L’Iran non cambia mai: impiccati sei dissidenti
Tratto dal sito web http://www.libero-news.it/articles/view/555502
Dopo le minacce, la repressione nelle piazze, gli arresti di massa, le torture, ora arrivano le impiccagioni. Il quotidiano israeliano Jerusalem Post riferisce che sei sostenitori del leader riformista Mir Hossein Mussavi sono stati giustiziati lunedì, nella città santa di Mashhad. Una notizia che, se verificata, indica un aumento della pressione repressiva nei confronti dei manifestanti. Sarebbero migliaia gli oppositori arrestati. Il regime invece parla di 1.032 persone fermate, quasi tutte rilasciate su cauzione. Mussavi chiede che questi «figli della rivoluzione» siano tutti liberati. Un mandato di cattura è stato spiccato anche contro Arash Hejazi, il medico iraniano riparato in Gran Bretagna dopo essere stato testimone dell'uccisione della donna simbolo delle proteste, Neda Aqa-Soltan, durante i disordini a Teheran.
Su Twitter
La protesta però non si ferma. Dalle pagine di Facebook del leader dell’opposizione, Mir-Hossein Mussavi, e della moglie Zahra, è apparso un appello allo sciopero generale per costringere il presidente Mahmud Ahmadinejad a prendere in considerazione le ragioni dell’opposizione. La notizia rimbalza su Twitter: «Sciopero generale in Iran dal 5 all'8 luglio». Paralizzare le attività economiche può essere un’arma efficace per rilanciare la lotta contro un regime tanto spietato quanto astuto nel nascondere le sue responsabilità e le sue reali intenzioni. Non è un caso se Ahmadinejad abbia deciso di disertare la scomoda ribalta del summit di Gheddafi in Libia dell’Unione africana. Per lanciare i suoi soliti proclami propagandistici ha preferito giocare in casa, dove ha ricevuto il ministro venezuelano dell’Energia Rafael Ramirez. Ha rivendicato la sua vittoria alle elezioni presidenziali in Iran come «una grande vittoria per il fronte imperialista», ha detto che «l'Iran e il Venezuela saranno fianco a fianco in modo deciso fino alla vittoria finale».
Parole di un presidente «illegittimo» secondo Mussavi e l’altro leader dell’opposizione, Mehdi Karrubi. Il principale partito riformista, Mosharekat, vicino all'ex presidente Mohammad Khatami, ha definito la consultazione del 12 giugno «un colpo di stato». Karrubi è andato oltre e ha anche lanciato implicite accuse alla Russia di avere addestrato le forze di sicurezza di Teheran che hanno represso le proteste e ha chiesto se l'Iran «sia diventata una delle ex repubbliche sovietiche».
Sul suo sito Karrubi ricorda che il presidente russo Dmitri Medevedev è stato, quattro giorni dopo le elezioni presidenziali, il primo leader mondiale a ricevere Ahmadinejad, che si è recato negli Urali per un vertice del Gruppo di Shanghai.
I legami con Mosca
L’ipotesi di Karrubi sembra confermata dai legami sempre più stretti fra Mosca e Teheran sul fronte nucleare. L’incontro avuto ieri nella capitale russa tra Mohammad Saeedi, vicedirettore dell’organizzazione iraniana per l'energia atomica, e Sergei Kiriyenko, responsabile di Rosatom, l'agenzia di Stato russa che si occupa di nucleare. Saeedi ha detto che «durante l’incontro le due parti hanno gettato le basi per proseguire anche in futuro la cooperazione tra i due Stati nel settore nucleare».
Infine c’è il capitolo aperto del braccio di ferro con la Gran Bretagna. L’Iran ha rilasciato tre dei quattro dipendenti della legazione britannica a Teheran sono stati rilasciati. Ne resterebbe in carcere solo uno, accusato di aver avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle proteste dei giorni scorsi. A livello europeo per ora prevale la linea “morbida”, ribadita ieri dal nostro ministro degli Esteri Franco Frattini. L’ipotesi di nuove sanzioni contro l’Iran «viene evocata in qualche tavolo europeo più confidenziale» ma è «prematura». «Oggi la stessa amministrazione statunitense non sarebbe pronta in qualche giorno a dare il via a un nuovo programma di sanzioni», ha detto il titolare della Farnesina. Contraria alla posizione intransigente britannica, che vorrebbe che tutti i paesi dell’Ue richiamino le rappresentanze diplomatiche da Teheran anche la Svezia. Il primo ministro di Stoccolma e da ieri presidente di turno Ue, Fredrik Reinfeldt, ha detto che è importante «non isolare l’Iran dal resto del mondo e fare in modo che la nostra reazione non fornisca a Teheran la scusa per l'uso della violenza e della repressione
Tratto dal sito web http://www.libero-news.it/articles/view/555502
Dopo le minacce, la repressione nelle piazze, gli arresti di massa, le torture, ora arrivano le impiccagioni. Il quotidiano israeliano Jerusalem Post riferisce che sei sostenitori del leader riformista Mir Hossein Mussavi sono stati giustiziati lunedì, nella città santa di Mashhad. Una notizia che, se verificata, indica un aumento della pressione repressiva nei confronti dei manifestanti. Sarebbero migliaia gli oppositori arrestati. Il regime invece parla di 1.032 persone fermate, quasi tutte rilasciate su cauzione. Mussavi chiede che questi «figli della rivoluzione» siano tutti liberati. Un mandato di cattura è stato spiccato anche contro Arash Hejazi, il medico iraniano riparato in Gran Bretagna dopo essere stato testimone dell'uccisione della donna simbolo delle proteste, Neda Aqa-Soltan, durante i disordini a Teheran.
Su Twitter
La protesta però non si ferma. Dalle pagine di Facebook del leader dell’opposizione, Mir-Hossein Mussavi, e della moglie Zahra, è apparso un appello allo sciopero generale per costringere il presidente Mahmud Ahmadinejad a prendere in considerazione le ragioni dell’opposizione. La notizia rimbalza su Twitter: «Sciopero generale in Iran dal 5 all'8 luglio». Paralizzare le attività economiche può essere un’arma efficace per rilanciare la lotta contro un regime tanto spietato quanto astuto nel nascondere le sue responsabilità e le sue reali intenzioni. Non è un caso se Ahmadinejad abbia deciso di disertare la scomoda ribalta del summit di Gheddafi in Libia dell’Unione africana. Per lanciare i suoi soliti proclami propagandistici ha preferito giocare in casa, dove ha ricevuto il ministro venezuelano dell’Energia Rafael Ramirez. Ha rivendicato la sua vittoria alle elezioni presidenziali in Iran come «una grande vittoria per il fronte imperialista», ha detto che «l'Iran e il Venezuela saranno fianco a fianco in modo deciso fino alla vittoria finale».
Parole di un presidente «illegittimo» secondo Mussavi e l’altro leader dell’opposizione, Mehdi Karrubi. Il principale partito riformista, Mosharekat, vicino all'ex presidente Mohammad Khatami, ha definito la consultazione del 12 giugno «un colpo di stato». Karrubi è andato oltre e ha anche lanciato implicite accuse alla Russia di avere addestrato le forze di sicurezza di Teheran che hanno represso le proteste e ha chiesto se l'Iran «sia diventata una delle ex repubbliche sovietiche».
Sul suo sito Karrubi ricorda che il presidente russo Dmitri Medevedev è stato, quattro giorni dopo le elezioni presidenziali, il primo leader mondiale a ricevere Ahmadinejad, che si è recato negli Urali per un vertice del Gruppo di Shanghai.
I legami con Mosca
L’ipotesi di Karrubi sembra confermata dai legami sempre più stretti fra Mosca e Teheran sul fronte nucleare. L’incontro avuto ieri nella capitale russa tra Mohammad Saeedi, vicedirettore dell’organizzazione iraniana per l'energia atomica, e Sergei Kiriyenko, responsabile di Rosatom, l'agenzia di Stato russa che si occupa di nucleare. Saeedi ha detto che «durante l’incontro le due parti hanno gettato le basi per proseguire anche in futuro la cooperazione tra i due Stati nel settore nucleare».
Infine c’è il capitolo aperto del braccio di ferro con la Gran Bretagna. L’Iran ha rilasciato tre dei quattro dipendenti della legazione britannica a Teheran sono stati rilasciati. Ne resterebbe in carcere solo uno, accusato di aver avuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle proteste dei giorni scorsi. A livello europeo per ora prevale la linea “morbida”, ribadita ieri dal nostro ministro degli Esteri Franco Frattini. L’ipotesi di nuove sanzioni contro l’Iran «viene evocata in qualche tavolo europeo più confidenziale» ma è «prematura». «Oggi la stessa amministrazione statunitense non sarebbe pronta in qualche giorno a dare il via a un nuovo programma di sanzioni», ha detto il titolare della Farnesina. Contraria alla posizione intransigente britannica, che vorrebbe che tutti i paesi dell’Ue richiamino le rappresentanze diplomatiche da Teheran anche la Svezia. Il primo ministro di Stoccolma e da ieri presidente di turno Ue, Fredrik Reinfeldt, ha detto che è importante «non isolare l’Iran dal resto del mondo e fare in modo che la nostra reazione non fornisca a Teheran la scusa per l'uso della violenza e della repressione
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