Il Martinismo e l’Ordine Martinista Universale di Pietro Berti
Il Martinismo è un movimento iniziatico che conserva in sè gli insegnamenti più importanti della Tradizione Ermetico-Cabalistica; si ispira ai tre esoteristi Jacques Martinez de Pasqually, Louis-Claude de Saint-Martin e Jean-Baptiste Willermoz, vissuti tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento. Storicamente l’ordine nasce nella metà del XVIII secolo come ordine massonico, ad opera di Martinez de Pasqually che gli dà una connotazione specificamente magica e operativa. Louis Claude de Saint Martin, discepolo di Martinez, dà poi all’ordine una connotazione religiosa e fideistica. Queste due anime trovano la loro sintesi nell'Ordine Martinista Universale. Il Martinismo è un raggruppamento iniziatico che possiede una dottrina filosofica e mistica, un metodo di lavoro individuale e di gruppo, una linea di ispirazione sulla quale i membri debbono operare secondo le proprie possibilità individuali. Gli scopi principali che l’Ordine propone ai suoi membri sono essenzialmente due: 1 ) la riconciliazione e la reintegrazione individuale, 2) la reintegrazione universale.
Nessun martinista (a prescindere da appartenenza ad obbedienze e grado) può essere costretto a compiere rituarie martiniste contro la sua volontà, né sono richieste abiure da fedi religiose o credo politici. Il martinista è un uomo completamente libero nelle sue scelte, benché sottoposto alle regole gerarchiche dell’ordine. Nonostante le origini, l’O.M.U. è oggi indipendente e libero da qualsiasi rapporto o legame con la massoneria e le sue obbedienze ma accetta i massoni tra i suoi iniziati.
Lo statuto vigente dell’Ordine Martinista Universale fornisce di sé la seguente definizione “libera associazione iniziatica di uomini e donne desiderosi del proprio perfezionamento interiore da perseguire attraverso lo studio dei rapporti intercorrenti fra Dio, l'Uomo e la natura; essi si impegnano ad usare a fin di bene il frutto delle conoscenze così acquisite trasmettendo le stesse, secondo le regole dell'Ordine, a chi, dimostrandosene idoneo, le desideri per lo stesso fine”. Per prendere parte ai lavori dell’O.M.U. è pertanto necessario aver ricevuto l’iniziazione. L'Ordine Martinista non pone limiti alla ricerca e allo studio, ed è fondato su criteri di uguaglianza, infatti al suo interno né opera distinzioni di razza, di religione, di ideali sociali, di censo, di cultura: molto dibattuto è stato il tema circa la possibilità di riconoscere la possibilità delle “donne iniziatrici. Infatti, in tale ordine iniziatico, alcuni Superiori Incogniti, dotati di valenza iniziatica osiridea, acquisiscono, attraverso un apposito rito di consacrazione, il potere di trasmettere l'iniziazione martinista e prendono il nome di Superiori Incogniti Iniziatori. Gli Statuti dell’Ordine Martinista in Francia per quanto riguarda le donne, recitano: “Altro carattere del Martinismo è di accettare gli uomini e le donne. La donna è complementare all’uomo”; “L’Ordine Martinista è aperto agli uomini come alle donne di buona volontà, secondo le direttive di L. C. de Saint-Martin e quelle, successive, di Papus che hanno proclamato l’assoluta uguaglianza della donna e dell’uomo”, basandosi sugli scritti del Saint-Martin secondo cui “l’anima, femminile non deriva dalla stessa fonte di quella che si riveste d’un corpo maschile? Non deve compiere la stessa opera? Combattere lo stesso spirito? Sperare gli stessi frutti?”. Considerata la portata del dibattito – assolutamente lungo, duro e complesso, pare opportuno limitarsi a dare atto di ciò che vige nell’attualità. In anni recenti è stato approvato il provvedimento in virtù del quale i nuovi Iniziatori non possano essere creati se non dal Gran Maestro in persona (l'unico Iniziatore in grado di trasmettere la facoltà di trasmettere, in lui risiedendo, come da Magna Charta, il deposito e il potere iniziatico dell'Ordine su delega del Collegio dei Superiori Incogniti Iniziatori). L’O.M.U. è strutturato in due diverse sezioni: la exoterica e la esoterica e riconosce tre diversi gradi il primo grado di Associato incognito appartiene alla sezione exoterica, mentre i due gradi successivi (Iniziato Incognito, secondo grado e Superiore Incognito, terzo grado) rientrano nella sezione esoterica. Ad ogni grado si accede attraverso una cerimonia di iniziazione. Si è detto che il primo grado è quello di Associato: lo scopo e la funzione di questa fase è per il martinista (che cinge un cordone nero di fibra vegetale) quello di riceve un rituale giornaliero che lo pone in catena con i fratelli. Essendo egli nella sezione exoterica dell'Ordine, egli ha la possibilità di valutare in pieno se l'Ordine risponde alle sue esigenze di crescita spirituale. L'Associato partecipa, se vuole, a tutti i lavori rituali comuni relativi al suo grado , in tal modo l'Associato può approfondire i suoi studi e orientarsi per capire quale sia, fra le tante praticabili, la strada che gli è più consona. Appena ricevuta l’iniziazione al grado di Iniziato, il martinista (che cinge un cordone rosso di fibra vegetale) entra nella sezione esoterica dell'Ordine. Egli partecipa, se lo vuole, sia ai lavori rituali comuni relativi al suo grado, sia a quelli relativi al grado di Associato e intraprenderà oltre alla rituaria giornaliera, anche una rituaria lunare, connessa con le fasi del novilunio e del plenilunio. Al raggiungimento del grado di Superiore Incognito (grado, questo, sacerdotale), il martinista (che cinge un cordone bianco) raggiunge l’apice delle sue possibilità operative. In questo grado, egli intraprende una rituaria solare, connessa con i due solstizi e con i due equinozi; tale rituaria si aggiunge alla rituaria giornaliera e a quella lunare. La cadenza con la quale si svolgono i lavori di gruppo può essere settimanale, o quindicinale, o mensile, o varia, secondo quanto decide il capo del gruppo che, di norma, è un Superiore Incognito Iniziatore, ma che può essere anche un Superiore Incognito. Con lo studio dei libri relativi a questo grado, il Superiore Incognito deve approfondire la conoscenza e la pratica della Cabala. Il Superiore Incognito partecipa, se vuole, sia ai lavori rituali comuni relativi al suo grado, sia a quelli relativi ai due gradi inferiori. Per ben comprendere il rapporto gerarchico esistente tra il Superiore Incognito Iniziatore (che cinge anch’esso un cordone bianco) e il Superiore Incognito si può fare un parallelo con le gerarchie Ecclesiastiche e dire che il primo (l’Iniziatore) può essere accomunato al vescovo mentre il secondo può essere accomunato al prete: entrambi hanno la potestà sacerdotale, ma soltanto il primo può iniziare altri martinisti fino al terzo grado dell'Ordine. In tutti i gradi l'Ordine mette a disposizione i suoi libri. A capo dell'O.M.U. c’è il Gran Maestro, scelto tra i Superiori Incogniti Iniziatori e da essi eletto a vita. Il passaggio di grado è chiesto dal martinista che vuole progredire nel proprio percorso iniziatico senza che nessuno possa o debba forzare la sua volontà. Al martinista, al momento del suo ingresso nell'Ordine già dal grado di Associato, è chiesto di assumere un nome iniziatico, a sua scelta. Tale nome può corrispondere a un personaggio mitologico, a una figura biblica o di altra tradizione religiosa, a ancora può essere il nome di una virtù da realizzare, ancora è possibile che si tratti dello stesso nome ricevuto alla nascita. Se l’iniziato non formula la sua scelta, egli riceverà il nome iniziatico dall'Iniziatore. L'Iniziatore è capo a vita del suo gruppo, ma può abdicare. All’interno dell’O.M.U. rileva in modo preminente e privilegiato il rapporto tra il singolo e l’Iniziatore piuttosto che quello tra il singolo e il gruppo. Merita tuttavia sul punto una citazione a scopo meditativo un passo del De Guaita che così testualmente recita: «Noi ti abbiamo “cominciato”: il ruolo degli Iniziatori deve fermarsi qui. Se tu perverrai da te stesso all’intelligenza degli Arcani, tu meriterai il titolo di Adepto; ma sappi bene ciò: è invano che il più sapiente dei Maestri ti riveli le supreme formule della scienza e del sapere magico; la Verità Occulta non si può trasmettere con un discorso: ciascuno deve evocarla, crearla e svilupparla in sé. Tu sei Iniziato: sei uno che gli altri hanno messo sulla Via; sforzati di divenire Adepto; uno cioè che ha conquistato la scienza da se stesso, o, in altri termini, il Figlio delle sue opere». I requisiti per entrare nell’Ordine sono l’aver compiuto il 21° anno di età, una condotta morale irreprensibile nonché la convinzione e la determinazione alla ricerca della verità. E’ canone scritto che la negligenza e la cattiva interpretazione dei canoni che regolano l'Ordine, una volta accertate, comportano, come unica soluzione, l'uscita dalla catena fraterna, mentre è regola non scritta quella di non rivelare ai non iniziati all'Ordine la qualifica martinista dei fratelli. Non è vietato rivelare di sé ed è libero di farlo, quantunque con cautela. Tutti i martinisti possono fornire il proprio contributo di idee al bollettino che stampa l’O.M.U.. tale pubblicazione viene trasmessa a tutti i membri dell’Ordine. Il Gran Maestro decide ed è responsabile della scelta dei contributi da pubblicare. C’è un contributo annuale che il martinista deve versare per rimborso spese, che ammonta a €. 30 all’anno salvo le spese per l’eventuale canone di locazione dei locali in cui i gruppi svolgono i lavori. Uno schema scolastico potrebbe ricostruire il seguente schema per il perseguimento degli scopi principali che l’Ordine propone ai suoi membri (che si ricordano essere la riconciliazione e la reintegrazione individuale e la reintegrazione universale): 1) lavoro individuale; a) scoperta della vera natura e del vero essere dell’uomo. b) Lavoro di liberazione delle scorie che imprigionano l’uomo qui «in basso», lavoro di ordine interiore ed «operativo». c) Contribuzione personale alla reintegrazione universale mediante la partecipazione alle operazioni. 2. Lavoro Collettivo realizzantesi mediante la partecipazione attiva al lavoro di catena avente come effetti: d) L’intercambio energetico tra gli anelli della catena. e) L’utilizzazione delle energie singole simpaticamente agenti per il potenziamento della catena e per le operazioni di purificazione dell’aura terrestre. Riti giornalieri, mensili, equinoziali. Lo schema sopra riportato potrebbe essere sintetizzato secondo le parole di Nebo S.I.I. in INTRODUZIONE ALL'ORDINE MARTINISTA “a) L’uomo, per L. C. de S. Martin, è la somma di tutti i problemi. È lui stesso un problema, l’enigma degli enigmi. Non si può comprendere l’uomo per mezzo della natura, ma la natura per mezzo dell’uomo. Louis-Claude de Saint Martin invita l’uomo a considerare se stesso e ad analizzare la realtà che avrà scoperto in tal modo. Così l’uomo scoprirà il suo vero rango e percepirà l’armonia del mondo secondo il famoso adagio di Delfo. «Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei!». L’uomo, malgrado la sua «degradazione» porta sempre con sé evidenti i segni della sua origine divina. Incatenato sulla terra come Promoteo, esiliato dal suo regno, quale fine si potrà proporre se non quella della reintegrazione b) Una volta conosciuta la sua vera natura egli non aspirerà che alla liberazione dalla prigione e dopo aver indagato sui mezzi a sua disposizione, inizierà quel lavoro di decondizionamento, di decantazione e di purificazione che lo condurrà, dopo aver realizzato il noto quadruplice motto: osare, tacere, sapere, volere, ad operare quella trasmutazione di alchimia spirituale avente come fine la strutturazione di un tipo d’uomo differente dalla umanità media, certamente ad essa superiore per evoluzione e per possibilità, «riconciliato e reintegrato nelle sue primitive» qualità e potenza. Indipendentemente dalle «tecniche» usate dall’iniziato egli potrà agire anche «operativamente». Tale lavoro che comporta la messa in azione di operazioni che, seguendo gli schemi tradizionali (purificazioni, regime alimentare, preghiera magicamente intesa, allestimento di un luogo operatorio, ecc...) e particolari rituali (segnalatamente martinezisti) apporta all’operatore che ha un cuore puro ed una fede sincera degli effetti sensibili consistenti in genere in una visione diretta di lampi e di glifi (i «passi») che rappresentano dei segnali sul cammino della reintegrazione e che confermano la validità del lavoro e la sua progressione. c) Il contributo alle operazioni per la purificazione dell’aura terrestre avviene mediante la partecipazione attiva (come «operatore») a queste. d) La catena martinista permette che si stabilisca un intercambio energetico tra fratello e fratello, tra fratello ed eggregore. Per suo mezzo si creano inoltre quelle energie che saranno utilizzate per gli scopi generali dell’Ordine. e) L’atmosfera astrale del nostro globo è infestata: 1. dai pensieri negativi emessi dagli uomini; 2. dalle forze negative di esseri non corporei (sono queste forze che generano i mali dell’umanità e si frappongono alla sua rapida ascesa evolutiva: guerre, odi razziali, religiosi, sociali, di caste, di collettività, desideri egoistici, ecc Soltanto le operazioni teurgiche, veri e propri esorcismi, sono in grado di combattere questa negatività con successo. Operazioni teurgiche collettivamente eseguite hanno una forza che aumenta in senso geometrico in rapporto al numero degli operatori e, spostando anche di poco la polarità dell’ambiente «astrale», contribuiscono alla grande opera della reintegrazione universale. La catena martinista può naturalmente dedicare le sue energie positive a combattere la negatività su tutti i piani, particolare attenzione viene posta anche alle operazioni di «guarigione». Questa introduzione sugli scopi e sui mezzi atti a conseguire tali scopi è certamente carente, ma il completamento di questo schema volutamente semplice, è compito del Fratello che intraprende l’ascesa, attraverso la comprensione degli insegnamenti successivi e soprattutto attraverso la pratica indispensabile per qualsiasi progresso.>”. E’ necessario poi dedicare una riflessione sui rapporti tra martinismo e pitagorismo. Secondo le parole di Francesco Brunelli in MARTINISMO E PITAGORISMO “Robert Ambelain così scrive nella sua opera «All’ombra delle Cattedrali»: sul frontone della sua scuola, Pitagora aveva fatto incidere queste parole: «Che nessuno entri se non è geometra». Questa sentenza ci svela una delle basi del suo insegnamento esoterico, perché noi vediamo che i suoi adepti consideravano come una profanazione e la punivano conseguenzialmente la rivelazione delle proprietà del numero d’oro e di un certo numero di altre chiavi... Martinez de Pasqually nelle sue logge e nel grado di Apprendista Eletto Cohen ci insegna segretamente la stessa cosa quando fa dire: «Quali sono gli strumenti per mezzo dei quali il Grande Architetto dell’Universo si è servito nella costruzione del Grande Tempio universale?». Al che il recipendiario deve rispondere «di un triangolo, di una perpendicolare e di una squadra perfetta». Ed il triangolo ebraico entro il quale si iscrivono in ritmo ed in progressione denaria le quattro lettere del nome divino Iod He Vau He, non è altro che una alterazione della Grande Tetractis delle iniziazioni antiche il cui studio intelligente porta l’adepto sul sentiero magico ed alchemico, vero sesamo aprente molte porte allo studioso paziente. «Io lo giuro per colui che ha trasmesso alle nostre anime la divina tetractis nella quale si trova la sorgente e la radice della eterna natura...». Tale è, come la trasmise Giamblico, la formula dei giuramenti d’ingresso nella iniziazione dorica. Il Martinismo è tributario del pitagorismo sotto aspetti particolari, così come tutte le scuole iniziatiche lo sono.Sia Martinez de Pasqually, sia Louis Claude de Saint Martin nelle loro opere hanno introdotto elementi pitagorici. Le Forestier, il più valido studioso di Martinez, nel suo libro dedicato all’Ordine degli Eletti Cohen afferma ciò nel corso della sua analisi dell’opera di Martinez: «L’aritmetica e la geometria segrete contenute nella Reintegrazione sono lasciti provenienti dal più lontano passato. L’idea di attribuire ai numeri un valore mistico rimonta ai più antichi tempi di cui la storia delle civilizzazioni ha conservato un ricordo. Formulata filosoficamente, questa idea, afferma che l’essere è identico al numero e che il numero, nello stesso tempo, è l’essere stesso, l’elemento materiale e l’elemento formale, la causa ed il principio, in modo che, se tutte le cose sono dei numeri, la scienza dei numeri è la scienza delle cose... Questa dottrina è comunemente chiamata aritmetica pitagorica perché fu formulata sistematicamente da Pitagora, o quanto meno, trasmessa dal pitagorico Filolao, tuttavia questa denominazione tradizionale non tiene conto della questione delle origini perché gli elementi di cui fa uso questa aritmetica esoterica esistevano certamente prima dei pitagorici». Le Forestier continua lo studio dello sviluppo della scuola pitagorica con i neopitagorici che fecero derivare dalla aritmetica mistica una geometria mistica stabilendo dei rapporti tra numeri e figure e prosegue esaminando l’opera di Giamblico, Plotino, Proclo, S. Agostino ed ammette una tradizione segreta nel medioevo che trasmetteva i segreti dell’aritmosofia soprattutto tra i costruttori che utilizzavano l’architettura come un linguaggio esoterico. Ricorda nel XV secolo Nicola da Cuma e giunge al XVI secolo in cui «l’aritmosofia conobbe una nuova voga quando gli umanisti amalgamarono le teorie neoalessandrine, con gli assiomi attribuiti a Pitagora ed i temi cabalisti, mettendosi a ricercare nei testi ebrei le idee pitagoriche e nella Kabala la vera dottrina filosofica della scrittura». Ricorda così Reuchlin, Giorgio da Venezia, Cornelio Agrippa, Giordano Bruno, il più grande pitagorico del Rinascimento Van Helmot per giungere alla fine dello stesso secolo in cui l’aritmetica pitagorica cessa di essere studiata e coltivata apertamente e si rinserra nei cenacoli esoterici, manifestando la sua vitalità quando fornirà alla Massoneria simboli e numeri sacri, il delta (la tetractis pitagorica), il Pentalfa e via dicendo. Giungiamo così a Martinez. Pasqually, i cui Maestri sono rimasti sino ad oggi un enigma, donde ha tratto la sua aritmosofia? Essa non è certo esclusivamente cabbalistica poiché comprende degli sviluppi che si discostano in molti punti da questa corrente. Daremo qui qualche cenno dell’aritmosofia Cohen per coloro che hanno un poco approfondito gli studi condotti lo scorso anno dall’Ordine Martinista. Martinez, per i numeri UNO, DIECI e QUATTRO segue grosso modo il Pitagorismo. L’unità per i pitagorici era vista come il Padre di ogni numero e per conseguenza degli esseri, del Demiurgo del mondo, la radice di ogni esistenza, il principio della conoscenza e della individuazione. Dalla Monade, dall’Uno derivano tre tipi di unità: quella Assoluta o Dio che era separata da ogni altra cosa; l’Unità-elemento che veniva considerata come inseparabile dalla cosa e l’Unità dell’Essere Reale. Per Martinez l’Unità era un principio di ogni essere spirituale e temporale e da buon cabbalista essa è per lui incomprensibile ed inconoscibile, è l’Ain-Soph che non si può né comprendere, né esplorare con la intelligenza: egli quindi identificava l’Unità con il Primo tipo di Monade pitagorica, quella cioè Assoluta.La DECADE di Martinez ha una importanza pari a quella attribuitale dai pitagorici, è la Forza Divina ed increata che produce la permanenza eterna delle cose in questo mondo. «Da questo nuero denario — dice — proviene ogni essere spirituale maggiore, inferiore, minore, come ogni legge d’azione sia spirituale sia spiritosa. L’addizione dei quattro numeri compresi nel quaternario, da DIECI e dalle differenti unioni di questi differenti numeri concepirai in che modo tutte le cose sono provenute...»; in altre parole DIECI è il numero perfetto ed universale perché contiene la essenza e la potenza dei numeri, infatti i primi dieci sono sufficienti ad esprimere la infinita varietà delle cose, i loro attributi e le loro proprietà. Martinez inscrive nel cerchio la cifra UNO per simboleggiare l’unione dell’Unità con la decade, del Dio emanante con il Dio emanato.Anche il quaternario al quale Martinez fa giuocare un ruolo preminente, è una replica della Tetrade pitagorica, e così via per tutti gli altri numeri, per il Due o «diade», per il sei, per il sette. Per il Cinque Martinez si distacca dai pitagorici per ammettere con i cabbalisti che è un numero demoniaco poiché corrisponde ai cinque Angeli distruttori. Una particolare menzione merita il numero Otto che viene interpretato alla maniera egizia. Gli egizi infatti sdoppiavano i quattro elementi in maschili e femminili ottenendo l’ogdoade simbolo della forza vivificante che Martinez trasporta sul piano mistico. Per il TRE segue la tradizione pitagorica e per il NOVE da una sua propria interpretazione e non è possibile identificare la sorgente.Anche in Martinez ritroviamo le combinazioni di numeri secondo la prassi pitagorica, mentre la geometria mistica appare piuttosto rudimentaria se si compara con quella dei pitagorici e soprattutto con quella dei neo-pitagorici. Questo in breve l’apporto pitagorico al Martinismo di Martinez che esaminato profondamente appare rimarchevole perché funge da base, da intelaiatura alla sua teoria e perché dà delle chiavi interpretative ed analogiche senza le quali la comprensione del suo trattato appare di indubbia difficoltà. Anche la sua «Teoria dell’asse fuoco centrale» su cui non ci intratteniamo, ha degli spunti pitagorici e la ricordo di sfuggita a chi la conosce. I pitagorici infatti ritengono il fuoco centrale, la Monade prima, l’armonia dei contrari, il nodo vitale dell’universo, la sorgente del calore, della vita, l’anima del mondo, la sua quintessenza. Louis Claude de S. Martin, il discepolo di Martinez, che abbiamo nella nostra ascendenza, non rifugge dall’aritmosofia ed il suo volume postumo «Des Nombres» ne fa buona fede. Sappiamo che S. Martin abbandonò le pratiche teurgiche del suo Maestro e si dedicò essenzialmente alla via cardiaca, tingendosi poi marcatamente di cristianesimo. Questa è una necessaria premessa per comprendere l’opera di S. Martin. Bene, il libro è frutto di sue personali meditazioni e non è neppure stato ricorretto dall’Autore; ora dobbiamo tener presente che la meditazione sui simboli è una tecnica raccomandata in tutte le scuole iniziatiche e che la meditazione sui numeri è importantissima, perché il numero come simbolo è in grado di dare suggerimenti ed illuminazioni maggiormente «astratti» poiché non evoca assolutamente alcuna rappresentazione fisica.Nel volume è evidenziabile una influenza pitagorica anche là ove Saint Martin tenta, in base alle sue speculazioni, di correggere i pitagorici. E questa influenza è un fatto estremamente naturale perché il pitagorismo è connaturato con la scienza tradizionale e nessuna tradizione può esimersi dal considerare il numero proprio come lo consideravano Pitagora ed i pitagorici.Nel volume comparso postumo, quindi senza la sua autorizzazione, S. Martin sviluppa una originale interpretazione dei numeri che in qualche caso si discosta da quella dei pitagorici ed in tal’altro contrasta, a sostegno di una interpretazione in chiave cristiana dell’aritmosofia. Il Reghini, sempre attento e mordace, non si fa certo sfuggire l’occasione per addentare chiunque si discosti dalle sue interpretazioni e pertanto S. Martin è anche lui regolarmente servito a proposito del numero sette. Sentiamolo perché merita. « Il numero Sette è l’unico numero della decade senza padre e senza madre e per questa ragione era paragonato e consacrato a Minerva... dea della Sapienza... di (quella) Sapienza divina che non appartiene al mondo della generazione, essa è trascendente, olimpica, umanamente inconcepibile». Il Sette infatti è un numero che, entro la decade, non è generato per moltiplicazione da nessun altro numero ed a sua volta non genera entro la decade ed è per questo che si dice che è senza «madre» e «vergine».« Louis Claude de S. Martin... si sbizzarrisce nei suoi scritti e segnatamente nell’opera postuma “Des Nombres”, in un suo sistema di mistica cristiana dei numeri e farneticando devotamente non si perita di affibbiare ai pitagorici dei supposti errori per poterli loro rinfacciare ad esaltazione della propria fede... egli afferma per esempio che: “Pitagora ed i suoi discepoli si sono sbagliati quando hanno detto che il Sette è senza padre e senza madre” e giustifica tale sentenza con la bella ragione che “il numero Quattro è il padre e la madre dell’uomo che, in effetti secondo la genesi, fu creato maschio e femmina per mezzo di questa potenza settenaria contenente tre e quattro”. Ora Pitagora ed i suoi discepoli non hanno mai detto nulla di simile ed il Filosofo sconosciuto fa tutta una confusione tra quello che narra il Vangelo a proposito di Melkisedek che era senza padre e senza madre, ed il fatto che per i pitagorici il sette era un numero sacro a Minerva perché, come Minerva, non sacro e non generato!». A parte quest’unica perla, che se ve ne fossero state altre il Reghini non le avrebbe certamente risparmiate, il libro postumo di S. Martin è di particolare interesse perché dimostra (anche con la sua interpretazione cristiana e proprio per questo, a mio giudizio) l’universalità della intuizione pitagorica dell’aritmetica. Questo interesse emerge anche dal fatto che le massime libertà nella interpretazione del simbolo debbono essere salvaguardate contro ogni dogmatizzazione, perché se la speculazione ed i risultati della meditazione e della illuminazione sono validi, la significazione ultima del simbolo resta e deve restare sempre eguale alla sua essenza, cioè a se stessa. Così, passo passo, tra storie e richiami, dal nostro fondatore Martinez siamo giunti, passando per S. Martin e Papus e Ambelain, al Martinismo contemporaneo. Cosa resta del pitagorismo oggi nel Martinismo? Vi sono diversi elementi nella tradizione Martinista in nostro possesso di sicura matrice pitagorica e che per essere compresi richiedono un ricorso al pitagorismo. In primo luogo il «modus iniziandi». La trasmissione dei segreti e del «sacramento dell’ordine» avviene da uomo ad uomo, così come avveniva nel pitagorismo; anche se vi sono presenti altri membri dell’Ordine, l’iniziazione è un qualche cosa che avviene tra Iniziatore ed Iniziando. Nel Martinismo non v’è bisogno di un luogo appositamente riservato per le iniziazioni, esse possono aver luogo al riparo o in piena aria, sulla cima di un monte o sulla sabbia di una spiaggia, ed è proprio questo modus, come è noto, che ha permesso alla corrente pitagorica sia di propagarsi, sia di perpetuarsi attraverso lo spazio ed il tempo.In secondo luogo il «Silenzio», il «Segreto». E qui è inutile dilungarci. In terzo luogo simboli e numeri. Vediamo di elencarli, ciò è sufficiente dopo un anno di studio sul pitagorismo: L’Associato è posto davanti all’Unità ed al Ternario. L’Iniziato è posto davanti al binario ed al Pentacolo dell’Ordine (che contiene in sé leggi e numeri abbraccianti la decade) ed al Pentalfa. A lui si domanda: «Quali sono i temi delle vostre meditazioni?» e l’Iniziato risponde: «I simboli, le lettere, i numeri, le figure geometriche chiamate pentacoli». Il S.I. viene posto di fronte ad un grosso problema che può risolvere solo mediante la chiave pitagorica e martinezista e dalla sua risoluzione dipenderà la sua liberazione ed il passaggio dal piano quaternario ad altro piano. Ma di ciò è d’uopo tacere!>>
Nessun martinista (a prescindere da appartenenza ad obbedienze e grado) può essere costretto a compiere rituarie martiniste contro la sua volontà, né sono richieste abiure da fedi religiose o credo politici. Il martinista è un uomo completamente libero nelle sue scelte, benché sottoposto alle regole gerarchiche dell’ordine. Nonostante le origini, l’O.M.U. è oggi indipendente e libero da qualsiasi rapporto o legame con la massoneria e le sue obbedienze ma accetta i massoni tra i suoi iniziati.
Lo statuto vigente dell’Ordine Martinista Universale fornisce di sé la seguente definizione “libera associazione iniziatica di uomini e donne desiderosi del proprio perfezionamento interiore da perseguire attraverso lo studio dei rapporti intercorrenti fra Dio, l'Uomo e la natura; essi si impegnano ad usare a fin di bene il frutto delle conoscenze così acquisite trasmettendo le stesse, secondo le regole dell'Ordine, a chi, dimostrandosene idoneo, le desideri per lo stesso fine”. Per prendere parte ai lavori dell’O.M.U. è pertanto necessario aver ricevuto l’iniziazione. L'Ordine Martinista non pone limiti alla ricerca e allo studio, ed è fondato su criteri di uguaglianza, infatti al suo interno né opera distinzioni di razza, di religione, di ideali sociali, di censo, di cultura: molto dibattuto è stato il tema circa la possibilità di riconoscere la possibilità delle “donne iniziatrici. Infatti, in tale ordine iniziatico, alcuni Superiori Incogniti, dotati di valenza iniziatica osiridea, acquisiscono, attraverso un apposito rito di consacrazione, il potere di trasmettere l'iniziazione martinista e prendono il nome di Superiori Incogniti Iniziatori. Gli Statuti dell’Ordine Martinista in Francia per quanto riguarda le donne, recitano: “Altro carattere del Martinismo è di accettare gli uomini e le donne. La donna è complementare all’uomo”; “L’Ordine Martinista è aperto agli uomini come alle donne di buona volontà, secondo le direttive di L. C. de Saint-Martin e quelle, successive, di Papus che hanno proclamato l’assoluta uguaglianza della donna e dell’uomo”, basandosi sugli scritti del Saint-Martin secondo cui “l’anima, femminile non deriva dalla stessa fonte di quella che si riveste d’un corpo maschile? Non deve compiere la stessa opera? Combattere lo stesso spirito? Sperare gli stessi frutti?”. Considerata la portata del dibattito – assolutamente lungo, duro e complesso, pare opportuno limitarsi a dare atto di ciò che vige nell’attualità. In anni recenti è stato approvato il provvedimento in virtù del quale i nuovi Iniziatori non possano essere creati se non dal Gran Maestro in persona (l'unico Iniziatore in grado di trasmettere la facoltà di trasmettere, in lui risiedendo, come da Magna Charta, il deposito e il potere iniziatico dell'Ordine su delega del Collegio dei Superiori Incogniti Iniziatori). L’O.M.U. è strutturato in due diverse sezioni: la exoterica e la esoterica e riconosce tre diversi gradi il primo grado di Associato incognito appartiene alla sezione exoterica, mentre i due gradi successivi (Iniziato Incognito, secondo grado e Superiore Incognito, terzo grado) rientrano nella sezione esoterica. Ad ogni grado si accede attraverso una cerimonia di iniziazione. Si è detto che il primo grado è quello di Associato: lo scopo e la funzione di questa fase è per il martinista (che cinge un cordone nero di fibra vegetale) quello di riceve un rituale giornaliero che lo pone in catena con i fratelli. Essendo egli nella sezione exoterica dell'Ordine, egli ha la possibilità di valutare in pieno se l'Ordine risponde alle sue esigenze di crescita spirituale. L'Associato partecipa, se vuole, a tutti i lavori rituali comuni relativi al suo grado , in tal modo l'Associato può approfondire i suoi studi e orientarsi per capire quale sia, fra le tante praticabili, la strada che gli è più consona. Appena ricevuta l’iniziazione al grado di Iniziato, il martinista (che cinge un cordone rosso di fibra vegetale) entra nella sezione esoterica dell'Ordine. Egli partecipa, se lo vuole, sia ai lavori rituali comuni relativi al suo grado, sia a quelli relativi al grado di Associato e intraprenderà oltre alla rituaria giornaliera, anche una rituaria lunare, connessa con le fasi del novilunio e del plenilunio. Al raggiungimento del grado di Superiore Incognito (grado, questo, sacerdotale), il martinista (che cinge un cordone bianco) raggiunge l’apice delle sue possibilità operative. In questo grado, egli intraprende una rituaria solare, connessa con i due solstizi e con i due equinozi; tale rituaria si aggiunge alla rituaria giornaliera e a quella lunare. La cadenza con la quale si svolgono i lavori di gruppo può essere settimanale, o quindicinale, o mensile, o varia, secondo quanto decide il capo del gruppo che, di norma, è un Superiore Incognito Iniziatore, ma che può essere anche un Superiore Incognito. Con lo studio dei libri relativi a questo grado, il Superiore Incognito deve approfondire la conoscenza e la pratica della Cabala. Il Superiore Incognito partecipa, se vuole, sia ai lavori rituali comuni relativi al suo grado, sia a quelli relativi ai due gradi inferiori. Per ben comprendere il rapporto gerarchico esistente tra il Superiore Incognito Iniziatore (che cinge anch’esso un cordone bianco) e il Superiore Incognito si può fare un parallelo con le gerarchie Ecclesiastiche e dire che il primo (l’Iniziatore) può essere accomunato al vescovo mentre il secondo può essere accomunato al prete: entrambi hanno la potestà sacerdotale, ma soltanto il primo può iniziare altri martinisti fino al terzo grado dell'Ordine. In tutti i gradi l'Ordine mette a disposizione i suoi libri. A capo dell'O.M.U. c’è il Gran Maestro, scelto tra i Superiori Incogniti Iniziatori e da essi eletto a vita. Il passaggio di grado è chiesto dal martinista che vuole progredire nel proprio percorso iniziatico senza che nessuno possa o debba forzare la sua volontà. Al martinista, al momento del suo ingresso nell'Ordine già dal grado di Associato, è chiesto di assumere un nome iniziatico, a sua scelta. Tale nome può corrispondere a un personaggio mitologico, a una figura biblica o di altra tradizione religiosa, a ancora può essere il nome di una virtù da realizzare, ancora è possibile che si tratti dello stesso nome ricevuto alla nascita. Se l’iniziato non formula la sua scelta, egli riceverà il nome iniziatico dall'Iniziatore. L'Iniziatore è capo a vita del suo gruppo, ma può abdicare. All’interno dell’O.M.U. rileva in modo preminente e privilegiato il rapporto tra il singolo e l’Iniziatore piuttosto che quello tra il singolo e il gruppo. Merita tuttavia sul punto una citazione a scopo meditativo un passo del De Guaita che così testualmente recita: «Noi ti abbiamo “cominciato”: il ruolo degli Iniziatori deve fermarsi qui. Se tu perverrai da te stesso all’intelligenza degli Arcani, tu meriterai il titolo di Adepto; ma sappi bene ciò: è invano che il più sapiente dei Maestri ti riveli le supreme formule della scienza e del sapere magico; la Verità Occulta non si può trasmettere con un discorso: ciascuno deve evocarla, crearla e svilupparla in sé. Tu sei Iniziato: sei uno che gli altri hanno messo sulla Via; sforzati di divenire Adepto; uno cioè che ha conquistato la scienza da se stesso, o, in altri termini, il Figlio delle sue opere». I requisiti per entrare nell’Ordine sono l’aver compiuto il 21° anno di età, una condotta morale irreprensibile nonché la convinzione e la determinazione alla ricerca della verità. E’ canone scritto che la negligenza e la cattiva interpretazione dei canoni che regolano l'Ordine, una volta accertate, comportano, come unica soluzione, l'uscita dalla catena fraterna, mentre è regola non scritta quella di non rivelare ai non iniziati all'Ordine la qualifica martinista dei fratelli. Non è vietato rivelare di sé ed è libero di farlo, quantunque con cautela. Tutti i martinisti possono fornire il proprio contributo di idee al bollettino che stampa l’O.M.U.. tale pubblicazione viene trasmessa a tutti i membri dell’Ordine. Il Gran Maestro decide ed è responsabile della scelta dei contributi da pubblicare. C’è un contributo annuale che il martinista deve versare per rimborso spese, che ammonta a €. 30 all’anno salvo le spese per l’eventuale canone di locazione dei locali in cui i gruppi svolgono i lavori. Uno schema scolastico potrebbe ricostruire il seguente schema per il perseguimento degli scopi principali che l’Ordine propone ai suoi membri (che si ricordano essere la riconciliazione e la reintegrazione individuale e la reintegrazione universale): 1) lavoro individuale; a) scoperta della vera natura e del vero essere dell’uomo. b) Lavoro di liberazione delle scorie che imprigionano l’uomo qui «in basso», lavoro di ordine interiore ed «operativo». c) Contribuzione personale alla reintegrazione universale mediante la partecipazione alle operazioni. 2. Lavoro Collettivo realizzantesi mediante la partecipazione attiva al lavoro di catena avente come effetti: d) L’intercambio energetico tra gli anelli della catena. e) L’utilizzazione delle energie singole simpaticamente agenti per il potenziamento della catena e per le operazioni di purificazione dell’aura terrestre. Riti giornalieri, mensili, equinoziali. Lo schema sopra riportato potrebbe essere sintetizzato secondo le parole di Nebo S.I.I. in INTRODUZIONE ALL'ORDINE MARTINISTA “a) L’uomo, per L. C. de S. Martin, è la somma di tutti i problemi. È lui stesso un problema, l’enigma degli enigmi. Non si può comprendere l’uomo per mezzo della natura, ma la natura per mezzo dell’uomo. Louis-Claude de Saint Martin invita l’uomo a considerare se stesso e ad analizzare la realtà che avrà scoperto in tal modo. Così l’uomo scoprirà il suo vero rango e percepirà l’armonia del mondo secondo il famoso adagio di Delfo. «Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei!». L’uomo, malgrado la sua «degradazione» porta sempre con sé evidenti i segni della sua origine divina. Incatenato sulla terra come Promoteo, esiliato dal suo regno, quale fine si potrà proporre se non quella della reintegrazione b) Una volta conosciuta la sua vera natura egli non aspirerà che alla liberazione dalla prigione e dopo aver indagato sui mezzi a sua disposizione, inizierà quel lavoro di decondizionamento, di decantazione e di purificazione che lo condurrà, dopo aver realizzato il noto quadruplice motto: osare, tacere, sapere, volere, ad operare quella trasmutazione di alchimia spirituale avente come fine la strutturazione di un tipo d’uomo differente dalla umanità media, certamente ad essa superiore per evoluzione e per possibilità, «riconciliato e reintegrato nelle sue primitive» qualità e potenza. Indipendentemente dalle «tecniche» usate dall’iniziato egli potrà agire anche «operativamente». Tale lavoro che comporta la messa in azione di operazioni che, seguendo gli schemi tradizionali (purificazioni, regime alimentare, preghiera magicamente intesa, allestimento di un luogo operatorio, ecc...) e particolari rituali (segnalatamente martinezisti) apporta all’operatore che ha un cuore puro ed una fede sincera degli effetti sensibili consistenti in genere in una visione diretta di lampi e di glifi (i «passi») che rappresentano dei segnali sul cammino della reintegrazione e che confermano la validità del lavoro e la sua progressione. c) Il contributo alle operazioni per la purificazione dell’aura terrestre avviene mediante la partecipazione attiva (come «operatore») a queste. d) La catena martinista permette che si stabilisca un intercambio energetico tra fratello e fratello, tra fratello ed eggregore. Per suo mezzo si creano inoltre quelle energie che saranno utilizzate per gli scopi generali dell’Ordine. e) L’atmosfera astrale del nostro globo è infestata: 1. dai pensieri negativi emessi dagli uomini; 2. dalle forze negative di esseri non corporei (sono queste forze che generano i mali dell’umanità e si frappongono alla sua rapida ascesa evolutiva: guerre, odi razziali, religiosi, sociali, di caste, di collettività, desideri egoistici, ecc Soltanto le operazioni teurgiche, veri e propri esorcismi, sono in grado di combattere questa negatività con successo. Operazioni teurgiche collettivamente eseguite hanno una forza che aumenta in senso geometrico in rapporto al numero degli operatori e, spostando anche di poco la polarità dell’ambiente «astrale», contribuiscono alla grande opera della reintegrazione universale. La catena martinista può naturalmente dedicare le sue energie positive a combattere la negatività su tutti i piani, particolare attenzione viene posta anche alle operazioni di «guarigione». Questa introduzione sugli scopi e sui mezzi atti a conseguire tali scopi è certamente carente, ma il completamento di questo schema volutamente semplice, è compito del Fratello che intraprende l’ascesa, attraverso la comprensione degli insegnamenti successivi e soprattutto attraverso la pratica indispensabile per qualsiasi progresso.>”. E’ necessario poi dedicare una riflessione sui rapporti tra martinismo e pitagorismo. Secondo le parole di Francesco Brunelli in MARTINISMO E PITAGORISMO “Robert Ambelain così scrive nella sua opera «All’ombra delle Cattedrali»: sul frontone della sua scuola, Pitagora aveva fatto incidere queste parole: «Che nessuno entri se non è geometra». Questa sentenza ci svela una delle basi del suo insegnamento esoterico, perché noi vediamo che i suoi adepti consideravano come una profanazione e la punivano conseguenzialmente la rivelazione delle proprietà del numero d’oro e di un certo numero di altre chiavi... Martinez de Pasqually nelle sue logge e nel grado di Apprendista Eletto Cohen ci insegna segretamente la stessa cosa quando fa dire: «Quali sono gli strumenti per mezzo dei quali il Grande Architetto dell’Universo si è servito nella costruzione del Grande Tempio universale?». Al che il recipendiario deve rispondere «di un triangolo, di una perpendicolare e di una squadra perfetta». Ed il triangolo ebraico entro il quale si iscrivono in ritmo ed in progressione denaria le quattro lettere del nome divino Iod He Vau He, non è altro che una alterazione della Grande Tetractis delle iniziazioni antiche il cui studio intelligente porta l’adepto sul sentiero magico ed alchemico, vero sesamo aprente molte porte allo studioso paziente. «Io lo giuro per colui che ha trasmesso alle nostre anime la divina tetractis nella quale si trova la sorgente e la radice della eterna natura...». Tale è, come la trasmise Giamblico, la formula dei giuramenti d’ingresso nella iniziazione dorica. Il Martinismo è tributario del pitagorismo sotto aspetti particolari, così come tutte le scuole iniziatiche lo sono.Sia Martinez de Pasqually, sia Louis Claude de Saint Martin nelle loro opere hanno introdotto elementi pitagorici. Le Forestier, il più valido studioso di Martinez, nel suo libro dedicato all’Ordine degli Eletti Cohen afferma ciò nel corso della sua analisi dell’opera di Martinez: «L’aritmetica e la geometria segrete contenute nella Reintegrazione sono lasciti provenienti dal più lontano passato. L’idea di attribuire ai numeri un valore mistico rimonta ai più antichi tempi di cui la storia delle civilizzazioni ha conservato un ricordo. Formulata filosoficamente, questa idea, afferma che l’essere è identico al numero e che il numero, nello stesso tempo, è l’essere stesso, l’elemento materiale e l’elemento formale, la causa ed il principio, in modo che, se tutte le cose sono dei numeri, la scienza dei numeri è la scienza delle cose... Questa dottrina è comunemente chiamata aritmetica pitagorica perché fu formulata sistematicamente da Pitagora, o quanto meno, trasmessa dal pitagorico Filolao, tuttavia questa denominazione tradizionale non tiene conto della questione delle origini perché gli elementi di cui fa uso questa aritmetica esoterica esistevano certamente prima dei pitagorici». Le Forestier continua lo studio dello sviluppo della scuola pitagorica con i neopitagorici che fecero derivare dalla aritmetica mistica una geometria mistica stabilendo dei rapporti tra numeri e figure e prosegue esaminando l’opera di Giamblico, Plotino, Proclo, S. Agostino ed ammette una tradizione segreta nel medioevo che trasmetteva i segreti dell’aritmosofia soprattutto tra i costruttori che utilizzavano l’architettura come un linguaggio esoterico. Ricorda nel XV secolo Nicola da Cuma e giunge al XVI secolo in cui «l’aritmosofia conobbe una nuova voga quando gli umanisti amalgamarono le teorie neoalessandrine, con gli assiomi attribuiti a Pitagora ed i temi cabalisti, mettendosi a ricercare nei testi ebrei le idee pitagoriche e nella Kabala la vera dottrina filosofica della scrittura». Ricorda così Reuchlin, Giorgio da Venezia, Cornelio Agrippa, Giordano Bruno, il più grande pitagorico del Rinascimento Van Helmot per giungere alla fine dello stesso secolo in cui l’aritmetica pitagorica cessa di essere studiata e coltivata apertamente e si rinserra nei cenacoli esoterici, manifestando la sua vitalità quando fornirà alla Massoneria simboli e numeri sacri, il delta (la tetractis pitagorica), il Pentalfa e via dicendo. Giungiamo così a Martinez. Pasqually, i cui Maestri sono rimasti sino ad oggi un enigma, donde ha tratto la sua aritmosofia? Essa non è certo esclusivamente cabbalistica poiché comprende degli sviluppi che si discostano in molti punti da questa corrente. Daremo qui qualche cenno dell’aritmosofia Cohen per coloro che hanno un poco approfondito gli studi condotti lo scorso anno dall’Ordine Martinista. Martinez, per i numeri UNO, DIECI e QUATTRO segue grosso modo il Pitagorismo. L’unità per i pitagorici era vista come il Padre di ogni numero e per conseguenza degli esseri, del Demiurgo del mondo, la radice di ogni esistenza, il principio della conoscenza e della individuazione. Dalla Monade, dall’Uno derivano tre tipi di unità: quella Assoluta o Dio che era separata da ogni altra cosa; l’Unità-elemento che veniva considerata come inseparabile dalla cosa e l’Unità dell’Essere Reale. Per Martinez l’Unità era un principio di ogni essere spirituale e temporale e da buon cabbalista essa è per lui incomprensibile ed inconoscibile, è l’Ain-Soph che non si può né comprendere, né esplorare con la intelligenza: egli quindi identificava l’Unità con il Primo tipo di Monade pitagorica, quella cioè Assoluta.La DECADE di Martinez ha una importanza pari a quella attribuitale dai pitagorici, è la Forza Divina ed increata che produce la permanenza eterna delle cose in questo mondo. «Da questo nuero denario — dice — proviene ogni essere spirituale maggiore, inferiore, minore, come ogni legge d’azione sia spirituale sia spiritosa. L’addizione dei quattro numeri compresi nel quaternario, da DIECI e dalle differenti unioni di questi differenti numeri concepirai in che modo tutte le cose sono provenute...»; in altre parole DIECI è il numero perfetto ed universale perché contiene la essenza e la potenza dei numeri, infatti i primi dieci sono sufficienti ad esprimere la infinita varietà delle cose, i loro attributi e le loro proprietà. Martinez inscrive nel cerchio la cifra UNO per simboleggiare l’unione dell’Unità con la decade, del Dio emanante con il Dio emanato.Anche il quaternario al quale Martinez fa giuocare un ruolo preminente, è una replica della Tetrade pitagorica, e così via per tutti gli altri numeri, per il Due o «diade», per il sei, per il sette. Per il Cinque Martinez si distacca dai pitagorici per ammettere con i cabbalisti che è un numero demoniaco poiché corrisponde ai cinque Angeli distruttori. Una particolare menzione merita il numero Otto che viene interpretato alla maniera egizia. Gli egizi infatti sdoppiavano i quattro elementi in maschili e femminili ottenendo l’ogdoade simbolo della forza vivificante che Martinez trasporta sul piano mistico. Per il TRE segue la tradizione pitagorica e per il NOVE da una sua propria interpretazione e non è possibile identificare la sorgente.Anche in Martinez ritroviamo le combinazioni di numeri secondo la prassi pitagorica, mentre la geometria mistica appare piuttosto rudimentaria se si compara con quella dei pitagorici e soprattutto con quella dei neo-pitagorici. Questo in breve l’apporto pitagorico al Martinismo di Martinez che esaminato profondamente appare rimarchevole perché funge da base, da intelaiatura alla sua teoria e perché dà delle chiavi interpretative ed analogiche senza le quali la comprensione del suo trattato appare di indubbia difficoltà. Anche la sua «Teoria dell’asse fuoco centrale» su cui non ci intratteniamo, ha degli spunti pitagorici e la ricordo di sfuggita a chi la conosce. I pitagorici infatti ritengono il fuoco centrale, la Monade prima, l’armonia dei contrari, il nodo vitale dell’universo, la sorgente del calore, della vita, l’anima del mondo, la sua quintessenza. Louis Claude de S. Martin, il discepolo di Martinez, che abbiamo nella nostra ascendenza, non rifugge dall’aritmosofia ed il suo volume postumo «Des Nombres» ne fa buona fede. Sappiamo che S. Martin abbandonò le pratiche teurgiche del suo Maestro e si dedicò essenzialmente alla via cardiaca, tingendosi poi marcatamente di cristianesimo. Questa è una necessaria premessa per comprendere l’opera di S. Martin. Bene, il libro è frutto di sue personali meditazioni e non è neppure stato ricorretto dall’Autore; ora dobbiamo tener presente che la meditazione sui simboli è una tecnica raccomandata in tutte le scuole iniziatiche e che la meditazione sui numeri è importantissima, perché il numero come simbolo è in grado di dare suggerimenti ed illuminazioni maggiormente «astratti» poiché non evoca assolutamente alcuna rappresentazione fisica.Nel volume è evidenziabile una influenza pitagorica anche là ove Saint Martin tenta, in base alle sue speculazioni, di correggere i pitagorici. E questa influenza è un fatto estremamente naturale perché il pitagorismo è connaturato con la scienza tradizionale e nessuna tradizione può esimersi dal considerare il numero proprio come lo consideravano Pitagora ed i pitagorici.Nel volume comparso postumo, quindi senza la sua autorizzazione, S. Martin sviluppa una originale interpretazione dei numeri che in qualche caso si discosta da quella dei pitagorici ed in tal’altro contrasta, a sostegno di una interpretazione in chiave cristiana dell’aritmosofia. Il Reghini, sempre attento e mordace, non si fa certo sfuggire l’occasione per addentare chiunque si discosti dalle sue interpretazioni e pertanto S. Martin è anche lui regolarmente servito a proposito del numero sette. Sentiamolo perché merita. « Il numero Sette è l’unico numero della decade senza padre e senza madre e per questa ragione era paragonato e consacrato a Minerva... dea della Sapienza... di (quella) Sapienza divina che non appartiene al mondo della generazione, essa è trascendente, olimpica, umanamente inconcepibile». Il Sette infatti è un numero che, entro la decade, non è generato per moltiplicazione da nessun altro numero ed a sua volta non genera entro la decade ed è per questo che si dice che è senza «madre» e «vergine».« Louis Claude de S. Martin... si sbizzarrisce nei suoi scritti e segnatamente nell’opera postuma “Des Nombres”, in un suo sistema di mistica cristiana dei numeri e farneticando devotamente non si perita di affibbiare ai pitagorici dei supposti errori per poterli loro rinfacciare ad esaltazione della propria fede... egli afferma per esempio che: “Pitagora ed i suoi discepoli si sono sbagliati quando hanno detto che il Sette è senza padre e senza madre” e giustifica tale sentenza con la bella ragione che “il numero Quattro è il padre e la madre dell’uomo che, in effetti secondo la genesi, fu creato maschio e femmina per mezzo di questa potenza settenaria contenente tre e quattro”. Ora Pitagora ed i suoi discepoli non hanno mai detto nulla di simile ed il Filosofo sconosciuto fa tutta una confusione tra quello che narra il Vangelo a proposito di Melkisedek che era senza padre e senza madre, ed il fatto che per i pitagorici il sette era un numero sacro a Minerva perché, come Minerva, non sacro e non generato!». A parte quest’unica perla, che se ve ne fossero state altre il Reghini non le avrebbe certamente risparmiate, il libro postumo di S. Martin è di particolare interesse perché dimostra (anche con la sua interpretazione cristiana e proprio per questo, a mio giudizio) l’universalità della intuizione pitagorica dell’aritmetica. Questo interesse emerge anche dal fatto che le massime libertà nella interpretazione del simbolo debbono essere salvaguardate contro ogni dogmatizzazione, perché se la speculazione ed i risultati della meditazione e della illuminazione sono validi, la significazione ultima del simbolo resta e deve restare sempre eguale alla sua essenza, cioè a se stessa. Così, passo passo, tra storie e richiami, dal nostro fondatore Martinez siamo giunti, passando per S. Martin e Papus e Ambelain, al Martinismo contemporaneo. Cosa resta del pitagorismo oggi nel Martinismo? Vi sono diversi elementi nella tradizione Martinista in nostro possesso di sicura matrice pitagorica e che per essere compresi richiedono un ricorso al pitagorismo. In primo luogo il «modus iniziandi». La trasmissione dei segreti e del «sacramento dell’ordine» avviene da uomo ad uomo, così come avveniva nel pitagorismo; anche se vi sono presenti altri membri dell’Ordine, l’iniziazione è un qualche cosa che avviene tra Iniziatore ed Iniziando. Nel Martinismo non v’è bisogno di un luogo appositamente riservato per le iniziazioni, esse possono aver luogo al riparo o in piena aria, sulla cima di un monte o sulla sabbia di una spiaggia, ed è proprio questo modus, come è noto, che ha permesso alla corrente pitagorica sia di propagarsi, sia di perpetuarsi attraverso lo spazio ed il tempo.In secondo luogo il «Silenzio», il «Segreto». E qui è inutile dilungarci. In terzo luogo simboli e numeri. Vediamo di elencarli, ciò è sufficiente dopo un anno di studio sul pitagorismo: L’Associato è posto davanti all’Unità ed al Ternario. L’Iniziato è posto davanti al binario ed al Pentacolo dell’Ordine (che contiene in sé leggi e numeri abbraccianti la decade) ed al Pentalfa. A lui si domanda: «Quali sono i temi delle vostre meditazioni?» e l’Iniziato risponde: «I simboli, le lettere, i numeri, le figure geometriche chiamate pentacoli». Il S.I. viene posto di fronte ad un grosso problema che può risolvere solo mediante la chiave pitagorica e martinezista e dalla sua risoluzione dipenderà la sua liberazione ed il passaggio dal piano quaternario ad altro piano. Ma di ciò è d’uopo tacere!>>
Merita infine specifica trattazione l’argomento della Simbologia essenziale dell’Ordine Martinista. Secondo quanto riporta il Dizionario Esoterico a cura di Riccardo Chissotti Esonet – la tradizione Iniziatica tra Oriente e Occidente http://www.esonet.org/ i simboli più caratteristici dell’ordine sono la maschera che rappresenta il simbolo di spersonalizzazione, l’atteggiamento mentale del Filosofo Incognito che diventa lo sconosciuto tra gli uomini; il mantello che sta a significare la protezione simbolica da quanto è estraneo alla natura di figlio della luce dell’adepto; il trilume come rappresentazione nel ternario della manifestazione divina; tre colori hanno una particolare connotazione simbolica: il bianco che simboleggia Dio; il nero come identificativo della Natura ed il rosso in cui si raffigura l’Uomo; il Sigillo dell’Ordine è il cosiddetto Pentacolo in cui sono raffigurati: il cerchio, il doppio triangolo e la croce, che rappresentano nell’ordine Dio, la Natura e l’Uomo; l’arco in cui il Triangolo Divino è filtrato dalla circonferenza della manifestazione universale; la Croce che è il modello simbolico per l’Uomo in espansione nelle quattro direzioni, teso a realizzare la quadratura del cerchio, eleggendosi a segno dell’Unità divina ed il nome divino. Infatti, Dio si dà al creato per Amore: Egli è pienezza dell’essere "yod" e trasparente matrice "he" che diventa unità articolata "vau" che congiunge le prime due. È Sophia, perfetta saggezza divina opposta a stoltezza umana e Fuoco divampante, l’amore divino simboleggiato dal sacro nome di Gesù, caro al Martinismo. L’Ordine Martinista sprona gli iniziati allo studio di tutte le tradizioni e delle scienze dell’uomo, utili ed efficaci solo quale prova e perfezionamento dell’esperienza ontologica della Croce . La Croce è ben anteriore al male, non è sofferenza, è radice eterna dell’eterna Luce. Infine l’Ordine Martinista ricerca nella Bibbia, nelle varie Scritture religiose, nei reperti mitologici e nella stessa Natura i collegamenti simbolici e le tracce della Verità Prima, ovvero l’origine ed il destino dell’essere umano. Ho detto. Pietro Berti
Forse, e sottolineo forse perché poi entra in gioco anche Bohme, iniziaticamente l'ordine martinista potrebbe discendere dal Pasqually ma storicamente l'ordine martinista nasce con Papus.
RispondiEliminaGentile Anonimo (presente in tutte le epoche e onniscente di ogni e qualsivoglia materia), lo pseudonimo Papus coincide con Louis Claude de Saint Martin. Se leggerà con attenzione lo troverà tra i fondatori. Peraltro, questa è una delle domande più frequenti nella settimana enigmistica francese.
RispondiEliminaCONSIGLIO : approfondimento specifico dal punto di vista storico della provenienza di Mr Louis Claude de Saint Martin dal punto di vista del suo attento ed oculato studio sin dalla gioventù degli ordini iniziatici più importanti.
AVVERTENZA : il personaggio in questione è venuto a conoscenza ed ha praticato l'esoterismo in maniera seria e con gruppi di altissimo livello che lo hanno formato sufficientemente.
Il G:.A:.D:.U:. ti assista nella ricerca . A disposizione. Ho detto.
Ma pensa! E io che ho sempre creduto che Papus fosse lo pseudonimo di Gerard Encausse, che Saint Martin avesse fatto iniziazioni individuali imponendo le mani e che in seguito Gerard Encausse, scambiandosi le reciproche iniziazioni con Chaboseau e raccogliendo vari iniziati di filiazione Saint Martin costituì l'ordine martinista (o almeno il primo con questo nome); quindi come può notare non sono così onnisciente.
RispondiEliminaUn consiglio vorrei darlo anch'io: non metta l'opzione "anonimo" se deve ironizzare quando qualcuno la usa che poi, in fin dei conti, con maschera e mantello siamo tutti un po' anonimi.
Intanto, vorrei precisare che le mie riflessioni su Anonymus non erano per presa in giro ma solo riflessioni sull'autore più prolifico - specialmente a livello musicale - presente peraltro in tutte le epoche storiche e al quale presto dedicherò trattazione specifica. Chiarito ciò, per consentire ai lettori di collegare gli interventi , pur restando anonimi si possono utilizzare (come spesso accade in questi casi) degli pseudonimi/nick name al fine di favorire la lettura degli interscambi nei messaggi. Ma è solo un suggerimento, evidentemente.
RispondiEliminaLa sua tesi rappresenta la predominanza degli interventi fatti in materia, ma ciò non vuol significare dal mio punto di vista che sia quella da adottarsi. Io rimango della mia opinione, ma da persona aperta ai confronti pubblico anche questo suo 2° e gradito intervento e che sicuramente deriva da uno studio approfondito dell'argomento. Vorrei solo aggiungere che è ben difficile scovare la vera verità in mezzo alla moltitudine di verità che ci è dato conoscere. Probabile che nel caso in questione il genio dei fondatori fosse tale da precludere ai posteri l'identificazione temporale e personale dell'inizio e di colui che .