Il Partidu Sardu-Partito Sardo d'Azione è un partito politico nato nel 1921 in Sardegna, fondato da Camillo Bellieni, Emilio Lussu e da altri reduci sardi che avevano combattuto, durante la Prima guerra mondiale, principalmente nelle file della Brigata Sassari.
Dal secondo dopoguerra ha stretto varie alleanze, partecipando a coalizioni di centro (guidate dalla Democrazia Cristiana) e di centrosinistra (col PCI e il PSI). Alle scorse elezioni regionali sarde del 2009 ha stretto un'alleanza col PDL, con l'UDC e i Riformatori Sardi, coi quali governa tuttora la Regione Sardegna. A livello europeo, aderisce al Partito Democratico dei Popoli d'Europa, del quale è co-fondatore.
Indice[nascondi]
1 Storia
1.1 Le origini: dal Movimento dei Combattenti alla fondazione del Partito
1.2 Ideologia politica e sociale
1.3 Il Sardismo e l'avvento del Fascismo
2 Congressi
3 Segretari
4 Risultati elettorali
5 Note
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni
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Storia [modifica]
Le origini: dal Movimento dei Combattenti alla fondazione del Partito [modifica]
Uscita dalla guerra in condizioni disastrose, dopo aver pagato un alto tributo di sangue (superiore per percentuale al resto delle altre regioni italiane), con un numero alto di reduci carichi di gloria militare, (come dimostrano le decorazioni a fine conflitto di quella particolare formazione militare a carattere regionale, la Brigata Sassari), la Sardegna non rimase immune ai fermenti del dopoguerra.
Accanto alla consapevolezza di aver partecipato ad un grande avvenimento della Storia, maturò nei combattenti sardi (di tutti gli strati sociali), a causa dell’inquadramento della quasi totalità di loro in una Brigata composta quasi esclusivamente da soldati provenienti dall'isola (di una certa fama la canzone cantata nelle trincee: “Non de cherimus de continentales / pro che leare su trinzeramentu”; non vogliamo continentali / per prendere la trincea), il sentimento di appartenenza ad una terra e ad una comunità con delle caratteristiche proprie.
Già nel maggio 1918, a guerra non ancora conclusa, sotto pseudonimo, Umberto Cao pubblicava l’opuscolo Per l’Autonomia!. Era il segnale che l’esperienza della guerra intendeva formulare un progetto politico all’interno della più generale questione sarda. L’organizzazione dei reduci è a Sassari sotto la guida del tenente Camillo Bellieni (e del pari grado Arnaldo Satta-Branca, figlio di Pietro, comproprietario del quotidiano La Nuova Sardegna, di impostazione democratico-repubblicana), mutilato di guerra, intellettuale di formazione hegeliana e amico di Gaetano Salvemini. Il 16 marzo 1919 fonda a Sassari il settimanale La Voce dei Combattenti, mentre a Cagliari già dal febbraio 1918 veniva pubblicata la rivista Il Popolo Sardo e nell'Agosto dell'anno successivo, sotto la direzione di Vitale Cao, nasce Il Solco.
Le prime assemblee dei combattenti sardi (in collegamento con le associazioni del resto d’Italia, che al Primo Congresso Nazionale di Roma dal 22 al 27 giugno del 1919, si danno il primo programma politico, il cosiddetto Programma Zavattaro), che si svolgono a Nuoro (25 maggio 1919, dalla quale nasce la Federazione Sarda dell'Associazione Nazionale Combattenti) e a Macomer (14 settembre 1919), definiscono certamente la struttura dell’associazione, ma soprattutto dibattono sull’eventualità di presentarsi come movimento alle elezioni nazionali del 16 novembre 1919. La proposta di Emilio Lussu, eroe di guerra, capo carismatico dei reduci, di aprire il movimento a personalità esterne ai combattenti, si rivela decisiva. La lista Elmetto, porta all’elezione di tre parlamentari, Mauro Angioni, Pietro Mastino e Paolo Orano, intellettuale vicino al sindacalismo rivoluzionario, di origine sarda.
I temi programmatici della Federazione Sarda dei Combattenti, dal Primo Congresso Regionale di Nuoro, ruotano intorno alla richiesta per la Sardegna dell’autonomia amministrativa (subordinata al controllo del governo centrale). Ma già al Congresso Nazionale di Roma, Efisio Mameli (professore di Chimica all’Università di Sassari, delegato regionale dell’Associazione, fratello della madre di Italo Calvino), chiede per la Sardegna autonomia finanziaria in aggiunta all’autonomia amministrativa. L’anno seguente si celebra il Terzo Congresso Regionale dei Combattenti Sardi a Macomer (8-9 agosto), fortemente condizionato dagli strepiti dell'impresa fiumana di Gabriele D’Annunzio. Il Congresso dà alla luce la Carta di Macomer (a firma di Emilio Lussu e Lionello De Lisi, ma è molto probabile che alla stesura abbia contribuito Paolo Orano), dove viene ribadito il principio di una Sardegna assolutamente autonoma, che ritrovando in se stessa il germe di nuova vita, si costituisce federandosi ad uno Stato repubblicano. In autunno in Sardegna si svolgono le elezioni provinciali: a Sassari la lista dei combattenti conquista la maggioranza, l’onorevole nuorese Pietro Mastino diventa Presidente del Consiglio (questa maggioranza non durerà però a lungo e dopo sei mesi entrerà in crisi, anche per l'ostilità di Bellieni verso la Monarchia).
Ma chi preme per un superamento della struttura associativa e una trasformazione di essa in un vero e proprio partito politico è Camillo Bellieni: “Partito e non fascio o blocco o lega perché l’organizzazione deve avere un carattere ben fermo di movimento disciplinato, ed una funzione storica, non determinata da particolari contingenze dell’ora”.
Il 16 aprile del 1921 nella sala dell’ex-convento degli Scolopi di Oristano si apre il Quarto Congresso dei Combattenti Sardi. In mezzo ad alcune perplessità (tra cui quella di Lussu e del gruppo cagliaritano, non troppo convinto sulla trasformazione del movimento in partito), Bellieni propone quattro punti programmatici (Sovranità Popolare; Autonomia Amministrativa; Libertà di commercio o Autonomia Doganale; Questione Sociale) da approvare senza riserve. I documenti ricevono votazione favorevole (poiché considerati in armonia con la Carta di Macomer). Il 17 aprile 1921 nasce ufficialmente il Partito Sardo d'Azione. Camillo Bellieni ne è il primo Direttore.
Ideologia politica e sociale [modifica]
Il Primo Congresso del Partito Sardo d’Azione porta a galla le varie anime che già erano emerse nei precedenti Congressi dei Combattenti. Da una parte la figura di Camillo Bellieni, di robusta formazione hegeliana, sensibile alle tematiche meridionaliste, nonché amico di Gaetano Salvemini, dall’altra il gruppo gravitante su Cagliari, espresso dalle figure di Emilio Lussu, Paolo Orano e Egidio Pilia, portatori delle istanze del sindacalismo rivoluzionario. Bellieni intende il suo progetto politico come rinnovamento rispetto ad un passato che la guerra ha di fatto portato alla dissoluzione. L’alternativa federalista da lui auspicata, tramite l’unione di partiti regionali sorti nel dopoguerra, avrebbe puntato ad una ricomposizione statuale, contendendo l’agone politico alle camarille liberali di stampo giolittiano e ai socialisti (visti unicamente nella veste di rappresentanti della classe operaia settentrionale). Il federalismo di Bellieni non si limitò all’Italia, bensì si manifestò come proiezione in chiave europea: da ciò i suoi assidui richiami alla Corsica, alla Catalogna, alla Provenza, e al suo progetto per la costituzione di una futura Federazione Mediterranea. Le idee del Bellieni riscossero successo tra i sardisti sassaresi e nuoresi, in quanto si accordavano maggiormente con l’ambiente economico-sociale della parte centrosettentrionale della Sardegna. Infatti la saldatura tra intellettuali e professionisti borghesi e pastori indipendenti (proprietari di terre o proprietari di bestiame), a cui guardava Bellieni, rispecchiava la composizione socioeconomica del Nord dell’Isola; a differenza del Meridione sardo, dove i sardisti cercarono le loro ragioni nelle lotte dei braccianti agricoli. Un'influenza di primaria importanza per la dottrina economica del sardismo la si deve alle analisi e alla figura di Attilio Deffenu (cooperativismo, liberismo economico, antiprotezionismo).
Il Sardismo e l'avvento del Fascismo [modifica]
Il primo banco di prova per il nuovo partito furono le elezioni del maggio dello stesso anno. Radicato in tutta l'isola, a causa del fatto che buona parte delle sezioni dei Combattenti (che nelle vesti di organizzazione autonoma, erano ancora in vita) si erano convertite in sezioni del Partito, e guidato da leaders carismatici, il Partito Sardo d'Azione si rivelò come il vero partito di massa della Sardegna. Con circa il 28% dei consensi, raccolse più del doppio dei voti socialisti (12,4%) e quasi tre volte quelli del PPI (11,3%). Ai riconfermati Pietro Mastino e Paolo Orano, si aggiunsero Umberto Cao (l'autore dell'opuscolo Per l'Autonomia! e zio del fondatore del Solco) e Emilio Lussu. Fu invece una vera e propria debacle per le liste dei Combattenti nel resto d'Italia. Pur consapevole della difficoltà in cui versa il movimento autonomistico nella penisola, Bellieni, al II Congresso del Partito, svoltosi a Oristano nel gennaio 1922, intravede ancora un'Italia "riordinata su basi federali con la conquista delle autonomie regionali".
Si erano intanto, anche in Sardegna, formati i primi fasci di combattimento, che avevano però scarso seguito (visto il quasi totale monopolio che esercitava il Partito Sardo d'Azione nelle fila degli ex-Combattenti). Il salto di qualità del fascismo isolano lo si ebbe ad opera dell'industriale Ferruccio Sorcinelli, proprietario di alcuni siti minerari nel Sulcis e del quotidiano cagliaritano l'Unione Sarda. Nella zona del Sud-Ovest dell'Isola, ricca di miniere, e che rappresentava il vero serbatoio elettorale del socialismo sardo, fece la sua comparsa il primo fascio della Sardegna, nato quindi in funzione anti-operaia, grazie al finanziamento di Sorcinelli.
Nel 1923, molti sardisti confluirono nel Partito Nazionale Fascista. Il Partito Sardo D'Azione fu soppresso. Continuò tuttavia l'azione di alcuni volenterosi che ne custodirono i simboli e i principi e una mai abbandonata idea di risolvere realmente i problemi sardi e di creare uno statuto regionale. Il Solco continuò ad essere stampato clandestinamente.
Negli anni quaranta, al suo rientro in Sardegna dopo la caduta del regime fascista Emilio Lussu al primo congresso del Partito del 1944 tenuto ad Oristano nei locali del cinema Arborea, si dissociò inaspettatamente dall'idea indipendentista. Per Davide Cova, morto qualche anno dopo, nel maggio del 1947 fu un errore che avrebbe portato a disgregare il Partito.
Negli anni successivi alla proclamazione della Repubblica, si aggiunse la sirena rappresentata dalla Lega Sarda fondata nell'immediato dopoguerra dall'ex sardista Bastià Pirisi, dichiaratamente indipendentista (occorre dire che nel Psda i dirigenti indipendentisti erano assai pochi ed isolati). Il tentativo lussiano di collocare il Partito Sardo nel solco della tradizione socialista tuttavia fallì. La scissione del gruppo di Lussu 1948 portò alla fondazione dell'effimero Partito Sardo d'Azione Socialista, che quasi immediatamente confluì nel Partito Socialista Italiano.
Nel Dopoguerra ebbe un certo seguito elettorale, fino a giungere a picchi del 10% e, fino alla fine degli anni sessanta, nel Consiglio regionale della Sardegna, strinse perlopiù alleanza con la Democrazia Cristiana, a lungo dominatrice della politica locale; solamente negli anni settanta, quando i suoi consensi elettorali andarono calando, il partito scelse l'alleanza elettorale col PCI.
Nel 1981, fortemente influenzato dalle teorie di personalità come Antonio Simon Mossa al Congresso di Porto Torres cambiò il proprio statuto nell'articolo I che sancì l'obiettivo a lungo termine del partito: l'indipendenza della Sardegna. Negli anni ottanta, sull'onda di un nuovo spirito indipendentista e autonomista che cresceva impetuoso in Sardegna, il Psd'az ottenne clamorosi successi elettorali, attestandosi nelle elezioni regionali del 1984 ad oltre il 13% dei voti, ma ottenendo successi ancor più clamorosi in città quali Oristano (quasi il 20%) e nei quartieri più popolari di Cagliari (oltre il 30%).
L'esponente più prestigioso del partito, l'avvocato di Oliena Mario Melis, già deputato, divenne presidente della giunta regionale della Sardegna, carica che mantenne fino al 1989 in alleanza coi partiti laici (PSDI, PRI) e della sinistra (PCI e PSI).
Alle elezioni regionali del 1989, il Psd'az ebbe un calo di voti, scendendo al 10% circa, e non riuscì a confermarsi alla guida della Regione; da allora il partito ha conosciuto un lento declino quanto ai consensi ottenuti, tornando alle dimensioni di una piccola forza politica, rivelatasi però decisiva in più occasioni.
Con quattro consiglieri regionali ha partecipato alla Giunta di governo di centrosinistra facendo approvare nel periodo tra il 1994 e il 1996 provvedimenti importanti quali la legge sulla tutela della lingua sarda, la legge di riforma delle province e la legge sulla bandiera sarda, vista come elemento di unione nazionale del popolo sardo (segretari nazionali di quel periodo Cecilia Contu fino al 1995 e Lorenzo Palermo fino al 1997). Con il patto siglato fra Prodi ed il segretario Palermo il Partito Sardo d'Azione elegge nel 1996 il proprio presidente Franco Meloni al Senato.
Entrata in crisi l'alleanza con il centrosinistra il partito ha conosciuto un periodo di grave agitazione interna, e la lunga reggenza istituzionale del presidente Meloni; tale situazione è durata fino al congresso di Sassari del luglio 2000 che ha visto eletti Lorenzo Palermo presidente del Partito e Giacomo Sanna segretario.
Il PSd'Az deve reggere la critica di essersi spesso "autoescluso" dai giochi della politica sarda con la scelta di non schierarsi né col centrodestra né col centrosinistra, come avvenuto alle elezioni regionali del 1999 (vinte dal centrodestra), alle elezioni politiche del 2001 e a quelle regionali del 2004, che hanno visto la netta affermazione di Renato Soru, già presidente di Tiscali e leader del centrosinistra.
Alle elezioni provinciali del 2005, che hanno interessato tutto il territorio della Sardegna (nella nuova suddivisione in otto province), dopo un accordo esclusivamente elettorale con la coalizione dell'Unione, il Partito Sardo d'Azione ha raccolto complessivamente circa 47 mila voti (il 5,5% delle preferenze), con punte più elevate nelle province di Nuoro e Oristano.
Per quanto riguarda le elezioni politiche del 2006, alla Camera il partito ha deciso di candidare due suoi esponenti nella lista del Patto per le autonomie sotto le insegne di Lega Nord e MPA. Al Senato, invece, il partito si presenta solo in Sardegna con liste autonome svincolate dalle due principali coalizioni.
In occasione del XXX Congresso Nazionale è stato eletto alla Carica di Presidente Giacomo Sanna e successivamente, in seguito al sostegno determinante dei consiglieri nazionali di Oristano e Medio Campidano, è divenuto Segretario Efisio Trincas.
Alle elezioni regionali sarde del 2009, il PSd'A si è presentato alleato dello schieramento di centrodestra, guidato da Ugo Cappellacci; la decisione ha provocato malumori all'interno del partito, tanto da causare l'abbandono della corrente di minoranza di sinistra, schieratasi nella coalizione di centrosinistra guidata da Soru con il nome Rossomori. L'opzione si è rivelata vincente riportando il partito al governo della Regione dopo circa una quindicina d'anni, conseguendo un risultato del 4,3%, che ha portato all'elezione di 5 Consiglieri Regionali .
Dal secondo dopoguerra ha stretto varie alleanze, partecipando a coalizioni di centro (guidate dalla Democrazia Cristiana) e di centrosinistra (col PCI e il PSI). Alle scorse elezioni regionali sarde del 2009 ha stretto un'alleanza col PDL, con l'UDC e i Riformatori Sardi, coi quali governa tuttora la Regione Sardegna. A livello europeo, aderisce al Partito Democratico dei Popoli d'Europa, del quale è co-fondatore.
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1 Storia
1.1 Le origini: dal Movimento dei Combattenti alla fondazione del Partito
1.2 Ideologia politica e sociale
1.3 Il Sardismo e l'avvento del Fascismo
2 Congressi
3 Segretari
4 Risultati elettorali
5 Note
6 Voci correlate
7 Collegamenti esterni
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Storia [modifica]
Le origini: dal Movimento dei Combattenti alla fondazione del Partito [modifica]
Uscita dalla guerra in condizioni disastrose, dopo aver pagato un alto tributo di sangue (superiore per percentuale al resto delle altre regioni italiane), con un numero alto di reduci carichi di gloria militare, (come dimostrano le decorazioni a fine conflitto di quella particolare formazione militare a carattere regionale, la Brigata Sassari), la Sardegna non rimase immune ai fermenti del dopoguerra.
Accanto alla consapevolezza di aver partecipato ad un grande avvenimento della Storia, maturò nei combattenti sardi (di tutti gli strati sociali), a causa dell’inquadramento della quasi totalità di loro in una Brigata composta quasi esclusivamente da soldati provenienti dall'isola (di una certa fama la canzone cantata nelle trincee: “Non de cherimus de continentales / pro che leare su trinzeramentu”; non vogliamo continentali / per prendere la trincea), il sentimento di appartenenza ad una terra e ad una comunità con delle caratteristiche proprie.
Già nel maggio 1918, a guerra non ancora conclusa, sotto pseudonimo, Umberto Cao pubblicava l’opuscolo Per l’Autonomia!. Era il segnale che l’esperienza della guerra intendeva formulare un progetto politico all’interno della più generale questione sarda. L’organizzazione dei reduci è a Sassari sotto la guida del tenente Camillo Bellieni (e del pari grado Arnaldo Satta-Branca, figlio di Pietro, comproprietario del quotidiano La Nuova Sardegna, di impostazione democratico-repubblicana), mutilato di guerra, intellettuale di formazione hegeliana e amico di Gaetano Salvemini. Il 16 marzo 1919 fonda a Sassari il settimanale La Voce dei Combattenti, mentre a Cagliari già dal febbraio 1918 veniva pubblicata la rivista Il Popolo Sardo e nell'Agosto dell'anno successivo, sotto la direzione di Vitale Cao, nasce Il Solco.
Le prime assemblee dei combattenti sardi (in collegamento con le associazioni del resto d’Italia, che al Primo Congresso Nazionale di Roma dal 22 al 27 giugno del 1919, si danno il primo programma politico, il cosiddetto Programma Zavattaro), che si svolgono a Nuoro (25 maggio 1919, dalla quale nasce la Federazione Sarda dell'Associazione Nazionale Combattenti) e a Macomer (14 settembre 1919), definiscono certamente la struttura dell’associazione, ma soprattutto dibattono sull’eventualità di presentarsi come movimento alle elezioni nazionali del 16 novembre 1919. La proposta di Emilio Lussu, eroe di guerra, capo carismatico dei reduci, di aprire il movimento a personalità esterne ai combattenti, si rivela decisiva. La lista Elmetto, porta all’elezione di tre parlamentari, Mauro Angioni, Pietro Mastino e Paolo Orano, intellettuale vicino al sindacalismo rivoluzionario, di origine sarda.
I temi programmatici della Federazione Sarda dei Combattenti, dal Primo Congresso Regionale di Nuoro, ruotano intorno alla richiesta per la Sardegna dell’autonomia amministrativa (subordinata al controllo del governo centrale). Ma già al Congresso Nazionale di Roma, Efisio Mameli (professore di Chimica all’Università di Sassari, delegato regionale dell’Associazione, fratello della madre di Italo Calvino), chiede per la Sardegna autonomia finanziaria in aggiunta all’autonomia amministrativa. L’anno seguente si celebra il Terzo Congresso Regionale dei Combattenti Sardi a Macomer (8-9 agosto), fortemente condizionato dagli strepiti dell'impresa fiumana di Gabriele D’Annunzio. Il Congresso dà alla luce la Carta di Macomer (a firma di Emilio Lussu e Lionello De Lisi, ma è molto probabile che alla stesura abbia contribuito Paolo Orano), dove viene ribadito il principio di una Sardegna assolutamente autonoma, che ritrovando in se stessa il germe di nuova vita, si costituisce federandosi ad uno Stato repubblicano. In autunno in Sardegna si svolgono le elezioni provinciali: a Sassari la lista dei combattenti conquista la maggioranza, l’onorevole nuorese Pietro Mastino diventa Presidente del Consiglio (questa maggioranza non durerà però a lungo e dopo sei mesi entrerà in crisi, anche per l'ostilità di Bellieni verso la Monarchia).
Ma chi preme per un superamento della struttura associativa e una trasformazione di essa in un vero e proprio partito politico è Camillo Bellieni: “Partito e non fascio o blocco o lega perché l’organizzazione deve avere un carattere ben fermo di movimento disciplinato, ed una funzione storica, non determinata da particolari contingenze dell’ora”.
Il 16 aprile del 1921 nella sala dell’ex-convento degli Scolopi di Oristano si apre il Quarto Congresso dei Combattenti Sardi. In mezzo ad alcune perplessità (tra cui quella di Lussu e del gruppo cagliaritano, non troppo convinto sulla trasformazione del movimento in partito), Bellieni propone quattro punti programmatici (Sovranità Popolare; Autonomia Amministrativa; Libertà di commercio o Autonomia Doganale; Questione Sociale) da approvare senza riserve. I documenti ricevono votazione favorevole (poiché considerati in armonia con la Carta di Macomer). Il 17 aprile 1921 nasce ufficialmente il Partito Sardo d'Azione. Camillo Bellieni ne è il primo Direttore.
Ideologia politica e sociale [modifica]
Il Primo Congresso del Partito Sardo d’Azione porta a galla le varie anime che già erano emerse nei precedenti Congressi dei Combattenti. Da una parte la figura di Camillo Bellieni, di robusta formazione hegeliana, sensibile alle tematiche meridionaliste, nonché amico di Gaetano Salvemini, dall’altra il gruppo gravitante su Cagliari, espresso dalle figure di Emilio Lussu, Paolo Orano e Egidio Pilia, portatori delle istanze del sindacalismo rivoluzionario. Bellieni intende il suo progetto politico come rinnovamento rispetto ad un passato che la guerra ha di fatto portato alla dissoluzione. L’alternativa federalista da lui auspicata, tramite l’unione di partiti regionali sorti nel dopoguerra, avrebbe puntato ad una ricomposizione statuale, contendendo l’agone politico alle camarille liberali di stampo giolittiano e ai socialisti (visti unicamente nella veste di rappresentanti della classe operaia settentrionale). Il federalismo di Bellieni non si limitò all’Italia, bensì si manifestò come proiezione in chiave europea: da ciò i suoi assidui richiami alla Corsica, alla Catalogna, alla Provenza, e al suo progetto per la costituzione di una futura Federazione Mediterranea. Le idee del Bellieni riscossero successo tra i sardisti sassaresi e nuoresi, in quanto si accordavano maggiormente con l’ambiente economico-sociale della parte centrosettentrionale della Sardegna. Infatti la saldatura tra intellettuali e professionisti borghesi e pastori indipendenti (proprietari di terre o proprietari di bestiame), a cui guardava Bellieni, rispecchiava la composizione socioeconomica del Nord dell’Isola; a differenza del Meridione sardo, dove i sardisti cercarono le loro ragioni nelle lotte dei braccianti agricoli. Un'influenza di primaria importanza per la dottrina economica del sardismo la si deve alle analisi e alla figura di Attilio Deffenu (cooperativismo, liberismo economico, antiprotezionismo).
Il Sardismo e l'avvento del Fascismo [modifica]
Il primo banco di prova per il nuovo partito furono le elezioni del maggio dello stesso anno. Radicato in tutta l'isola, a causa del fatto che buona parte delle sezioni dei Combattenti (che nelle vesti di organizzazione autonoma, erano ancora in vita) si erano convertite in sezioni del Partito, e guidato da leaders carismatici, il Partito Sardo d'Azione si rivelò come il vero partito di massa della Sardegna. Con circa il 28% dei consensi, raccolse più del doppio dei voti socialisti (12,4%) e quasi tre volte quelli del PPI (11,3%). Ai riconfermati Pietro Mastino e Paolo Orano, si aggiunsero Umberto Cao (l'autore dell'opuscolo Per l'Autonomia! e zio del fondatore del Solco) e Emilio Lussu. Fu invece una vera e propria debacle per le liste dei Combattenti nel resto d'Italia. Pur consapevole della difficoltà in cui versa il movimento autonomistico nella penisola, Bellieni, al II Congresso del Partito, svoltosi a Oristano nel gennaio 1922, intravede ancora un'Italia "riordinata su basi federali con la conquista delle autonomie regionali".
Si erano intanto, anche in Sardegna, formati i primi fasci di combattimento, che avevano però scarso seguito (visto il quasi totale monopolio che esercitava il Partito Sardo d'Azione nelle fila degli ex-Combattenti). Il salto di qualità del fascismo isolano lo si ebbe ad opera dell'industriale Ferruccio Sorcinelli, proprietario di alcuni siti minerari nel Sulcis e del quotidiano cagliaritano l'Unione Sarda. Nella zona del Sud-Ovest dell'Isola, ricca di miniere, e che rappresentava il vero serbatoio elettorale del socialismo sardo, fece la sua comparsa il primo fascio della Sardegna, nato quindi in funzione anti-operaia, grazie al finanziamento di Sorcinelli.
Nel 1923, molti sardisti confluirono nel Partito Nazionale Fascista. Il Partito Sardo D'Azione fu soppresso. Continuò tuttavia l'azione di alcuni volenterosi che ne custodirono i simboli e i principi e una mai abbandonata idea di risolvere realmente i problemi sardi e di creare uno statuto regionale. Il Solco continuò ad essere stampato clandestinamente.
Negli anni quaranta, al suo rientro in Sardegna dopo la caduta del regime fascista Emilio Lussu al primo congresso del Partito del 1944 tenuto ad Oristano nei locali del cinema Arborea, si dissociò inaspettatamente dall'idea indipendentista. Per Davide Cova, morto qualche anno dopo, nel maggio del 1947 fu un errore che avrebbe portato a disgregare il Partito.
Negli anni successivi alla proclamazione della Repubblica, si aggiunse la sirena rappresentata dalla Lega Sarda fondata nell'immediato dopoguerra dall'ex sardista Bastià Pirisi, dichiaratamente indipendentista (occorre dire che nel Psda i dirigenti indipendentisti erano assai pochi ed isolati). Il tentativo lussiano di collocare il Partito Sardo nel solco della tradizione socialista tuttavia fallì. La scissione del gruppo di Lussu 1948 portò alla fondazione dell'effimero Partito Sardo d'Azione Socialista, che quasi immediatamente confluì nel Partito Socialista Italiano.
Nel Dopoguerra ebbe un certo seguito elettorale, fino a giungere a picchi del 10% e, fino alla fine degli anni sessanta, nel Consiglio regionale della Sardegna, strinse perlopiù alleanza con la Democrazia Cristiana, a lungo dominatrice della politica locale; solamente negli anni settanta, quando i suoi consensi elettorali andarono calando, il partito scelse l'alleanza elettorale col PCI.
Nel 1981, fortemente influenzato dalle teorie di personalità come Antonio Simon Mossa al Congresso di Porto Torres cambiò il proprio statuto nell'articolo I che sancì l'obiettivo a lungo termine del partito: l'indipendenza della Sardegna. Negli anni ottanta, sull'onda di un nuovo spirito indipendentista e autonomista che cresceva impetuoso in Sardegna, il Psd'az ottenne clamorosi successi elettorali, attestandosi nelle elezioni regionali del 1984 ad oltre il 13% dei voti, ma ottenendo successi ancor più clamorosi in città quali Oristano (quasi il 20%) e nei quartieri più popolari di Cagliari (oltre il 30%).
L'esponente più prestigioso del partito, l'avvocato di Oliena Mario Melis, già deputato, divenne presidente della giunta regionale della Sardegna, carica che mantenne fino al 1989 in alleanza coi partiti laici (PSDI, PRI) e della sinistra (PCI e PSI).
Alle elezioni regionali del 1989, il Psd'az ebbe un calo di voti, scendendo al 10% circa, e non riuscì a confermarsi alla guida della Regione; da allora il partito ha conosciuto un lento declino quanto ai consensi ottenuti, tornando alle dimensioni di una piccola forza politica, rivelatasi però decisiva in più occasioni.
Con quattro consiglieri regionali ha partecipato alla Giunta di governo di centrosinistra facendo approvare nel periodo tra il 1994 e il 1996 provvedimenti importanti quali la legge sulla tutela della lingua sarda, la legge di riforma delle province e la legge sulla bandiera sarda, vista come elemento di unione nazionale del popolo sardo (segretari nazionali di quel periodo Cecilia Contu fino al 1995 e Lorenzo Palermo fino al 1997). Con il patto siglato fra Prodi ed il segretario Palermo il Partito Sardo d'Azione elegge nel 1996 il proprio presidente Franco Meloni al Senato.
Entrata in crisi l'alleanza con il centrosinistra il partito ha conosciuto un periodo di grave agitazione interna, e la lunga reggenza istituzionale del presidente Meloni; tale situazione è durata fino al congresso di Sassari del luglio 2000 che ha visto eletti Lorenzo Palermo presidente del Partito e Giacomo Sanna segretario.
Il PSd'Az deve reggere la critica di essersi spesso "autoescluso" dai giochi della politica sarda con la scelta di non schierarsi né col centrodestra né col centrosinistra, come avvenuto alle elezioni regionali del 1999 (vinte dal centrodestra), alle elezioni politiche del 2001 e a quelle regionali del 2004, che hanno visto la netta affermazione di Renato Soru, già presidente di Tiscali e leader del centrosinistra.
Alle elezioni provinciali del 2005, che hanno interessato tutto il territorio della Sardegna (nella nuova suddivisione in otto province), dopo un accordo esclusivamente elettorale con la coalizione dell'Unione, il Partito Sardo d'Azione ha raccolto complessivamente circa 47 mila voti (il 5,5% delle preferenze), con punte più elevate nelle province di Nuoro e Oristano.
Per quanto riguarda le elezioni politiche del 2006, alla Camera il partito ha deciso di candidare due suoi esponenti nella lista del Patto per le autonomie sotto le insegne di Lega Nord e MPA. Al Senato, invece, il partito si presenta solo in Sardegna con liste autonome svincolate dalle due principali coalizioni.
In occasione del XXX Congresso Nazionale è stato eletto alla Carica di Presidente Giacomo Sanna e successivamente, in seguito al sostegno determinante dei consiglieri nazionali di Oristano e Medio Campidano, è divenuto Segretario Efisio Trincas.
Alle elezioni regionali sarde del 2009, il PSd'A si è presentato alleato dello schieramento di centrodestra, guidato da Ugo Cappellacci; la decisione ha provocato malumori all'interno del partito, tanto da causare l'abbandono della corrente di minoranza di sinistra, schieratasi nella coalizione di centrosinistra guidata da Soru con il nome Rossomori. L'opzione si è rivelata vincente riportando il partito al governo della Regione dopo circa una quindicina d'anni, conseguendo un risultato del 4,3%, che ha portato all'elezione di 5 Consiglieri Regionali .
Segretari [modifica]
Dal 1921 al 1974 la denominazione della massima carica politica del Partito è Direttore Regionale; dal 1974 al 1981 Segretario Politico; dal 1981 in poi Segretario Nazionale. Nel novembre 1957 Pietro Mastino venne eletto Presidente di un Comitato Esecutivo per la riorganizzazione del Partito.
Dal 1921 al 1974 la denominazione della massima carica politica del Partito è Direttore Regionale; dal 1974 al 1981 Segretario Politico; dal 1981 in poi Segretario Nazionale. Nel novembre 1957 Pietro Mastino venne eletto Presidente di un Comitato Esecutivo per la riorganizzazione del Partito.
Note [modifica]
^ La lista elesse in tutto un deputato
^ Eletti per l'intera coalizione
^ Cinque deputati eletti nella quota maggioritaria dichiararono il collegamento con la lista del Partito Sardo d'Azione, ma s'iscrissero poi in tre al gruppo parlamentare del PDS e in due a quello del PPI.
^ La coalizione elesse in tutto cinque senatori.
Voci correlate [modifica]
Sardigna Natzione Indipendentzia
Progetto Sardegna
Movimento per l'Autonomia
Collegamenti esterni [modifica]
Sardegna e Libertà - Il magazine sardista dell'On.Paolo Maninchedda
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v · d · m Partiti politici italiani
Maggiori
Il Popolo della Libertà – Partito Democratico
Medi
Lega Nord – Unione dei Democratici Cristiani e di Centro/Unione di Centro – Sinistra Ecologia Libertà – Futuro e Libertà per l'Italia – Italia dei Valori
Minori
Radicali Italiani – Alleanza per l'Italia – Movimento per le Autonomie – I Popolari di Italia Domani – Noi Sud – Partito Repubblicano Italiano – Movimento Repubblicani Europei – Liberal Democratici – Alleanza di Centro – Partito Liberale Italiano – Partito Socialista Italiano – Partito della Rifondazione Comunista – Partito dei Comunisti Italiani – Federazione dei Verdi – MoVimento 5 Stelle – Popolari per il Sud – La Destra – Fiamma Tricolore – Partito Comunista dei Lavoratori – Movimento Associativo Italiani all'Estero
Regionali
Union Valdôtaine – Autonomie Liberté Democratie – Stella Alpina – Fédération Autonomiste – Moderati per il Piemonte – Südtiroler Volkspartei – Die Freiheitlichen – Süd-Tiroler Freiheit – Unione per il Trentino – Partito Autonomista Trentino Tirolese – Verso Nord - Popolari Uniti – La Puglia prima di tutto – Io Sud – Riformatori Sardi – Partito Sardo d'Azione – Unione Democratica Sarda – Forza del Sud
Sistema politico della Repubblica Italiana – Camera dei deputati – Senato della Repubblica – Parlamento europeo
^ La lista elesse in tutto un deputato
^ Eletti per l'intera coalizione
^ Cinque deputati eletti nella quota maggioritaria dichiararono il collegamento con la lista del Partito Sardo d'Azione, ma s'iscrissero poi in tre al gruppo parlamentare del PDS e in due a quello del PPI.
^ La coalizione elesse in tutto cinque senatori.
Voci correlate [modifica]
Sardigna Natzione Indipendentzia
Progetto Sardegna
Movimento per l'Autonomia
Collegamenti esterni [modifica]
Sardegna e Libertà - Il magazine sardista dell'On.Paolo Maninchedda
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Maggiori
Il Popolo della Libertà – Partito Democratico
Medi
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