dal sito http://it.wikipedia.org/wiki/Delitto_di_via_Puccini
Il delitto di via Puccini designa un evento di cronaca nera verificatosi a Roma il 30 agosto 1970. Si tratta di un duplice omicidio seguito dal suicidio dell'assassino.
La vicenda ebbe ampia risonanza all'epoca per via dei personaggi coinvolti: il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino (Roma, 1927), sua moglie, Anna Fallarino (Amorosi, 1929) e l'amante di lei, lo studente universitario Massimo Minorenti (Roma, 1945).
Le premesse [modifica]
Camillo Casati e Anna Fallarino si erano incontrati per la prima volta a Cannes nel 1958. La donna all'epoca era sposata con l'ingegner Giuseppe Drommi (poi consorte della contessa Patrizia De Blanck). Camillo Casati ne diverrà l'amante, fino a farle ottenere l'annullamento del matrimonio (pagando, si dice, 1 miliardo di lire) dalla Sacra Rota e la sposerà con rito civile nel 1959. Sarà durante il viaggio di nozze che Camillo Casati le rivelerà i suoi gusti sessuali, spingendo la moglie ad intrattenere rapporti sessuali con giovani di bell'aspetto da lui stesso scelti e pagati, il tutto ovviamente debitamente sotto il suo sguardo, riservandosi inoltre la possibilità di scattare fotografie della scena (cuckold). Di tale passione voyeuristica e candaulesimica ci restano numerose annotazioni scritte di suo pugno relative ai momenti e alle esperienze più soddisfacenti.
« Al mare con Anna ho inventato un nuovo gioco. L’ho fatta rotolare sulla sabbia, poi ho chiamato due avieri per farle togliere i granelli dalla pelle con la lingua »
Inoltre annota:
« Oggi Anna mi ha fatto impazzire di piacere. Ha fatto l’amore con un soldatino in modo così efficace che da lontano anche io ho partecipato alla sua gioia. Mi è costato trentamila lire, ma ne valeva la pena »
Non mancano le testimonianze di chi ha partecipato ai loro giochi, come quella di un bagnino:
« Erano degli zozzoni - racconta - Venivano sulla spiaggia e si mettevano nudi. Un giorno mi hanno invitato a stendermi tra loro. L’ho fatto e mi sono sentito sfilare il costume, poi quella donna mi ha attirato sopra di sé. È accaduto tutto sotto gli occhi del suo compagno. Alla fine lui era talmente contento che mi ha dato cinquemila lire di premio. »
Tuttavia, con il procedere degli incontri, il marchese nel suo diario personale esprime a più riprese il timore di un possibile coinvolgimento affettivo della donna con quegli uomini mercenari.
La svolta decisiva in tal senso si ebbe quando Anna Fallarino, coinvolgendo il marito, cominciò ad organizzare festini invitando molte persone, tra le quali era spesso presente Massimo Minorenti, un giovane studente fuori corso di Scienze politiche con fama da picchiatore fascista, già noto alle cronache mondane per una presunta relazione con Lola Falana. Minorenti che era stato in precedenza pagato dal Marchese Casati per avere rapporti con sua moglie, Anna Fallarino. Il ripetersi di simili situazioni non passò inosservata a Camillo, tanto che una sera, tra amici, sbottò con un "È la prima volta che mia moglie mi tradisce con il cuore", poi, con una certa sicurezza, aggiunse: "Ma sono certo che le passerà". La sua ragione di vita stava nel consegnare la moglie alle voglie altrui, creare forse il sostituto alla propria impotenza, "godere" nel fotografarla mentre godeva fra altre braccia. La relazione tra Anna e Massimo, dunque, lo infastidisce, si sente tagliato fuori.
I fatti avrebbero assunto una direzione sempre più distante da quella attesa dal Marchese, tanto che nel suo diario, alla data del 7 luglio 1970 lo sconfortato Camillo parlando della moglie scriveva trattarsi della «più grande delusione della mia vita, vorrei essere morto e sepolto. Che schifo, piccineria, voltastomaco quello che mi ha fatto Anna. Pensavo che fossimo l’unica coppia legata veramente, e invece...», e il 24 agosto, a pochi giorni dalla strage: «Sto letteralmente morendo internamente e ho perso tutto». Pensa al suicidio, scrive alla sua amata chiedendole di andarlo a trovare presso lo storico Mausoleo di famiglia al cimitero di Muggiò una volta morto. Poi, però, ci ripensa. L’estremo messaggio lo vergò sul retro di un calendario erotico, pochi istanti prima di irrompere nel salotto della sua casa romana imbracciando l'arma del delitto: «Amore mio, vita mia, perdonami, ma quello che farò lo debbo fare. Addio, mia unica gioia passata».
La vicenda [modifica]
Il marchese si era assentato da Roma per partecipare ad una battuta di caccia presso la tenuta di Valdagno alla quale era stato invitato dai Marzotto. Al termine della stessa fece una telefonata (erano circa le 4 del mattino del 30 agosto) alla sua abitazione romana. Udendo rispondere il Minorenti entrò in uno stato di grande agitazione, apparendo oramai palese il tradimento della moglie. Interrotta la comunicazione, chiamò nuovamente il numero di casa e questa volta rispose la moglie Anna. Dopo averle lanciato gravi minacce si precipitò a Roma. Appena giunto in via Puccini avvertì la servitù (5 persone in tutto) di non disturbare assolutamente e si recò nel salotto, dove i due lo stavano aspettando. Entratovi, sparò tre colpi alla moglie e poi due al di lei amante, che aveva usato un piccolo tavolo nella speranza di ripararsi. Usò l'ultimo colpo su di sè. L'arma utilizzata si rivelò poi essere un Browning calibro 12. La servitù nel frattempo, allarmata dagli spari, aveva chiamato la polizia, senza tuttavia entrare nella stanza.
In un'intervista all'Europeo, l'agente Domenico Scali ricorda: «Il primo corpo che vidi fu quello di Anna Fallarino. Mi sembrò ancora viva. Era seduta sul divano con le gambe incrociate sopra uno sgabello. Aveva le mani in grembo e il volto sereno. La nota stonata era una macchia scura di sangue sulla camicetta. Vicino a lei, accanto al divano, c'era il giovane Minorenti. Giaceva mezzo raggomitolato per terra, con indosso una maglietta leggera e dei pantaloni, seminascosto da un tavolino con cui aveva tentato a quanto pare un'estrema difesa... Avanzai e vidi anche il terzo corpo, quello del marchese. Non era un bello spettacolo, con la testa mezza sfigurata dal colpo di fucile. L'arma, un Browning calibro 12, giaceva abbandonata su una poltrona. Doveva aver usato quella poltrona per puntarsi il fucile sotto il mento».
Secondo la relazione della magistratura inquirente: «Il Casati era pervenuto a una concezione del suo rapporto con la seconda moglie, Anna Fallarino, tale da consentirgli non solo la più ampia tolleranza verso i rapporti sessuali della moglie con occasionali amanti dell’uno o dell’altro sesso, ma anche e soprattutto di eccitarsi e di godere in massima misura della sua partecipazione». Vent’anni dopo, intervistato dal quotidiano Il Messaggero, il capo della Mobile romana smentì incontri lesbici, droghe, orge e eventuali ricatti del giovane amante.
Il delitto attraverso i mezzi di comunicazione [modifica]
Intervistato dal settimanale L’Europeo sul clamoroso fatto di cronaca lo psicanalista Emilio Servadio dichiarava: «Quest’uomo non solo si compiaceva dei rapporti sessuali della moglie, ma li fotografava, li filmava, li esigeva e li promuoveva in ogni occasione. [...] Senza rendersene conto, in poche parole, l’individuo proietta la sua componente femminile sulla donna, [...] e l’incontro diventa veramente omosessuale. [...] Questi individui hanno anche una forte componente sadomasochista. In fondo loro si pongono come vittime di una situazione, sono mariti traditi. [...] Casati non era uno di quegli uomini a cui piace farsi frustare o picchiare, ma quello che chiamerei masochismo morale lo trovo evidente nel suo comportamento».
In seguito ai fatti del 30 agosto vennero pubblicate dalla stampa sensazionalistica le 1.500 fotografie in cui Anna era ripresa nuda in pose sexy o normali, sulle spiagge private, durante focose ed estemporanee performance con sconosciuti che erano conservate dal marito in un libro foderato di raso verde, tenuto sopra la scrivania. Le foto erotiche della marchesa vengono pubblicate da diversi giornali: Men, L'Europeo ed altri fanno a gara a presentarle, unitamente a parti del diario personale del Marchese. La figlia Annamaria ottenne il sequestro di una pubblicazione oscena in cui erano presenti molte delle famose foto unitamente ad un rapporto diffamatorio, in molti passi inventato. Non si scoprirà mai come giunse il materiale alla stampa.
Le conseguenze [modifica]
Con la morte di Camillo Casati Stampa di Soncino, sepolto secondo il suo volere accanto alla seconda consorte, nello storico Mausoleo Casati Stampa di Soncino nel cimitero urbano di Muggiò, le sue proprietà passarono alla figlia Annamaria, avuta dalla prima moglie Letizia Izzo. Nel suo testamento aveva disposto di lasciare tutti i suoi possedimenti alla moglie Anna Fallarino, ad eccezione di un quadro e di un'assicurazione del valore di 100 milioni di lire, destinati alla figlia. Pertanto la successione universale di quest'ultima fu contestata dalla famiglia Fallarino, che si affidò all'avvocato Cesare Previti. La perizia medica stabilì tuttavia che Anna Fallarino era deceduta sul colpo al primo sparo diretto contro di lei, premorendo al marito.
Tra le proprietà del Marchese, oltre alla residenza di Roma e a Palazzo Stampa di via Soncino in Milano, vi erano le numerose residenze sparse nel milanese: Muggiò, Cinisello Balsamo, Usmate Velate, Cusago, Arcore. Quest'ultima residenza, già Giulini Della Porta (ora Villa San Martino), è oggi di proprietà di Silvio Berlusconi.
Bibliografia [modifica]
Vincenzo Cerami, Fattacci. Il racconto di quattro delitti italiani, Dati Editore, 1997
Corrado Augias, I segreti di Roma, Mondadori, 2006
Luca Telese, Ti amo ti ammazzo, Cairo Publishing, 2007
Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Delitto_di_via_Puccini"
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