Pietro Berti

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Anchorage

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venerdì 10 dicembre 2010

Processo Cusani

per ascoltare le fasi salienti del processo cliccare sul seguente link http://www.radioradicale.it/scheda/61985/62052-processo-cusani-affare-enimont

Sergio Cusani (Napoli, 4 agosto 1949[1]) è un dirigente d'azienda italiano

dal sito http://it.wikipedia.org/wiki/Sergio_Cusani

Da leader studentesco a consulente finanziario [modifica]
Laureato all'Università Bocconi di Milano, dove svolse militanza politica nel movimento studentesco collocandosi nelle correnti di sinistra, crebbe professionalmente negli ambienti finanziari milanesi e in particolare presso lo studio del famoso agente di borsa Aldo Ravelli. Fu consulente finanziario della famiglia Ferruzzi, prima con il fondatore Serafino poi con il genero Raul Gardini e infine con Carlo Sama.
La sua fama deriva dalla vicenda delle tangenti Enimont, pagate dall'imprenditore Raul Gardini a numerosi esponenti politici in seguito alla vendita dell'azienda. La "madre di tutte le tangenti" - come fu definita - ammontava a circa 150 miliardi di lire, dati da Montedison per favorire il burrascoso divorzio dall'Eni dopo il fallimento della joint venture.
Raul Gardini voleva uscire (in fretta e con una supervalutazione delle sue azioni) da Enimont; per farlo secondo l'accusa occorreva pagare i partiti e Gardini incaricò Sergio Cusani di reperire i fondi necessari, ovviamente "in nero". A Cusani viene in mente il "personaggio dalla liquidità spaventosa" che aveva già fatto affari immobiliari con la Ferruzzi e con la Montedison ai tempi di Serafino: Domenico Bonifaci, immobiliarista romano. A Bonifaci si chiese di acquistare la società Sviluppo Linate con una complessa operazione, in cui 60 miliardi furono anticipati dalla stessa Montedison. Bonifaci accettò e pagò in nero: parte in contanti e parte in CCT, dei quali compilò un minuzioso elenco, rivelatosi preziosissimo poi per gli inquirenti quando si tratterà di vedere dove erano andati a finire quei soldi. Una parte dei CCT venne portata in Vaticano presso la banca IOR che la trasformò in contanti.
Dopo l'inizio delle inchieste di Tangentopoli, Cusani comprese che si avvicinava il momento dell'arresto e liquidò la società di consulenza per dedicarsi alla propria difesa: essa si incentrò su un ostinato esercizio della facoltà di non rispondere al di fuori dello stretto indispensabile per difendere la memoria del suo mentore Gardini; ma tale atteggiamento processuale si tradusse nell'unico vero baluardo che nel turbine di Tangentopoli si frappose alla possibilità di qualificare come corruzione la posizione giudiziaria di Bettino Craxi, per cui la stampa tendeva a qualificarlo come finanziere del Partito Socialista Italiano.
Il processo ENIMONT [modifica]
Il processo presso il tribunale di Milano, che era presieduto dal giudice Giuseppe Tarantola, si svolse col rito abbreviato ed anticipò tutti gli assai meno noti processi dell'epoca di Tangentopoli. Esso vide Antonio Di Pietro accusare Cusani e interrogare molti politici italiani in veste di testimoni o di imputati di reato connesso.
Tra questi Bettino Craxi, Arnaldo Forlani, esponenti della Lega Lombarda tra cui Bossi e Patelli (poi espulso) ed esponenti del Partito Repubblicano. È un processo che ha un grande seguito da parte della stampa e che vede la condanna di Cusani a 5 anni e 10 mesi di reclusione. Ne scontò in cella quattro. Tra i molti protagonisti della vicenda Enimont è quello che ha scontato la pena più pesante. Dall'ottobre 1998 era stato affidato ai servizi sociali e lavorava per l'"Associazione Liberi"[2]; il 30 marzo 2001 aveva finito di scontare la sua pena.
Già nel corso del processo di primo grado aveva restituito 35 miliardi di lire (mentre Bonifaci, in sede di patteggiamento per il reato di falso in bilancio, restituì 54 miliardi di lire, evitando così il processo pubblico sui fondi neri Eni Montedison).
L'attività di recupero [modifica]
Attualmente è impegnato in progetti di recupero detenuti (presso l'Agenzia di solidarietà per il lavoro - Agesol[3]) e finanza etica, in collaborazione con gli istituti di pena e ex compagni di detenzione. Con Sergio Segio nel 2000 ha lanciato e organizzato una grande campagna per l'indulto e l'amnistia in occasione del Giubileo e per la riforma penitenziaria, con il progetto "Piccolo piano Marshall per le carceri".[4]
Il 9 luglio del 2009 il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha dichiarato "riabilitato Cusani Sergio da ogni incapacità ed effetto penale derivanti dalle precedenti condanne"[1][5].
Note [modifica]
^ a b «Regalo di compleanno» per Cusani:l'ex manager potrà tornare a votare». Corriere del Mezzogiorno, 3-8-2009. URL consultato in data 14-11-2009.
^ "La solidarietà non è più un giardinetto buonista". Corriere Lavoro - RCS Quotidiani Spa, 18-06-1999. URL consultato il 06-12-2009.
^ Agesol newsletter dicembre 2007 (PDF). Agesol. URL consultato il 06-12-2009.
^ Mastella: via nelle carceri al progetto di reinserimento. Corriere della Sera - RCS Quotidiani Spa, 28-10-2006. URL consultato il 06-12-2009.
^ Il Tribunale riabilita Sergio Cusani. Corriere della Sera - RCS Quotidiani Spa, 04-08-2009. URL consultato il 06-12-2009.
Voci correlate [modifica]
Tangentopoli
Raul Gardini
Montedison

il processo Cusani in sintesi: 51 udienze per oltre 400 ore di dibattimento, 20.000 documenti e ben 7.000 pagine dattiloscritte. Cusani viene condannato a otto anni di carcere e a 168 miliardi di lire di risarcimento per false comunicazioni sociali, illecito finanziamento ai partiti e appropriazione indebita. Riferisce il Corriere della Sera al link http://archiviostorico.corriere.it/1994/giugno/02/giudice_Tarantola_errori_Pietro_nel_co_0_9406029254.shtml

il giudice Tarantola: errori di Di Pietro nel processo Cusani

------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ Depositate le motivazioni della sentenza: l' imputato agi' per il potere. Critiche al Gip Ghitti TITOLO: Il giudice Tarantola: errori di Di Pietro nel processo Cusani - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - MILANO . E stato un processo sbagliato. Giuseppe Tarantola, il presidente del tribunale che ha condannato a 8 anni Sergio Cusani per l' intrigo Enimont, deposita le motivazioni della sentenza. E, pur ribadendo la colpevolezza dell' imputato, che agi' per il potere, bacchetta Di Pietro e il gip Ghitti. Secondo il presidente, che parla di "anomalo e improprio dispendio di energie", Di Pietro non doveva chiedere di processare Cusani da solo e col rito immediato. E Ghitti non doveva accogliere quella richiesta "velleitaria": erano avvolti nella nebbia l' ammontare delle tangenti e i nomi dei destinatari: "Occorreva svolgere approfondite indagini prima di rinviare a giudizio". Ghitti avrebbe dovuto fare "una piu' attenta lettura degli atti". Buccini a pagina 11

Il processo Cusani [modifica]
Nel frattempo iniziò il processo a Sergio Cusani. Cusani era accusato di reati collegati ad una joint venture tra ENI e Montedison, chiamata Enimont, nella quale aveva fatto da agente di collegamento tra Raul Gardini ed il mondo politico nazionale: la sua fedeltà alla memoria del suo vecchio "patron", tragicamente defunto, fu probabilmente l'unico argine ad un'ennesima chiamata di correità dei politici, comunque inquisiti per le dichiarazioni convergenti degli altri manager del gruppo Ferruzzi (Garofalo e Sama). Ecco perché il giudizio abbreviato, chiesto a sorpresa dall'imputato e celermente concesso dalla Procura, si trasformò in un'insperata occasione di confrontare il silenzio di Cusani con le prove a suo carico, mostrando come esse fossero sufficienti ad un impianto accusatorio che avrebbe poi retto alla prova anche del successivo troncone del processo ENIMONT.
Il processo fu trasmesso in diretta dalla Rai, registrando ascolti record: celebri furono gli accesi scontri verbali fra Di Pietro e l'avvocato di Cusani, Giuliano Spazzali, durante i quali il magistrato impiegava il suo colorito linguaggio popolare (il cosiddetto "dipietrese"), che ne aumentarono la popolarità e l'affetto del popolo e sarebbero diventate una delle sue caratteristiche più famose.
Cusani non era una figura di primo piano, ma nell'affare Enimont erano coinvolti molti politici di primo piano, e molti di loro furono chiamati a deporre come testimoni. Tra questi, l'ex Presidente del Consiglio, Arnaldo Forlani, rispondendo ad una domanda, disse semplicemente «Non ricordo». Nelle fotocolor e nelle riprese video fatte dai giornalisti, Forlani appariva molto nervoso, e sembrava non rendersi conto della goccia di saliva che si accumulava sulle sue labbra; questa immagine assurse a simbolo dell'assenza di self control di chi era per la prima volta chiamato a rendere conto delle proprie azioni e produsse anche icasticamente un moto di disgusto popolare per il sistema di corruzione. Bettino Craxi invece ammise che il suo partito aveva ricevuto i fondi illegali, anche se negò che ammontassero a 93 milioni di dollari. La sua difesa fu ancora una volta che «lo facevano tutti» ma la sua deposizione, al contrario delle precedenti, non venne interrotta dal pubblico ministero d'udienza, Antonio Di Pietro[12], il quale reagì alle critiche per questa sua inusuale condotta processuale dichiarando alla stampa che per la prima volta vi era stata una piena confessione.
Anche la Lega Nord e il disciolto PCI, che sostenevano pubblicamente i magistrati e le loro inchieste, furono coinvolti nelle chiamate in correità: sulla base di queste, nel successivo processo ENIMONT Umberto Bossi e l'ex tesoriere Alessandro Patelli furono condannati per aver ricevuto 200 milioni di finanziamenti illegali, mentre le condanne di Primo Greganti e di alcuni esponenti milanesi toccarono il partito comunista solo marginalmente. Nel processo emerse anche che una valigia con del denaro era pervenuta a Via delle Botteghe Oscure, nella sede nazionale del PCI, ma le indagini si erano arenate dato che non si erano trovati elementi penalmente rilevanti nei confronti di persone. In proposito il Pubblico Ministero Antonio Di Pietro disse: «La responsabilità penale è personale, non posso portare in giudizio una persona che si chiami Partito di nome e Comunista di cognome». Alcuni detrattori di Di Pietro ritengono tuttavia che il PM non abbia fatto il possibile per individuare i componenti del PCI responsabili di corruzione: ipotesi che Di Pietro liquida come «un'autentica falsità»[13].
1Statistiche su Mani pulite [modifica]
L'inchiesta Mani pulite, durata due anni e condotta da cinque magistrati, ha portato a 1300 fra condanne e patteggiamenti definitivi.[1]
Gli autori del libro Mani pulite, la vera storia (2002) affermano che dei 430 assolti nel merito (il 19%), non tutti sono stati riconosciuti estranei ai fatti. Alcuni imputati (gli autori citano come esempio 250 imputati per le tangenti riguardanti la Cariplo) pur avendo commesso il fatto, non sono stati ritenuti punibili: i giudici hanno ritenuto il fatto commesso, ma li hanno assolti con la formula «il fatto non costituisce reato» in quanto non vennero considerati pubblici ufficiali. In quest'ottica gli assolti perché riconosciuti estranei ai fatti contestati scenderebbero a circa 150 (il 6%). Gli autori aggiungono inoltre che di quei 150 molti sono stati assolti grazie alle riforme giudiziarie dell'Ulivo, che tramite l'art. 513 c.p.p. (giudicato poi incostituzionale) e la riforma denominata «giusto processo», hanno invalidato le prove di vari procedimenti.[30]
Vi è tuttavia da dire che nel momento in cui vi è una promessa corresponsione in denaro o altra utilità ad una persona perché questa ponga in essere un determinato atto, non vi è alcun reato, a meno che quest'ultima non sia appunto un pubblico ufficiale, nel qual caso possono profilarsi i reati di corruzione o concussione. Viceversa, come sembra essere avvenuto nella maggioranza dei processi di Mani Pulite conclusisi con l'assoluzione, la questione attiene ai rapporti tra privati cittadini che non integrano in alcun modo il fatto-reato.
È stato infine sottolineato da autorevole dottrina come l'orientamento della magistratura nel suo complesso sia stato, in quel periodo, particolarmente rigorista in ambito di reati contro la pubblica amministrazione: ciò che sarebbe stato permesso, tra l'altro, dalla peculiare indeterminatezza di fondo della fattispecie di concussione (art. 317 c.p.), ritenuta suscettibile di rilievi di incostituzionalità.[31] È stata infatti ricondotta a concussione anche la condotta del pubblico ufficiale che aveva ricevuto danaro da privati senza aver esercitato su di loro alcun tipo di pressione, limitandosi a beneficiare degli effetti dell'operato di chi l'aveva preceduto nella carica (c.d. concussione ambientale).[32]
Un tale rigorismo è stato difeso dall'ex procuratore Gerardo D'Ambrosio, ancora tre lustri dopo:
« Se avessimo ragionato così[33] negli anni 90 non ci sarebbe stata Mani Pulite. Tutti coloro che indagavamo dicevano che facevano le cose per migliorare la situazione, ma noi abbiamo scoperto che invece la peggioravano con appalti inutili e vuoti. Il principio di legalità va difeso sempre e comunque.[34] »
Il costo delle tangenti [modifica]
Nel 1992 l'economista Mario Deaglio calcolò la ricaduta economica del giro di tangenti sui conti dello Stato, e quindi, in definitiva, sulle tasche dei cittadini. Infatti, la lievitazione dei costi degli appalti, finalizzata all'ottenimento dei margini fraudolenti, nonché i lavori inventati ex-novo per generare il giro di tangenti, ha una ripercussione rilevante sui costi che lo Stato si accolla nei lavori pubblici, tale che, in alcuni casi, l'esborso per le opere pubbliche viene ad essere due, tre, quattro e più volte il corrispettivo per analoghe opere pubbliche realizzate in altri paesi europei.
Deaglio ha stimato[35] che il giro delle tangenti generasse orientativamente:
10 000 miliardi di lire annui di costi per i cittadini;
un indebitamento pubblico fra 150 000 e 250 000 miliardi di lire;
tra 15 000 e 25 000 miliardi di interessi annui sul debito.
Di fatto, il 1992 fu un anno drammatico per i conti dello Stato. Il rapporto debito/PIL superò il 105%[36]. Il 13 agosto 1992 l'agenzia Moody's declassò il rating italiano ad Aa2 per via dell'insicurezza degli investimenti realizzabile in Italia in quel momento.[37] Per porre un argine alla bancarotta, il governo Amato fu costretto a varare, nell'autunno di quell'anno, una finanziaria pesantissima per l'epoca: 92 000 miliardi di tasse, con in aggiunta il prelievo forzato del 6 per mille su tutti i conti correnti bancari italiani, considerato il vero e proprio "scontrino finale" di Tangentopoli.[1]
^ Mario Almerighi, Tre suicidi eccellenti. Gardini, Cagliari, Castellari, Editori riuniti, 2009. La connessione di Castellari con lo scandalo Enimont sarebbe costituita dalla sua carica di ex direttore generale del ministero delle Partecipazioni Statali, veste nella quale aveva seguito insieme al ministro Franco Piga tutta la vicenda della joint venture: eppure, pochi giorni prima che scomparisse e che il suo corpo senza vita fosse trovato in una collina a Sacrofano - ucciso da un colpo di pistola sparato alla nuca - aveva inviato al suo avvocato un memoriale in cui spiegava di essere stato completamente escluso dalle trattative che avevano concluso la vicenda Enimont.
^ Luigi Musella, "Questione morale" e costruzione pubblica di un giudizio nei processi ai politici degli anni Novanta MEMORIA E RICERCA, 2009 Fascicolo: 32.
^ Tratto da Intervista su Tangentopoli, a cura di G. Valentini, Laterza, Roma 2001
^ Berlusconi vuole di Pietro ministro, articolo de La Repubblica, del 29 aprile 1994
^ Di Pietro rifiuta il Viminale, articolo de Il Corriere della Sera, del 8 maggio 1994
^ Berlusconi: "ho sbagliato", articolo de Il Corriere della Sera, del 8 maggio 1994
^ Éric Jozsef, Main basse sur l'Italie : La résistible ascension de Silvio Berlusconi, Éditions Grasset, p. 91
^ Dal decreto, articolo de La Repubblica, del 12 novembre 2009
^ Luigi Corvi, Francesco Battistini. «Di Pietro: mai chiesto aiuto a Previti». Corriere della Sera, 17 giugno 1995, p. 5.
^ Sul momento, appena divulgate le accuse, Di Pietro aveva smentito di esser mai stato in Costa Rica e in Austria. Maurizio Caprara. «"Di Pietro, superuomo sempre in viaggio"». Corriere della Sera, 7 luglio 1994, p. 13.
^ Attestate anche dalla Relazione DEL COMITATO PARLAMENTARE PER I SERVIZI DI INFORMAZIONE E SICUREZZA E PER IL SEGRETO DI STATO SULL'ACQUISIZIONE ILLEGITTIMA DI INFORMAZIONI RISERVATE E CONTROLLO PARLAMENTARE depositata alle Camere il 5 marzo 1996 come Doc. XXXIV, n. 4, ove si legge: "Nell'estate del 1992, mentre procedono le inchieste dopo che sono emersi indizi circa il rischio di un attentato contro Di Pietro, egli parte per una vacanza in Costarica. Ragioni di sicurezza inducono il Vicequestore vicario di Bergamo a procurargli per il viaggio un passaporto di copertura, intestato ad altro nome. L'operazione riservatissima è a conoscenza del prefetto Parisi, capo della polizia. Un appunto anonimo, ritrovato tra le carte di Craxi, ma compreso anche nel dossier posto a base della ispezione del 1994, riferisce dettagliatamente il fatto, aggiungendo che in Costarica il magistrato sarebbe stato ospite della consorte del dottor Lamberto Dini. Questo particolare, per sé insignificante e smentito dal dottor Di Pietro, serve evidentemente ad insinuare l'esistenza di suoi collegamenti con ambienti finanziari. Del resto, notizie su viaggi o rapporti con ambienti non italiani del magistrato ricorrono spesso nei dossiers: dai viaggi negli Stati Uniti, di cui Craxi conserva memoria, all'informazione raccolta dal SISDE (compresa tra quelle che saranno citate più avanti, della cosiddetta fonte "Achille"), su presunti contatti con ambienti internazionali, in grado di determinare manovre contro la lira."
^ http://www.antoniodipietro.com/documenti2/Sentenza%20Salamone.pdf
^ Antonio Di Pietro - La mia storia attraverso le sentenze
^ http://www.antoniodipietro.com/documenti2/29marzo19967199.pdf
^ http://www.antoniodipietro.com/documenti2/Sentenza%20Salamone%20l%27Espresso%20-%20DP.pdf
^ Della Porta, Donatella e Alberto Vannucci, "Corruption and anti-corruption: The political defeat of 'Clean Hands' in Italy", in West European Politics, 30, no. 4 (September 2007): 830-853.
^ Viviana Magni. " L' onesta' non paga, mi uccido ". Corriere della Sera, 23-04-1997. URL consultato il 26-10-2010.
^ Marco Travaglio. Ambrogio Mauri una vittima vera. L'Espresso, 29-01-2010. URL consultato il 26-10-2010.
^ Per tutti: G.F. Ricci, Principi di diritto processuale generale, Giappichelli, Torino, 2001 (ISBN 8834812638); F. Izzo (a cura di), Compendio di diritto processuale penale, EsseLibri, Napoli, 2004 (ISBN 8824487645)
^ Barbacetto, Gomez, Travaglio: Mani Pulite, la vera storia, pp. 674, 704-5 (2002, Rizzoli, ISBN 8835952417).
^ V. ad es. L. Stortoni, Delitti contro la pubblica amministrazione, in S. Canestrari et. al., Diritto penale: lineamenti di parte speciale, 3 ed., Monduzzi, Bologna, 2003, pp. 127-128 (ISBN 8832331713).
^ Cass., sez. VI, 29 aprile 1998, C.E.D. 211708.
^ cioè come sostenuto dall'ex procuratore capo Borrelli, che aveva sostenuto all'entrata della Scala che "per rendere efficiente la pubblica amministrazione a volte bisogna anche forzare i limiti della legalità", in riferimento alle indagini che si stanno svolgendo sull'attuale sindaco Moratti circa le procedure illecite di nomina dei manager del Comune.
^ Corriere della sera, "Moratti indagata, la difesa di Borrelli: a volte si deve forzare" di Maurizio Giannattasio, 8 dicembre 2007
^ www.societacivile.it
^ http://www.radicali.it/view.php?id=144364
^ «Moody's: dopo 6 anni Italia verso zona promozione». Il Sole 24 ore, 28 febbraio 2002.
^ divenuto Atto Senato n. 1369
^ primi firmatari sempre i deputati Pisanu e Frattini
^ Doc. XXII, n. 61
^ G. D'Avanzo, "Per Silvio Berlusconi 18 salvacondotti in 15 anni, Repubblica, 23 novembre 2009.
^ Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Felice Besostri, che allegava ai resosonti anche una ricca bibliografia sul fenomeno della corruzione politica, che comprendeva circa 150 testi.
^ Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Felice Besostri, secondo cui "battaglie contro i corrotti storicamente sono state condotte per una sostituzione dei soggetti corruttibili (...), i quali hanno fatto della lotta alla corruzione il motivo per cui sono stati eletti, ma quando hanno rimpiazzato chi li aveva preceduti non intervenendo sui meccanismi sono diventati corrotti a loro volta, e molto spesso in misura maggiore".
^ Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Felice Besostri: "È opportuno perciò diffidare. (...) la Commissione potrebbe essere utile se vuole indagare su tale fenomeno in parte dal punto di vista storico, in parte per analizzarne i meccanismi, sicuramente con qualche incursione all'estero che sarebbe opportuna e necessaria. Invece, se il problema diventa esclusivamente quello della lettera c) dell'articolo 1, allora ad essere sbagliato è il punto di partenza, cari colleghi. Ciò vuol dire che in realtà di questo fenomeno non ci interessa eccessivamente".
^ Un disastro annunciato, di Felice Besostri, 16 aprile 2008, su ((http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=7290)).
^ a b Peter Gomez; Marco Travaglio, Le mille balle blu, Rizzoli, 2006. pp. 54-55 ISBN 8817009431
^ "Ho immediatamente pensato a Gabriele Cagliari. Era luglio, 1993, caldo come quello di oggi. E lui si uccise. Si uccise perché un pubblico ministero gli mentì promettendogli la libertà e poi negandogliela": sono i pensieri di Del Turco rivelati al deputato del Pdl Renato Farina, giornalista di Libero, che li ha riferiti sul suo giornale il 17 luglio 2008 dopo essere rientrato dal carcare di Sulmona.
^ «Craxi, tutti i processi e le condanne». la Repubblica, 19 gennaio 2000.
^ Luca Fazzo. «Anche Cagliari comincia a parlare...». la Repubblica, 17 luglio 1993, p. 7.
^ Oriana Liso. «La cella è un' angoscia così Cagliari si arrese». la Repubblica, 27 Marzo 2007, p. 17.
^ Raul Gardini e Gabriele Cagliari, dal sito rifondazione-cinecitta.org
^ Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Pastore: "credo che chi accede al ruolo della magistratura sia un uomo come tutti gli altri: quindi, credo che esistano anche tra i magistrati "toghe pigre", che hanno poca voglia di lavorare, oppure "toghe distratte", magari da arbitrati esterni, quindi da attività extragiudiziarie, oppure distratte, com'è capitato, da impegni sportivi, da incontri di tennis e così via, ragion per cui vengono rinviate le udienze a misura delle proprie necessità personali. Vi sono poi anche "toghe impreparate", diciamolo: come esistono professionisti impreparati od operatori giuridici impreparati, ci possono essere toghe impreparate; come ci possono essere, ci sono state - e probabilmente ci saranno sempre, perché la natura dell'uomo è quella che è – "toghe sporche". Poi ci sono - non dobbiamo tacere la verità storica - le "toghe rosse" (...) Vi è poi un'altra categoria di toghe, e concludo: le "toghe rampanti", o meglio da arrampicatore, cioè le toghe di coloro che vedono la giustizia solo come un trampolino di lancio per la loro carriera in magistratura o fuori dalla magistratura, coloro che utilizzano la giustizia-spettacolo per propri fini di pubblicità, per apparire sui media; ma soprattutto in questo Senato abbiamo la toga rampante più nota nel Paese, che ha usato come rampini e piccozze, per potersi arrampicare in quest'Aula, su questi scranni, la carcerazione preventiva e le manette".
^ Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Gubert: "Il sospetto che, per qualche ragione, il lavoro inquisitorio della magistratura si sia diretto più in direzione del vecchio pentapartito di centro-sinistra anziché, in modo equanime ed imparziale, anche in direzione del principale partito di opposizione non solo è molto diffuso tra gli italiani, ma trova solidi indizi. Il sistema di lottizzazione dei pubblici appalti da anni includeva una quota da riservare alle "cooperative rosse", i cui legami organici con il PCI erano noti. Il fatto che la lottizzazione avesse solo il fine di distribuire equamente le opportunità di lavoro sono in pochi a crederlo; che nelle regioni e negli enti locali amministrati dal PCI vi fossero processi di decisione nell'assegnazione di commesse, di incarichi, di appalti, nella destinazione urbanistica di aree, nella concessione di licenze e di autorizzazioni che avevano quale condizione necessaria la fedeltà politica da testimoniare con contributi al partito o assunzioni di clientela, sono molti in quella realtà a poterlo testimoniare; che il PCI, a seguito delle indagini della magistratura sui finanziamenti illeciti, abbia dovuto ridimensionare apparato burocratico e sedi, è agevolmente rilevabile, al pari di quanto hanno dovuto fare la DC ed altri partiti. La gente questo lo sa, lo ha visto; la gente sa che sull'indipendenza di giudizio dei magistrati che condividono pubblicamente obiettivi politici di partiti è difficile fare affidamento, tanto più che la via italiana al potere da parte del PCI teorizzava la conquista non violenta del potere attraverso l'egemonia culturale nelle università, nelle attività culturali e nelle arti, attraverso un uso mirato dei poteri della magistratura."
^ Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Pastore: "è incontestabile che il sistema giudiziario sia profondamente inquinato non dalle scelte politiche ma dalle scelte di partito. A questo riguardo vorrei citare un brano tratto da un testo che forse avrebbe dovuto suscitare più rumore di quello che ha suscitato. In questo testo, che risale al 1998 ed è stato scritto a due mani da Bonini e Misiani (...) per le Edizioni Tropea, Misiani, parlando di Magistratura democratica - l'associazione dei magistrati diciamo, avanzati, progressisti - scrive testualmente: "Il PCI" - cioè il Partito comunista italiano, naturalmente negli anni presi in considerazione, cioè gli anni Settanta-Ottanta - "è infatti il soggetto politico di riferimento "naturale" dell'ala maggioritaria di Md. Salvatore Senese, Elena Paciotti, Edmondo Bruti Liberati, Nuccio Veneziano, Giancarlo Caselli, Vittorio Borraccetti, condividono non solo una sintonia politica con Botteghe Oscure, ma anche l'idea di un percorso "gradualista" che, sfuggendo a "tentazioni avventuriste", abbia quale obiettivo la riforma di un sistema capitalista. Gli si oppone l'ala movimentista", nella quale "si distinguono per le loro prese di posizione Francesco Misiani, Luigi Saraceni, Franco Marrone, Gabriele Cerminara, Filippo Paone, Silvio Perrone, Francesco Greco, Mario Barone, Corradino Castriota. C'è poi una pattuglia di centro: da Michele Coiro, a Gianfranco Viglietta, a Giovanni Palombarini, a Romano Canosa". Ora, di fronte a queste verità storiche evidentemente ci si pone il dubbio se certe azioni giudiziarie siano state condotte nell'interesse di un partito; credo sia un dubbio che abbiamo il diritto ed il dovere di sollevare di fronte alla nostra coscienza e di fronte alla coscienza degli italiani".
^ a b Francesco Verderami. MSI, rissa sul pool di Mani Pulite «MSI, rissa sul pool di Mani Pulite». Corriere della Sera, 24 ottobre 1994, p. 3.
^ Gian Antonio Stella. «Maceratini: Mani pulite non è la Trinita'». Corriere della Sera, 25 ottobre 1994, p. 2.
^ "La crisi della prima Repubblica, al contrario di quello che abbiamo pensato, ha messo in crisi, infatti, un sistema di rapporti tra politica e società di cui anche noi facevamo pienamente parte. L'idea di essere, dentro Tangentopoli, i buoni, ci ha esonerato dall'intraprendere un cammino di rinnovamento delle classi dirigenti, culturale e perfino di sguardo sulle cose. Assillati (almeno questa è stata la storia di molti di noi) dalla redenzione rispetto ai crimini del comunismo, ci siamo preoccupati più dei nostri peccati nel mondo, rispetto alle storture nostrane: un consociativismo di fatto pervasivo e soffocante che sottendeva anche le più aspre contrapposizioni parlamentari e politiche. Probabilmente, quando Craxi in Parlamento fece verso la sinistra una chiamata di correo, dovevamo rispondere con maggiore schiettezza politica: che noi eravamo generalmente esenti da arricchimenti personali, da cupole spartitorie di tangenti, da eccessi e ostentazioni (ed è cosa di non poco conto); ma che, tuttavia, ci rendevamo conto che il problema aperto non era essenzialmente giudiziario e chiamava in causa un intero regime, ormai stanco e decaduto, coda di un compromesso, anche sociale, inclusivo della sinistra": così Bettini Goffredo, Dai tempi di Craxi ci manca una grande politica - Riformista di martedì 13 aprile 2010, pagina 1.
^ Mani pulite 15 anni dopo, le bugie di chi ha combattuto l'inchiesta
^ Tangentopoli: storia di Mani Pulite di Gherardo Colombo
^ Gianluca Di Feo. «Di Pietro a Ghitti: metti dentro Maddaloni». Corriere della Sera, 16 giugno 1997, p. 15.
^ In un'intervista del 17 febbraio 2002 (a Tv 7, il settimanale di approfondimento del Tg 1) .
^ Sentenza Corte Costituzionale n. 10 dell'11-17 gennaio 2000. URL consultato il 7-10-2010.
^ Sentenza Corte Costituzionale n. 11 dell'11-17 gennaio 2000. URL consultato il 7-10-2010.
Bibliografia [modifica]
Pino Corrias. Prime manette, penultima Repubblica al Pio Alberto Trivulzio, in Luoghi comuni. Dal Vajont a Arcore, la geografia che ha cambiato l'Italia. Milano, Rizzoli, 2006. pp. 103-125. ISBN 9788817010801.
Intervista su tangentopoli; (Antonio Di Pietro, Giovanni Valentini, 2001, ed. Laterza)
1992: i primi cento giorni di Mani pulite; (Antonio Carlucci, 2002, ed. Baldini Castoldi Dalai)
Corruzione e giustizia, Mani pulite nelle parole del procuratore Borrelli; (Francesco Saverio Borrelli, 1999, Kaos Edizioni)
Mani pulite. La vera storia. Da Mario Chiesa a Silvio Berlusconi (Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Marco Travaglio, 2002, Editori Riuniti, ISBN 8835952417).
Memoria. Gli intrighi e i veleni contro "Mani pulite" (Antonio Di Pietro, 1999, Kaos Edizioni)
Una strana storia. All'epoca di tangentopoli (Roberto Dunatov, 2008, SBC Edizioni)
L'Italia degli anni di fango (Indro Montanelli Mario Cervi, 1994, Rizzoli)
Un anno, una vita - Interviste e riflessioni con Antonio Di Pietro, Giovanni Falcone, Tommaso Buscetta (Enzo Biagi, 1992, Rizzoli)
Il guastafeste. La storia, le idee, le battaglie di un ex magistrato entrato in politica senza chiedere permesso (Gianni Barbacetto e Antonio Di Pietro, 2008, Edizioni Ponte alle Grazie)
Storie di straordinaria ingiustizia (Carlo Giovanardi, 1997, Koinè Edizioni)
La scomparsa dei fatti (Marco Travaglio, 2006, Il Saggiatore)
La città perfetta, (Angelo Petrella, 2008, Garzanti libri)
Tutti i film documentari, curati da Pino Corrias, Renato Pezzini, Roberto Capanna, Peter Freeman e Paolo Luciani, sono stati trasmessi nel 1997 sulla RAI.

Tangentopoli, Blu Notte, Rai Due, 07.09.2008

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