Jan Palach (Všetaty, 11 agosto 1948 – Praga, 19 gennaio 1969) è stato un patriota cecoslovacco divenuto simbolo della resistenza anti-sovietica del suo Paese.
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1 Biografia
2 Il ricordo
3 Nelle arti
4 Note
5 Voci correlate
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni
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Biografia [modifica]
« quando ciascuno ebbe tinta la mano,
quando quel fumo si sparse lontano,
Jan Hus di nuovo sul rogo bruciavaall'orizzonte del cielo di Praga. »
(Francesco Guccini, Primavera di Praga, 1970)
Iscritto alla Facoltà di filosofia dell'Università Carlo di Praga, assistette con interesse alla stagione riformista del suo paese, chiamata Primavera di Praga. Nel giro di pochi mesi, però, quest'esperienza fu repressa militarmente dalle truppe dell'Unione Sovietica e degli altri paesi che aderivano al Patto di Varsavia[1].
Nel tardo pomeriggio del 16 gennaio 1969 Jan Palach si recò in piazza San Venceslao, al centro di Praga, e si fermò ai piedi della scalinata del Museo Nazionale. Si cosparse il corpo di benzina e si appiccò il fuoco con un accendino. Rimase lucido durante i tre giorni di agonia. Ai medici disse d'aver preso a modello i monaci buddhisti del Vietnam[2] tra i quali il caso di Thích Quảng Đức fu quello che attirò l'attenzione mondiale. Al suo funerale, il 25 gennaio, parteciparono 600 mila persone, provenienti da tutto il Paese.
Jan Palach decise di non bruciare i suoi appunti e i suoi articoli (che rappresentavano i suoi pensieri e i suoi ideali), che tenne in un sacco a tracolla molto distante dalle fiamme. Tra le dichiarazioni trovate nei suoi quaderni, spicca questa:
« Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di Zpravy[3]. Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà »
Non si è mai saputo se davvero ci fosse un'organizzazione come quella descritta da Palach nella sua lettera[2]. È certo però che, grazie a questo gesto estremo, Palach venne considerato dagli antisovietici come un eroe e martire; in città e paesi di molte nazioni furono intitolate strade con il suo nome. Anche il teologo cattolico Zverina lo difese, affermando che "Un suicida in certi casi non scende all'Inferno" e che "non sempre Dio è dispiaciuto quando un uomo si toglie il suo bene supremo, la vita"[4]. Questo clima portò a drammatiche conseguenze: almeno altri sette studenti, tra cui l'amico Jan Zajíc, seguirono il suo esempio e si tolsero la vita, nel silenzio degli organi d'informazione, controllati dalle forze d'invasione.
Il ricordo [modifica]
Dopo il crollo del comunismo e la caduta del Muro di Berlino, la sua figura fu rivalutata: nel 1990 il presidente Václav Havel gli dedicò una lapide per commemorare il suo sacrificio in nome della libertà. Nel 1989 gli venne intitolata la piazza nel centro di Praga fino ad allora dedicata all'Armata Rossa. Oggi, molte associazioni studentesche, anche di sinistra, lo ricordano come una persona morta in nome dei suoi ideali, e non sono pochi i circoli di giovani dedicati a Jan Palach.
Nelle arti [modifica]
Paragonato a Jan Hus, pensatore e riformatore religioso boemo condannato per eresia e bruciato sul rogo nel 1415, compare nella canzone Primavera di Praga di Francesco Guccini del 1970.
Il gruppo musicale Compagnia dell'Anello ha pubblicato un brano a lui intitolato, appunto Jan Palach; anche i Kasabian, band musicale inglese, gli hanno dedicato una canzone, Club Foot, contenuta nell'album musicale omonimo del 2005. Infine anche il cantautore italiano di musica alternativa Skoll nel suo album Lune feroci ha scritto una canzone ispirata dal sacrificio di Jan Palach, Le fate di Praga.
Jan Palach è, secondo alcuni, il protagonista (indicato con il solo nome di Jan) della tragedia in versi Bestia da stile di Pier Paolo Pasolini. E molto probabilmente Jan, pur alter-ego di Pasolini nella pièce, include anche il riferimento all'eroe di Praga.[5][6]
Il cantante italo-belga Salvatore Adamo gli ha dedicato una canzone in lingua francese: Mourir dans tes bras' (vorrei morire tra le tue braccia"). Scritta nel 1969, immediatamente dopo il triste epilogo della primavera spezzata, contiene il verso "c'è chi muore in primavera come una torcia, sbarrando la strada per un istante ai carri armati...".
In un frammento di testo di una canzone dei Litfiba, A Satana, si fa riferimento alla "torcia di Palach"
Note [modifica]
^ Con la sola eccezione della Romania.
^ a b Luigi Geninazzi, “Sul rogo della libertà", Avvenire, 4 gennaio 2009.
^ "Zpravy vuol dire "Notiziario". Il riferimento è al giornale delle forze d'occupazione sovietiche.
^ Josef Zverina, teologo cattolico cecoslovacco, autore della famosa Lettera ai cristiani d'Occidente (1970).
^ Pier Paolo Pasolini Di Marco Antonio Bazzocchi. URL consultato il 6-12-2010.
^ Pier Paolo Pasolini, Il teatro - Bestia da stile. URL consultato il 6-12-2010.
Voci correlate [modifica]
Primavera di Praga
Jan Zajíc
Altri progetti [modifica]
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Jan Palach
Collegamenti esterni [modifica]
Articolo su Storiain
Document sheds new light on Jan Palach’s suicide forty years on, Czech Radio, January 12, 2009 (in English)
Documentazione su Palach e sull'epoca dal 1969 all'89
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Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Jan_Palach"
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