LA SANTA VEHME. STORIA DEL TRIBUNALE SEGRETO
di Pietro Berti
Durante il regno di Carlomagno, l’autorità imperiale dimostrò il suo massimo potere.
Carlomagno riuscì al contempo a farsi rispettare dai sudditi e ad essere temuto dai confinanti; egli si dimostrò contestualmente abile conquistatore e pure legislatore. L’immagine in Occidente del trono dei Cesari con lui trovò nuova linfa, facendo dimenticare quei principi deboli, ministri corrotti e abusi di ogni specie e tipologia che ne avevano minato e offuscato la credibilità e soprattutto l’onore. Ma Carlomagno aprì una strada che i suoi successori non si dimostrarono capaci di seguire – per mancanza di genio o per le circostanze avverse- lasciando l’impero da questi costruito allo stesso destino di quello di Alessandro. Così, con quel vasto impero sempre più debole, i più potenti ufficiali della corona ottennero l’ereditarietà dei feudi rendendo il titolo del capo supremo dell’Impero solo un appellativo venerato e i suoi molteplici diritti, in concreto, impossibili da far valere. Inoltre, l’indipendenza era stata ottenuta non solo dai grandi vassalli ma anche da ogni possessore di feudi. Essi erano sempre coinvolti in costanti e continue reciproche guerre, essendo riconosciuta solo formalmente l’autorità imperiale. L’autorità imperiale, dunque, dopo Carlomagno, declinò progressivamente sempre di più e l’impero si avviò verso l’anarchia.
Da tale disordine generale, dalle disgrazie che ne seguirono, dalla potestà inquisitoria riconosciuta a vescovi e a loro commissari, sembra abbia tratto origine la corte di giustizia definita tribunale segreto[1]. Secondo la tesi di René Alleau[2], fino alla metà del XII secolo la Germania ha conosciuto un governo di monarchia puramente elettiva nel quale si affrontavano le coalizioni feudali dei Guelfi di Baviera (Welf) e dei Ghibellini di Franconia (Waiblingen). Nel 1152 l’avvento di Federico I Barbarossa (1152-1190)segnò il tentativo di un ripristino “nella forza e primitiva eccellenza della grandezza dell’impero romano” secondo gli stessi limiti del programma politico annunciato da Federico al papa Eugenio III. Erede della tradizione di Ottone e della Franconia, il Barbarossa diresse così verso l’Italia e verso la restaurazione della potenza centralizzatrice del cesarismo romano, tutto lo sviluppo della Germania. Nella sua opposizione alle ambizioni e agli interessi dei grandi feudatari Federico, dopo aver abilmente manovrato accostandosi dapprima al più potente di essi, il Guelfo Enrico il Leone, duca di Sassonia e di Baviera, finì con il condannarlo e confiscarne i feudi nel 1180. Un periodo di gravi torbidi interni seguì la proscrizione e, per numerosi decenni, l’autorità imperiale fu priva dei mezzi per porre fine ai disordini, principalmente tra il Reno e il Weser, sul territorio della Westfalia, limitato al nord dalla Frigia e a sud delle montagne di Hesse. Bande di vagabondi e saccheggiatori, baroni feudali, gruppi di malfattori e criminali, rapinavano gli abitanti, taglieggiavano i mercanti, imponevano ovunque l’arbitrio e il terrore. Fu in queste zone della Westfalia, in cui le ordinanze imperiali venivano deliberatamente ignorate, che si costituì, all’inizio del XIII secolo, una comunità segreta di “giustizieri” e speciali tribunali, i cui poteri e la giurisdizione vennero esercitati fino ai tempi moderni. Nel 1371, l’imperatore Carlo IV concesse un codice di giustizia alla Westfalia, documento in cui veniva riconosciuta la giurisdizione criminale della Vehme.
In tedesco antico il nome dato al tribunale segreto fu Fehmgericht. Gli storici – sin dall’antichità -non hanno mai trovato accordo sulla sua origine e sul suo significato: per alcuni deriverebbe dal latino, per altri dal tedesco. Gli storici sono divisi anche sull’epoca della sua istituzione e sul nome del suo fondatore[3]. Il primo autore a parlare in modo chiaro ed inequivoco del tribunale segreto fu Enrico da Hertfort[4] che ne attribuisce la fondazione a Carlomagno[5]. Biener[6] contesta la tesi della fondazione dei tribunali segreti ad opera di Carlomagno, essendosi egli limitato all’istituzione dei tribunali di Westfalia e che non vanno confusi con gli altri. Secondo le tesi di Moeser[7] il tribunale segreto sarebbe stato istituito dai commissari inviati da Carlomagno nelle province, missis per tempora discurrentibus. Nel tempo i nomi di questo tribunale furono molteplici. Esso fu chiamato: Fehmgericht; tribunale di Westfalia; heimliche Acht; tribunale segreto; heilige heimliche rechwissende Acht; tribunale santo, segreto e giusto; vehme ding; tribunale vehmico; freye ding; tribunale franco. Il tribunale segreto si riuniva tutti i martedì (dies martis) poiché i pagani attribuivano a Marte lo jus vitae necisque sugli uomini; in onore a ciò, il martedì era chiamato dai tedeschi diengestag, gerichstag, giorno del giudizio. La sede principale era Dortmund in Westfalia, anche se ve ne erano molti altri simili in varie località della stessa provincia. La giurisdizione dei tribunali di Westfalia si estendeva all’intera Germania e principalmente alla città libere che erano prive ancora del diritto di alta giurisdizione.
All’interno di questo tribunale erano riconosciuti tre gradi gerarchici: il più alto era il gran maestro (reclutato tra principi, ecclesiastici o laici, a conti o anche tra semplici gentiluomini), che dirigeva il tribunale;poi seguivano i franchi-conti o frigravi, selezionati dai principi nel cui territorio era situata la sede del tribunale segreto. Tale carica o dignità era assunta esclusivamente da una sola persona cui era proibito ricoprirne una analoga in altre località. Ai franchi-conti era attribuito lo jus vitae necisque o, per usare il linguaggio del tribunale de quo, disponevano della vita e dell’onore[8]. Per poter ricoprire entrambe le due dignità sopra indicate era necessario essere nati da matrimonio legittimo ed avere una reputazione immacolata oltre ad essere stati iniziati in Westfalia[9]. I franchi giudici che venivano chiamati Scheffen, Schoeppen, Freȉschoeffen der heimlichen Acht, Scabini occupavano il terzo posto nella gerarchia del tribunale segreto e venivano iniziati dai franchi-conti, previo avvertimento ed autorizzazione del gran-maestro[10]. I membri del primo grado si chiamavano franchi-giudici leali (schoeffendare[11]); cavalieri franchi-giudici con armi e scudo (schildbordige und rittermetige freyschoeppen mit Wappen und Schild). Erano nobili e, all’inizio militari; successivamente – a causa dell’incremento di abusi perpetrati dai tribunali segreti – fu consentito anche agli ecclesiastici di divenirne membri[12]. I franchi-giudici del secondo grado si chiamavano veri franchi-giudici (echte rechte freȉshoeppen), santi giudici del tribunale segreto (vehme schoeppen, frohnboten). Erano incaricati di fare le citazioni , di attraversare il paese al fine di stabilire quali fossero i reati più frequenti e di punirli con il massimo rigore oltre a eseguire le sentenze dei franchi-conti. Per la loro ammissione alla dignità era necessario essere in possesso dei medesimi requisiti richiesti per il franco-conte, e non essere mai stato citato in giudizio davanti al tribunale[13]. I franchi-giudici erano tenuti all’obbedienza cieca alle sentenze emesse dal tribunale segreto, senza nessun potere di sindacato sull’effettiva innocenza o colpevolezza del condannato, anche se lo avessero ritenuto il più innocente tra gli uomini. Perciò, se la sentenza di morte fosse stata emessa, questi la avrebbero dovuta eseguire. I franchi-giudici non utilizzavano le forche, ma impiccavano i proscritti al primo albero che trovavano lungo la strada. Ciò simbolicamente affermava il libero esercizio delle loro funzioni in tutto l’impero a seguito del mandato imperiale, dato che tali funzioni erano indipendenti da qualunque autorità particolare. Questa pratica era espletata anche nei casi in cui qualcuno fosse colto in flagranza del fatto (mit handhastiger dat) senza citazione né istruttoria. Semplicemente in tal caso, impiccato il reo, si lasciava presso il cadavere un pugnale per rendere noto che il colpevole era stato giustiziato per ordine del tribunale segreto. Chi per legge è stato proscritto, resta proscritto. Ogni franco-giudice a cui sarà ordinato, sotto pena del bando, di fornire aiuto per giustiziarlo, è obbligato a farlo. Il franco-giudice che negasse il suo aiuto, ne risponderà all’imperatore e sarà punito[14]. Ancora oggi, il loro operato , i segni e le parole con cui si riconoscevano sono avvolti nel mistero. A Herfort sono state trovate in un verbale le lettere S.S.G.C. che sono state interpretate come stein, gras, grein e cioè, corda, pietra, era e lacrime. Secondo alcuni queste erano le parole d’ordine dei franchi-giudici. La loro formula in appello in caso di disgrazia era Reinir dor Feweri, espressione rimasta ancora priva di significato. Era ritenuto un segno di riconoscimento quello di posare la mano destra sulla spalla sinistra recitando la formula (ovviamente, segreta) Eck grȕt ju, lewe man;/ Wat fange ji hi an?, cui si rispondeva con altre espressioni simboliche in possesso solo degli iniziati. Quando un profano veniva iniziato ai segreti misteri, egli doveva inginocchiarsi a capo scoperto, posare l’indice e il medio della mano destra sulla sciabola del franco-conte e quindi era tenuto a prestare un terribile giuramento[15]. Assunto il solenne impegno, il franco-conte riprendeva la cerimonia di investitura pronunciando le seguenti parole: “Ti chiedo, o fiscale, se ho enunciato bene il giuramento del tribunale segreto a quest’uomo e se questi lo ha correttamente ripetuto”. Il fiscale rispondeva: “Si, signor Conte; voi avete ben enunciato il giuramento a quest’uomo ed egli lo ha correttamente ripetuto”. Dopo l’investitura il franco-conte provvedeva ad istruire il neofita ai segni misteriosi e a su come riconoscersi tra loro conformemente alle usanze e agli statuti. Il neofita doveva tributare al capo supremo del tribunale segreto una misura di vino (eine putt aymer Weins), al cavaliere franco-giudice un marco d’oro e al franco-giudice dell’ultimo grado un marco d’argento; al franco-conte era tributato dall’iniziato un cappello, in segno di dono, mentre al fiscale spettavano quattro scellini tornesi. Tali tributi erano assolutamente volontari e condizionati alle possibilità di ognuno.
Erano delitti di competenza del tribunale segreto: 1) abiura dalla religione cristiana; 2) violazione e profanazione di chiese e cimiteri; attentati commessi nelle case o sulla pubblica via; 3) usurpazione fraudolenta del potere sovrano; 4) violenze su donne incinte, malati o negozianti; 5) rapina, furto, omicidio, incendio; 6) cattiva condotta e disobbedienza agli ordini del tribunale segreto; secondo alcuni storici, anche eresia e magia; 7) secondo Senckenberg tutti i delitti commessi contro i dieci comandamenti e il vangelo. Le donne e i minori erano fuori dalla giurisdizione del tribunale segreto, per cui non potevano essere citati[16]. Anche gli ebrei rientravano in questa eccezione[17], secondo il Codice di Dortmund – che prevede lo stesso divieto - essi non erano degni di comparire davanti al tribunale segreto. Dal XVI secolo con il degenerare dell’istituzione, vennero citati in giudizio anche gli ebrei. E’ dubbio se e fino a quando le persone d’alta nobiltà fossero immuni da questa corte. Fu Roberto II a dare il primo regolamento e degli istituti regolari al tribunale segreto. La prima riforma degli statuti risale al 1439[18] e fu attuata da Desiderio, elettore di Colonia, su ordine dell’imperatore Sigismondo. Federico III restrinse la giurisdizione del tribunale durante la dieta di Francoforte del 1442, e Massimiliano proseguì nella dieta di Worms nel 1495. Nel 1512, questo principe fece aggiungere una specifica proibizione al tribunale segreto di estendere la propria giurisdizione oltre ai limiti assegnatigli, ordinando che nelle cause fossero osservate le forme legali. I tribunali si opposero alle riforme, pretendendo che le loro prerogative fossero al di sopra del potere imperiale, cui si negava il diritto di modificarle. Non vi è nessun accordo tra gli storici circa l’ordinamento interno del tribunale segreto. Secondo il Codice di Dortmund [19]la seduta si apriva nel momento in cui il franco-conte prendeva posto sul suo seggio, con posti accanto una sciabola ed un bastone o un ramo di salice. Secondo il Codice la sciabola simboleggia la croce su cui Gesù ha sofferto e la severità del tribunale; mentre il ramo di salice preannuncia la punizione riservata ai malvagi per i loro delitti. Il franco-conte rivolgeva la parola al fiscale dicendo: “Ti chiedo, o fiscale, se questo è il tempo e il luogo in cui posso , in nome del nostro graziosissimo signore imperatore e re dei Romani, giudicare per ordine del re le cause che mi saranno sottoposte?”. Il fiscale rispondeva : “poiché siete stato investito del titolo di franco-conte dal re dei Romani, dovete adempiere ai doveri della vostra carica, in modo conforme alla giustizia”. E il franco-conte: “ Mi conformo quindi a quanto stabilito. Prometto sicurezza e protezione al tribunale per ordine del re, e insedio in questa sede reale i leali, probi e fedeli N.N. (citava i sette franchi giudici che sedevano con lui) e gli altri franchi-giudici presenti, secondo la legge e sotto la pena del capestro”. All’apertura della seduta i franchi giudici dovevano comparire a capo e viso scoperti[20], non potevano portare guanti ed erano tenuti a far ricadere il mantello sulla spalla[21]. Se un profano[22] si infiltrava a qualsiasi titolo nell’assemblea e veniva scoperto la pena cui doveva essere sottoposto era la seguente: “il fiscale legherà sul davanti le mani del colpevole con una corda attaccata ai piedi, e l’impiccherà all’albero più vicino al luogo dell’udienza”[23]. Lo storico Lindner ribadisce che, in ogni caso, l’unica pena di competenza della Santa Vehme era la morte. Altri[24] spiegano che “ La sentenza comportava la prescrizione, la decadenza dei propri diritti e la morte. La condanna ad essere impiccato per il collo all’albero più vicino veniva immediatamente eseguita in ogni caso dopo che tre membri della Vehme erano riusciti a scoprire il proscritto diventato fehmbar. Il suo corpo veniva abbandonato agli uccelli rapaci e alle fiere. I beni erano confiscati; sua moglie veniva pubblicamente dichiarata vedova; i figli diventavano legalmente orfani. Si possono ancora vedere a Tubinga segrete e stanze sinistre in cui sarebbero stati decisi ed eseguiti arresti della Vehme.”
Nell’ipotesi in cui ad essere chiamato in giudizio fosse stato un franco-giudice, questi aveva diritto di chiedere al franco-conte il motivo della denuncia sporta contro di lui. Il franco-conte gliela comunicava, e se l’accusato si riteneva innocente o non c’erano prove sufficienti per l’incriminazione[25], metteva l’indice e il medio della mano destra sulla sciabola del franco-conte, pronunciando il seguente giuramento: “Signor conte, sono innocente del delitto di cui mi avete portato a conoscenza e di cui sono accusato: così prego Dio e i suoi santi affinchè mi vengano in aiuto”[26]. Dopo questa formalità, il franco-conte era obbligato a dargli un Creutz-Pfennig [27]a prova del giuramento.
L’ultima corte di giustizia regolare di questo tribunale si svolse nel 1568, ma la potenza di questo organismo segreto continuò attraverso i secoli. Nel 1811 – al tempo dell’invasione- i francesi si trovarono costretti a combatterne i membri; Il Livre Brun[28] riguardo all’incendio del Reichstag accusa il prefetto di polizia di Breslau, Heines, capo delle SA della Germania del Nord e dell’Est, di essere l’esecutore degli assassinii pronunciati dal tribunale della Santa Vehme. Secondo il “dizionario del priorato di Sion “ [29] la società fu formalmente abolita nel 1811 da Napoleone Bonaparte. Secondo altre fonti, l’editto sarebbe da attribuirsi, invece, a Jérȏme Bonaparte, allorchè divenne re di Westfalia, al fine di ripristinare l’autorità imperiale che veniva messa in discussione dall’esistenze di queste entità che si ritenevano absolute dalla corona. René Alleau[30] teorizza come “ perlomeno probabile la sopravvivenza attuale , sotto forme differenti da quelle delle istituzioni medievali, di uno spirito vehmico strettamente associato alle tesi conservatrici e agli interessi del nazionalismo tedesco ”, con mezzi finanziari “ considerevolmente aumentati dal tesoro di guerra dei nazionalsocialisti che (…) non è mai stato ritrovato (…) “.
Pietro Berti
__________________________________
[1] Allgemeine Übersicht der deutschen Kultur-geschichete bis zu Maximilian dem Ersten, der professor Hegewisch.
[2] René Allau, Le origini occulte del nazismo, il terzo reich e le società segrete, edizioni mediterranee, 233 e ss
[3] Secondo Meibom Heinrich (1555-1625), Irmensula saxonica: “(…) judicii vetiti, quod merito mireris apud scriptores istius seculi (Carolini), qui quidem ad nos pervenerunt, nulla mentio. Elapsis autem seculis duo bus, a fere dimidii meminit ejus Wippo, capellanus Conradi II, imperatoris, cognomento saliqui.”. Boecler J. H. (1611-1672), Dissert de Wittikindo magno, in Dissertationes academicae, contesta la sopra riportata interpretazione, affermando l’assenza di rapporto causale tra la legge crudele di cui parla Wippo e il tribunale segreto. Concordano anche Schilter J. (1632-1705) Institutiones juris publici romano-germanici, vol. I, lib. IV, 382 ; e Datt, de pace imperii publica, secondo cui Wippo si riferirebbe ai capitolari di Carlomagno relativi ai Sassoni (riportati da Schilter nell’opera ivi citata , pag 24), dato che in essi vi sarebbero contenute norme molto più severe e crudeli rispetto alla legge sassone di Herold e Lindenbrog.
[4] Henricus de Hervordia (m. 1370), De factis illustri bus ab orbe condito usque ad annum , 1363.
[5] Della stessa opinione è Enea Piccolomini, divenuto papa Pio II e morto nel 1464; la tesi è condivisa anche da Wermer Rolewink, Bote, Felix Faber, Bohemius, Paolo Emili da Verona, Tritemio, Werlich, Chytraeus. Anche Federico III, nella sua riforma del tribunale, ne attribuisce a Carlomagno l’istituzione. Vi è contrario Jean Nicolas Etienne de Bock, La Santa Vehme, Storia del tribunale segreto, p. 47, secondo cui tale origine sarebbe un’invenzione dei franchi-giudici con lo scopo di incutere terrore e maggior rispetto nel popolo, attribuendosi un’origine così autorevole.
[6] Commentarii de origine
[7][7] Giornale di Berlino, novembre 1786.
[8] Nella riforma di Colonia si statuì che “ogni franco-conte e ogni franco-giudice ha il diritto di andare e venire in sicurezza a piedi o a cavallo, anche se privo delle insegne, per le questioni della sua istituzione, secondo l’antica usanza e le leggi del Sacro Impero”.
[9] Le qualità erano richieste espressamente e tassativamente dal Codice di Dortmund. Tale dignità non esimeva i franchi-conti dal rischio di poter essere citati in giudizio davanti al tribunale segreto. In tal caso, se veniva sporta denuncia contro un franco-conte, questi era chiamato in giudizio la prima volta da sette franchi-giudici che gli consegnavano delle lettere con i sigilli d’uso. Se fosse rimasto contumace alla prima citazione, quattro franchi-conti e quattordici franchi-giudici ne rinnovavano la chiamata in giudizio per iscritto. La terza chiamata era eseguita da sei franchi-conti e ventuno franchi-giudici. Infine, la quarta chiamata avveniva presso il domicilio del franco conte dovunque egli dimorasse (ad domum frigravi). Si ignorano le conseguenze per chi non si presentasse alla quarta citazione. Di certo, in caso di mancata ottemperanza all’ordine di comparizione davanti alla Santa Vehme , l’imputato era “messo al bando dall’Impero” . Una dilazione di sei settimane e tre giorni venivano concessi per rispondere a questi ordini di comparizione. Era permesso produrre fino a trenta testimoni per l’accusa e lo stesso numero per la difesa. La rappresentazione attraverso un avvocato era autorizzata e la Santa Vehme riconosceva il diritto di appellarsi all’alta corte segreta che teneva generalmente le sue assisi a Dortmund.
[10] “Il franco conte non deve far vedere la luce a un profano se non dopo aver avvertito il gran-maestro e con il suo consenso” , Hahn, Die alte Westph. Gerichts-Ordnung, in Collectio monumento rum, p.610. Secondo il Codice di Dortmund, se l’imperatore fosse illuminato (wenn er wissend ist) poteva creare dei franchi-giudici.
[11] Secondo Wehner Paul Matthias (1583-1612), Practicarum juris observationum, p. 504, l’espressione schoeffenbare freyshoeppen : “giudici talmente immacolati ed alieni da ogni crimine , che risulta impossibile contestare loro diritti e cariche.”
[12] Gli Statuti escludendo gli ecclesiastici li avevano al tempo stesso resi indipendenti dal tribunale segreto in cui essi non potevano essere chiamati in giudizio né giudicati . J. N. E de Bock, op. cit., 61; cap. XVII della riforma di Colonia e Codice di Dortmund, p. 98; Il regolamento del 1522 rinnova la proibizione di iniziare franco-giudice gli ecclesiastici.
[13] In ordine ai franchi-giudici afferma il Codice di Dortmund “Non devono peraltro essere spiriti ribelli, suonatori ambulanti, bancarottieri o giocatori di professione, ma uomini leali e giusti. E’ infine necessario che abbiano visto con i propri occhi e inteso con le proprie orecchie i reati di cui accusano un colpevole”. Ciò comportava il divieto al franco-conte di iniziare franco-giudice uno sconosciuto. Tassativamente il divieto era contenuto nel Die alte Westph. Gerichts-Ordnung di Hahn, Collectio monumento rum, p. 605, secondo cui “Non è consentito a un franco-conte iniziare franco-giudice uno sconosciuto, a meno che questi non possa produrre nella debita forma una testimonianza del suo principe, o del principe di un altro stato di cui si è suddito”.
[14] Datt, op. cit. p. 52.
[15] Secondo quanto riferisce Pollock Urquhart, Vehmericht, 1868, la formula del giuramento era la seguente:”Giuro di essere fedele al tribunale segreto, di difenderlo da me stesso, dall’acqua, dal sole, dalla luna, dalle stelle, dal fogliame degli alberi, da tutti gli esseri viventi e da tutto ciò che Dio ha creato fra cielo e terra: da padre, madre, fratelli, sorelle, donne, bambini, ed infine da tutti gli uomini con la sola eccezione del signore dell’impero. Giuro di far mie le sentenze del tribunale segreto, eseguirle, aiutare ad eseguirle e denunciare a questo o ad altro tribunale segreto, i crimini di sua competenza di cui verrò a conoscenza o di cui verrò a sapere da persone degne di fede, affinchè i colpevoli siano giudicati come stabilito dalla legge o che vi sia rinvio della sentenza con il consenso dell’accusatore. Prometto inoltre che né affetto, né dolore, né oro, né argento, né padre, né madre, né fratello , né sorella, né congiunti, né alcunché Dio ha creato potranno farmi spergiuro, essendo determinato a difendere d’ora in poi con tutte le mie forze e con tutti i miei mezzi il tribunale segreto su tutti i punti sopra detti. Che Dio e i suoi santi mi aiutino.”
[16] Soli viri, non foeminae judicantur. Il Codice di Dortmund prevede espressamente il divieto.
[17] Senckenberg, Anmerkungen, 174.
[18] Si proibiva espressamente di mettere al bando o condannare una persona senza averla prima regolarmente citata o senza che si fosse discolpata sotto giuramento; di accogliere denunce incompatibili con la sua natura; i franchi-giudici da iniziare dovevano essere solo persone di buona reputazione come in antichità;
[19] la fonte qui è de relato, in quanto si riporta sintetizzandolo, quanto riferito da J.N.E. de Bock, op. cit. , 96 e ss.;
[20]“ per provare di non coprire la giustizia con il manto dell’ingiustizia”
[21] Codice di Dortmund, n. 28, p. 108.
[22]Cioè, chiunque non fosse membro del Tribunale
[23] Codice di Dortmund, n. 7
[24] René Alleau, Le origini occulte del nazismo, op. cit., 237
[25] Le due ipotesi erano considerate equivalenti ai fini della sentenza
[26] Codice di Dortmund, n. 16
[27] Cioè, una moneta, su cui era effigiata una croce.
[28] Le Livre Brun, Parigi, 1933, 23 e 81
[29] Consultabile su internet
[30] Le origini occulte del nazismo
Nessun commento:
Posta un commento