Pietro Berti

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Anchorage

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sabato 29 gennaio 2011

Egitto: gli appelli a Mubarak. Razzia al Museo egizio

Qui di seguito una rassegna stampa sulla gravissima situazione in Egitto, innescata dalla "guerra del pane" in Tunisia

Egitto: appello a Mubarak da Sarkozy, Merkel e Cameron

PARIGI – Nicolas Sarkozy, Angela Merkel e David Cameron hanno lanciato stasera un appello congiunto al presidente egiziano, Hosni Mubarak, perché ”eviti ad ogni costo l’uso della violenza contro civili disarmati”, e ai manifestanti affinché ”esercitino pacificamente i loro diritti”.
In un comunicato reso noto a Parigi dall’Eliseo, i leader di Francia, Germania e Gran Bretagna esprimono ”preoccupazione” e riconoscono a Mubarak il ”ruolo moderatore svolto da diversi anni in Medio Oriente. Noi – si legge nel comunicato congiunto – gli chiediamo ora di dar prova della stessa moderazione per affrontare l’attuale situazione in Egitto”.
”E’ essenziale che le riforme politiche, economiche e sociali future che il presidente Mubarak ha promesso – continua il comunicato dell’Eliseo – siano realizzate pienamente e rapidamente e che rispondano alle aspirazioni del popolo egiziano”. ”I diritti dell’uomo e le libertà democratiche – continua il testo – devono essere pienamente rispettate, compresa la libertà d’espressione e di comunicazione, in particolare l’uso del telefono e di Internet; oltre al diritto di riunione e di manifestazione pacifica”.
I tre leader aggiungono che ”il popolo egiziano ha rivendicazioni legittime ed aspira a un futuro migliore e più giusto. Facciamo appello al presidente Mubarak per l’avvio di un processo di cambiamento che si traduca in un governo a rappresentanza allargata ed elezioni libere e giuste”.
29 gennaio 2011 21:16
dal sito web http://www.blitzquotidiano.it/politica-mondiale/egitto-sarkozy-merkel-cameron-mubarak-730640/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blitzquotidiano+%28Blitzquotidiano%29

Egitto, a Mubarak solidarietà dall’Arabia Saudita e dall’Anp

GEDDA – Il re Abdallah dell’Arabia Saudita, lo stesso che ha offerto ospitalità all’ex presidente tunisino Ben Ali, ha telefonato al presidente egiziano Hosni Mubarak per esprimergli la propria solidarietà e denunciare ”gli attacchi alla sicurezza e stabilità” dell’Egitto. Lo ha annunciato l’agenzia ufficiale saudita Spa.
L’Arabia saudita ha fatto sapere di ritenere le proteste in Egitto frutto di “infiltrati” che cercano di destabilizzare il paese. Il re saudita, durante la telefonata fatta a Mubarak, ha ricordato, secondo quanto riporta la Cnn, che l’Egitto “è un paese arabo e islamico. E nessun arabo musulmano può sopportare certe infiltrazioni nel nome della libertà di espressione. Infiltrazioni che si insinuano nella Fratellanza Musulmana dell’Egitto per destabilizzare la sua sicurezza e stabilità”.
“L’Arabia saudita, ha detto ancora re Abdallah, condanna fermamente le proteste”.
Mubarak, secondo quanto riporta l’emittente statunitense, avrebbe assicurato al sovrano saudita che “la situazione è stabile” e le proteste “sono compiute soltanto da gruppi che non vogliono la sicurezza e la stabilità per il popolo egiziano”.
Il presidente ha aggiunto che l’Egitto”fermerà chiunque tenterà di colpire la libertà del popolo egiziano e non permetterà a nessuno di servirsi di questi gruppi per raggiungere fini eversivi”.
L’Anp. Anche il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen (Mahmud Abbas), ha chiamato oggi il rais egiziano, Hosni Mubarak, per esprimere la propria ”solidarietà all’Egitto” e agli sforzi intrapresi per garantire ”la stabilità e la sicurezzza” del Paese. Lo ha riferito un portavoce da Ramallah.
Il presidente dell’Anp – ha sottolineato il portavoce – ha telefonato a Mubarak per ”manifestare solidarietà all’Egitto e al suo impegno per la stabilità e la sicurezza”. Abu Mazen ha poi auspicato che il Paese possa superare la crisi attuale e ha invocato ”la benedizione di Dio sull’Egitto e sul suo popolo, che sempre sono stati al fianco del popolo palestinese”.
Il governo del Cairo ha avuto un ruolo centrale negli ultimi mesi nei tentativi (finora falliti) di avviare un percorso di riconciliazione fra le maggiori fazioni rivali palestinesi: Fatah, il partito laico che fa capo allo stesso Abu Mazen e mantiene il potere in Cisgiordania, e Hamas, il movimento islamico radicale che dal 2007 si è impadronito del pieno controllo dell’enclave della Striscia di Gaza.
Nell’ambito di questa mediazione, il regime di Mubarak ha sempre avuto, tuttavia, un rapporto di maggiore sintonia con le posizioni moderate e filo-occidentali di Abu Mazen, rispetto a quello – non privo di asperità e recriminazioni reciproche – tenuto verso Hamas: la cui roccaforte resta d’altronde chiusa in una sorta di tenaglia di sicurezza parallela imposta da Israele ed Egitto. dal sito web http://www.blitzquotidiano.it/politica-mondiale/egitto-re-saudita-solidarieta-mubarak-730308/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blitzquotidiano+%28Blitzquotidiano%29

Razzia al Museo egizio
Egitto, nuove nomine ma più di cento morti

Ancora tensione e scontri al Cairo. Violato il coprifuoco da 50.000 scesi in piazza al Cairo per manifestare. Assaltato il ministero degli interni, la polizia ha aperto il fuoco uccidendo tre persone. Sarebbero ormai circa 100 i morti in queste giornate di proteste nel paese. Un altro gruppo avrebbe danneggiato due mummie nel museo egizio prima di essere respinto dagli agenti. I figli del Presidente Mubarak si sarebbero messi in salvo a Londra. Nel nuovo Governo, presieduto dall'ex ministro dell'aviazione civile, Ahmed Shafik,il numero due e' Omar Soleiman, capo dei servizi segreti. El Baradei: nuove nomine sono solo una mossa per prendere tempo.Il Cairo, 29-01-2011
La rivolta non si placa, ma la quinta giornata della collera non viene funestata dagli scontri violenti tra manifestanti e forze dell'ordine che fino ad oggi hanno lasciato sul terreno cento morti. Le violenze hanno cambiato, pero', scenario e obiettivo. Un'ondata di saccheggi e' dilagata nelle zone residenziali piu' ricche della capitale, spingendo l'esercito a lanciare un appello ai manifestanti ad aiutarlo a controllare le strade e le proprieta' dei cittadini.
Vandali hanno anche assaltato il museo egizio del Cairo rompendo le vetrinette di esposizione, e lasciando a terra, talvolta in pezzi, preziosi e delicati reperti dell'antico Egitto, prima che l'esercito prendesse il controllo dell'edificio. L'entrata in scena dei soldati, a lungo invocati dai manifestanti esasperati dalle violenze della polizia, ha contribuito a riportare un po' di calma nelle piazze invase da migliaia di persone, in barba al coprifuoco anticipato di tre ore rispetto a ieri.
Pur avendo l'ordine di essere intransigenti con chi non rispettasse la consegna di non essere in strada dalle 16 alle 8 del mattino, i soldati nei loro cingolati e carri armati, dispiegati nei punti strategici del Cairo e di altre citta' egiziane, non sono intervenuti. In molti casi hanno simpatizzato con i manifestanti che hanno letteralmente e pacificamente preso d'assalto i blindati mentre sfilavano per la citta', scambiandosi pacche sulle spalle, e strette di mano.
Nessuna reazione e' venuta dai soldati nemmeno quando la gente e' rimasta in strada dopo l'annuncio delle nomine fatte dal rais Hosni Mubarak. Il presidente, che in nottata aveva preannunciato la formazione di un nuovo governo per oggi, ha provveduto a nominare un vice Omar Suleiman.
Fino ad oggi potentissimo fedele capo dei servizi segreti, e titolare di dossier delicati come quello del negoziato palestinese, da tempo indicato come possibile successore di Mubarak alle presidenziali previste per la fine di questo anno. A capo del governo Mubarak ha indicato Ahmed Shafik, ministro dell'aeronautica civile. Entrambi sono generali cosi' come sono legati all'esercito o comunque alle forze di sicurezza secondo indiscrezioni dei media.
Alla difesa sarebbe andato il capo di Stato maggiore Sami Anan mentre agli Interni sarebbe stato nominato un altro generale Ahssan Abdel Rahman. Le decisioni del rais non hanno soddisfatto le folle e nemmeno gli oppositori politici. Per i fratelli musulmani e per Mohammed El Baradei, leader del movimento per la riforma, la nomina di Suleiman e di Shafik deve solo essere il preludio per la fine del regime Mubarak e l'avvio di una transizione pacifica che porta alle riforme.
Anche i manifestanti sono rimasti in piazza dopo le nomine per segnalare il loro scontento, anche se meno numerosi dell'inizio del pomeriggio. Molti sono tornati alle loro case per prendere parte a una sorta di ronde popolari che i condomini stanno mettendo in piedi in molti quartieri del Cairo per vigilare contro l'arrivo di bande di vandali e di saccheggiatori.
Armati di coltello e talvolta di armi da fuoco assaltano negozi, grandi magazzini, automobili e case private per rubare, ma secondo molti egiziani anche per creare il caos. In serata un portavoce del ministero della Difesa e' intervenuto in televisione per chiedere il rispetto del coprifuoco e in giornata militari con megafoni invitavano i manifestanti a rispettare il coprifuoco, almeno nelle ore notturne, per consentire all'esercito di pattugliare le strade.
In vari quartieri della capitale Nasr City, Mohandesin, Heliopolis, l'esercito ha promesso di mandare rinforzi ed ha anche istituito un numero verde per segnalare le emergenze. Come avviene dall'inizio della protesta, anche oggi si sono rincorse voci su fughe all'estero, poi smentite, dei figli di Mubarak Gamal e Alaa, il primo insistentemente indicato come suo possibile delfino. Dati entrambi a Londra con la famiglia, la notizia e' stata smentita dalla tv di Stato.
Una ventina di jet privati ha pero' effettivamente lasciato il Cairo per Dubai e uno anche per l'Italia. A bordo di quest'ultimo c'era la famiglia di Neguib Sawiris, patron della Wind. Meno fortuna hanno avuto i circa 2.000 viaggiatori rimasti tutta la giornata all'aeroporto del Cairo nella speranza di lasciare il paese. dal sito web http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=149615


Obama sfida Mubarak: ora riforme concrete
29 gennaio, 02:20 (di Marcello Campo)
WASHINGTON - Duro monito di Barack Obama a Hosni Mubarak. Fermi la violenza, mantenga gli impegni e si assuma ''la responsabilita' di fare passi concreti per assicurare riforme politiche, economiche e sociali al suo popolo''. L'inquilino della Casa Bianca ha aspettato che Mubarak facesse il suo discorso alla nazione, prima di chiamarlo al telefono e per oltre trenta minuti fare assieme il punto della situazione. Quindi lo ha sfidato pubblicamente a far seguire i fatti alle parole. Senza perdere un minuto, anche Obama s'e' presentato davanti alle telecamere, ponendo fine a una delle giornate piu' drammatiche della storia egiziana.
Dopo che la rivolta popolare e' giunta al quarto giorno consecutivo, agli Stati Uniti sembra non bastare il semplice annuncio del presidente egiziano di varare un nuovo esecutivo che assicuri liberta' e democrazia. Dal tono deciso assunto da Barack Obama, si capisce che la crisi e' talmente grave da non permettere agli States una firma su una sorta di cambiale in bianco. Dopo un regime lungo trent'anni, e' tempo che alle promesse seguano fatti precisi.
Il presidente Usa misura le parole, ma il suo intervento suona come una sorta di ultimatum alla leadership dell'antico alleato Hosni Mubarak, da giorni duramente contestato dalla piazza. Obama non poteva essere piu' chiaro nel ribadire, cosi' come fece proprio al Cairo in uno dei suoi discorsi piu' celebri, che ''i diritti di liberta' sono universali, Al Cairo come nel resto del mondo''. A Mubarak che denuncia ''un complotto per destabilizzare il Paese'', Obama replica brusco che gli Stati Uniti saranno sempre a fianco con chi ''lotta pacificamente per decidere il proprio futuro''.
Il 44/o presidente degli Stati Uniti sa bene che l'Egitto e' un Paese troppo importante per gli interessi americani sullo scacchiere mediorientale, per lasciarlo in mano alle frange estremiste. Quindi, mentre ammonisce Mubarak a essere coerente, cerca di offrire una sponda ai manifestanti che lottano pacificamente per un Egitto piu' giusto e piu' libero. Va letto in quest'ottica il fortissimo pressing della Casa Bianca, espresso esplicitamente dallo stesso Obama, a porre fine al blocco del web, qualcosa di inaudito nella moderna societa' della comunicazione, un mondo in cui gli Usa vogliono inserire l'Egitto. Anche l'appello alle nuove generazioni, e alla loro voglia di emanciparsi, ribadito stasera da Obama, va in questo senso. Solo i prossimi giorni, che il presidente ammette ''saranno difficili'', diranno se i giovani egiziani in piazza risponderanno positivamente alla mano tesa loro dall'inquilino della Casa Bianca. dal sito web http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/01/29/visualizza_new.html_1614497799.html

29/01/2011 - IL CASO
"Togliete la spina al Web" Così si oscura un Paese

Su ordine del governo 4 provider chiudono gli accessi a Internet
LUCA CASTELLI
A mezzanotte di venerdì, l’Egitto è uscito da Internet. Da un minuto all’altro, in un gigantesco blackout informatico, tutte le connessioni che tenevano collegato il Paese al Web sono state staccate. Le autorità hanno ordinato ai quattro principali provider di disattivare le proprie reti, compresa la connettività tramite telefonini, e di bloccare qualsiasi contatto con l’esterno. «Abbiamo registrato la chiusura praticamente simultanea delle 3.500 “porte” che abitualmente mantengono in contatto l’Egitto con la rete Internet», spiega James Cowie della Renesys, società americana specializzata nel monitoraggio delle attività sul Web.Risultato: non solo gli egiziani si sono trovati senza Internet, ma tutti i siti locali sono diventati inaccessibili dall’esterno. Irraggiungibili il sito ufficiale del governo, quello del museo di antichità del Cairo, quello della federazione calcistica nazionale. Introvabile il quotidiano Al-Ahram. Un Paese intero scomparso dalle mappe della comunicazione globale. «Imprese, banche, scuole, ambasciate, uffici governativi. Tutti i siti che per la propria connettività facevano riferimento ai quattro principali provider egiziani si sono ritrovati tagliati fuori dal resto del mondo», spiega Cowie. «Link Egypt, Vodafone/Raya, Telecom Egypt, Etisalat Misr, i loro clienti e partner: tutti fuori servizio». L’intervento era nell’aria. Da qualche giorno rimbalzavano voci di un rallentamento di Twitter, Facebook e degli altri social network sui quali gli oppositori di Mubarak stavano organizzando la protesta. Tra i quattro maggiori provider, Vodafone è stato il primo ad ammettere di aver ricevuto l’ordine di sospendere il suo servizio in determinate aree del Paese. «Secondo la legge egiziana - ha spiegato l’azienda in un comunicato - le autorità hanno il diritto di emettere un simile ordine e noi abbiamo l’obbligo di seguirlo».L’Egitto non è il primo Paese che per far fronte a tensioni sociali interviene in modo repressivo su Internet. Ma è finora l’unico ad aver completamente «staccato» il servizio. Nel recente passato si sono avuti altri pesanti interventi. In Iran, in occasione della “rivoluzione verde” del 2009, la Rete fu rallentata e molti siti bloccati, anche se grazie a Twitter il racconto di quanto stava avvenendo nei giorni seguenti le elezioni presidenziali raggiunse il mondo. In Cina esiste un nomignolo («Great firewall») per indicare la grande muraglia virtuale che filtra il traffico Internet locale, impedendo l’accesso a numerosi siti e servizi stranieri. Su questioni di censura, il governo di Pechino è più volte venuto ai ferri corti con realtà internazionali operanti in Cina, da Bbc World a Google. L’occasione più eclatante in occasione delle Olimpiadi di Pechino e più di recente con l’assegnazione del Nobel al dissidente Liu Xiaobo. L’anno scorso «Reporters senza frontiere» ha stilato una lista dei 12 Paesi «nemici» di Internet, che comprende Arabia Saudita, Burma, Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. «Ma rispetto al modesto intervento che ha avuto luogo in Tunisia, dove l’accesso è stato limitato solo in modo parziale, e in Iran, dove le autorità hanno di fatto rallentato le connessioni, questa volta, in Egitto, stiamo assistendo a qualcosa di completamente differente», afferma Cowie. «È la prima volta che accade un blocco di questo tipo», conferma Raoul Chiesa dell’Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (Enisa) e del comitato direttivo dell’Associazione italiana per la sicurezza informatica (Clusit). È possibile che qualcosa del genere accada anche in Italia? «Tecnicamente sì», risponde Stefano Quintarelli, esperto di networking e fondatore nel 1994 del primo Internet provider italiano per il mercato business (I.Net). «Nel senso che i cavi che collegano l’Italia all’estero sono un numero limitato, qualche decina di collegamenti in fibra ottica: basterebbe andare da chi li gestisce e dirgli di spegnere tutto. In pratica, però, potrebbe forse succedere solo in presenza di eventi sociali come quelli di cui siamo testimoni oggi in Egitto, il che mi sembra decisamente poco probabile”. Comunque, per evitare il blackout da Internet i cittadini italiani avrebbero un grande vantaggio: la vicinanza alle frontiere con gli altri Paesi. E alle loro reti. «Basterebbe fare 40 chilometri da Milano e agganciarsi con un telefonino a un ripetitore svizzero». dal sito web http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/386538/

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