Processo Thyssenkrupp - atto primo
Commento ad uno dei processi simbolo della sicurezza sul lavoro
ing. Riccardo Federigi - Direttore Tecnico NEMOTEC SRL
L'evento è noto a tutti, per la portata delle conseguenze e per l'inevitabile (e giusta) attenzione mediatica che ne è derivata: dicembre 2007, nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino muoiono 7 operai per un incendio/esplosione avvenuto su alcune linee di produzione.Il processo non è finito e non si è ancora arrivati a sentenza: siamo però alle ultime fasi del dibattimento, nelle quali la procura chiede la pena e quello che oggi commentiamo è l'impostazione generale che la procura stessa ha dato al processo, in particolare nel rapporto fra responsabilità aziendale e colpa personale, che secondo noi comporta diversi spunti di riflessione.
Negligenza grave = volontarietà e dolo Il primo aspetto da commentare è forse la cosa che a primo impatto colpisce di più e sta nei termini stessi della richiesta di pena: per la prima volta si parla di "omicidio volontario, con dolo eventuale": in pratica la Procura porta avanti il concetto che la negligenza, l'imperizia, la condotta aziendale, è stata talmente grave da essere equiparata all'azione volontaria, dolosa, quindi penalmente più rilevante.
Se in sentenza passa questo principio, gli effetti saranno importanti: una condotta non responsabile, che sia per incuranza, per non conoscenza, per volontà di risparmio o altro, in caso di evento "grave" (in particolare se "reiterato" nel tempo) potrebbe essere accosta ad una responsabilità "volontaria", con tutto quello che ne consegue sia in termini penali, sia in termini civili, immaginando poi le ripetute cause che sono sempre in agguato dietro al processo principale (risarcimenti familairi, inail, assicurazioni, ...).
Queste le richieste di pena per i ruoli aziendali:
Amministratore Delegato: 16 anni;
Consiglieri Delegati: 13 anni 6 mesi;
Direttore stabilimento: 13 anni 6 mesi;
Responsabile sicurezza (RSPP): 13 anni 6 mesi;
Responsabile area tecnica: 9 anni.
La ricerca della responsabilità
L'altro spunto di commento è nella quantità dei ruoli chiamati a processo, visto che in questo caso sono stati indagati il Datore di Lavoro (in quel caso l'Amministratore Delegato), i Consiglieri Delegati, il Direttore dello Stabilimento, l'RSPP, il Preposto dell'area tecnica (il Capo Area): in pratica i ruoli di "Alta Direzione" e i cosiddetti ruoli "intermedi" della "catena" organizzativa aziendale.Per la nostra esperienza, questo è un altro cambiamento sensibile: qualche anno fa, nei processi della sicurezza, venivano chiamati a giudizio i ruoli espressamente indicati nella legge (l'allora D.Lgs. 626/94): Datore di lavoro, l'eventuale Dirigente Delegato, la Parte lesa (Lavoratore); i ruoli "intermedi" (Dirigenti di reparto, preposti, RSPP) entravano nel dibattimento solo se si riscontravano responsabilità dirette, non per il semplice fatto di far parte della catena di comando e controllo aziendale.Nel caso Thyssen, (come in altri processi degli ultmi anni), il concetto è che tutti i ruoli aziendali sono stati indagati, per il semplice fatto di essere parte della responsabilità aziendale, quindi di aver avuto in qualche modo la possibilità di contribuire alla prevenzione dell'evento.Solo successivamente, in sede di dibattimento, sono stati valutati i "pesi" dei singoli ruoli con annesse responsabilità sul caso/evento in esame, ed eventualmente stralciate le posizioni estranee al fatto.
In questo contesto si nota anche come sia stata inquadrata la posizione dell'RSPP, generalmente considerata ai margini dei dibattimenti: spesso sentiamo dire che l'RSPP è un ruolo di per se senza potere di spesa e senza responsabiltà dirette sull'adozione delle misure di prevenzione (valutare i rischi si, mettere in atto il sistema di prevenzione no), prefigurando per lui quasi un ruolo di "consulente interno" all'azienda in materia di sicurezza. Aspettando la sentenza, si nota come la procura abbia chiesto per lui una pena del tutto equivalente a quella dei dirigenti di primo livello (13 anni), in pratica asserendo che il non partecipare alle scelte, avvallando di fatto o indirettamente una politica remissiva in termini di sicurezza sul lavoro, porta anche in quel caso alla negligenza o alla copla dolosa.
Sanzioni amministrative
L'ultima riflessione la vorremmo fare sulle sanzioni amministrative impartite all'azienda.
Per la prima volta su un processo di tale rilevanza, viene applicato quello che oggi è indicato nell'articolo 30 del D.Lgs 81/08, ossia il dover considerare la sicurezza sul lavoro come un processo passibile di reato amministrativo (D.Lgs 231/01) e che come tale viene imputato all'azienda in quanto ente giuridico.Lo schema di pensiero è: l'organizzazione nel suo complesso non era responsabile verso la sicurezza sul lavoro, anteponeva logiche di risparmio economico alla applicazione di una legge dello stato (al tempo il D.Lgs 626/94), quindi di fatto è colpevole di responsabiltà amministrativa secondo il D.Lgs 231/01.
Come risultato il PM ha richiesto per l'azienda Thyssenkrupp:
1 milione di euro di sanzione amministrativa;
Sazione per profitto in regime di reato di 800.000 euro (la Procura pensa che questa sia la cifra che Thyssen ha risparmiato/gaudagnato dal mantenere le linee di produzione in funzione senza che fossero conformi alla legge, quindi in presenza di reato);
Nessun accesso a contributi pubblici o statali di alcun genere.
Commento finale
Probabilmente l'aspettativa massima sulla sentenza è sull'attribuzione di copla volontaria, che, nel caso, sancirebbe un precedente di non poco conto per i prossimi casi, e farebbe cambiare sostanzialmente l'approccio "personale" alle tematiche di sicurezza.
Per il resto, quanto emerge dalla procura ci mette nelle condizioni di ribadire ed evidenziare quanto Nemotec ha spesso asserito in vari articoli, forum di discussione e convegni: la sicurezza sul lavoro non è la somma di tante analisi e valutazioni specifiche e "singolari", non è un "qualcosa", magari non ben definito, a capo di una sola persona (il Responsabile della Sicurezza), ma è indiscutibilmente un processo critico aziendale e come tale deve essere gestito attraverso l'organizzazione. Per questo Nemotec dà grande peso al tipo di struttura e organizzazione aziendale, sia essa figlia di un modello certificato da enti terzi (OHSAS 18001) o meno, ma comunque in linea con i modelli indicati dal D.Lgs 231/01.
Ovviamente aspettiamo la sentenza e la pubblicazione delle posizioni della difesa, ribadiamo che con questo articolo si intendeva solo commentare e sottolineare la linea che la procura di Torino ha dato al processo Thyssen, basandosi su principi che si possono trovare con facilità nella somma degli articoli del D.Lgs. 81/08 e che quindi presumiamo diventino approcci comuni a tutta la sicurezza sul lavoro.
Commento ad uno dei processi simbolo della sicurezza sul lavoro
ing. Riccardo Federigi - Direttore Tecnico NEMOTEC SRL
L'evento è noto a tutti, per la portata delle conseguenze e per l'inevitabile (e giusta) attenzione mediatica che ne è derivata: dicembre 2007, nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino muoiono 7 operai per un incendio/esplosione avvenuto su alcune linee di produzione.Il processo non è finito e non si è ancora arrivati a sentenza: siamo però alle ultime fasi del dibattimento, nelle quali la procura chiede la pena e quello che oggi commentiamo è l'impostazione generale che la procura stessa ha dato al processo, in particolare nel rapporto fra responsabilità aziendale e colpa personale, che secondo noi comporta diversi spunti di riflessione.
Negligenza grave = volontarietà e dolo Il primo aspetto da commentare è forse la cosa che a primo impatto colpisce di più e sta nei termini stessi della richiesta di pena: per la prima volta si parla di "omicidio volontario, con dolo eventuale": in pratica la Procura porta avanti il concetto che la negligenza, l'imperizia, la condotta aziendale, è stata talmente grave da essere equiparata all'azione volontaria, dolosa, quindi penalmente più rilevante.
Se in sentenza passa questo principio, gli effetti saranno importanti: una condotta non responsabile, che sia per incuranza, per non conoscenza, per volontà di risparmio o altro, in caso di evento "grave" (in particolare se "reiterato" nel tempo) potrebbe essere accosta ad una responsabilità "volontaria", con tutto quello che ne consegue sia in termini penali, sia in termini civili, immaginando poi le ripetute cause che sono sempre in agguato dietro al processo principale (risarcimenti familairi, inail, assicurazioni, ...).
Queste le richieste di pena per i ruoli aziendali:
Amministratore Delegato: 16 anni;
Consiglieri Delegati: 13 anni 6 mesi;
Direttore stabilimento: 13 anni 6 mesi;
Responsabile sicurezza (RSPP): 13 anni 6 mesi;
Responsabile area tecnica: 9 anni.
La ricerca della responsabilità
L'altro spunto di commento è nella quantità dei ruoli chiamati a processo, visto che in questo caso sono stati indagati il Datore di Lavoro (in quel caso l'Amministratore Delegato), i Consiglieri Delegati, il Direttore dello Stabilimento, l'RSPP, il Preposto dell'area tecnica (il Capo Area): in pratica i ruoli di "Alta Direzione" e i cosiddetti ruoli "intermedi" della "catena" organizzativa aziendale.Per la nostra esperienza, questo è un altro cambiamento sensibile: qualche anno fa, nei processi della sicurezza, venivano chiamati a giudizio i ruoli espressamente indicati nella legge (l'allora D.Lgs. 626/94): Datore di lavoro, l'eventuale Dirigente Delegato, la Parte lesa (Lavoratore); i ruoli "intermedi" (Dirigenti di reparto, preposti, RSPP) entravano nel dibattimento solo se si riscontravano responsabilità dirette, non per il semplice fatto di far parte della catena di comando e controllo aziendale.Nel caso Thyssen, (come in altri processi degli ultmi anni), il concetto è che tutti i ruoli aziendali sono stati indagati, per il semplice fatto di essere parte della responsabilità aziendale, quindi di aver avuto in qualche modo la possibilità di contribuire alla prevenzione dell'evento.Solo successivamente, in sede di dibattimento, sono stati valutati i "pesi" dei singoli ruoli con annesse responsabilità sul caso/evento in esame, ed eventualmente stralciate le posizioni estranee al fatto.
In questo contesto si nota anche come sia stata inquadrata la posizione dell'RSPP, generalmente considerata ai margini dei dibattimenti: spesso sentiamo dire che l'RSPP è un ruolo di per se senza potere di spesa e senza responsabiltà dirette sull'adozione delle misure di prevenzione (valutare i rischi si, mettere in atto il sistema di prevenzione no), prefigurando per lui quasi un ruolo di "consulente interno" all'azienda in materia di sicurezza. Aspettando la sentenza, si nota come la procura abbia chiesto per lui una pena del tutto equivalente a quella dei dirigenti di primo livello (13 anni), in pratica asserendo che il non partecipare alle scelte, avvallando di fatto o indirettamente una politica remissiva in termini di sicurezza sul lavoro, porta anche in quel caso alla negligenza o alla copla dolosa.
Sanzioni amministrative
L'ultima riflessione la vorremmo fare sulle sanzioni amministrative impartite all'azienda.
Per la prima volta su un processo di tale rilevanza, viene applicato quello che oggi è indicato nell'articolo 30 del D.Lgs 81/08, ossia il dover considerare la sicurezza sul lavoro come un processo passibile di reato amministrativo (D.Lgs 231/01) e che come tale viene imputato all'azienda in quanto ente giuridico.Lo schema di pensiero è: l'organizzazione nel suo complesso non era responsabile verso la sicurezza sul lavoro, anteponeva logiche di risparmio economico alla applicazione di una legge dello stato (al tempo il D.Lgs 626/94), quindi di fatto è colpevole di responsabiltà amministrativa secondo il D.Lgs 231/01.
Come risultato il PM ha richiesto per l'azienda Thyssenkrupp:
1 milione di euro di sanzione amministrativa;
Sazione per profitto in regime di reato di 800.000 euro (la Procura pensa che questa sia la cifra che Thyssen ha risparmiato/gaudagnato dal mantenere le linee di produzione in funzione senza che fossero conformi alla legge, quindi in presenza di reato);
Nessun accesso a contributi pubblici o statali di alcun genere.
Commento finale
Probabilmente l'aspettativa massima sulla sentenza è sull'attribuzione di copla volontaria, che, nel caso, sancirebbe un precedente di non poco conto per i prossimi casi, e farebbe cambiare sostanzialmente l'approccio "personale" alle tematiche di sicurezza.
Per il resto, quanto emerge dalla procura ci mette nelle condizioni di ribadire ed evidenziare quanto Nemotec ha spesso asserito in vari articoli, forum di discussione e convegni: la sicurezza sul lavoro non è la somma di tante analisi e valutazioni specifiche e "singolari", non è un "qualcosa", magari non ben definito, a capo di una sola persona (il Responsabile della Sicurezza), ma è indiscutibilmente un processo critico aziendale e come tale deve essere gestito attraverso l'organizzazione. Per questo Nemotec dà grande peso al tipo di struttura e organizzazione aziendale, sia essa figlia di un modello certificato da enti terzi (OHSAS 18001) o meno, ma comunque in linea con i modelli indicati dal D.Lgs 231/01.
Ovviamente aspettiamo la sentenza e la pubblicazione delle posizioni della difesa, ribadiamo che con questo articolo si intendeva solo commentare e sottolineare la linea che la procura di Torino ha dato al processo Thyssen, basandosi su principi che si possono trovare con facilità nella somma degli articoli del D.Lgs. 81/08 e che quindi presumiamo diventino approcci comuni a tutta la sicurezza sul lavoro.
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