Ciudad Juárez costituisce un caso grave e insolito di violenza contro le donne. Sono già più di 430 le donne assassinate e oltre 600 quelle scomparse dal 1993. Le vittime sono quasi tutte giovani (di età compresa tra i 15 e i 25 anni), carine, magre e con i capelli lunghi, provenienti da famiglie povere e molte tra loro non erano originarie di Ciudad Juárez. Questo è l'identikit de Las Muertas de Juarez .
"Nel mondo, nel nostro mondo civilizzato, ci sono delle zone d'ombra nelle quali la parte più oscura dell'animo umano, quella della brutalità e della violenza a danno delle persone più deboli e indifese riemerge con un'intensità che ritenevamo ormai dimenticate. Ciudad Juárez, Messico, è una di queste zone d'ombra.Ciudad Juárez costituisce un caso grave e insolito di violenza contro le donne. Nella maggior parte dei casi, i corpi ritrovati portano le tracce delle violenze estreme subite: stupro, morsi ai seni, segni di strangolamento, pugnalate, crani fracassati. Spesso il viso appare massacrato e irriconoscibile e in alcuni casi il corpo bruciato. Alcuni cadaveri sono stati ritrovati nei quartieri del centro cittadino, altri abbandonati nei fossati, tra terreni incolti in mezzo al deserto e, solo raramente, sepolti in modo approssimativo e frettoloso. Il modus operandi degli assassini riprende quello dei serial killer: tutte le donne sono state uccise in luoghi diversi da quello in cui è stato rinvenuto il loro cadavere, a volte dopo esser state sequestrate per intere settimane e la tipologia delle sevizie è sempre la stessa. Prima del 2001, i cadaveri delle vittime violentate e strangolate venivano sempre ritrovati, ma da quando le inchieste si sono moltiplicate, i corpi hanno cominciato a scomparire nel nulla. Le associazioni hanno calcolato che le donne scomparse sono più di 600, i cadaveri ritrovati circa 460. Far scomparire i corpi delle donne assassinate è diventata una specialità della criminalità locale. Il sistema abituale si chiama «lechada», un liquido corrosivo composto di calce viva e di acidi, che scioglie rapidamente la carne e le ossa senza lasciare traccia. «Nessuna traccia», è la parola d'ordine. Ridurre al nulla, cancellare, far scomparire completamente, sono le parole chiave. La polizia, il governo locale e federale hanno sempre minimizzato il numero degli omicidi attribuendo comunque la responsabilità alle vittime che passeggiavano in luoghi bui con abiti succinti. " da http://www.facebook.com/group.php?gid=76966237337 (Chiediamo Giustizia per le donne e le bambine di Ciudad Juarez )
" “Corpo di donna non identificato”. E’ la scritta su un foglio vicino a poche ossa ammucchiate su uno dei tavoli del Servicio Medico Forense, l’obitorio di Ciudad Juárez, città messicana al confine con gli Stati Uniti. Da questi resti parte l’indagine di Marc Fernandez e Jean Christophe Rampal durata due anni e pubblicata da Fandango con il titolo “La città che uccide le donne. Inchiesta a Ciudad Juárez”. Siamo nel gennaio del 1993 quando vengono ritrovati due corpi con evidenti segni di violenza e da allora si susseguono con un ritmo di due al mese.
Ad oggi sono circa 400 bambine o ragazze violentate, sequestrate, torturate e assassinate e 500 quelle scomparse nella città messicana che è anche “il crocevia di ogni genere di traffico: droga, persone, armi”. Una parte del problema quindi affonda nella criminalità organizzata, ma non solo. Ciudad Juárez, infatti, è una delle zone in cui emigrano donne provenienti dalle zone più povere del paese, soprattutto dal sud, alla ricerca di un lavoro. Dall’inizio degli anni 90 hanno iniziato a diffondersi le maquiladoras, fabbriche di assemblaggio di proprietà straniere, dove migliaia di ragazze lavorano per stipendi da fame. Studentesse, cameriere, domestiche, commesse o operaie sono le professioni che nella maggior parte dei casi svolgevano le donne uccise.
Le indagini da parte della polizia hanno ben pochi effetti, sono moltissime le vittime non ancora identificate, perchè ritrovate a molti mesi dal decesso. Madri e padri rassegnati al peggio, che hanno visto sparire le figlie e delle quali a distanza di anni ancora non sanno nulla, continuano a setacciare con gruppi di volontari la città ed il deserto circostante, dove spesso sono stati ritrovati dei resti umani e distribuiscono volantini con i propri numeri telefonici e la descrizione dettagliata delle scomparse.
Perchè nessuno dimentichi, croci rosa sono disseminate ovunque nella città e “all’ingresso del ponte internazionale di Santa Fe (...) in memoria delle donne scomparse c’è una grande targa rosa a forma di crocifisso nella quale sono confitti centinaia di chiodi. Vi si leggono i nomi di tutte le vittime, con un appello: “Ni una más!” (Non una di più!)”, con la speranza che Ciudad Juárez non sia più la capitale mondiale del femminicidio " (recensione al libro La città che uccide le donne. Inchiesta a Ciudad Juárez , Autore Marc Fernandez e Jean dal sito http://www.recensionilibri.info/e107_plugins/content/content.php?content.38)
è necessario far conoscere il dramma. Ben vengano gli atti di denuncia contro tali barbarie
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