Non nobis Domine, non nobis, sed Nomini Tuo da gloriam
VIAGGIA CON RYANAIR
JE ME SOUVIENS
VILLA BERTI VIA BEL POGGIO N. 13 IMOLA http://www.villaberti.it/
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Anchorage
giovedì 30 dicembre 2010
Battisti: Torregiani, chiederemo rottura rapporti diplomatici
Alberto Torregiani è pronto anche a "chiedere che sia chiusa l'ambasciata brasiliana in Italia" e "che si apra una crisi diplomatica" qualora dal paese sudamericano non arrivi alla fine un via libera all'estradizione dell'ex terrorista Cesare Battisti. Il figlio del gioielliere ucciso a Milano dai Pac (Proletari armati per il comunismo), di cui Battisti era uno dei leader, ribadice la sua volontà e quella dei parenti delle vittime di "usare questa volta le maniere forti". "Chiederemo che la posizione del Brasile sia rivista al nuovo presidente - ha spiegato Torregiani - e, se non ci daranno ascolto, chiederemo che le trattative a livello diplomatico siano interrotte: siamo disposti a chiedere anche la chiusura dell'ambasciata brasiliana per chiedere conto all'ambasciatiore di un atteggiamento inaccettabile". E' questa, infatti, una delle proposte giunte al figlio del gioielliere milanese ucciso in vista del sit-in previsto il 4 gennaio davanti all'ambasciata brasiliana a Roma.
Giovedì 30 dicembre 2010 23.18
Afghanistan, mina uccide 14 civili in Helmand
dal sito web http://notizie.virgilio.it/notizie/esteri/peace_reporter/2010/12_dicembre/30/afghanistan_mina_uccide_14_civili_in_helmand,27665179.html?shrbox=facebook
Complotto sventato in Danimarca
dal sito web http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-12-30/complotto-sventato-danimarca-082626.shtml?uuid=AYdjogvC#continue
«È atroce che un gruppo di militanti islamici abbiano un piano concreto per un serio attacco qui in Danimarca» ha detto il ministro della Giustizia danese Lars Barfoed. «Il gruppo voleva uccidere quante più persone possibile. È la minaccia sinora più seria per il nostro paese». «Non mi sorprende affatto: poche settimane fa i servizi segreti svedesi hanno fatto sapere che c'è una rete estremisti pronti a colpire la Scandinavia e lo "Jyllands" è il principale obiettivo» dice al Sole Naser Khader, 47 anni, parlamentare danese di origini siriane, fondatore del partito moderato Alleanza liberale.
Durante la crisi delle vignette, Khader, volto musulmano che predicava la coesistenza fra Islam e democrazia, divenne consigliere dell'allora premier Anders Fogh Rassmussen. Oggi si è spostato a destra: è deputato con i conservatori perché il suo ex partito «non ha elaborato risposte alla sfida dell'Islam politico». Dice: «Gli estremisti sono una minoranza nel paese ma strillano e nessuno glielo impedisce.
Forse il problema della Scandinavia è la troppa democrazia. La Danimarca è il paese scandinavo che più ha spinto per l'integrazione negli anni 90: questi nuovi arrivati hanno un background diverso, alcuni resistono all'integrazione». Khader tiene un blog sul "Posten" e difende le scelte di Flemming Rose, caporedattore della cultura che decise di pubblicare quelle vignette, autore della "Tirannia del silenzio", libro pubblicato a settembre in cui il giornalista-scrittore ex corrispondente a Mosca e a Washington, spiega perché ha deciso di pubblicare quei disegni. «È un bel libro e io sono d'accordo con quella scelta fatta perché non si trovavano artisti disposti a illustrare un libro per bambini sull'Islam, impauriti della reazione dei musulmani».
I PRECEDENTI Settimo attacco al Posten Quello sventato ieri è il settimo tentato attacco contro lo Jyllands-Posten o contro il disegnatore Kurt Westergaard, dopo la pubblicazione nel 2005 di vignette giudicate offensive da una parte del mondo islamicoL'elenco è stato pubblicato sul sito del quotidiano: nel febbraio 2008 tre uomini furono arrestati per aver progettato l'assassinio di Westergaard; nell'ottobre 2009 la polizia americana arresta a Chicago due cittadini Usa per aver pianificato un attacco contro il giornale; nel gennaio 2010 un somalo si introduce nella casa di Westergaard armato di machete e il disegnatore si salva rifugiandosi in una stanza blindata; in giugno due uomini sono arrestati in Nord Africa accusati di progettare un attacco contro Westergaard; in settembre a Copenhagen è arrestato un ceceno che aveva fatto esplodere per errore un ordigno artigianale all'Hotel Jorgensen; il 28 settembre un curdo iracheno, arrestato in Norvegia, rivela un piano contro lo Jyllands-Posten
Milena Quaglini, l'angelo sterminatore
> Milena Quaglini (di Angela Buccella dal sito web http://www.latelanera.com/serialkiller/serialkillerdossier.asp?id=MilenaQuaglini )
Nome Completo: Milena QuagliniNata nel: 1957Morta il: 16 Ottobre 2001Vittime Accertate: 3Milena. Ricerca tipica femminile di un amore ideale senza mai trovarlo.Le persone con cui aveva rapporti, che in qualche modo la deludevano lei le eliminava.Omicidi atipici, che molti studiosi non catalogano nemmeno come seriali.Il corpo di Milena pendeva appeso a una corda nella sua cella.Il carcere di Vigevano in cui era rinchiusa è stato lo scenario dell’ultima morte legato al caso Quaglini.Alla vigilia della sentenza del suo terzo assassinio ha deciso di soffocare in ultimi spasmi d’ossigeno.È stata trovata come carne appesa in macelleria. Macelleria della mente umana.Il cuore le batteva ancora all’arrivo dell’agente del carcere. Corsa in pronto soccorso dove ammirare le angosce prendere il posto della vita e del respiro. Volteggiare intorno al corpo divenuto cadavere prendendosene beffa.Milena non c’è più. Milena vittima di abusi e violenze. Milena carnefice.Primo Omicidio.1995. Il pensionato di Este Giusto Dalla Pozza. Venti mesi di carcere. Aveva reagito a un tentativo di violenza sessuale. L’eccesso di legittima difesa l’ha condannata.La donna lavora come custode in una palestra e per arrotondare lo stipendio fa la domestica in casa del pensionato. L’uomo di 83 anni tenta di violarla. Milena cerca di scappare. Non riesce. Lo colpisce con una lampada alla testa. È proprio Milena a dare l’allarme.Sarà quel colpo a farlo morire qualche giorno dopo in ospedale.Ma tutto questo verrà scoperto solo quattro anni dopo.Solo dopo gli altri due omicidi.Milena, 19 anni, diplomata ragioniera di Pavia, decide di andar via di casa. Suo padre era violento. Suo padre era ossessivo. Suo padre era geloso. Mancava la libertà e la voglia di sorridere. Fino a quando trova un uomo con il quale ha un figlio. Si sposa e vive felice a Como e Lodi.Fino alla malattia.Malattia che in poco ucciderà il suo compagno.Con confusione e dolore la Quaglini trova un altro lavoro e un’altra casa.Conosce un altro uomo: Mario Fogli, che diventerà il suo secondo marito. Una bella storia d’amore che sembrava finalmente l’inizio della serenità.Ma non è così. È appunto solo l’inizio di una storia d’amore. Solo qualche mese che ha condotto a un matrimonio prematuro. Solo qualche mese che ha condotto a un nuovo parto.Costretta a stare a casa, a lasciare il nuovo impiego.“Donna che lavora, donna che tradisce” diceva Mario Fogli.Una vita condotta con non poche difficoltà. Il marito faceva lavori saltuari. I soldi erano pochi. Troppo pochi.Bussano alla porta. Un giorno.Uno dei tanti. Un ufficiale giudiziario. Pignoramento. Conseguenza di un fallimento.Milena non ne sapeva nulla. Milena ne era all’oscuro.Un altro parto. Una seconda figlia.Lite. Solite scenate. Ogni gesto, ogni azione pesava come non mai. Mario Fogli diventava violento. Picchiava il primo figlio di Milena, lo costringeva a trovare lavoro.L’inferno. Milena Quaglini conosceva l’inferno.
Omicidi Successivi.Si separa. Ma dopo poco ritorna con il coniuge. Ritenta una vita “normale”. Una vita di coppia. Ma la depressione l’assale. Ricomincia a bere. A bere. Bere. Mischia i farmaci all’alcol. Sempre più distrutta. Sempre più vicino alla sua fine interiore. Fogli non la capisce. La picchia. Le usa violenza psicologica umiliandola.È un sabato.1998. 2 Agosto. Lui si sdraia a letto. Vuole dormire. Lei lo stordisce. Poi lo incapretta.L’incubo così sembra finito.Le figlie sono nella stanza accanto. Non si accorgono di nulla.Domenica sera sarà la stessa Milena a chiamare il 112 e mostrare il cadavere avvolto in un tappeto in balcone.Per la prima volta la donna conosce la prigione. Le due bambine, entrambe minorenni sono affidate alla sorella.Il carcere la ospita per un anno, dopo inizia la disintossicazione in una clinica a Pavia.Sono i medici che date le condizioni insistono affinché la donna non torni in carcere. Ma a casa nessuno la vuole.Milena è sola.In clinica la Quaglini conosce un uomo che si offre di ospitarla in un appartamento. Qualcosa non torna. Milena non crede nell’altruismo. Quest’uomo vuole approfittarsene. Presa dal panico cerca un’altra sistemazione. La trova in un annuncio su una rivista.Cercasi domestica. Località: Bescapè.Chi ha scritto l’annuncio è Angelo Porello di anni 53. Abbandonato dalla moglie e dalle figlie accusato a sei anni di carcere per averle violentate.Ma questo Milena non lo sa.Non lo può sapere. Passano solo due giorni. Costretta sul letto viene stuprata. Ormai i pensieri scorrono troppo veloci. Si accavallano. La rabbia e la frustrazione iniziano a tormentarla.Prepara un caffè sciogliendo all’interno una scatola di tranquillanti.Porello si addormenta dopo poco. La donna trascina il corpo in vasca da bagno.Apre il rubinetto. Fa in modo che anneghi. Una volta morto si libera del corpo trascinandolo in una letamaia.La sua ultima preoccupazione è cercare di cancellare le sue tracce.Le sue prove. Inutilmente.Cattura, Processo, Prigionia.Una donna vittima.Milena ha reagito contro chi le ha fatto del male. Contro chi l’ha fatta soffrire.Milena si sarebbe risposata in carcere. Con un uomo di nome Roberto. Prima della morte aveva parlato con la sua legale delle pubblicazioni.Milena stava male. Forse il suo gesto voleva solo essere un richiamo d’aiuto.La depressione era molto forte. Era costantemente sorvegliata in cella.Problemi finanziari non mancavano.Una scatola di farmaci veniva 42 mila lire. Era la legale a darle dei soldi.Un tempo Milena dipingeva. Vendeva i suoi quadri. Ora era troppo debole.Durante l’ultimo processo ha raccontato la sua vita. L’ha narrata. Sinceramente.L’ha descritta.Facile condannare Milena e pensarla assassina.Ora.A mente lucida non ci si dovrebbe dimenticare di chi erano le vittime.Uomini violenti che hanno goduto del suo corpo senza averne il consenso.Uomini che in precedenza avevano già stuprato altre donne.Uomini che hanno aiutato la follia di una donna che umiliavano di continuo.Una morte strana. Rea confessa. Lo stato di depressione doveva essere profondo.Alcuni serial killer sono soliti uccidersi quando stanno per essere incastrati.O quando, anche se in carcere, hanno sempre negato.Il senso di colpa doveva essere atroce. Graffiante.Un angelo sterminatore. Una vedova nera.Qualcuno l’ha definita così.I suoi delitti avevano tutti qualcosa in comune: uccideva chi alzava le mani contro di lei.
Pietro De Negri, il Canaro della Magliana
Il cosiddetto delitto del Canaro è indicato nelle cronache nere come uno dei più efferati crimini condotti in Italia dal dopoguerra, particolarmente brutale perché la vittima, prima di essere uccisa, subì torture e mutilazioni.
Da tempo De Negri subiva prepotenze ed angherie da Giancarlo Ricci, che gli chiedeva tangenti ed al contempo gli forniva cocaina a credito, ottenendo pagamenti con minacce e percosse. Il 18 febbraio 1988 Ricci si presentò per l'ennesima volta nel negozio di Pietro De Negri per esigere altro denaro. Questa volta, però, De Negri aveva organizzato una trappola contro il suo aguzzino: gli disse che aveva bisogno del suo aiuto per rapinare uno spacciatore di cocaina che sarebbe dovuto arrivare poco dopo nel negozio. Pietro disse a Ricci di nascondersi all'interno di una gabbia per cani. Una volta chiuso Giancarlo nella gabbia per cani, il Canaro chiuse i chiavistelli.
Sotto effetto di cocaina[1] De Negri sottoporrà Ricci a torture e sevizie per sette ore prima di ucciderlo. In questura dirà:
« Sì, sono stato io. Gli ho tagliato le orecchie come a un dobermann, gli ho aperto la testa e gli ho lavato il cervello con lo shampoo dei cani. Non ne potevo più di quell'infame »
Alle tre del pomeriggio incominciò la tortura. De Negri tramortì il Ricci con una bastonata in testa, lo tirò fuori dalla gabbia e lo legò, poi gli troncò le dita, gli amputò orecchie e naso e gli tagliò anche i genitali. Per impedire emorragie dalle ferite, uccidendo troppo in fretta la vittima, cauterizzava con della benzina a sua volta incendiata.
Il De Negri teneva acceso il proprio stereo a volume altissimo, come era sua abitudine, coprendo le grida di Ricci, motivo per il quale egli poté operare indisturbato, senza che nessuno dei vicini potesse udire alcunché.
Verso le quattro del pomeriggio De Negri interruppe il suo macabro lavoro perché doveva andare a prendere la sua bambina di sette anni che usciva da scuola. La salutò affettuosamente come nulla stesse accadendo e la accompagnò a casa da sua madre.
Tornò infine in negozio dove Giancarlo era agonizzante e finì il lavoro. Ricci morirà soffocato dalle parti mutilate introdotte in bocca a forza.
Alle dieci di sera, De Negri legò il cadavere, lo avvolse nella plastica, lo mise nel bagagliaio dell'auto e, arrivato alla discarica di via Enrico Cruciani Alibrandi nel quartiere Portuense, lo cosparse di benzina e gli diede fuoco.
Il ritrovamento del cadavere [modifica]
La mattina dopo alle 8 e mezza nella discarica un contadino notò un sacco che ancora bruciava. L'uomo rimase colpito dalla forma, una forma umana. Non gli fu difficile capire che si trattasse di un cadavere che, oltre ad essere semicarbonizzato, si presentava orrendamente mutilato, le dita, il naso e le orecchie erano state staccate, era stato evirato, il cranio era stato spaccato ed era stato tolto il cervello.
Subito sembrò un regolamento di conti tra spacciatori che non rispettavano le regole, ma i sospetti in poco tempo portarono a Pietro De Negri grazie a una testimonianza di un amico di Giancarlo:
« L’ultima volta che ho visto Giancarlo è stato ieri pomeriggio: l’ho accompagnato ad un appuntamento che aveva in un negozio di toilette per cani, in via della Magliana 253. Poi non l’ho più visto. »
La vicenda giudiziaria [modifica]
Il 20 febbraio 1988, due giorni dopo l'omicidio, il Canaro venne arrestato e per nulla pentito poco dopo l'arresto disse:
« Guardate che gli ho fatto al grande pugile! L'ho smontato pezzo per pezzo, e ci sono riuscito perché lui era più grosso, ma io sono più intelligente »
Venne fatta sul Canaro una perizia psichiatrica che stabilì che al momento del delitto non era capace di intendere e di volere e che presentava manie di persecuzione e un'intossicazione cronica da cocaina[2]. Proprio perché in carcere dovette smettere di usarla, ed in seguito a ciò la sua pericolosità scomparve del tutto.
Poi raccontò minuziosamente i fatti:
« Gli ho amputato le dita, poi gli ho tagliato le orecchie, il naso, i genitali. Gli ho detto: adesso non sei più neanche un uomo. Lui è svenuto io ho bruciato le ferite con la benzina per fermare il sangue e l'ho fatto rinvenire. Parlava troppo, continuava a insultarmi così gli ho tagliato la lingua. Ma non voleva saperne di morire, quell'infame. Alla fine gli ho sfondato la testa e lavato il cervello »
Il 12 maggio 1989, dopo poco più di un anno di carcere tornò in libertà, ma vi rimase per poco perché al processo di appello venne disposta una nuova perizia e i due professori incaricati, il dottor Carrieri di Bari e il dottor Pazzagli di Firenze conclusero che era semi-incapace di intendere e di volere al momento del delitto.
La sentenza definitiva fu di 24 anni di carcere ma dopo 16 anni il Canaro venne scarcerato per buona condotta, avendo mantenuto un comportamento esemplare e aiutando i detenuti extracomunitari e malati di Aids. De Negri tornò in libertà il 27 ottobre 2005, ritornando ad abitare in via Andersen al Quartaccio con la figlia che ora ha 27 anni e la moglie Paola. È tuttora affidato ai servizi sociali e fa il fattorino in uno studio legale con i seguenti obblighi:
deve rimanere in casa dalle 21 alle 7 del mattino
non può frequentare pregiudicati
non può frequentare luoghi di ritrovo
non può uscire dalla provincia di Roma
All'uscita del carcere, nell'ottobre 2005, il Canaro fece una richiesta pubblica: Per favore, dimenticatemi.
Curiosità [modifica]
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La tragedia non sembra aver colpito l'opinione pubblica nonostante l'orrore ed il raccapriccio, più di altri crimini famosi, per esempio il Massacro del Circeo, trattandosi di una vendetta tra individui di un contesto sociale degradato. Nota un'intervista televisiva ad un commerciante e piccolo malavitoso, anche egli vittima del taglieggiatore, dove si rammarica del gesto di De Negri, raccontando come egli avesse "risolto" il contenzioso con Mancini sparandogli alle gambe ed al prezzo di una breve condanna.
Nella canzone "Crepa!" del rapper romano Chicoria, viene ricordato Pietro De Negri nella strofa: "Finisci come Ricci in mano ar Canaro dà magliana, esecuzione alla romana."
Nella canzone "Li immortacci" del gruppo Elio e le Storie Tese contenuta nel disco Eat the Phikis del 1996 viene citato nella strofa: "Ce piace sfreccia' sur raccordo anularo, ma a notte inortrata ce invita Er Canaro a facce du'spaghi."
Note [modifica]
^ Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi, La Nera - Storia fotografica di grandi delitti italiani dal 1946 ad oggi, Mondadori, 2006
^ http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/10/22/il-canaro-non-pericoloso-era-folle.html
Bibliografia [modifica]
Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi, La Nera - Storia fotografica di grandi delitti italiani dal 1946 ad oggi, Mondadori, 2006, pagg. 216-223
Vincenzo Cerami, Fattacci, Einaudi, 1997
Collegamenti esterni [modifica]
E alla fine si e' deciso a morire... La Repubblica, 23 febbraio 1988, p.13
Er canaro: "Lasciatemi stare, il conto con la giustizia l'ho pagato" La Repubblica, 27 ottobre 2005.
Emmanuel Milingo
biografia dal sito web http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=551&biografia=Emmanuel+Milingo
Ex vescovo cattolico dedito all'esorcismo, Monsignor Milingo è nato il 13 giugno 1930 a MnuKwa, distretto di Chinata (Zambia). Nel 1942 Milingo entra nel Seminario Inferiore di Kasina, in Zambia per concludere i suoi studi sei anni più tardi nel Seminario Superiore in Kachebere. Il 31 agosto 1958 viene ordinato prete mentre solo undici anni dopo Paolo VI lo consacra vescovo dell'arcidiocesi di Lusaka, capitale dello Zambia. Il 1961 è l'anno in cui consegue la laurea in Sociologia Pastorale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma; nel 1963 all'Università di Berlino si laurea in Educazione e nel '66, in Kenia, frequenta un corso in Radio comunicazione, acquisendone la specializzazione. Un titolo di studio che gli servirà moltissimo nella sua missione di apostolato radiofonico che porterà avanti per un numero considerevole di anni. E in effetti quello per la comunicazione è sempre stato un chiodo fisso del vescovo africano (tanto che nel 1969, a Dublino, ha conseguito un diploma in Telecomunicazioni), convinto che le moderne tecnologie non siano altro che un formidabile strumento per diffondere il Verbo. Ma, a parte le pur importanti esigenze di catechizzazione e di proselitismo, le preoccupazioni di Milingo si sono spesso rivolte a problematiche assai più concrete, come quando ha fondato la Società di Aiuto dello Zambia (ZHS) al fine di fornire assistenza sanitaria attraverso cliniche mobili. Sempre in Zambia ha anche fondato l'ordine religioso "Le sorelle del redentore". A questo ordine, onde far fronte agli innumerevoli problemi presenti nel suo Paese e strutturare una forte presenza religiosa, ne seguiranno altri due: "Le figlie di Gesù buon pastore", in Kenya e "I fratelli di Giovanni Battista".
A fianco di queste opere e fondazioni, Milingo non dimentica l'aiuto in prima persona ai fratelli più sfortunati. Il vescovo dell'arcidiocesi di Lusaka infatti, non si è mai limitato a gestire e controllare, ma si è sempre speso in prima persona nelle varie iniziative, soprattutto a favore di quelli che egli definisce "indemoniati". In questi casi, si sa, la cautela nell'uso dei termini è d'obbligo, però, stando alle biografie ufficiali bisogna pur dire che Milingo, il 3 aprile 1973 ha la rivelazione di possedere il "dono" delle guarigioni. Verso la fine degli anni '80 avviene però quello che nessuno si aspetterebbe. Milingo, per così dire, "deraglia" dalla retta via stabilita da Santa Madre Chiesa. Viene a contatto con la setta del reverendo Sun Myung Moon, e ne rimane stregato, tanto da aderirvi appieno. Il Vaticano non può rimanere indifferente al fato che un suo ministro segua un improvvisato Messia e infatti i richiami della Santa Sede non si fanno attendere. Ciononostante, a sorpresa, Milingo nel maggio 2001 sposa addirittura Maria Sung Ryen in una cerimonia con altre cinquantanove coppie aderenti a religioni differenti. La caratteristica di queste cerimonie, celebrate per l'appunto dal reverendo Moon, è che spesso le coppie che dovranno condividere la vita insieme neanche si conoscono. E' il Destino, a sentire i ministri della setta, a decidere per loro, è lui che sceglie i partner e li accoppia. L'eco mediatica di questo strambo matrimonio è clamorosa e il simpatico Milingo si ritrova proiettato sulle prime pagine di tutti i giornali con gran sconcerto dei suoi innumerevoli seguaci sparsi per il mondo. E' un duro colpo anche per la Chiesa, che in questo modo si vede sottratta, e in un modo non certo elegante, uno dei suoi esponenti più popolari. Il Vaticano non esita a dichiarare che con il suo comportamento "monsignor Milingo si è posto fuori dalla Chiesa". La scomunica è vicina. Viene infatti steso un documento che reca in sé un monito importante: il ritorno di Milingo ai precetti e alla condotta cattolica, altrimenti la scomunica! Il 20 agosto 2001 scade l'ultimatum lanciato a Milingo che, invece, replica chiedendo a papa Woytila una "sanatio matrimonii", ossia la rettifica della sua situazione matrimoniale, mediante rito cattolico. Il 7 agosto 2001 Milingo incontra il Papa a Castelgandolfo.
L'11 agosto 2001 la svolta. Scrive in una lettera: "Io sottoscritto, dinanzi a sua Eminenza il Cardinale Giovanni Battista Cheli e a sua Eccellenza l'Arcivescovo Tarcisio Bertone, dopo aver concluso il colloquio sulla questione in discussione: tramite il loro consiglio e fraterna correzione, e quella da parte di Sua Eccellenza Mons. Stanislao, io in questo momento ri-impegno la mia vita nella Chiesa Cattolica con tutto il cuore, rinuncio alla mia convivenza con Maria Sung e ai miei rapporto con il Rev. Moon e la Federazione di Famiglie per la pace mondiale. Soprattutto le sue parole: «Nel nome di Gesù, ritorna nella Chiesa Cattolica», sono state sia un richiamo alla mia Chiesa Madre sia un ordine paterno rivolto a me per vivere la mia fede e obbedienza a Lei, rappresentante di Gesù sulla terra, capo della Chiesa Cattolica. Raccomandandomi alle Sue preghiere. Io sono, il Suo umile e obbediente servo". Con queste dichiarazioni il caso Milingo sembrerebbe chiuso, a parte le preoccupanti sparate di Maria Sung che periodicamente appariranno sui giornali, decisa a riavere il "suo" Milingo. Il quale, dal canto suo, non rimane mai fermo, sempre pronto a stupire con iniziative sorprendenti, come quella dell'incisione di un disco, cantato da lui e con musiche sue. Il vescovo dell'arcidiocesi di Lusaka torna a far parlare di sé alla metà del di luglio 2006: di lui si erano perse le tracce alla fine di maggio, poi ricompare a New York rivelando alla stampa di essere tornato a vivere con Maria Sung. Pochi giorni dopo presenta a Washington la sua nuova associazione per i preti sposati. La rottura con la Santa Sede sembra ormai definitiva. Alla fine di settembre dello stesso anno Milingo comunica l'intenzione di creare la "Chiesa dei preti sposati", nominando quattro vescovi: dal Vaticano è giunta la scomunica per Milingo. Alla fine del 2009 il Vaticano lo sospende dallo stato clericale per impedirgli di ordinare nuovi sacerdoti o vescovi, riducendolo pertanto allo stato laicale.
il 19 febbraio 2010 l'ADNKRONOS pubblica la seguente notizia
Roma, 19 feb. - (Adnkronos) - Emmanuel Milingo, spretato di recente dal Vaticano, è caduto in disgrazia e medita di mollare la moglie coreana Maria Sung. A quanto apprende l'Adnkronos, infatti, l'ex arcivescovo di Lusaka, ormai soltanto signor Emmanuel, da un po' di tempo vive in una piccola stanza in un ospizio coreano. Proprio di recente, l'esorcista, che era già stato scomunicato dal Vaticano per avere ordinato vescovi quattro preti sposati negli Usa, ha ricevuto in Corea una visita di un'amica italiana e, sempre a quanto riferiscono le fonti bene informate la donna avrebbe avuto modo di constatare di persona il degrado nel quale è caduto Milingo. La novità maggiore scaturita dalla visita è rappresentata dal fatto che l'ex monsignore africano avrebbe espresso il suo proposito di "liberarsi" della Sung, la sua inseparabile compagna dal maggio 2001 sposata, con rito Moon, in un grande albergo di New York. In un'altra occasione il sacerdote, sempre sfogandosi con amici, aveva avuto modo di scrivere che la Sung era diventata per lui un peso economico insostenibile.
Insomma, l'esorcista che da tempo si è legato all'associazione Married priest now sarebbe proprio intenzionato a lasciare tutto e a tornare in Italia. In questo caso, la situazione si complicherebbe ulteriormente visto che l'ex arcivescovo nel nostro Paese arriverebbe da extracomunitario e per rimanere dovrebbe beneficiare di un permesso di lavoro. Cosa molto difficile
Il 4 maggio 2010 Libero pubblica quanto segue http://www.libero-news.it/news/404208/Milingo__sfrattato_da_casa_Sung.html
Roma - (Adnkronos) - A quanto apprende l'Adnkronos il vescovo spretato è caduto in disgrazia e vive in un ospizio con la consorte dalla quale vuole scappare. Sarebbe proprio intenzionato a lasciare tutto e a tornare in Italia. (VIDEO)
Milingo: sfrattato da casa Sung Adesso si trova in Zambia e vuole riprendere i suoi
Nuovi guai per Milingo. L’ex arcivescovo africano, spretato dal Vaticano, ora è stato sfrattato anche dalla famiglia della sua sposa, Maria Sung l’agopunturista corena sposata con rito Moon nel maggio 2001. Dopo aver mostrato insofferenza nei confronti della compagna e aver manifestato il proposito di lasciarla, Milingo ora è stato cacciato dalla casa della donna che divideva con i familiari della sposa. Fonti ben informate, dicono che al di là dell’intento di lasciare Maria, l'ex ministro del Signore non sarebbe più nemmeno in grado di mantenerla. Tante volte lo stesso Milingo ha avuto modo di lamentarsi, via epistolare, dei capricci della Sung e di quanto gravassero sul bilancio domestico. Un buon motivo per indurre i familiari di Maria a dare lo sfratto a Milingo.Ora sorge un dubbio. Dove si trova ora il signor Milingo? pare che l’ex vescovo si trova in Zambia, nella sua terra d’origine. Starebbe cercando di rimettere le mani sui terreni che negli anni gli sono stati confiscati. Terre dove sorgeva la sua fondazione e che, in principio, erano destinate alla costruzione di un ospedale. Ma di quel progetto non si è più fatto nulla. Insomma, Milingo, allontanato da casa Sung, ora vorebbe rimettere le mani sui suoi ex possedimenti. La cosa sembra alquanto ardua. Non resta che attendere gli sviluppi.
04/05/2010
4 agosto 2010 si apprende dalle agenzie stampa come segue
dal sito web http://www.giornalettismo.com/archives/75460/milingo-scrive-papa-saro-patriarca/
L’arcivescovo ribelle, spretato dopo il suo matrimonio, prende carta e penna e si autoproclama primate di Lusaka, capitale dello Zambia. “Lavoro contro il male nella Chiesa”.
Esce dalla porta e rientra dalla finestra, Emmanuel Milingo, ex arcivescovo di Lusaka, capitale dello Zambia, suo paese natale. Ridotto allo stato laicale nel 2009, dopo il suo impegno, indefesso, per la promozione del clero sposato all’interno della comunione cattolica, dunque per la modifica delle norme sul celibato ecclesiastico. Fin dal 2001, d’altronde, era regolarmente coniugato con la signora Maria Sung, coreana.
HABEMUS MILINGUM - “Santità, il 15 agosto sarò proclamato Patriarca di Lusaka: toglietemi la pensione, torno in servizio”. E’ questo il senso della lettera che Milingo starebbe inviando proprio in queste ore, e che l’agenzia ADNKronos è in grado di anticipare. Presumibilmente un’elezione per acclamazione, dunque, e un auto-proclamazione nei confronti del Vaticano, per il quale l’ex Mons. Milingo è ormai il semplice Sig. Emmanuel Milingo: ma diversa sarà l‘intestazione della carta ufficiale che Milingo starebbe già facendo preparare, con scritto, in calce, appunto ‘Patriarca di Lusaka’. “Sto lavorando per la Chiesa, dentro la Chiesa”, continua Milingo, “per i preti sposati e per affrontare il male che in essa si annida”, chiude, alludendo ai recenti scandali dei preti pedofili.
Il 29 dicembre 2010 altra lettera di Milingo al Papa.
dal sito web
ultimo aggiornamento: 29 dicembre, ore 17:30
Roma - (Adnkronos) - L'ammenda dell'ex arcivescovo africano, spretato dalla Santa Sede, a quanto apprende l'Adnkronos, è contenuta in una lettera che avrebbe intenzione di far arrivare al Papa. Dopo il matrimonio di nove anni fa a New York, si è apertamente schierato contro le norme del codice di diritto canonico.
Guarda la scenata di gelosia della moglie Maria Sung al Chiambretti Night (VIDEO)
Roma, 29 dic. - (Adnkronos) - Mea culpa di Milingo con il Papa: "Santo padre, le ho dato tanti grattacapi". L'ammenda dell'ex arcivescovo africano, ridotto allo stato laicale dalla Santa Sede, a quanto apprende l'Adnkronos da fonti bene informate, è contenuta in una lettera che Milingo, sposatosi nel 2001 con rito Moon con l'agopunturista coreana Maria Sung, ha tutta l'intenzione di fare arrivare al Pontefice. Una missiva nella quale Milingo, scomunicato per avere ordinato vescovi quattro preti sposati, sembra chiedere perdono al Pontefice per tutti gli sconquassi arrecati quando decise di convolare a nozze con la Sung. Dopo il matrimonio a New York nel maggio di nove anni fa, infatti, l'esorcista si è apertamente schierato contro le norme del codice di diritto canonico che impongono il celibato ai sacerdoti cattolici, fondando l'associazione 'Married Priest Now'. Negli anni, poi, non ha mai mostrato segni di cedimento dai propositi che lo hanno portato fuori dalla Chiesa. L'unico cedimento, per così dire, lo ha avuto qualche tempo fa quando, confidandosi con gli amici di sempre, ha avuto modo di lamentarsi del suo rapporto con Maria e delle peggiorate condizioni economiche. Ora la missiva al Pontefice in cui Milingo, oltre a scusarsi per i "tanti grattacapi", rivolge un interessamento al Papa e ai suoi "tanti impegni", formulandogli "sinceri auguri" per il nuovo anno. Non è la prima volta che l'oramai signor Emmanuel prende carta e penna per scrivere al Papa. Lo aveva già fatto quest'estate, a ridosso di Ferragosto, per annunciare la sua autoproclamazione a patriarca dell'Africa.
L'Ordine di San Benedetto
dal sito web http://it.wikipedia.org/wiki/Ordine_di_San_Benedetto
L'Ordine di San Benedetto (in latino Ordo Sancti Benedicti o, semplicemente, O.S.B.), popolarmente denominato Ordine Benedettino, è un ordine monastico osservante la Regola dettata nel 534 da san Benedetto da Norcia e che conferì al monachesimo occidentale la sua forma definitiva.
I monaci Benedettini non rimasero chiusi nei loro monasteri, ma si dedicarono attivamente alla diffusione del messaggio cristiano e, anche con il sostegno di papa Gregorio Magno (590-604), si diffusero prima in Italia e poi al di là delle Alpi. Di particolare importanza fu l'opera di evangelizzazione svolta nelle aree britanniche e germaniche nel VII e VIII secolo, grazie all'ospitalità dei monasteri colombaniani [1] fondati da san Colombano specie quello di Bobbio che li ospitò a partire dal 643, dopo la distruzione di Montecassino [2] e la persecuzione da parte dei Longobardi ariani.
Molto conosciuto è il ruolo che svolsero in campo culturale: per quanto la regola benedettina non imponga direttamente e in modo coercitivo ore dedicate allo studio, ne accenna l'importanza. Da qui iniziò il processo di produzione di manoscritti, che sarebbe diventato in qualche modo precipuo durante il corso del medioevo. Alla produzione di codici di argomento religioso affiancarono il paziente lavoro di copiatura di testi antichi, anche scientifici e letterari. Tra l'altro il loro elevato livello culturale e la loro capillare diffusione sul territorio indusse Carlo Magno ad affidare proprio ai benedettini il compito di organizzare un sistema regolare di istruzione.
I benedettini prosperarono per tutto il medioevo, come testimoniano i circa 14.000 monasteri appartenenti all'ordine censiti prima del Concilio di Costanza tenutosi nel 1415, costruiti in luoghi isolati e lontani dalle città, alcuni dei quali erano così grandi che ospitavano oltre 900 monaci. L'ordine entrò però in crisi quando cominciarono a prendere piede le riforme avviate verso la fine dell'XI secolo che incoraggiavano il lavoro missionario e parrocchiale fuori dal monastero. Questa tendenza si accentuò ulteriormente nel XIII secolo con la nascita degli ordini mendicanti e di quelli predicatori: i Francescani fondati nel 1210, i Domenicani nel 1210 ed i Carmelitani nel 1250. A partire da quell'epoca il monachesimo di clausura così come era conosciuto prima cessò di esistere ed i monasteri non furono più costruiti extra moenia (fuori dalle mura delle città) ma direttamente nei centri abitati.
La riforma promossa a partire dal XV secolo da centri come quello di Santa Giustina di Padova e sanzionata nel secolo successivo dal Concilio di Trento (1545-1563) consentì il riprendersi dei centri monastici benedettini, sempre più spesso orientati a svolgere anche compiti di alta cultura, specie nel settore dell'erudizione storico-artistica e in quello musicale.
Regola benedettina [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Regola benedettina.
La Regola benedettina, in latino denominata Regula monachorum o Sancta Regula , dettata da San Benedetto da Norcia nel 534, consta di un Prologo e di settantatré capitoli. È una dettagliata regolamentazione dei diversi aspetti della vita monastica, che viene organizzata intorno a quattro assi portanti, volti a permettere di fare fronte alle tentazioni impegnando continuamente ed in modo vario il monaco: la preghiera comune, la preghiera personale, lo studio (non solo delle Sacre Scritture ma anche di scienza e arte) e il lavoro.
L'organizzazione dell'Ordine [modifica]
I monaci benedettini sono organizzati in monasteri canonicamente autonomi retti da un abate e federati in congregazioni con a capo un abate Presidente.
Nel 1893, per volere di papa Leone XIII, le congregazioni e gli altri monasteri dell'ordine non legati a nessuna di esse vennero riuniti in una Confederazione presieduta da un Abate Primate, eletto per dodici anni da tutti gli abati: l'abate Primate risiede presso il monastero di Sant'Anselmo di Roma.
Attualmente l'ordine è suddiviso in 20 congregazioni (tra parentesi, l'anno della fondazione):
Congregazione Benedettina Cassinese (1408);
Congregazione Benedettina d'Inghilterra (1336);
Congregazione Benedettina di Ungheria (1500);
Congregazione Benedettina di Svizzera (1602);
Congregazione Benedettina d'Austria (1625);
Congregazione Benedettina di Baviera (1684);
Congregazione Benedettina del Brasile (1827);
Congregazione Benedettina di Solesmes (1837);
Congregazione Benedettina Americana Cassinese (1855);
Congregazione Benedettina Sublacense (1872);
Congregazione Benedettina di Beuron (1868);
Congregazione Benedettina Elveto-americana (1881);
Congregazione Benedettina di Sant'Ottilia (1884);
Congregazione Benedettina dell'Annunziata (1920);
Congregazione Benedettina Slava (1945);
Congregazione Benedettina Olivetana (1313);
Congregazione Benedettina Vallombrosana (1039);
Congregazione Camaldolese dell'Ordine di San Benedetto (980);
Congregazione Benedettina Silvestrina (1231);
Congregazione Benedettina della Santa Croce del Cono Sur (1970).
Al 31 gennaio 2005 la confederazione contava 349 tra abbazie e priorati e 7.876 monaci, 4.350 dei quali sacerdoti.[3]
Tra le congregazioni soppresse o estinte si ricordano:
Congregazione Benedettina Cluniacense (931);
Congregazione Camaldolese di Santa Croce di Fonte Avellana (XI secolo);
Congregazione Benedettina di Montevergine (XII secolo);
Congregazione Benedettina dei Celestini (1264);
Congregazione Benedettina Portoghese;
Congregazione Benedettina di Valladolid;
Congregazione Benedettina dei Santi Vitone e Idulfo (1598);
Congregazione Benedettina di San Mauro (1618).
Architettura ed organizzazione monastica [modifica]
San Benedetto nella Regola menziona gli ambienti ed i ruoli chiave dell'organizzazione monastica con grande esattezza: l'oratorio, il dormitorio, il refettorio, la cucina, i magazzini, l'infermeria, il noviziato, gli ambienti per gli ospiti e indirettamente, il capitolo, l'abate, il priore, il cellario, l'infermiere ecc.
Architettura monastica [modifica]
L'ampiezza delle comunità monastiche variavano enormemente in funzione della ricchezza e del prestigio: alcune erano piccolissime, altre (poche) potevano accogliere anche 900 monaci. In media però ne riunivano da 10 a 50 perché l'Abate doveva conoscere e seguire i suoi monaci e guidarli come un padre spirituale.
Solitamente costruito vicino ad un corso d'acqua, l'intero complesso monastico era orientato in modo che l'acqua poteva essere convogliata verso le fontane e la cucina prima di raggiungere la lavanderia ed i bagni.
Le origini della struttura del tipico monastero rimangono oscure. Probabilmente i monaci si rifecero in parte alle ville romane, edifici a loro familiari e costruite su uno schema unico in tutto l'Impero. D'altra parte i monaci, quando potevano, stabilivano le loro comunità in edifici preesistenti, spesso proprio delle ville di origine romana che poi adattavano alle loro esigenze. A volte occupavano anche edifici precedentemente dedicati a culti pagani.
Il tempo, l'esperienza e le esigenze delle comunità monastiche lentamente influirono sull'impostazione originale dei monasteri che, essendo comuni a tutte le latitudini, portò a monasteri a rassomigliarsi tra loro.
Alla fine l'aspetto generale del convento risultò essere quello di una sorta di città con case divise da strade ed edifici, soprattutto nei grandi monasteri, divisi in gruppi. L'edificio della chiesa forma il nucleo e rappresenta il centro religioso della comunità. Perseguendo l'indipendenza dal mondo esterno, inoltre, i monaci si dotarono di mulini, forni, stalle, cantine e dei laboratori artigiani necessari per eseguire riparazioni e quant'altro fosse richiesto per soddisfare le esigenze della loro comunità.
Chiesa [modifica]
In altezza la chiesa di norma domina materialmente il resto dell'abbazia, inoltre è sempre molto ricca dimostrando la grande importanza che l'ufficio divino deve avere nella vita del monaco. La sua dimensione e ricchezza esprime anche la prosperità del monastero e spesso vi sono seppelliti i benefattori della comunità e conservate le reliquie dei santi.
Per la sua costruzione i monaci si rifecero soprattutto alle basiliche romane, molto diffuse in Italia: una navata centrale e due laterali illuminate da una fila di finestre sulle pareti, terminanti in un abside semicircolare.
Chiostro [modifica]
Il chiostro (dal latino claustrum, luogo chiuso), è stilisticamente ripreso dall'atrium delle ville romane ed è il luogo deputato alla meditazione (per questo vi vige la regola del silenzio) servendo ai religiosi da deambulatorio e riparo. È sempre circondato da portici sostenuti da colonne e pilastri ed è posizionato centralmente alle varie costruzioni del monastero di cui viene così a formare l'ossatura, infatti su di esso si affacciano gli edifici più importanti, come la chiesa, il capitolo per le riunioni della comunità monastica, il dormitorio (poi sostituito dalle celle), il refettorio.
Capitolo [modifica]
È il locale deputato alle riunioni della comunità monastica dove:
Il postulante si presenta a chiedere l'ammissione al monastero
l'abate impone il nome nuovo al postulante che così diventa novizio e, in segno di umiltà ed affetto, gli lava i piedi, seguito in ciò da tutti i fratelli;
Il novizio emette i voti divenendo monaco
l'abate convoca i suoi monaci per consultarli su questione importanti per la comunità .
funge anche da camera ardente per la veglia dei monaci deceduti.
Sebbene San Benedetto non abbia mai nominato esplicitamente il capitolo, non di meno egli aveva ordinato nella Regola dei momenti di riunione così, intorno al IX secolo, si cominciò ad adibire un apposito locale allo scopo scegliendolo sempre accanto al chiostro.
Inizialmente nel capitolo si ci riuniva solo per la distribuzione del lavoro manuale tra i monaci, solo con il tempo fu dedicato esclusivamente alle riunioni ufficiali della comunità. Il suo nome deriva dalle letture (preghiere, sacre scritture e la regola dell'ordine) che accompagnavano abitualmente l'attribuzione delle varie incombenze. Benché il passo letto quotidianamente non corrispondesse sempre ad un capitolo, tuttavia questo nome restò attribuito alla sala.
Biblioteca [modifica]
Le biblioteche benedettine hanno svolto l'importantissima funzione di preservare, dopo la caduta dell'Impero Romano, le conoscenze antiche raccogliendo dalle rovine quello che veniva recuperato.
Anche ai giorni nostri la biblioteca di un monastero ha grande importanza, dato che la lettura e lo studio fanno parte integrante della vita monastica. Sono inoltre aperte e frequentate anche da studiosi esterni, che spesso solo lì possono reperire i documenti di cui necessitano.
Dormitorio e celle [modifica]
Il dormitorio era la camerata comune dove, secondo la Regola, una lampada era mantenuta sempre accesa. Quando i monaci erano tanti, erano divisi tra più dormitori.
Con gli anni si passò dalla camerata comune alle celle. Dapprima si praticarono delle divisioni di legno per isolare il monaco dalle inevitabili distrazioni di una sala comune, incompatibili con le esigenze dell'attività intellettuale (studio). In seguito la stanza fu chiusa da una porta e, in tal modo, si giunse al tipo di costruzione attuale divenuto di uso generale dal XV secolo.
Refettorio [modifica]
Il refettorio era la sala comune dove i monaci si riunivano per consumare i loro pasti. Originariamente costruito sul piano del triclinium romano, terminava in un'abside. I tavoli erano (e sono tuttora) normalmente disposti su tre lati lungo le pareti, lasciando il centro libero per gli inservienti. Vicino al refettorio c'era sempre una fontana dove si ci poteva/doveva lavare prima e dopo i pasti.
Per evitare che fosse solo un'occasione per appagare le proprie esigenza fisiologiche e rendere il tempo lì trascorso in un atto profondamente religioso, durante tutto il pasto un monaco a turno è incaricato di leggere brani tratti dalla Sacra Scrittura, per questa ragione vi vige regola del silenzio. Turni settimanali sono adottati anche per avvicendare i monaci nel servire gli altri in cucina.
Cimitero [modifica]
Alla loro morte, i monaci erano seppelliti nel cimitero interno al monastero.
Nei secoli passati, quando le difficoltà delle comunicazioni rendevano enormi le distanze, i monaci avevano trovato il mezzo di annunziarsi scambievolmente la morte di un confratello e assicurare così i reciproci suffragi: d'abbazia in abbazia, di provincia in provincia, peregrinava un religioso che portava con sé la lista dei morti dove erano annotati i defunti dell'anno con un breve curriculum vitae.
Questo uso ha perduto la sua ragion d'essere ma ancora oggi, quotidianamente ed all'ora prima, i monaci ricordano i religiosi ed i benefattori defunti e, una volta al mese, tutta la comunità va a benedire le salme che riposano nei sepolcri.
L'onore di essere sepolti tra i monaci era un privilegio che la comunità talvolta poteva concedere a vescovi, re e benefattori.
Foresteria [modifica]
Le comunità monastiche sempre ed ovunque hanno accordato una generosa ospitalità a tutti con spirito di servizio. Per questa ragione i monasteri costruiti lungo vie molto trafficate erano particolarmente attrezzati allo scopo e molto apprezzati. Spesso accoglievano anche ospiti di riguardo come re, principi e vescovi in viaggio insieme alle loro corti ed accompagnatori. Le infermerie erano collegate a queste ali del monastero per curare anche gli ospiti che ne avessero bisogno.
Gli edifici adibiti all'ospitalità erano spesso suddivisi in aree distinte in funzione del censo di chi dovevano accogliere: ospiti importanti, altri monaci o pellegrini e poveri viaggiatori. Erano, inoltre, posizionati dove meno interferivano con la privacy del monastero ed avevano anche una cappella perché gli estranei non erano ammessi nella chiesa utilizzata da monaci e monache.
Infermeria e giardino dei semplici [modifica]
L'infermeria era un edificio separato dedicato ad ospitare i monaci malati o deboli che erano affidati ad un monaco-medico. Era dotata di un orto per la coltivazioni delle erbe medicinali, il giardino dei semplici. Spesso erano poste vicino al dormitorio.
Cucine [modifica]
La cucina (dove i monaci servivano in turni settimanali) era naturalmente situata vicino al refettorio. Nei monasteri più grandi c'erano più cucine: per i monaci, i novizi e gli ospiti.
Gabinetti [modifica]
I gabinetti erano separati dagli edifici principali ed erano raggiungibili percorrendo un corridoio. Erano sempre disposti con grande cura verso l'igiene e la pulizia e forniti di acqua corrente ogni volta che era possibile.
Scuole [modifica]
Molti monasteri avevano scuole esterne per gli oblati, ragazzi destinati dai loro genitori alla vita monastica. In anni recenti alcuni hanno istituito anche scuole e collegi aperti a giovani che non hanno la chiamata religiosa.
Noviziato [modifica]
I novizi, non essendo ancora parte della comunità, non avevano il diritto di frequentare la zona di clausura. Avevano un posto nel coro durante gli uffici divini, ma trascorrevano il resto del tempo nel noviziato. Un monaco anziano, il prefetto o maestro dei novizi, li istruiva nei principi della vita religiosa e li sorvegliava. Il periodo di prova durava una settimana. I noviziati più grandi avevano propri dormitori, cucine, refettori, sale di lavoro ed anche chiostri.
Azienda agricola [modifica]
Le aziende agricole sono intese dalla regola da un lato come un'occasione di lavoro, dall'altro come un mezzo di sostentamento che assicurava al monastero l'autonomia alimentare.
Pur mantenendosi ben curata ed ordinata, oggi non ha più l'importanza dei secoli passati, quando la terra costituiva l'elemento quasi esclusivo della ricchezza monastica. Oggi la funzione della tenuta monastica, dove pure essa esiste, è quella di permettere al monastero di trarne, almeno in parte, i prodotti necessari al proprio sostentamento.
Magazzini e laboratori [modifica]
Nessun monastero era completo senza le sue dispense per conservare il cibo. C'erano, inoltre, granai, cantine e altri locali di servizio; tutto posto, insieme agli edifici delle fattorie, sotto la tutela del monaco cellaio.
Molti monasteri possedevano mulini per macinare il grano.
Appartamenti dell'abate [modifica]
A partire dal tardo Medioevo separati erano anche gli appartamenti del capo della comunità: l'abate.
Organizzazione monastica [modifica]
Per assicurare il buon funzionamento del monastero, soprattutto nei monasteri più grandi, l'abate si avvaleva di una serie di collaboratori che a lui rendevano conto per lo svolgimento di molte mansioni.
L'abate [modifica]
L'autorità massima del monastero è nelle mani dell'abate che può avere alle sue dirette dipendenze un priore ed un sotto-priore. Nei grossi monasteri, l'amministrazione spiccia è a carica di diversi altri monaci.
Il priore [modifica]
Il priore è il vice dell'abate che, tra l'altro, lo sostituisce durante le sue assenze. Se necessario può essere coadiuvato da un sotto-priore.
Il cantore [modifica]
Il cantore (o precentor) si occupa dei canti durante i servizi divini. Suo assistente è il succentor. È anche uno dei tre monaci che conserva le chiavi del monastero. Tra gli altri suoi compiti c'è
l'istruzione dei novizi
l'opera di libraio ed archivista e, quindi, la responsabilità della conservazione dei libri e di fornire i monaci con quelli necessari libri per le orazioni
la preparazione di brevi biografie dei monaci morti (che poi venivano portate di monastero in monastero per dar notizia di chi era venuto a mancare).
Il portinario [modifica]
Il portinario è il monaco responsabile dell'ingresso e dell'uscita dal monastero.
Il sagrestano [modifica]
Il sagrestano è incaricato di curare la Chiesa insieme con il suo arredo ed i paramenti sacri. Oltre a mantenere tutto in ordine e pulito e preparare la chiesa per le funzioni (ad es. accendendo le candele), tra le altre sue responsabilità c'è anche l'illuminazione interna al monastero e per questo sovrintendeva alla costruzione di candele e del cotone necessario per i malati.
Al fine di non lasciare la chiesa incustodita, mangiava e dormiva in appositi locali nei suoi pressi.
Il suo assistente principale era il revestarius che si occupava dei paramenti sacri e degli arredi dell'altare. Un altro era il tesoriere incaricato di reliquari, vasi sacri ecc.
Il cellerario [modifica]
Il cellerario si occupa del cibo e della sua conservazione. In caso di necessità è esentato dalla partecipazione ai cori. Tra le sue incombenze c'è anche la scelta degli inservienti laici dei servizio in refettorio. Era incaricato anche della legna, il trasporto di materiali (non solo cibo), la manutenzione degli edifici ecc. Suo aiutante è il vice-cellerario e, nel forno, il granatorius che si assicura della qualità delle granaglie.
Il refettorista [modifica]
Il refettorista è incaricato di curare il refettorio, assicurare la pulizia dei luoghi, degli arredi e delle posate. Si occupa anche del lavandino, delle relative tovaglie e, quando necessario, dell'acqua calda.
Il cuciniere [modifica]
Il cuciniere ha la grande responsabilità di fare le porzioni ed evitare sprechi. Fra i suoi collaboratori c'è l'ampor che si occupa degli acquisti all'esterno.
Fra gli altri compiti del cuciniere c'è il mantenimento di un registro delle spese e di un inventario dei beni a sua disposizione da illustrare settimanalmente all'Abate. È anche responsabile della pulizia delle posate e dei locali.
Per i suoi impegni è spesso esentato dai cori.
I frati che servono nel refettorio in turni settimanali sono sotto i suoi ordini. A conclusione dei loro turni, la domenica sera lavano i piedi ai confratelli.
L'infermiere [modifica]
L'infermiere doveva curare amorevolmente deboli e malati e, quando necessario, era esentato dalla partecipazione alle funzioni comuni. Dormiva sempre nell'infermeria, anche quando non c'erano malati, così da essere sempre reperibile in caso di emergenza.
L'elemosiniere [modifica]
L'elemosiniere era incaricato di distribuire le elemosine, in cibo e vestiti, con spirito di carità e discrezione.
Il maestro degli ospiti [modifica]
Nel Medioevo l'ospitalità ai viaggiatori da parte dei monasteri era così frequente che il maestro degli ospiti richiedeva grande tatto, prudenza e discrezione, così come affabilità, poiché la reputazione del monastero era nelle sue mani. Suo primo dovere era di assicurarsi che i locali erano sempre pronti per riceverli, che proprio lui doveva accogliere, secondo quanto espresso dalla Regola, come lo stesso Cristo, e durante la loro permanenza sopperire alle loro necessità, intrattenerli, condurli in chiesa per assistere alle funzioni, ed essere sempre a loro disposizione
Il ciamberlano [modifica]
Il ciamberlano sovrintendeva il guardaroba dei fratelli, il loro rammendo o rinnovo di quelli sdruciti, mettendo da parte quelli non più usati per distribuirli ai poveri. Supervisionava anche la lavanderia ed l'acquisto all'esterno del necessario per il confezionamento degli abiti. Sempre suo compito erano i preparativi per il bagno, il lavaggio dei piedi ed il taglio della barba dei confratelli.
Il maestro dei novizi [modifica]
Il maestro dei novizi era uno dei monaci più importanti. Nella chiesa, nel refettorio, nei chiostro o nel dormitorio sorvegliava i novizi e trascorreva il giorno ammaestrandoli e facendoli esercitare sulle regole e le pratiche tradizionali della vita religiosa, incoraggiando ed aiutando chi dimostrava una reale vocazione.
Il settimanale [modifica]
Il settimanale era incaricato di cominciare tutte le Ore canoniche, dare le benedizioni richieste e cantare nella messa solenne celebrata giornalmente.
I servizi settimanali includevano, oltre a quelli già ricordati, il lettore nel refettorio che era incoraggiato a prepararsi bene al fine di evitare errori durante l'ufficio. C'era anche l'antifono il cui dovere era di intonare la prima antifona dei salmi e guidare la recitazione delle funzioni.
La giornata del monaco [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Rito benedettino.
"Ti ho lodato sette volte al giorno", questo sacro numero di sette si esprime nei momenti di preghiera: Lodi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespro e Compieta.
Prima dell'alba il monaco si alza al suono della campana e si reca in chiesa per la recita dell'ufficio notturno, che termina con le lodi mattutine.
Al termine di questo spazio di tempo riservato alla preghiera, il monaco inizia il proprio lavoro che non interrompe più sino alla Messa conventuale, centro di tutta l'ufficiatura e punto culminante della vita monastica.
La campana dell'Angelus ricorda l'ora del pranzo: nel refettorio l'Abate benedice la mensa ed il lettore che, come vuole la regola, leggerà un brano di Santa Scrittura durante il pasto.
Dalla lettura ad alta voce deriva naturalmente la legge del silenzio per evitare ogni diminuzione di raccoglimento.
A tavola ed a turni settimanali i monaci si servono a vicenda mentre uno legge la [[redirigo wikilink a BibbiaSacra Scrittura]].
Dopo il pranzo c'è un'ora di ricreazione comune. Pare che la ricreazione attuale dei monasteri benedettini non risalga alle origini dell'istituzione monastica, sebbene la Regola di San Benedetto assegnasse già ai monaci qualche momento al giorno per lo scambio delle parole necessarie: comunque, dal IX secolo, la ricreazione è ammessa ovunque ed attualmente avviene due volte al giorno, a mezzogiorno e alla sera.
Al termine della ricreazione i monaci ritornano al loro lavoro.
La campana della cena riunisce di nuovo la comunità monastica per un pasto rapido e frugale, seguito da una breve ricreazione. Quindi il monastero si immerge nel silenzio: è l'ora di compieta, la preghiera della sera, l'ultimo atto della giornata del monaco.
L'abate benedice i monaci e, dopo qualche altra preghiera per i morti o alla Vergine, dopo aver detto "il Signore ci conceda una notte serena ed un riposo tranquillo" tutto tace.
La lunga ed operosa giornata del monaco è chiusa.
Da compieta all'indomani mattina, finito l'ufficio notturno, nessuno può rompere il silenzio senza un grave motivo.
Lo studio ed il lavoro [modifica]
Con i Benedettini la cura del lavoro manuale ed intellettuale creò nel Medioevo una sinergia unica ed irripetibile: studiando i testi antichi recuperarono nozioni ormai dimenticate in campo scientifico ed agricolo che misero a frutto nei loro monasteri e, per imitazione, si diffusero anche fuori.
Ad esempio, è tutta da ascrivere a merito dei Benedettini la rinascita medioevale dell'interesse per la letteratura medica e la coltivazione di erbe medicinali per uso terapeutico. Agli insegnamenti del passato loro aggiunsero la pratica della medicina come dovere etico del cristiano. D'altra parte nella Regola si impone che almeno due monaci in ogni convento siano (dovevano essere) addetti alla cura degli infermi negli stessi locali del convento in una zona non frequentata dai frati. Tra i compiti assegnati ai monaci-medici c'è (c'era) anche il reperimento e lo studio delle opere mediche a disposizione nel convento per poter conseguire l'abilità necessaria per la loro attività.
Esemplare è, in proposito, il caso di Salerno dove, in un monastero nei pressi della città i Benedettini già nell'820 avevano istituito un'infermeria aperta anche all'estero e molto contribuirono alla nascita della famosa Scuola medica salernitana.
Per quanto riguarda l'agricoltura, introdussero la rotazione triennale (il primo riferimento storico è stato rintracciato in un documento del 763 conservato nel Monastero di San Gallo in Svizzera) che consentì di migliorare la resa dei campi, trasformando i monasteri in avviate aziende agricole.
Il progresso tecnico e scientifico era ulteriormente avvantaggiato dalla circolazione delle conoscenze da un monastero all'altro attuato attraverso lo scambio dei testi ricopiati dagli amanuensi.
Per tutte queste ragioni i monasteri benedettini vennero a svolgere un ruolo centrale nella società medioevale accogliendo personalità di primo piano. Così il numero crebbe insieme a quello dei monaci tanto che in quell'epoca non erano rari i monasteri che ospitavano oltre 900 individui ai quali occorre ancora aggiungere i numerosi dipendenti laici e le loro famiglie che vivevano nei paraggi. Considerando, inoltre, che i monasteri Benedettini erano sempre edificati in aree isolate e disabitate, essi spesso mettevano a frutto terreni abbandonati o boschivi da altri ignorati contribuendo ulteriormente alla crescita economia.
Benedettini e Benedettine celebri [modifica]
San Benedetto da Norcia (480 circa-547)
Santa Scolastica (480 circa-547)
San Mauro Abate (512 - circa 584)
Sant'Alferio Pappacarbone (930-1050)
Papa Gregorio I (590-604) detto Gregorio Magno
Papa Bonifacio IV (608-615)
Papa Gregorio II (715-731)
Papa Pasquale I (817-824)
Papa Gregorio VII (1073-1085)
Papa Vittore III (1086-1087)
Papa Urbano II (1088-1099)
Papa Pasquale II (1099-1118)
Papa Celestino V (1294)
Papa Clemente VI (1342-1352)
Papa Urbano V (1362-1370)
Papa Pio VII (1800-1823)
Papa Gregorio XVI (1831-1846)
Benedetto d'Aniane (750-821)
Costantino l'Africano (1020 - 1087)
Santa Ildegarda di Bingen
Guido Monaco
John Main
San Gustavo
San Domenico di Sora
San Romualdo
San Giovanni Gualberto
Dom Pérignon
Anselm Grün
Raffaele Stramondo
Le abbazie [modifica]
I primi due monasteri dell'ordine (uno maschile ed uno femminile) furono fondati da San Benedetto a Montecassino nel 529. Lui si occupò di quello maschile, mentre il femminile fu posto sotto la guida di Santa Scolastica, sua sorella.
Nel medioevo le più importanti abbazie benedettine italiane furono l'abbazia di Farfa, quella di Nonantola, la Novalesa e quella di San Vincenzo in Volturno; in Germania l'Abbazia di Fulda e quella di Reichenau; in Francia Tours, Saint-Denis e Cluny.
Altri monasteri benedettini italiani:
Abbazia di Monte Cassino
San Paolo Fuori le Mura
Badia Fiorentina
Badia di Cava de Tirreni
Abbazia di Fossanova
Abbazia di Pomposa
Abbazia di Casamari
Abbazia di Chiaravalle
Abbazia di Subiaco
Monastero di San Nicolò l'Arena a Catania
Monastero di San Nicolò l'Arena a Nicolosi
Abbazia dei Santi Nazario e Celso a San Nazzaro Sesia
Abbazia di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po
Badia Leonense
Abbazia di San Martino delle Scale a Monreale
Abbazia di Praglia a Teolo
Abbazia di Santa Maria Maddalena in Armillis a Sant'Egidio del Monte Albino
Abbazia di Santa Maria di Pulcherada a San Mauro Torinese
Benedettini al cinema e nella letteratura [modifica]
Cadfael. Serie di romanzi d'investigazione di Ellis Peters, iniziata nel 1977, si svolge nell'Inghilterra del XII secolo, al tempo della guerra civile fra il re Stephen e la regina Maud, e ha per protagonista il benedettino gallese Cadfael. La televisione britannica ne ha tratto una serie, Cadfael - I misteri dell'abbazia, con protagonista Derek Jacobi.
Il nome della rosa. Romanzo di Umberto Eco, pubblicato nel 1980, si svolge nell'Italia del XIV secolo, in un'abbazia benedettina di fantasia dell'appennino ligure [4], ma ha per protagonista il frate francescano Guglielmo da Baskerville. Da questo romanzo è stato tratto il film omonimo diretto da Jean-Jacques Annaud con protagonista Sean Connery. Lo spunto delle vicende è stato tratto dalle vicende dello scriptorium dell'Abbazia di San Colombano di Bobbio dopo la soppressione dell'Ordine di San Colombano e la venuta dei benedettini.
Note [modifica]
^ Abbazia di Borzone » Blog Archive » Il monachesimo irlandese e san Colombano
^ Abbazia di Montecassino
^ dati statistici riportati dall'Annuario Pontificio per l'anno 2007, Città del Vaticano, 2007, p. 1452.
^ Bobbio
Voci correlate [modifica]
Rito benedettino
Cenobitismo
Erbe medicinali
Letteratura medica
Monache benedettine
Monachesimo
Ordini monastici
Altri progetti [modifica]
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Collegamenti esterni [modifica]
Sito ufficiale dell'Ordine di San Benedetto
La regola commentata
Confoederatio Benedictina Ordinis Sancti Benedicti, Sito ufficiale della Confederazione Benedettina
Presentazione candidature in quota UDC a Bologna - Lista Aldrovandi Sindaco
PLAYLIST MUSICALE 1^
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