Pietro Berti

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Anchorage

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lunedì 10 gennaio 2011

Leandro Arpinati

Leandro Arpinati (Civitella di Romagna, 29 febbraio 1892Argelato, 22 aprile 1945) è stato un politico italiano.
Indice[nascondi]
1 Biografia
1.1 Anteguerra e squadrismo
1.2 La conquista del potere ed il declino
2 Note
3 Bibliografia
4 Voci correlate
5 Collegamenti esterni
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Biografia [modifica]
Anteguerra e squadrismo [modifica]
Figlio di un piccolo commerciante socialista, anch'egli si iscrive al PSI. Trasferitosi a Torino come ferroviere prima della Grande Guerra, divenne anarchico individualista e, come il conterraneo Mussolini, di cui era inizialmente amico, collaborò al giornale socialista La lotta di classe.
All'inizio del 1914 si trasferì sempre per lavoro a Bologna, dove militò con l'Unione Sindacale Italiana(USI), all'interno della quale si avvicinò alla forte corrente interventista fin dall'agosto dello stesso anno.
Partecipa all'adunata di Piazza Sansepolcro a Milano, entrando immediatamente dopo nella guardia del corpo di Mussolini, scortandolo a Firenze nell'ottobre 1919 per il Primo Congresso Nazionale Fascista.
Rientrato a Bologna diviene uno dei capi dello squadrismo della città felsinea: riorganizza il Fascio Italiano di Combattimento cittadino e le squadre d'azione di tutta la zona in modo da creare una struttura politico-militare di stampo rivoluzionario.[1]
In questo periodo viene arrestato più volte, spesso soggiornando nelle patrie galere: il 20 settembre capeggia la spedizione al Caffè della Borsa, ritrovo dei socialisti bolognesi (conclusasi con la morte di Guido Tibaldi); il 21 novembre guida una delle squadre che presero parte agli scontri con i socialisti in Piazza Nettuno e Piazza Maggiore a Bologna, episodio ricordato come la Strage di Palazzo d'Accursio[2]; a metà marzo 1921 viene arrestato e portato nel carcere di Ferrara, poi rilasciato dopo pochi giorni; il 18 dicembre si autodenuncia per l'aggressione ai deputati socialisti Genuzio Bentini e Adelmo Niccolai; nel luglio 1922, durante gli scontri di Cesenatico, cade al suo fianco il segretario bolognese del Partito Nazionale Fascista (PNF) Clearco Montanari.[3]
« Voi fascisti da questo momento siete liberi da ogni vincolo di disciplina; avete anzi l'obbligo di ricordare che ogni esponente dei partiti sovversivi è responsabile di questa situazione; che ogni circolo o bettola cooperativa è un covo ove si meditano e organizzano le imboscate e gli agguati contro di voi. »
(Leandro Arpinati, 25 maggio 1922[4])
La conquista del potere ed il declino [modifica]
Nel 1921 divenne deputato (fino al 1934) e, dopo la Marcia su Roma, vice-segretario generale del Partito Nazionale Fascista (PNF).
Nel 1923, contrario alla prosecuzione degli assalti contro gli antifascisti ma anzi per una normalizzazione dopo la presa del potere, si ritira dalla scena.
Tra il 1924 ed il 1929 diventa federale provinciale del PNF di Bologna, Forlì, Rovigo e Treviso.
Nel 1926 divenne vicesegretario generale del PNF e podestà di Bologna, carica che lasciò nel 1929 per diventare sottosegretario agli Interni (fino al 1933) e console della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN).
Ricoprì molti incarichi anche in ambito sportivo: a cavallo tra gli anni venti e trenta fu presidente del CONI e della FIGC, diede il via all'importante riforma del campionato di calcio e ottenne l'organizzazione dei Mondiali del 1934. Per la stagione calcistica 1926-1927, in qualità di presidente della FIGC, decise per la non assegnazione del titolo, vinto sul campo dal Torino, a motivo di un presunto episodio di corruzione di un calciatore della Juventus da parte di un dirigente della squadra granata.[5]
Nei primi anni trenta s'incrinarono però i suoi rapporti con il segretario del PNF Achille Starace, che lo accusò di aver organizzato lui stesso l'attentato verificatosi ai danni di Mussolini il giorno dell'inaugurazione dello stadio Littoriale di Bologna (31 ottobre 1926): il giovane attentatore, Anteo Zamboni, era figlio di un amico di Arpinati. Fu dunque etichettato come nemico del regime e fu prima mandato al confino a Lipari (19 luglio 1934-1937), poi nel borgo di Malacappa, presso Bologna, agli arresti domiciliari nella sua azienda agraria fino al 1940.[6]
Nel 1943 rifiutò l'invito, fattogli da Mussolini in persona, di aderire alla Repubblica Sociale Italiana (RSI), ma anzi nascose nella sua tenuta ex prigionieri alleati ed il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) gli garantì protezione: nonostante questo, il 22 aprile del 1945 fu ucciso da un gruppo di partigiani guidati da Luigi Borghi.[7]
Note [modifica]
^ "L'Arpinati pratica coi suoi seguaci la concezione della violenza a ogni costo in senso rivoluzionario", Cesare Mori, prefetto di Bologna, rapporto dell'8 dicembre 1921 al ministro dell'Interno
^ L'eccidio di Palazzo d'Accursio. URL consultato il 09-12-2009.
^ Mimmo Franzinelli, Squadristi: protagonisti e tecniche della violenza fascista, 1918-1922, Oscar Mondadori, Cles (Tn), 2009.
^ Mimmo Franzinelli, Squadristi: protagonisti e tecniche della violenza fascista, 1918-1922, Oscar Mondadori, Cles (Tn), 2009.
^ Gianni Brera, Storia critica del calcio italiano, Baldini&Castoldi, Milano, 1998.
^ Mimmo Franzinelli, Squadristi: protagonisti e tecniche della violenza fascista, 1918-1922, Oscar Mondadori, Cles (Tn), 2009.
^ Mimmo Franzinelli, Squadristi: protagonisti e tecniche della violenza fascista, 1918-1922, Oscar Mondadori, Cles (Tn), 2009.
Bibliografia [modifica]
Mimmo Franzinelli, Squadristi: protagonisti e tecniche della violenza fascista, 1918-1922, Oscar Mondadori, Cles (Tn), 2009.
Gianni Brera, Storia critica del calcio italiano, Baldini&Castoldi, Milano, 1998.
Andrea Bacci, Lo sport nella propaganda fascista, Bradipolibri, 2002.
Edoardo e Duilio Susmel Opera Omnia di Benito Mussolini, La Fenice, Firenze.
Alessandro Luparini, Anarchici di Mussolini: dalla sinistra al fascismo tra rivoluzione e revisionismo, MIR, 2001.
Antonio Fogli e Angelo Pasi, 1944/1945 a Nord di Ravenna, Greco&Greco, Milano, 2004.
Voci correlate [modifica]
Squadrismo
FIGC
CONI
Anteo Zamboni
Arconovaldo Bonaccorsi
Campionato mondiale di calcio 1934
Collegamenti esterni [modifica]
Galleria fotografica del Comune di Bologna su Leandro Arpinati
[espandi]
v · d · mFascismo movimento (1914-1922)
Influenze concettuali
Antibolscevismo · Attualismo · Distributismo · Anticapitalismo · Organicismo · Nazionalismo · Statalismo · Antiparlamentarismo · Meritocrazia · Fabianesimo · Georges Sorel
Origine storica
Arditismo · Futurismo · Sindacalismo rivoluzionario · Squadrismo · Associazione Nazionalista Italiana
Espressioni organizzate
Squadre d'azione · Fasci Italiani di Combattimento · Partito Nazionale Fascista (PNF) · Sindacalismo nazionale
Concetti propri
Uomo nuovo
Documenti
Manifesto dei Fasci Italiani di Combattimento · Programma di Sansepolcro
Protagonisti
Benito Mussolini · Gabriele D'Annunzio · Filippo Corridoni · Filippo Tommaso Marinetti · Mario Carli · Maggior esponenti dello squadrismo · Renato Ricci · Leandro Arpinati · Bernardo Barbiellini Amidei · Michele Bianchi · Giorgio Alberto Chiurco · Roberto Farinacci · Pietro Marsich · Enzo Emilio Galbiati · Ines Donati · Italo Balbo · Ulisse Igliori · Amerigo Dumini · Cesare Forni · Aurelio Padovani · Arconovaldo Bonaccorsi · Piero Pisenti · Curzio Malaparte · Michele Crisafulli Mondìo
Eventi principali
Grande Guerra · fondazione de Il Popolo d'Italia · interventismo · Biennio rosso · Adunata di Piazza Sansepolcro · Fondazione Fasci Italiani di Combattimento · Impresa di Fiume · Squadrismo · Guerra civile 1919-1922 · Eccidio del Castello Estense · Fatti di Sarzana · Patto di pacificazione · Fatti di Empoli · Fatti di Cittadella · Sciopero legalitario · Fatti di Parma · Marcia su Roma
Simboli
Fascio littorio · Gagliardetto · Camicia nera · manganello e olio di ricino
[espandi]
v · d · m Presidenti del CONI
Carlo Compans de Brichanteau (1914-1920) · Carlo Montù (1920-1921) · Francesco Mauro (1921-1923) · Aldo Finzi (1923-1925) · Lando Ferretti (1925-1928) · Augusto Turati (1928-1930) · Icilio Bacci (1930-1931) · Leandro Arpinati (1931-1933) · Achille Starace (1933-1939) · Rino Parenti (1939-1940) · Raffaele Manganiello (1940-1943) · Alberto Bonacossa (1943) · Ettore Rossi (1943-1944) · Puccio Pucci (1944) · Giulio Onesti (1944-1978) · Franco Carraro (1978-1987) · Arrigo Gattai (1987-1993) · Mario Pescante (1993-1998) · Bruno Grandi (1998-1999) · Gianni Petrucci (1999-oggi)
Portale Biografie estratto dal sito http://it.wikipedia.org/wiki/Leandro_Arpinati


La doppia morte di Arpinati

Fascista «pentito» e poi fiancheggiatore della Resistenza, fu ucciso da partigiani all’indomani della liberazione di Bologna di Gianni Santamaria
Tratto da AVVENIRE del 6 febbraio 2004
Questa è la storia di un fascista della prima ora, Leandro Arpinati, ucciso dai partigiani nei giorni della liberazione di Bologna, il 22 aprile 1945, nonostante fosse da tempo dissidente e avesse, anzi, aiutato la Resistenza. Ma è anche molto di più: è la guerra civile italiana vista con gli occhi di una ragazza bolognese, Giancarla, la figlia di Arpinati, che nel diario tenuto dal capodanno del 1943 al 17 giugno del 1945 annota non soltanto le paure e l'orrore per i morti, ma anche i suoi giudizi sui fatti che si dipanavano sotto i suoi occhi di ventenne. E dà anche una viva rappresentazione della vita quotidiana nei tempi convulsi di caduta di un regime e di fine cruenta di una guerra devastante.Lo fa da un osservatorio particolare, microcosmo precario in un cosmo impazzito: la tenuta di campagna, divenuta rifugio della famiglia e di tanti altri, che dà il titolo al volume (Malacappa, il Mulino, pagine 180, euro 12,50) in cui ora i suoi quaderni appaiono. In un misto di leggerezza e tragedia, Giancarla vive la sua vita di ragazza appena iscritta all'Università, fatta di corteggiamenti e voglia di vivere, ma guarda e giudica anche i bombardamenti di Bologna, il 25 luglio, l'8 settembre - «Passano frotte di soldati in borghese (in borghese?) vestiti di stracci» o anche «Il re e Badoglio hanno abbandonato gli italiani in mano ai tedeschi» -, la ferocia di Salò: «dicono che sangue chiama sangue», è il presago commento alla fucilazione di Ciano.Il diario di Giancarla, che è tuttora vivente e abita proprio a Malacappa, è quasi del tutto inedito (alcuni passaggi sono stati citati dalla stessa nel suo libro Arpinati, mio padre, uscito nel 1967 e in altri lavori relativi alle vicende di quel periodo). Nell'introduzione la studiosa della Resistenza Brunella Dalla Casa vi trova un riscontro alla tesi di Claudio Pavone sulle «tre guerre» compresenti nello scenario italiano; una «patriottica» di liberazione, una «civile» contro i fascisti e quella «di classe».I toni cupi e l'incertezza appaiono sin dall'inizio: Giancarla è andata a un funerale e ciò non le sembra «di buon auspicio per l'anno entrante». Sarà purtroppo così. Ma ci sono anche piccoli segni di speranza: nel gennaio 1943 la ragazza fa un voto particolare, alla Zeno, fuma per l'ultima volta e non lo farà più finché a offrigli la sigaretta non sarà un soldato alleato. Ascolta Radio Londra ed è apertamente schierata - pur nella prudenza dettata dal caso - contro il fascismo.Non deve stupire nelle figlia di un amico intimo del Duce. Leandro Arpinati, infatti, dopo essere una figura di spicco del fascismo degli anni Venti, ha ormai passato definitivamente la barricata. All'inizio del 1943 cerca di convincere la Casa regnante a staccarsi dal Duce. E a nulla valgono gli ultimi tentativi di Mussolini, che il 7 ottobre del 1943 lo incontra per mettere da parte i dissidi e coinvolgerlo nuovamente. A Malacappa passano in tanti. Arrivano antichi amici «neri» in cerca di protezione. Ma soprattutto passano gli esponenti della Resistenza bolognese e forlivese: liberali, cattolici, repubblicani, socialisti, azionisti. Oppure Gustavo del Vecchio, docente universitario espulso dall'«Alma Mater» in seguito alle leggi razziali. Anche Giuseppe Toffoli e Augusto Di Luzio due radiotelegrafisti a servizio dell'Oss (l'intelligence statunitense), trovano rifugio nel fienile fino a liberazione avvenuta. Tra gli ospiti di Malacappa due figure della Resistenza romagnola spiccano tragicamente. Il repubblicano Tonino Spazzoli, che sarà fucilato dopo un disperato tentativo di salvarlo, che costerà la vita ad alcuni partigiani - tra cui Silvano Corbera, già divenuto un punto di riferimento nella zona -, e il socialista Torquato Nanni, che sarà ucciso insieme con Arpinati la mattina del 22 aprile 1945 da un gruppo di partigiani rossi della brigata Garibaldi.La fine di Arpinati è stata raccontata in breve anche da Gianpaolo Pansa nel suo fortunato Il sangue dei vinti (Sperling & Kupfer). Un sangue che non si sarebbe fermato a quei giorni. Ma che veniva anche da lontano. Brunella Dalla Casa si chiede infatti il perché di quella morte, che non si spiega con la guerra civile. Forse l'aiuto di Arpinati alla Resistenza non era noto. Forse fu volutamente ignorato. O forse, ipotizza, che l'ex squadrista abbia pagato per il suo passato, di cui si era ampiamente pentito. Scomodo per tutti, per i fascisti che lo consideravano un traditore, per quegli antifascisti che ne diffidavano, soprattutto per chi lo uccise in quel modo, anche la sua storia è rimasta a lungo nel cassetto chiuso delle storie dei vinti. Malacappa Diario di una ragazza 1943-1945
Giancarla Arpinati il Mulino, Bologna 2004pagine 180, euro 12,50 dal sito web http://www.mascellaro.it/node/110

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