Ugo Tramballi Cronologia articolo 26 gennaio 2011
Non più Hariri il giovane orfano, ma un altro: Najib Mikati, scelto come primo ministro da chi è pesantemente sospettato di avergli ucciso il padre. Più di quanto già non fosse il giorno prima, da ieri il Libano è nelle mani di Hezbollah. Un governo sotto il suo controllo, minaccia Hillary Clinton, «chiaramente avrà un impatto nelle nostre relazioni col Libano».Yasser Arafat che negli anni Settanta era il padrone di regioni intere del paese lo diceva sempre: chi ha i soldi e le armi ha il potere, ma i soldi senza le armi non servono a nulla. Saad Hariri, sunnita, tragico premier e figlio di Rafik, un altro premier ucciso nel 2005, è pieno di denaro. Ma non ha milizia e nelle cantine del suo partito non ci sono arsenali di armi. Hassan Nasrallah, sciita, leader di Hezbollah, il partito di dio accusato di essere mandante ed esecutore dell'eliminazione di Hariri padre, ha i soldi, ancora più armi e dunque il potere.Ieri i sostenitori di Hariri sono scesi in strada a Beirut, Tripoli, Sidone, la città della famiglia. Hanno protestato, hanno sparato in aria con quel poco che Hezbollah aveva lasciato loro nel 2008. Allora era stata una specie di esercitazione di golpe: Hezbollah aveva preso possesso del centro di Beirut, arrestato sostenitori di Hariri, sequestrato armi. E ora, se c'è qualcuno che può comandare o fare la rivoluzione, quello è sempre Hezbollah.L'ultimo atto della tragedia degli Hariri è stato molto breve, pochi mesi. In estate appare sempre più chiaro che il Tribunale internazionale incaricato d'indagare sulla morte di Rafik, sta per accusare alcuni importanti personaggi di Hezbollah. Nasrallah pretende che Saad, primo ministro, rifiuti di collaborare col Tribunale. Il giovane non accetta e il suo governo si sgretola. Due settimane fa perde la maggioranza e ora, con una rapidità folgorante per i tempi del Libano politico, c'è già un altro premier incaricato. Ieri mattina Najib Mikati si è presentato in Parlamento in place de l'Etoile, ha conquistato 68 voti su 128. È stato eletto, il presidente Michel Suleiman ha confermato, ed è diventato premier.Mikati, un uomo d'affari di Tripoli, non è tanto male: c'erano altri candidati peggiori. È sunnita come gli Hariri (nella spartizione settaria libanese il premier è sunnita) ma è filo-siriano, dunque favorevole a Hezbollah alleato dei siriani. Ha già governato e non è stato male. Fuori dal contesto politico che lo ha eletto, potrebbe fare ancora bene all'economia libanese. Domani inizierà le consultazioni per formare un nuovo esecutivo. Il partito di Dio ne invoca uno di unità nazionale, sapendo che Hariri non accetterebbe mai.
Dunque, «non sarà Hezbollah a guidare il prossimo governo, Mikati non è dei nostri», constata Nasrallah. È a metà fra una verità e una bugia. In senso stretto Mikati non è uomo Hezbollah. Mai come ora, tuttavia, il partito di dio è stato così potente in Libano. Non ne cambierà la metà laica dei sui connotati né quella mercantile e levantina, così simile all'occidente. Non ci sarà alcuna islamizzazione, insomma. Semplicemente, Hezbollah continuerà più di prima a perseguire la sua agenda di stato nello stato: un potere militare più forte dello stesso stato libanese; un avamposto iraniano a 5 minuti di missile da Tel Aviv, casomai Israele e Usa decidessero di bombardare Teheran; una minaccia rivoluzionaria per tutti i regimi arabi moderati. Hezbollah non è un partito libanese ma un attore regionale: dalla questione palestinese al nucleare iraniano, ha qualcosa da dire. Il rapido passaggio di Saad dal trionfo delle elezioni di un anno e mezzo fa, alla polvere di oggi non sarebbe stato possibile senza l'aiuto di Walid Jumblatt. Sempre lui, da più di 30 anni. Vecchio ma non trombone. Fiutando come sempre l'aria che tira, il capo dei drusi ha abbandonato l'alleanza con gli Hariri e l'Arabia Saudita ed è passato a quella con Hezbollah e la Siria.
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