l'esercizio del potere di grazia una deroga al principio di legalità – il suo impiego debba essere contenuto entro ambiti circoscritti destinati a valorizzare soltanto eccezionali esigenze di natura umanitaria”[1].
Il potere di grazia viene esercitato sempre meno: mentre nel 1966, furono concessi 1003 provvedimenti di clemenza, ne sono stati adottati appena 17 nel 2006 [2].
Qual è il procedimento per concedere la grazia?
1.Iniziativa:
Il procedimento di grazia si instaura, salva l’ipotesi della proposta proveniente dal Presidente del Consiglio di disciplina, con la domanda di grazia sottoscritta, dal condannato o da un suo prossimo congiunto, dal convivente, dal tutore, dal curatore, da un avvocato, diretta al Presidente della Repubblica e presentata al Ministro della Giustizia; oppure con l’iniziativa assunta direttamente dal Presidente della Repubblica.
2. Istruttoria:
Vi è poi la fase dell’istruttoria, che prevede l’invio, al Ministro di Giustizia, da parte del Magistrato di sorveglianza (se il condannato è detenuto o internato) o del Procuratore generale (se il condannato non è detenuto o internato) delle informazioni e degli “elementi di giudizio” utili ai fini della determinazione circa la concessione, o meno della clemenza.
Il Ministero della Giustizia valuta gli elementi forniti e i pareri espressi dagli organi giurisdizionali, e conclude con un provvedimento di archiviazione o con la formulazione di una proposta “motivata” di grazia.
Nel primo caso, qualora il Ministro della Giustizia decida di disporre l’archiviazione se il Capo dello Stato abbia, a seguito della comunicazione e/o conoscenza della decisione di archiviazione, sollecitato, previa eventuale acquisizione di una apposita informativa orale o scritta (c.d. “relazione obiettiva”), il compimento dell'attività istruttoria, “il Ministro non ha il potere di impedire la prosecuzione del procedimento, può soltanto rendere note al Capo dello Stato le ragioni di legittimità o di merito che, a suo parere, si oppongono alla concessione del provvedimento”[3].
3. La fase finale
Il Presidente della Repubblica, dal canto suo, nell’ ipotesi in cui il Ministro Guardasigilli gli abbia fatto pervenire le sue motivate valutazioni contrarie all'adozione dell'atto di clemenza, ove non le condivida, concede la grazia, esternando nell'atto le ragioni per le quali ritiene di dovere concedere ugualmente la grazia, malgrado il dissenso espresso dal Ministro.
Nel secondo caso, invece, alla proposta “motivata” di grazia segue la predisposizione dello schema del provvedimento.
Sulla base degli elementi trasmessi dal Ministro di Giustizia, il Presidente della Repubblica valuta la sussistenza, in concreto, delle ragioni essenzialmente umanitarie giustificatrici dell’adozione del provvedimento di clemenza.
Alla valutazione positiva del Capo dello Stato segue la controfirma del decreto di grazia da parte del Guardasigilli, il quale provvede, altresì, agli adempimenti esecutivi.
_________________________
[1] Corte Costituzionale Sentenza n. 200 del 2006
[2] A titolo semplificativo si riportano i provvedimenti di concessione della grazia concessi negli ultimi 6 anni. Sul sito della giustizia sono, altresì, liberamente consultabili le grazie concesse fin dal 1950.
[3] Corte Costituzionale Sentenza n. 200 del 2006
Questo documento è la sintesi di un documento più ampio che è possibile trovare nella “prima pagina” del sito www.ildirittoamministrativo.it
A chi spetta il potere di grazia?
La grazia, in passato riservata al Re, è oggi una prerogativa del Presidente della Repubblica.
L’art. 87, undicesimo comma della Costituzione prevede che “Il presidente della Repubblica può concedere grazia e commutare le pene “.
Dal tenore letterale di tale norma il potere di grazia è riservato espressamente ed in via esclusiva al Capo dello Stato, quale organo super partes rappresentante dell’unità nazionale.
Tuttavia, l’articolo 89 della Costituzione dispone “nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che se ne assumono la responsabilità”.
La concessione della grazia è, quindi, un atto formalmente presidenziale ma sostanzialmente misto, che presuppone la compartecipazione fra Capo dello Stato e Ministro proponente.
Il Ministro della Giustizia, è cioè, competente ad effettuare l’istruttoria sulla grazia, a predisporre il relativo decreto di concessione che da forma al provvedimento di clemenza, a controfirmarlo ed a curarne l’esecuzione.
La decisione finale su tale atto, che per ragioni umanitarie mitiga o elide il trattamento sanzionatorio - come ribadito dalla Corte Costituzionale nella Sentenza n. 200 del 2004 - è di esclusiva competenza “del Capo dello Sato”. Spetta cioè unicamente al Presidente della Repubblica valutare la “sussistenza in concreto dei presupposti umanitari che giustificano l’adozione del provvedimento di clemenza”.
Perché può essere concessa la grazia?
La grazia è un istituto connotato da una finalità (come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 134 del 1976 e nell’ordinanza n. 388 del 1987) “umanitaria ed equitativa” che si sostanzia nello “attenuare l’applicazione della legge penale in tutte quelle ipotesi nelle quali essa viene a configgere con il più alto sentimento della giustizia sostanziale”.
Inoltre dalla relazione governativa al progetto preliminare del codice di procedura preliminare del 1988, a commento dell’articolo 672, si evince che la grazia funge da “strumento di risocializzazione “ del condannato “alla luce dei risultati del trattamento rieducativo” al quale egli sia stato sottoposto.
“L'esercizio del potere di grazia risponde a finalità essenzialmente umanitarie, da apprezzare in rapporto ad una serie di circostanze (non sempre astrattamente tipizzabili), inerenti alla persona del condannato o comunque involgenti apprezzamenti di carattere equitativo, idonee a giustificare l'adozione di un atto di clemenza individuale, il quale incide pur sempre sull'esecuzione di una pena validamente e definitivamente inflitta da un organo imparziale, il giudice, con le garanzie formali e sostanziali offerte dall'ordinamento del processo penale.
La funzione della grazia è, dunque, in definitiva, quella di attuare i valori costituzionali, consacrati nel terzo comma dell'art. 27 Cost., garantendo soprattutto il «senso di umanità», cui devono ispirarsi tutte le pene, e ciò anche nella prospettiva di assicurare il pieno rispetto del principio desumibile dall'art. 2 Cost., non senza trascurare il profilo di «rieducazione» proprio della pena.
È evidente, altresì, come – determinando l'esercizio del potere di grazia una deroga al principio di legalità – il suo impiego debba essere contenuto entro ambiti circoscritti destinati a valorizzare soltanto eccezionali esigenze di natura umanitaria”[1].
Il potere di grazia viene esercitato sempre meno: mentre nel 1966, furono concessi 1003 provvedimenti di clemenza, ne sono stati adottati appena 17 nel 2006 [2].
Qual è il procedimento per concedere la grazia?
1.Iniziativa:
Il procedimento di grazia si instaura, salva l’ipotesi della proposta proveniente dal Presidente del Consiglio di disciplina, con la domanda di grazia sottoscritta, dal condannato o da un suo prossimo congiunto, dal convivente, dal tutore, dal curatore, da un avvocato, diretta al Presidente della Repubblica e presentata al Ministro della Giustizia; oppure con l’iniziativa assunta direttamente dal Presidente della Repubblica.
2. Istruttoria:
Vi è poi la fase dell’istruttoria, che prevede l’invio, al Ministro di Giustizia, da parte del Magistrato di sorveglianza (se il condannato è detenuto o internato) o del Procuratore generale (se il condannato non è detenuto o internato) delle informazioni e degli “elementi di giudizio” utili ai fini della determinazione circa la concessione, o meno della clemenza.
Il Ministero della Giustizia valuta gli elementi forniti e i pareri espressi dagli organi giurisdizionali, e conclude con un provvedimento di archiviazione o con la formulazione di una proposta “motivata” di grazia.
Nel primo caso, qualora il Ministro della Giustizia decida di disporre l’archiviazione se il Capo dello Stato abbia, a seguito della comunicazione e/o conoscenza della decisione di archiviazione, sollecitato, previa eventuale acquisizione di una apposita informativa orale o scritta (c.d. “relazione obiettiva”), il compimento dell'attività istruttoria, “il Ministro non ha il potere di impedire la prosecuzione del procedimento, può soltanto rendere note al Capo dello Stato le ragioni di legittimità o di merito che, a suo parere, si oppongono alla concessione del provvedimento”[3].
3. La fase finale
Il Presidente della Repubblica, dal canto suo, nell’ ipotesi in cui il Ministro Guardasigilli gli abbia fatto pervenire le sue motivate valutazioni contrarie all'adozione dell'atto di clemenza, ove non le condivida, concede la grazia, esternando nell'atto le ragioni per le quali ritiene di dovere concedere ugualmente la grazia, malgrado il dissenso espresso dal Ministro.
Nel secondo caso, invece, alla proposta “motivata” di grazia segue la predisposizione dello schema del provvedimento.
Sulla base degli elementi trasmessi dal Ministro di Giustizia, il Presidente della Repubblica valuta la sussistenza, in concreto, delle ragioni essenzialmente umanitarie giustificatrici dell’adozione del provvedimento di clemenza.
Alla valutazione positiva del Capo dello Stato segue la controfirma del decreto di grazia da parte del Guardasigilli, il quale provvede, altresì, agli adempimenti esecutivi.
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[1] Corte Costituzionale Sentenza n. 200 del 2006
[2] A titolo semplificativo si riportano i provvedimenti di concessione della grazia concessi negli ultimi 6 anni. Sul sito della giustizia sono, altresì, liberamente consultabili le grazie concesse fin dal 1950.
[3] Corte Costituzionale Sentenza n. 200 del 2006
Il potere di grazia
L’art. 87 della Costituzione prevede, al comma undicesimo, che il Presidente della Repubblica può, con proprio decreto, concedere grazia e commutare le pene. Si tratta di un istituto clemenziale di antichissima origine che estingue, in tutto o in parte, la pena inflitta con la sentenza irrevocabile o la trasforma in un'altra specie di pena prevista dalla legge (ad esempio la reclusione temporanea al posto dell’ergastolo o la multa al posto della reclusione). La grazia estingue anche le pene accessorie, se il decreto lo dispone espressamente; non estingue invece gli altri effetti penali della condanna (art. 174 c.p.). Ai sensi dell’art. 681 del codice di procedura penale può essere sottoposta a condizioni.
Il procedimento di concessione della grazia è disciplinato dall’art. 681 del codice di procedura penale. La domanda di grazia è diretta al Presidente della Repubblica e va presentata al Ministro della Giustizia. È sottoscritta dal condannato, da un suo prossimo congiunto, dal convivente, dal tutore o curatore, oppure da un avvocato. Se il condannato è detenuto o internato, la domanda può essere però direttamente presentata anche al magistrato di sorveglianza. Il presidente del consiglio di disciplina dell’istituto penitenziario può proporre, a titolo di ricompensa, la grazia a favore del detenuto che si è distinto per comportamenti particolarmente meritevoli.
Sulla domanda o sulla proposta di grazia esprime il proprio parere il Procuratore generale presso la Corte di Appello o, se il condannato è detenuto, il Magistrato di sorveglianza. A tal fine, essi acquisiscono ogni utile informazione relativa, tra l’altro, alla posizione giuridica del condannato, all’intervenuto perdono delle persone danneggiate dal reato, ai dati conoscitivi forniti dalle Forze di Polizia, alle valutazioni dei responsabili degli Istituti penitenziari …. Acquisiti i pareri, il Ministro trasmette la domanda o la proposta di grazia, corredata dagli atti dell’istruttoria, al Capo dello Stato, accompagnandola con il proprio “avviso”, favorevole o contrario alla concessione del beneficio. Come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 200 del 2006, al Capo dello Stato compete la decisione finale. L’art. 681 del codice di procedura penale prevede anche che la grazia possa essere concessa di ufficio e cioè in assenza di domanda e proposta, ma sempre dopo che è stata compiuta l’istruttoria.
Se il Presidente della Repubblica concede la grazia, il pubblico ministero competente ne cura l’esecuzione, ordinando, se del caso, la liberazione del condannato.
L’art. 87 della Costituzione prevede, al comma undicesimo, che il Presidente della Repubblica può, con proprio decreto, concedere grazia e commutare le pene. Si tratta di un istituto clemenziale di antichissima origine che estingue, in tutto o in parte, la pena inflitta con la sentenza irrevocabile o la trasforma in un'altra specie di pena prevista dalla legge (ad esempio la reclusione temporanea al posto dell’ergastolo o la multa al posto della reclusione). La grazia estingue anche le pene accessorie, se il decreto lo dispone espressamente; non estingue invece gli altri effetti penali della condanna (art. 174 c.p.). Ai sensi dell’art. 681 del codice di procedura penale può essere sottoposta a condizioni.
Il procedimento di concessione della grazia è disciplinato dall’art. 681 del codice di procedura penale. La domanda di grazia è diretta al Presidente della Repubblica e va presentata al Ministro della Giustizia. È sottoscritta dal condannato, da un suo prossimo congiunto, dal convivente, dal tutore o curatore, oppure da un avvocato. Se il condannato è detenuto o internato, la domanda può essere però direttamente presentata anche al magistrato di sorveglianza. Il presidente del consiglio di disciplina dell’istituto penitenziario può proporre, a titolo di ricompensa, la grazia a favore del detenuto che si è distinto per comportamenti particolarmente meritevoli.
Sulla domanda o sulla proposta di grazia esprime il proprio parere il Procuratore generale presso la Corte di Appello o, se il condannato è detenuto, il Magistrato di sorveglianza. A tal fine, essi acquisiscono ogni utile informazione relativa, tra l’altro, alla posizione giuridica del condannato, all’intervenuto perdono delle persone danneggiate dal reato, ai dati conoscitivi forniti dalle Forze di Polizia, alle valutazioni dei responsabili degli Istituti penitenziari …. Acquisiti i pareri, il Ministro trasmette la domanda o la proposta di grazia, corredata dagli atti dell’istruttoria, al Capo dello Stato, accompagnandola con il proprio “avviso”, favorevole o contrario alla concessione del beneficio. Come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 200 del 2006, al Capo dello Stato compete la decisione finale. L’art. 681 del codice di procedura penale prevede anche che la grazia possa essere concessa di ufficio e cioè in assenza di domanda e proposta, ma sempre dopo che è stata compiuta l’istruttoria.
Se il Presidente della Repubblica concede la grazia, il pubblico ministero competente ne cura l’esecuzione, ordinando, se del caso, la liberazione del condannato.
Le indicazioni della sentenza 200/2006 e le iniziative del Presidente Napolitano
Il 18 maggio 2006, la Corte costituzionale depositò la sentenza n. 200 sul potere di grazia e affermò, nella sostanza, che il Capo dello Stato ne era titolare non solo formale.
Lo stesso 18 maggio, e a tre giorni dal suo insediamento, il Presidente Napolitano comunicò la sua intenzione di istituire un Ufficio deputato (l’Ufficio per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia), tra l’altro, alla trattazione delle pratiche di grazia e di commutazione delle pene: una trattazione che, sulla base delle conclusioni prese dalla sentenza, si poteva prevedere particolarmente delicata e complessa anche sotto l’aspetto delle prassi organizzative da individuare e delle procedure da seguire.
Con la sentenza 200/2006, infatti, la Corte costituzionale ha risolto il conflitto di attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nei confronti del Ministro della giustizia Roberto Castelli in relazione alla titolarità del potere di grazia. Nella sentenza si legge che l'esercizio del potere di grazia risponde a finalità essenzialmente umanitarie e serve “a temperare il rigorismo dell'applicazione pura e semplice della legge penale favorendo l'emenda del reo e il suo reinserimento nel tessuto sociale”. Nella sentenza, la Corte sottolinea anche che l’istituto della grazia ha ora perso le connotazioni legate a “fini di politica penitenziaria” e ha recuperato la funzione di strumento destinato a soddisfare solo straordinarie esigenze umanitarie. Da ciò si deduce la necessità di riconoscere che, nell'esercizio del potere di clemenza individuale, il Capo dello Stato ha potestà decisionale perché organo super partes e “rappresentante dell'unità nazionale”, estraneo al “circuito” dell'indirizzo politico-governativo.
Nella sentenza, la Corte ha inoltre chiarito che spetta al Ministro svolgere l’attività istruttoria e comunicarne gli esiti al Capo dello Stato con le sue “proposte”. Se il Capo dello Stato non condivide le valutazioni contrarie del Ministro, “adotta direttamente il decreto concessorio esternando nell’atto le ragioni per le quali ritiene di dovere concedere egualmente la grazia, malgrado il dissenso espresso dal Ministro”
La esclusione del carattere “duale” del potere di grazia ha indotto a individuare nuove procedure idonee ad agevolare l’esercizio dei poteri-doveri che, nella materia, la Corte ha attribuito al Capo dello Stato e al Ministro. Negli oltre quattro anni decorsi dalla sentenza della Corte (e durante i quali si sono succeduti tre Ministri della Giustizia e due Ministri della Difesa) la cooperazione tra le strutture ministeriali e quelle della Presidenza della Repubblica è stata piena e leale. Grazie a essa si è pervenuti alla elaborazione di prassi condivise tese a sviluppare in modo sistematico i principi enucleabili dalla sentenza 200/2006.
Per la Presidenza della Repubblica, dunque, il primo effetto “organizzativo” determinato dalla sentenza è stato quello della costituzione di un apposito Ufficio cui è stata affidata sia la trattazione delle pratiche relative alla concessione delle grazie e alla commutazione delle pene sia la trattazione di tutti gli altri affari in materia di giustizia connessi alle competenze del Capo dello Stato.
Il 18 maggio 2006, la Corte costituzionale depositò la sentenza n. 200 sul potere di grazia e affermò, nella sostanza, che il Capo dello Stato ne era titolare non solo formale.
Lo stesso 18 maggio, e a tre giorni dal suo insediamento, il Presidente Napolitano comunicò la sua intenzione di istituire un Ufficio deputato (l’Ufficio per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia), tra l’altro, alla trattazione delle pratiche di grazia e di commutazione delle pene: una trattazione che, sulla base delle conclusioni prese dalla sentenza, si poteva prevedere particolarmente delicata e complessa anche sotto l’aspetto delle prassi organizzative da individuare e delle procedure da seguire.
Con la sentenza 200/2006, infatti, la Corte costituzionale ha risolto il conflitto di attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nei confronti del Ministro della giustizia Roberto Castelli in relazione alla titolarità del potere di grazia. Nella sentenza si legge che l'esercizio del potere di grazia risponde a finalità essenzialmente umanitarie e serve “a temperare il rigorismo dell'applicazione pura e semplice della legge penale favorendo l'emenda del reo e il suo reinserimento nel tessuto sociale”. Nella sentenza, la Corte sottolinea anche che l’istituto della grazia ha ora perso le connotazioni legate a “fini di politica penitenziaria” e ha recuperato la funzione di strumento destinato a soddisfare solo straordinarie esigenze umanitarie. Da ciò si deduce la necessità di riconoscere che, nell'esercizio del potere di clemenza individuale, il Capo dello Stato ha potestà decisionale perché organo super partes e “rappresentante dell'unità nazionale”, estraneo al “circuito” dell'indirizzo politico-governativo.
Nella sentenza, la Corte ha inoltre chiarito che spetta al Ministro svolgere l’attività istruttoria e comunicarne gli esiti al Capo dello Stato con le sue “proposte”. Se il Capo dello Stato non condivide le valutazioni contrarie del Ministro, “adotta direttamente il decreto concessorio esternando nell’atto le ragioni per le quali ritiene di dovere concedere egualmente la grazia, malgrado il dissenso espresso dal Ministro”
La esclusione del carattere “duale” del potere di grazia ha indotto a individuare nuove procedure idonee ad agevolare l’esercizio dei poteri-doveri che, nella materia, la Corte ha attribuito al Capo dello Stato e al Ministro. Negli oltre quattro anni decorsi dalla sentenza della Corte (e durante i quali si sono succeduti tre Ministri della Giustizia e due Ministri della Difesa) la cooperazione tra le strutture ministeriali e quelle della Presidenza della Repubblica è stata piena e leale. Grazie a essa si è pervenuti alla elaborazione di prassi condivise tese a sviluppare in modo sistematico i principi enucleabili dalla sentenza 200/2006.
Per la Presidenza della Repubblica, dunque, il primo effetto “organizzativo” determinato dalla sentenza è stato quello della costituzione di un apposito Ufficio cui è stata affidata sia la trattazione delle pratiche relative alla concessione delle grazie e alla commutazione delle pene sia la trattazione di tutti gli altri affari in materia di giustizia connessi alle competenze del Capo dello Stato.
La costituzione dell’Ufficio per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia e la organizzazione del Comparto Grazie
L’Ufficio per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia è stato istituito dal Presidente Napolitano con decreto del 31 maggio 2006 (art. 10 - bis D.P. 26 luglio 2005, n. 60/N introdotto dal D.P. 1/N del 2006). A esso, è affidato il compito di curare i rapporti con il Consiglio Superiore della Magistratura e di trattare le pratiche relative all’amministrazione della giustizia e alla concessione delle grazie nonché, infine, di svolgere attività istruttoria - in collegamento con l’Ufficio per gli Affari Giuridici e le Relazioni Costituzionali della Presidenza - sui disegni di legge da autorizzare, sulle leggi da promulgare e sui decreti da emanare in materia di giustizia.
L’Ufficio, che è diretto dal Consigliere del Presidente della Repubblica per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia, si articola in quattro settori: Comparto Rapporti con il Consiglio Superiore della Magistratura, Comparto Istanze dei cittadini in materia di giustizia, Comparto Grazie, Comparto Normativo. A questo ultimo, è affidato il compito di esaminare i provvedimenti legislativi o regolamentari fin dal loro annuncio di presentazione e di seguirne l’iter di approvazione.
Al Comparto Grazie1 sono affidati, in particolare, i compiti appresso elencati:
esame sia delle domande (o proposte: art. 681 comma 3 c.p.p.) di grazia o commutazione delle pene pervenute al Capo dello Stato sia delle comunicazioni che il Ministero competente (Difesa o Giustizia) invia alla Presidenza della Repubblica in relazione a quelle che a esso sono state presentate
ricerca di eventuali precedenti e fascicolazione delle pratiche
trasmissione al Ministero competente delle domande o proposte pervenute al Capo dello Stato, perché di esse si avvii la istruttoria
richiesta al Ministero di assicurare priorità alla istruttoria di domande o proposte che prospettano situazioni obiettivamente meritevoli di trattazione urgente
richiesta di notizie al Ministero sullo stato della istruttoria quando sono decorsi otto mesi dalla trasmissione della domanda o proposta
esame e valutazione delle “proposte” formulate dal Ministro all’esito della istruttoria ed eventuale richiesta di integrazioni
predisposizione della Relazione da inviarsi al Capo dello Stato per le sue determinazioni
comunicazione al Ministero delle determinazioni del Capo dello Stato
tenuta e aggiornamento dell’archivio (cartaceo e informatico) con elaborazione ed esame dei dati sul numero e le tipologie delle determinazioni del Capo dello Stato
studio delle problematiche attinenti all’istituto della grazia e, in rapporto con gli uffici ministeriali, individuazione di prassi che consentano la tempestiva definizione delle pratiche e il rispetto delle esigenze di riservatezza e trasparenza2.
Il direttore dell’Ufficio provvede alla stesura definitiva della Relazione da rimettere al Capo dello Stato per le sue determinazioni. La relazione sintetizza le informazioni desumibili dalla domanda oppure dalla proposta di grazia o di commutazione delle pene, dalla istruttoria svolta e dalla “proposta” del Ministro3 . Nella sua parte finale, la Relazione riporta le valutazioni dell’Ufficio sulla opportunità di concedere, rigettare o archiviare la richiesta dell’atto di clemenza. In genere, la Relazione contiene:
la indicazione della data di presentazione della domanda o proposta e delle generalità del condannato
la descrizione dei motivi posti a sostegno della domanda o proposta
gli estremi della condanna, i reati per i quali è stata pronunciata e lo stato della esecuzione (con indicazione degli eventuali benefici penitenziari concessi)
il tenore del parere del magistrato di sorveglianza e delle osservazioni del procuratore generale presso la corte di appello oltre che delle considerazioni espresse dalle autorità di polizia e, quando del caso, dalle persone offese o danneggiate dal reato
eventuali altre emergenze di rilievo
le conclusioni prese dal Ministro e le ragioni poste a sostegno della sua “proposta”
le valutazioni dell’Ufficio.
La Relazione è redatta in forma semplificata quando la richiesta di clemenza è priva dei presupposti di ammissibilità.
Le determinazioni del Capo dello Stato sono apposte in calce alla Relazione che viene con esse custodita nel fascicolo relativo alla pratica di grazia o commutazione delle pene presente in archivio. Delle determinazioni è data notizia al Capo di Gabinetto del Ministro competente anche per i conseguenti adempimenti4.
Se il Capo dello Stato ritiene di concedere la grazia o di commutare la pena, gli uffici ministeriali predispongono lo schema del relativo decreto. Il decreto è adottato dal Capo dello Stato e trasmesso al Ministro per la controfirma e la esecuzione5.
Se il Capo dello Stato ritiene che non ricorrano i presupposti di merito richiesti per la concessione del provvedimento di clemenza oppure che la domanda o la proposta non può essere accolta per difetto di alcuno dei suoi presupposti di ammissibilità, ne dispone – rispettivamente – il rigetto o l’archiviazione (c.d. “messa agli atti”).
Tra le cause di archiviazione rientrano ad esempio, la rinuncia alla domanda di clemenza, la sopravvenuta morte dell’interessato, la circostanza che la domanda è stata presentata in relazione a detenzioni cautelari, a condanne non definitive, a misure di sicurezza o di prevenzione personale. Tra le cause di archiviazione rientrano anche la sopravvenuta carenza di interesse (come accade quando la pena detentiva è stata espiata - anche per effetto dell’indulto - oppure quando è avvenuto il pagamento della pena pecuniaria).
In applicazione dei principi enunciati dalla Corte costituzionale, si ritiene che il provvedimento di clemenza individuale non possa mai risolversi in un improprio rimedio volto a sindacare la correttezza della decisione del giudice, ma, in presenza di eccezionali esigenze umanitarie, possa invece mitigare o elidere il trattamento sanzionatorio da essa fissato. A seguito di rigorosi e approfonditi accertamenti, la grazia viene perciò concessa solo quando il senso di umanità cui le pene debbono ispirarsi - sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali della persona e sotto quello della emenda - non può essere garantito ricorrendo agli strumenti ordinari apprestati dal sistema penale e dall’ordinamento penitenziario (artt. 2 e 27 comma 3 della Costituzione)6 7.
Ogni decisione sul merito è adottata dopo aver valutato:
la peculiarità umanitaria che il caso presenta (ad esempio, per la risalenza nel tempo del delitto commesso, per la età e incensuratezza del suo autore, per il contesto - “storico”, personale, familiare, - in cui si è verificato …)
il periodo di pena espiato e la fruizione eventuale di benefici penali o penitenziari.
l’assenza di elementi dai quali dedurre l’attuale pericolosità del condannato
gli esiti del processo rieducativo e, specie per le domande di grazia relative a pene accessorie, l’intervenuto reinserimento sociale del condannato
la condotta inframuraria tenuta
le osservazioni delle vittime del reato o, in caso di loro morte, dei loro familiari
la incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con lo stato detentivo e la inattitudine a fronteggiarne la precarietà con i benefici ordinari (penali e penitenziari).
1Al Comparto Grazie è attualmente preposto un magistrato ordinario collocato fuori del ruolo organico della magistratura, coadiuvato da tre unità di personale amministrativo.
2Alle unità di personale non addette al Comparto Grazie è fatto divieto di accedere ai dati e alle informazioni sulle pratiche di grazie, anche se definite, salvo che l’accesso sia autorizzato dal direttore dell’Ufficio o dal responsabile del Comparto. Se richiesto, il personale del Comparto può fornire notizie, relativamente alla sola fase in cui si trova il procedimento, all’interessato o al soggetto legittimato che ha presentato la domanda o la proposta. Anche al personale del Comparto è però fatto divieto di fornire notizie su ogni altro dato o informazione presente nell’archivio e, in particolare, sui contenuti della istruttoria ministeriale, delle eventuali integrazioni richieste dall’Ufficio, della “proposta” del Ministro e delle determinazioni del Capo dello Stato. I dati e le notizie sulle pratiche di grazia sono immessi nel sistema informatico della Presidenza della Repubblica secondo procedure che ne garantiscono la riservatezza.
3Le risultanze della istruttoria sono allegate dalle strutture ministeriali alla “proposta” del Ministro.
4Il principale adempimento a rilevanza esterna è quello della comunicazione - all’interessato o, quando del caso, al direttore dell’istituto penitenziario - del rigetto o archiviazione della domanda o proposta. In caso di concessione della grazia, il principale adempimento è ovviamente quello di provvedere per la esecuzione del decreto presidenziale.
5Le copie dei provvedimenti di clemenza individuale custoditi presso il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica non recano perciò la controfirma del Ministro.
6Quanto alle condanne a pene pecuniarie, si ritiene in via generale, che le “straordinarie esigenze umanitarie” sussistono solo quando il pagamento delle pene stesse ha una incidenza sulla situazione personale e familiare del condannato così immediata e assoluta da non poter essere fronteggiata ricorrendo all’istituto della rateizzazione. Va poi rilevato che, ferma la possibilità di rateizzazione della pena pecuniaria inflitta, la declaratoria di estinzione della pena detentiva conseguente all’affidamento in prova al servizio sociale non impedisce al tribunale di sorveglianza di dichiarare anche la estinzione della pena pecuniaria, una volta accertato che l’interessato si trova in disagiate condizioni economiche (Cass. 15184/2009 e Cass. 1375/2009).
7Come si deduce da quanto già esposto, la fruizione di benefici non è in sé ostativa alla concessione del provvedimento di clemenza specie nei casi in cui fatti sopravvenuti o la ricorrenza di situazioni eccezionali ne fanno emergere la inadeguatezza. Non si ritiene invece che la grazia e la commutazione delle pene possano essere concesse quando risulta pendente procedimento per la revisione della condanna; in questo caso, il provvedimento di clemenza si configurerebbe come un suppletivo grado di giudizio, escluso dalla sentenza 200/2006 della Corte costituzionale.
L’Ufficio per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia è stato istituito dal Presidente Napolitano con decreto del 31 maggio 2006 (art. 10 - bis D.P. 26 luglio 2005, n. 60/N introdotto dal D.P. 1/N del 2006). A esso, è affidato il compito di curare i rapporti con il Consiglio Superiore della Magistratura e di trattare le pratiche relative all’amministrazione della giustizia e alla concessione delle grazie nonché, infine, di svolgere attività istruttoria - in collegamento con l’Ufficio per gli Affari Giuridici e le Relazioni Costituzionali della Presidenza - sui disegni di legge da autorizzare, sulle leggi da promulgare e sui decreti da emanare in materia di giustizia.
L’Ufficio, che è diretto dal Consigliere del Presidente della Repubblica per gli Affari dell’Amministrazione della Giustizia, si articola in quattro settori: Comparto Rapporti con il Consiglio Superiore della Magistratura, Comparto Istanze dei cittadini in materia di giustizia, Comparto Grazie, Comparto Normativo. A questo ultimo, è affidato il compito di esaminare i provvedimenti legislativi o regolamentari fin dal loro annuncio di presentazione e di seguirne l’iter di approvazione.
Al Comparto Grazie1 sono affidati, in particolare, i compiti appresso elencati:
esame sia delle domande (o proposte: art. 681 comma 3 c.p.p.) di grazia o commutazione delle pene pervenute al Capo dello Stato sia delle comunicazioni che il Ministero competente (Difesa o Giustizia) invia alla Presidenza della Repubblica in relazione a quelle che a esso sono state presentate
ricerca di eventuali precedenti e fascicolazione delle pratiche
trasmissione al Ministero competente delle domande o proposte pervenute al Capo dello Stato, perché di esse si avvii la istruttoria
richiesta al Ministero di assicurare priorità alla istruttoria di domande o proposte che prospettano situazioni obiettivamente meritevoli di trattazione urgente
richiesta di notizie al Ministero sullo stato della istruttoria quando sono decorsi otto mesi dalla trasmissione della domanda o proposta
esame e valutazione delle “proposte” formulate dal Ministro all’esito della istruttoria ed eventuale richiesta di integrazioni
predisposizione della Relazione da inviarsi al Capo dello Stato per le sue determinazioni
comunicazione al Ministero delle determinazioni del Capo dello Stato
tenuta e aggiornamento dell’archivio (cartaceo e informatico) con elaborazione ed esame dei dati sul numero e le tipologie delle determinazioni del Capo dello Stato
studio delle problematiche attinenti all’istituto della grazia e, in rapporto con gli uffici ministeriali, individuazione di prassi che consentano la tempestiva definizione delle pratiche e il rispetto delle esigenze di riservatezza e trasparenza2.
Il direttore dell’Ufficio provvede alla stesura definitiva della Relazione da rimettere al Capo dello Stato per le sue determinazioni. La relazione sintetizza le informazioni desumibili dalla domanda oppure dalla proposta di grazia o di commutazione delle pene, dalla istruttoria svolta e dalla “proposta” del Ministro3 . Nella sua parte finale, la Relazione riporta le valutazioni dell’Ufficio sulla opportunità di concedere, rigettare o archiviare la richiesta dell’atto di clemenza. In genere, la Relazione contiene:
la indicazione della data di presentazione della domanda o proposta e delle generalità del condannato
la descrizione dei motivi posti a sostegno della domanda o proposta
gli estremi della condanna, i reati per i quali è stata pronunciata e lo stato della esecuzione (con indicazione degli eventuali benefici penitenziari concessi)
il tenore del parere del magistrato di sorveglianza e delle osservazioni del procuratore generale presso la corte di appello oltre che delle considerazioni espresse dalle autorità di polizia e, quando del caso, dalle persone offese o danneggiate dal reato
eventuali altre emergenze di rilievo
le conclusioni prese dal Ministro e le ragioni poste a sostegno della sua “proposta”
le valutazioni dell’Ufficio.
La Relazione è redatta in forma semplificata quando la richiesta di clemenza è priva dei presupposti di ammissibilità.
Le determinazioni del Capo dello Stato sono apposte in calce alla Relazione che viene con esse custodita nel fascicolo relativo alla pratica di grazia o commutazione delle pene presente in archivio. Delle determinazioni è data notizia al Capo di Gabinetto del Ministro competente anche per i conseguenti adempimenti4.
Se il Capo dello Stato ritiene di concedere la grazia o di commutare la pena, gli uffici ministeriali predispongono lo schema del relativo decreto. Il decreto è adottato dal Capo dello Stato e trasmesso al Ministro per la controfirma e la esecuzione5.
Se il Capo dello Stato ritiene che non ricorrano i presupposti di merito richiesti per la concessione del provvedimento di clemenza oppure che la domanda o la proposta non può essere accolta per difetto di alcuno dei suoi presupposti di ammissibilità, ne dispone – rispettivamente – il rigetto o l’archiviazione (c.d. “messa agli atti”).
Tra le cause di archiviazione rientrano ad esempio, la rinuncia alla domanda di clemenza, la sopravvenuta morte dell’interessato, la circostanza che la domanda è stata presentata in relazione a detenzioni cautelari, a condanne non definitive, a misure di sicurezza o di prevenzione personale. Tra le cause di archiviazione rientrano anche la sopravvenuta carenza di interesse (come accade quando la pena detentiva è stata espiata - anche per effetto dell’indulto - oppure quando è avvenuto il pagamento della pena pecuniaria).
In applicazione dei principi enunciati dalla Corte costituzionale, si ritiene che il provvedimento di clemenza individuale non possa mai risolversi in un improprio rimedio volto a sindacare la correttezza della decisione del giudice, ma, in presenza di eccezionali esigenze umanitarie, possa invece mitigare o elidere il trattamento sanzionatorio da essa fissato. A seguito di rigorosi e approfonditi accertamenti, la grazia viene perciò concessa solo quando il senso di umanità cui le pene debbono ispirarsi - sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali della persona e sotto quello della emenda - non può essere garantito ricorrendo agli strumenti ordinari apprestati dal sistema penale e dall’ordinamento penitenziario (artt. 2 e 27 comma 3 della Costituzione)6 7.
Ogni decisione sul merito è adottata dopo aver valutato:
la peculiarità umanitaria che il caso presenta (ad esempio, per la risalenza nel tempo del delitto commesso, per la età e incensuratezza del suo autore, per il contesto - “storico”, personale, familiare, - in cui si è verificato …)
il periodo di pena espiato e la fruizione eventuale di benefici penali o penitenziari.
l’assenza di elementi dai quali dedurre l’attuale pericolosità del condannato
gli esiti del processo rieducativo e, specie per le domande di grazia relative a pene accessorie, l’intervenuto reinserimento sociale del condannato
la condotta inframuraria tenuta
le osservazioni delle vittime del reato o, in caso di loro morte, dei loro familiari
la incompatibilità delle condizioni di salute del condannato con lo stato detentivo e la inattitudine a fronteggiarne la precarietà con i benefici ordinari (penali e penitenziari).
1Al Comparto Grazie è attualmente preposto un magistrato ordinario collocato fuori del ruolo organico della magistratura, coadiuvato da tre unità di personale amministrativo.
2Alle unità di personale non addette al Comparto Grazie è fatto divieto di accedere ai dati e alle informazioni sulle pratiche di grazie, anche se definite, salvo che l’accesso sia autorizzato dal direttore dell’Ufficio o dal responsabile del Comparto. Se richiesto, il personale del Comparto può fornire notizie, relativamente alla sola fase in cui si trova il procedimento, all’interessato o al soggetto legittimato che ha presentato la domanda o la proposta. Anche al personale del Comparto è però fatto divieto di fornire notizie su ogni altro dato o informazione presente nell’archivio e, in particolare, sui contenuti della istruttoria ministeriale, delle eventuali integrazioni richieste dall’Ufficio, della “proposta” del Ministro e delle determinazioni del Capo dello Stato. I dati e le notizie sulle pratiche di grazia sono immessi nel sistema informatico della Presidenza della Repubblica secondo procedure che ne garantiscono la riservatezza.
3Le risultanze della istruttoria sono allegate dalle strutture ministeriali alla “proposta” del Ministro.
4Il principale adempimento a rilevanza esterna è quello della comunicazione - all’interessato o, quando del caso, al direttore dell’istituto penitenziario - del rigetto o archiviazione della domanda o proposta. In caso di concessione della grazia, il principale adempimento è ovviamente quello di provvedere per la esecuzione del decreto presidenziale.
5Le copie dei provvedimenti di clemenza individuale custoditi presso il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica non recano perciò la controfirma del Ministro.
6Quanto alle condanne a pene pecuniarie, si ritiene in via generale, che le “straordinarie esigenze umanitarie” sussistono solo quando il pagamento delle pene stesse ha una incidenza sulla situazione personale e familiare del condannato così immediata e assoluta da non poter essere fronteggiata ricorrendo all’istituto della rateizzazione. Va poi rilevato che, ferma la possibilità di rateizzazione della pena pecuniaria inflitta, la declaratoria di estinzione della pena detentiva conseguente all’affidamento in prova al servizio sociale non impedisce al tribunale di sorveglianza di dichiarare anche la estinzione della pena pecuniaria, una volta accertato che l’interessato si trova in disagiate condizioni economiche (Cass. 15184/2009 e Cass. 1375/2009).
7Come si deduce da quanto già esposto, la fruizione di benefici non è in sé ostativa alla concessione del provvedimento di clemenza specie nei casi in cui fatti sopravvenuti o la ricorrenza di situazioni eccezionali ne fanno emergere la inadeguatezza. Non si ritiene invece che la grazia e la commutazione delle pene possano essere concesse quando risulta pendente procedimento per la revisione della condanna; in questo caso, il provvedimento di clemenza si configurerebbe come un suppletivo grado di giudizio, escluso dalla sentenza 200/2006 della Corte costituzionale.
I provvedimenti di clemenza individuale e le pratiche di grazia dal 15 maggio 2006
Dal suo insediamento (15 maggio 2006), il Presidente Napolitano ha adottato 16 provvedimenti di clemenza individuale. Di essi, 6 sono stati emessi nel primo anno del settennato; 7 nel secondo; 2 nel terzo; 1 nel quarto1 . Si è trattato di 4 decreti di grazia per pene detentive temporanee; 1 decreto di grazia per pena detentiva temporanea e la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici; 10 decreti di grazia per la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici; 1 decreto di grazia per pena detentiva temporanea (reclusione militare) relativa a reato militare (diserzione) ( tabelle 1 e 2 e grafico 3). Non è stato dunque emesso alcun decreto di grazia per condannati all’ergastolo. Non sono stati poi emessi decreti di commutazione di pena e decreti di grazia relativi esclusivamente a pene pecuniarie. Non sono state infine concesse grazie parziali (anche a ragione della concessione dell’indulto: L. 31 luglio 2006, n. 241)2 .
Nessuno dei provvedimenti di grazia è stato adottato su difforme avviso del Ministro competente e solo in tre casi il Capo dello Stato ha ritenuto di non dover concedere la grazia pur se il Ministro aveva espresso avviso favorevole3 4 . Cinque decreti sono stati emessi in assenza di domanda o proposta. Quattro di essi per la sola pena accessoria; uno per la pena detentiva temporanea e per la pena accessoria5 .
Al 15 maggio 2010 (vale a dire, decorsi quattro anni dall’insediamento del Presidente Napolitano), i provvedimenti di clemenza individuali dei Capi dello Stato risultano essere 42.267 di cui (almeno) 3.610 per reati militari. Il dato non è mutato.
Dal 15 maggio 2006 al 30 novembre 2010, sono state sottoposte all’attenzione del Presidente Napolitano sia le pratiche che hanno dato luogo all’adozione dei 16 provvedimenti di grazia sia altre 1533 domande o proposte di grazia oppure di commutazione di pene. Di esse 898 sono state rigettate (5 per reati militari) e 635 archiviate o “poste agli atti” (1 per reato militare)6 . Nel primo anno del settennato ne sono state rigettate o poste agli atti 294; nel secondo, 325; nel terzo, 288; nel quarto, 366. Ulteriori 260 domande o proposte sono state rigettate o poste agli atti dal 16 maggio 2010 al 30 novembre 2010 ( tabelle 3 - 4 , grafico 3 e grafico4).
In 104 ulteriori casi, l’archiviazione della pratica è stata disposta direttamente dall’Ufficio. E’ accaduto quando la domanda di clemenza era palesemente priva dei requisiti che potevano consentirne la trattazione (per esemplificare, domande provenienti da soggetti non legittimati, domande prive di sottoscrizione, domande del tutto generiche la cui finalità non è stata chiarita dall’interessato pur dopo sollecitazione da parte dell’Ufficio).
Durante la Presidenza Napolitano, quindi, sono state a oggi trattate e definite n. 1.653 pratiche di grazia o commutazione di pena ( grafico 2).
1Se si fa riferimento all’anno solare, 6 provvedimenti sono stati emessi nel 2006; 7 nel 2007; 3 nel 2009. Nessun provvedimento è stato emesso nel 2008 e fino al 31 ottobre 2010.
2La concessione dell’indulto (nella misura di tre anni di pena detentiva) ha inciso in modo significativo sulle determinazioni del Capo dello Stato. In 481 casi (vale a dire, circa il 30% dei casi sottoposti all’attenzione dell’Ufficio), le domande di grazia non sono state esaminate nel merito, ma archiviate (“poste agli atti”) in quanto la esecuzione della pena era cessata a segiuto dell’applicazione dell’indulto (in 269 casi) oppure “anche” in applicazione di esso (in 212 casi). Inoltre, l’indulto ha esercitato, in via generale, la stessa funzione individualizzante solitamente rimessa alle grazie parziali. Da qui, l’assenza finora di quelle grazie parziali alle quali, nel precedente settennato, il Presidente Ciampi aveva invece fatto ricorso in ben 25 casi (sui complessivi 72 provvedimenti di clemenza adottati), quasi sempre per “ridurre” la pena del periodo necessario a consentire al giudice di sorveglianza di applicare al condannato benefici penitenziari. Può infine rilevarsi che la L. 241/2006 ha escluso la possibilità di concedere l’indulto ai condannati per i delitti più odiosi e di grande criminalità. Proprio da tali condannati – come da quelli sulla cui lunga carcerazione l’indulto non aveva influito in modo determinante – è stato presentato l’83% delle domande di grazia (si veda anche la nota n. 6).
3Il 31 maggio 2006, a poco più di dieci giorni dal deposito della sentenza 200/2006 della Corte costituzionale (18 maggio 2010), il Ministro della Giustizia, trasmise il decreto di grazia in favore di Ovidio Bompressi, non ribadì il dissenso espresso dal suo predecessore e non evidenziò altre ragioni di legittimità o di merito che, a suo parere, si opponevano alla concessione della grazia. Rese, invece dichiarazioni pubbliche favorevoli alla clemenza. Non essendo pervenute motivate valutazioni ministeriali contrarie all’adozione del provvedimento di grazia, il Capo dello Stato adottò direttamente il decreto concessorio senza esternare nell’atto le ragioni di esso, come la Corte costituzionale afferma debba all’inverso avvenire in caso di dissenso espresso dal Ministro.
4Da ciò si desume, sotto altro aspetto, che in 1530 dei 1533 casi sottoposti al suo esame, le determinazioni contrarie alla clemenza del Capo dello Stato hanno coinciso con l’avviso contrario espresso dal Ministro competente.
5I cinque decreti furono emessi nel luglio 2007 nei confronti di cittadini austriaci che in epoca risalente - anni ’60 (generalmente 1963-1968) -, in giovane età e senza essere gravati da precedenti., erano stati autori di attentati terroristici. Per tre di loro le pene detentive temporanee erano state dichiarate prescritte nel 2002; per uno nel 2005. Per uno di loro, infine, la pena detentiva temporanea (reclusione) si sarebbe comunque prescritta appena cinque mesi dopo. Per tutti non sussistevano poi elementi dai quali dedurre l’attuale pericolosità. Nella occasione, il Presidente Napolitano ritenne di non concedere la grazia ad altri tre cittadini austriaci condannati all’ergastolo (e non alla sola reclusione) perché autori, nello stesso periodo, di attentati che avevano avuto la stessa finalità, ma che, a differenza degli altri, avevano cagionato la morte di una o più persone.
6La massima parte (attorno all’83%) delle domande o proposte di grazia (anche per pene accessorie) ha riguardato persone già condannate (avendo riferimento al delitto più grave addebitato) per delitti di omicidio volontario (attorno al 36%), di mafia (attorno all’10%), di traffico di stupefacenti (attorno al 21 %), di violenza sessuale aggravata (attorno al 10%), di sequestro di persona a scopo di estorsione (attorno al 6%). Poco più del 14% delle domande o proposte ha invece riguardato persone già condannate (nella gran parte plurirecidive) per altri delitti contro il patrimonio (rapina, estorsione, usura nonché furto, ricettazione, truffa). Le restanti richieste hanno infine prevalentemente riguardato persone già condannate per delitti come la strage, il procacciamento di notizie sulla sicurezza dello Stato, il peculato, la bancarotta fraudolenta.
Dal suo insediamento (15 maggio 2006), il Presidente Napolitano ha adottato 16 provvedimenti di clemenza individuale. Di essi, 6 sono stati emessi nel primo anno del settennato; 7 nel secondo; 2 nel terzo; 1 nel quarto1 . Si è trattato di 4 decreti di grazia per pene detentive temporanee; 1 decreto di grazia per pena detentiva temporanea e la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici; 10 decreti di grazia per la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici; 1 decreto di grazia per pena detentiva temporanea (reclusione militare) relativa a reato militare (diserzione) ( tabelle 1 e 2 e grafico 3). Non è stato dunque emesso alcun decreto di grazia per condannati all’ergastolo. Non sono stati poi emessi decreti di commutazione di pena e decreti di grazia relativi esclusivamente a pene pecuniarie. Non sono state infine concesse grazie parziali (anche a ragione della concessione dell’indulto: L. 31 luglio 2006, n. 241)2 .
Nessuno dei provvedimenti di grazia è stato adottato su difforme avviso del Ministro competente e solo in tre casi il Capo dello Stato ha ritenuto di non dover concedere la grazia pur se il Ministro aveva espresso avviso favorevole3 4 . Cinque decreti sono stati emessi in assenza di domanda o proposta. Quattro di essi per la sola pena accessoria; uno per la pena detentiva temporanea e per la pena accessoria5 .
Al 15 maggio 2010 (vale a dire, decorsi quattro anni dall’insediamento del Presidente Napolitano), i provvedimenti di clemenza individuali dei Capi dello Stato risultano essere 42.267 di cui (almeno) 3.610 per reati militari. Il dato non è mutato.
Dal 15 maggio 2006 al 30 novembre 2010, sono state sottoposte all’attenzione del Presidente Napolitano sia le pratiche che hanno dato luogo all’adozione dei 16 provvedimenti di grazia sia altre 1533 domande o proposte di grazia oppure di commutazione di pene. Di esse 898 sono state rigettate (5 per reati militari) e 635 archiviate o “poste agli atti” (1 per reato militare)6 . Nel primo anno del settennato ne sono state rigettate o poste agli atti 294; nel secondo, 325; nel terzo, 288; nel quarto, 366. Ulteriori 260 domande o proposte sono state rigettate o poste agli atti dal 16 maggio 2010 al 30 novembre 2010 ( tabelle 3 - 4 , grafico 3 e grafico4).
In 104 ulteriori casi, l’archiviazione della pratica è stata disposta direttamente dall’Ufficio. E’ accaduto quando la domanda di clemenza era palesemente priva dei requisiti che potevano consentirne la trattazione (per esemplificare, domande provenienti da soggetti non legittimati, domande prive di sottoscrizione, domande del tutto generiche la cui finalità non è stata chiarita dall’interessato pur dopo sollecitazione da parte dell’Ufficio).
Durante la Presidenza Napolitano, quindi, sono state a oggi trattate e definite n. 1.653 pratiche di grazia o commutazione di pena ( grafico 2).
1Se si fa riferimento all’anno solare, 6 provvedimenti sono stati emessi nel 2006; 7 nel 2007; 3 nel 2009. Nessun provvedimento è stato emesso nel 2008 e fino al 31 ottobre 2010.
2La concessione dell’indulto (nella misura di tre anni di pena detentiva) ha inciso in modo significativo sulle determinazioni del Capo dello Stato. In 481 casi (vale a dire, circa il 30% dei casi sottoposti all’attenzione dell’Ufficio), le domande di grazia non sono state esaminate nel merito, ma archiviate (“poste agli atti”) in quanto la esecuzione della pena era cessata a segiuto dell’applicazione dell’indulto (in 269 casi) oppure “anche” in applicazione di esso (in 212 casi). Inoltre, l’indulto ha esercitato, in via generale, la stessa funzione individualizzante solitamente rimessa alle grazie parziali. Da qui, l’assenza finora di quelle grazie parziali alle quali, nel precedente settennato, il Presidente Ciampi aveva invece fatto ricorso in ben 25 casi (sui complessivi 72 provvedimenti di clemenza adottati), quasi sempre per “ridurre” la pena del periodo necessario a consentire al giudice di sorveglianza di applicare al condannato benefici penitenziari. Può infine rilevarsi che la L. 241/2006 ha escluso la possibilità di concedere l’indulto ai condannati per i delitti più odiosi e di grande criminalità. Proprio da tali condannati – come da quelli sulla cui lunga carcerazione l’indulto non aveva influito in modo determinante – è stato presentato l’83% delle domande di grazia (si veda anche la nota n. 6).
3Il 31 maggio 2006, a poco più di dieci giorni dal deposito della sentenza 200/2006 della Corte costituzionale (18 maggio 2010), il Ministro della Giustizia, trasmise il decreto di grazia in favore di Ovidio Bompressi, non ribadì il dissenso espresso dal suo predecessore e non evidenziò altre ragioni di legittimità o di merito che, a suo parere, si opponevano alla concessione della grazia. Rese, invece dichiarazioni pubbliche favorevoli alla clemenza. Non essendo pervenute motivate valutazioni ministeriali contrarie all’adozione del provvedimento di grazia, il Capo dello Stato adottò direttamente il decreto concessorio senza esternare nell’atto le ragioni di esso, come la Corte costituzionale afferma debba all’inverso avvenire in caso di dissenso espresso dal Ministro.
4Da ciò si desume, sotto altro aspetto, che in 1530 dei 1533 casi sottoposti al suo esame, le determinazioni contrarie alla clemenza del Capo dello Stato hanno coinciso con l’avviso contrario espresso dal Ministro competente.
5I cinque decreti furono emessi nel luglio 2007 nei confronti di cittadini austriaci che in epoca risalente - anni ’60 (generalmente 1963-1968) -, in giovane età e senza essere gravati da precedenti., erano stati autori di attentati terroristici. Per tre di loro le pene detentive temporanee erano state dichiarate prescritte nel 2002; per uno nel 2005. Per uno di loro, infine, la pena detentiva temporanea (reclusione) si sarebbe comunque prescritta appena cinque mesi dopo. Per tutti non sussistevano poi elementi dai quali dedurre l’attuale pericolosità. Nella occasione, il Presidente Napolitano ritenne di non concedere la grazia ad altri tre cittadini austriaci condannati all’ergastolo (e non alla sola reclusione) perché autori, nello stesso periodo, di attentati che avevano avuto la stessa finalità, ma che, a differenza degli altri, avevano cagionato la morte di una o più persone.
6La massima parte (attorno all’83%) delle domande o proposte di grazia (anche per pene accessorie) ha riguardato persone già condannate (avendo riferimento al delitto più grave addebitato) per delitti di omicidio volontario (attorno al 36%), di mafia (attorno all’10%), di traffico di stupefacenti (attorno al 21 %), di violenza sessuale aggravata (attorno al 10%), di sequestro di persona a scopo di estorsione (attorno al 6%). Poco più del 14% delle domande o proposte ha invece riguardato persone già condannate (nella gran parte plurirecidive) per altri delitti contro il patrimonio (rapina, estorsione, usura nonché furto, ricettazione, truffa). Le restanti richieste hanno infine prevalentemente riguardato persone già condannate per delitti come la strage, il procacciamento di notizie sulla sicurezza dello Stato, il peculato, la bancarotta fraudolenta.
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I dati numerici dei provvedimenti di clemenza individuale adottati dai Capi dello Stato fino al 14 maggio 2006
Si riportano i dati numerici – basati sulla documentazione custodita nell’Archivio storico – relativi ai destinatari di decreti di grazia e commutazione delle pene nelle Presidenze precedenti
Einaudi (dal 12 maggio 1948), n. 15.5787
Gronchi (dall’11 maggio 1955), n. 7.4238
Segni/Merzagora (dall’11 maggio 1962, Presidente Segni; dal 10 agosto 1964 al 6 dicembre 1964, Presidente supplente Merzagora), n. 926
Saragat (dal 29 dicembre 1964), n. 2.925
Leone (dal 29 dicembre 1971), n. 7.498 (7.373 per reati comuni e 125 per reati militari)
Pertini (dal 9 luglio 1978), n. 6.095 (2.805 per reati comuni e 3.290 per reati militari)
Cossiga (dal 3 luglio 1985), n. 1.395 (1.240 per reati comuni e 155 per reati militari)
Scàlfaro (dal 28 maggio 1992), n. 339 (302 per reati comuni e 37 per reati militari)
Ciampi (dal 18 maggio 1999), n. 72 (70 per reati comuni e 2 per reati militari).8
Al 15 maggio 2006, data di insediamento del Presidente Napolitano, i provvedimenti di clemenza individuale erano stati dunque 42.251 di cui (almeno) 3.609 per reati militari (grafico 4).
Si riportano i dati numerici – basati sulla documentazione custodita nell’Archivio storico – relativi ai destinatari di decreti di grazia e commutazione delle pene nelle Presidenze precedenti
Einaudi (dal 12 maggio 1948), n. 15.5787
Gronchi (dall’11 maggio 1955), n. 7.4238
Segni/Merzagora (dall’11 maggio 1962, Presidente Segni; dal 10 agosto 1964 al 6 dicembre 1964, Presidente supplente Merzagora), n. 926
Saragat (dal 29 dicembre 1964), n. 2.925
Leone (dal 29 dicembre 1971), n. 7.498 (7.373 per reati comuni e 125 per reati militari)
Pertini (dal 9 luglio 1978), n. 6.095 (2.805 per reati comuni e 3.290 per reati militari)
Cossiga (dal 3 luglio 1985), n. 1.395 (1.240 per reati comuni e 155 per reati militari)
Scàlfaro (dal 28 maggio 1992), n. 339 (302 per reati comuni e 37 per reati militari)
Ciampi (dal 18 maggio 1999), n. 72 (70 per reati comuni e 2 per reati militari).8
Al 15 maggio 2006, data di insediamento del Presidente Napolitano, i provvedimenti di clemenza individuale erano stati dunque 42.251 di cui (almeno) 3.609 per reati militari (grafico 4).
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7La clemenza fu concessa dal Presidente Einaudi con 479 decreti cumulativi riferibili complessivamente a 15.578 persone. Inizialmente, anche il Presidente Gronchi concesse clemenza con decreti cumulativi. Si trattò di 659 decreti riferibili complessivamente a 4.730 persone. I decreti successivi furono invece individuali e si riferirono a 2.693 persone. Il conteggio è stato effettuato presso l’Archivio Storico dal Servizio Studi del Segretariato.
8Dai dati forniti dall’Archivio Storico, non risulta che grazie per reati militari siano state concesse dai Presidenti Einaudi, Gronchi, Segni, Saragat e dal Presidente supplente Merzagora.
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