scritto da Giuseppe Agnoletti
Nome completo: Pedro Alonso Lopez
Soprannome: Il mostro delle Ande
Nato nel: 1949
Morto il: in vita
Vittime accertate: 57
Vittime supposte: 310
Modus operandi: segue la preda anche per giorni, poi la rapisce e la conduce in un luogo sicuro.
Dapprima opera violenza sulla giovane vittima. Infine procede allo strangolamento mentre la guarda fissamente negli occhi.Pedro Alonso Lopez, ovvero il serial killer allo stato dell’arteCon tutta probabilità Pedro Alonso Lopez detiene il primato di uccisioni fra i serial killer di ogni epoca, almeno per quanto ci è dato conoscere. Si ritiene, infatti, che nel corso della sua folle carriera abbia soppresso qualcosa come 310 giovani ragazze, un record difficilmente eguagliabile.Alla stregua di Don Giovanni, che si vantava delle sue conquiste e ne forniva un elenco dettagliato paese per paese, così Pedro confessa agli investigatori di avere ucciso di sua mano perlomeno 110 ragazze in Ecuador, 100 in Colombia e molte più di 100 in Perù.Solo se si considera la vastità, e la scarsa densità di popolazione in quelle terre, ci si può rendere conto come questo omicida seriale possa avere commesso una simile strage quasi indisturbato. Nella maggior parte dei casi Pedro si trova ad agire in zone abitate da indios privi di qualsiasi tutela da parte delle forze dell’ordine, si tratta di una vita piuttosto facile per un assassino dai grossi appetiti come lui, anche se a un certo punto la buona sorte lo abbandona e si trova a rischiare grosso.Ma procediamo con ordine.
L’infanzia - un vero ragazzo di strada.Pedro Alonso Lopez nasce a Tolmia, Colombia, nel 1949, durante un periodo di particolari conflitti sociali, in un tempo e in un luogo della Terra nel quale nessuno avrebbe, in effetti, mai desiderato nascere; potendo scegliere, naturalmente.Giusto un anno prima, nel 1948, viene assassinato un politico liberal popolare: Jorge Eliecer Gaitan e il paese sprofonda nella guerra civile. Il periodo d’anarchia si protrae per dieci anni e costa alla nazione qualcosa come 200.000 morti.Pedro è figlio di una prostituta, il settimo di tredici fratelli e sorelle. La sua è un’infanzia infelice. La madre è una figura dominatrice che alleva, se così si può dire, i bambini con autentico pugno di ferro. Ma il ragazzo si trova pur sempre in un casa e qualsiasi cosa è meglio di quello che succede nelle strade, dove la guerriglia, le forze paramilitari e i membri delle forze armate nazionali sono ovunque impegnati a combattersi senza esclusione di colpi, tanto che in Colombia, in quegli anni, la percentuale di criminalità raggiunge livelli 50 volte superiori a quello di tutti gli altri paesi del mondo.Nel 1957, all’età di otto anni, la madre lo sorprende in atteggiamento inequivocabile con la sorella più giovane. Il suo peggior incubo diventa realtà, la donna lo butta fuori di casa e gli ordina di non fare più ritorno. Adesso Pedro si trova nell’inferno delle strade, senz’altra compagnia che se stesso.Le cose per lui cambiano rapidamente quando un uomo di una certa età gli offre del cibo e la prospettiva di un luogo dove potere vivere. Il ragazzo quasi non crede alla fortuna che sembra finalmente arridergli, e lo segue. L’uomo lo conduce in edificio abbandonato. Ma appena giunto in quel luogo solitario lo sodomizza più volte, prima di lasciarlo tornare di nuovo alla strada dove lo aveva trovato.La devastante esperienza crea in Pedro avversione e timore nei confronti degli estranei, sentimento che giunge quasi al limite del terrore. Dorme in edifici abbandonati e solo di notte emerge dal suo nascondiglio in cerca di cibo fra i bidoni dei rifiuti e gli immondezzai. Passa quasi un anno prima che Pedro trovi finalmente il coraggio di viaggiare per il paese e finire a Bogotà, la capitale. Qui giunto, trascorre alcuni giorni a mendicare cibo e a frugare fra i rifiuti, poi una coppia di americani residenti nel luogo lo nota. I due non possono fare a meno di provare una profonda pena per l’aspetto scheletrico e denutrito del ragazzo. Gli offrono un pasto caldo e lo pregano di andare a vivere con loro. Pedro non se lo fa ripetere due volte, e accetta. Trova così una stanza e un tavolo tutto suo e poi l’iscrizione a una scuola per orfani, cose che non solo non aveva mai avuto, ma nemmeno sognato di possedere.Tuttavia il destino ha in serbo per Pedro un'altra svolta crudele. Nel 1963, all’età di 12 anni, un maestro lo aggredisce sessualmente, durante un giorno di scuola. Tutti i ricordi precedenti ritornano d’un colpo a galla, e l’odio cresce dentro di lui. Il passo successivo è quello di rubare denaro dall’officina della scuola, quindi Pedro fa ritorno verso l’unico luogo di salvezza che conosce, la sua prima casa (in un certo senso), ovvero le strade della Colombia.La guerra civile è ormai cosa del passato, adesso c’è solo una sorta di guerra fredda, e possibilità di lavoro che prima non esistevano, le fabbriche che avevano chiuso riaprono, ma Pedro è tagliato fuori, non ha avuto alcuna esperienza lavorativa e possiede solo una educazione minima. Passa i sei anni seguenti a mendicare e commette tutta una serie di piccoli reati per sopravvivere.Durante questi suoi anni giovanili impara a rubare automobili. Ha poco da perdere e c’è chi compra e paga per i suoi servizi. Diventa un ladro di veicoli molto abile, che si fa notare come il più giovane “apprendista del giro”.Prove generali.A dispetto delle sue capacità, nel 1969, all’età di 18 anni, Pedro viene arrestato per furto d’automobili e condannato a sette anni di prigione. È dentro da appena due giorni quando subisce violenza da parte di quattro detenuti più anziani di lui. In seguito a questo episodio giura a se stesso che nessuno lo toccherà di nuovo. Costruisce un rudimentale coltello utilizzando gli utensili della prigione, poi, nelle due settimane che seguono, compie la sua vendetta uccidendo tutti e quattro gli uomini che lo avevano stuprato. Le autorità giudicano il caso come legittima difesa e si limitano ad aggiungergli altri due anni rispetto alla condanna iniziale per furto. La prigione, con la sua inevitabile dura scuola di sofferenze, procura un danno irreparabile alla mente di Pedro, una trasformazione irreversibile. Anche se non va dimenticato come una buona parte di colpa sia imputabile anche alla madre, madre che lo ha abbandonato a se stesso scacciandolo di casa, che non ha mai avuto alcuna forma di comunicazione con lui e che addirittura soddisfaceva le sue curiosità con riviste pornografiche.Pedro si sta avviando all’età adulta, ma nella sua mente l’idea di avere una moglie diviene un pensiero inconcepibile. Nella testa, sua madre detiene la colpa di tutti i patimenti che ha dovuto sopportare nella propria esistenza, e forse non sbaglia del tutto. «È tipico» disse una volta Robert Ressler, compilatore di profili criminali per l’FBI. «Molto spesso gli assassini seriali sono posseduti da forme ossessive nei confronti della loro madre. Insomma, una relazione di odio e amore, parlando in termini comuni. Queste donne non possono certo candidarsi a madri dell’anno e, sebbene non abbiano necessariamente commesso degli abusi, è chiaro che il loro rapporto coi figli è alla base delle devianze che in loro esploderanno con efferata violenza da adulti. Il filo conduttore sembra essere l’elemento sessuale: madri spesso seducenti, che hanno diversi partner sessuali dei quali i figli sono consapevoli. E, naturalmente, per i figli di una prostituta è ricorrente osservare questo tipo di condotta nel comportamento abituale della propria madre.»Quanto quest’insieme di cose inciderà sul futuro di Pedro, lo si vedrà una volta ritornato libero.
Omicidi successivi - a caccia di giovani indios.Nel 1978 Pedro Alonzo Lopez esce di prigione e comincia a viaggiare intensamente per tutto il Perù. È una specie di venditore ambulante, professione ideale per girovagare da un luogo all’altro in cerca di facili vittime. Ed è proprio durante questo periodo, come più tardi riconoscerà, che inizia a uccidere in sequenza. Aggredisce e uccide almeno 100 giovani ragazze appartenenti alle tribù di indios sparse in tutta la regione. E in verità risulta impossibile stabilire quanto di tutto questo sia veritiero, ciò che è certo è che Pedro viene catturato da un gruppo di Ayacuchos, nel nord del Perù, mentre cerca di sequestrare un ragazzina di nove anni. Gli indios lo spogliano delle sue cose e lo torturano per diverse ore prima di decidere di sotterrarlo vivo. Per Pedro sembra essere giunta la fine, ma bisogna riconoscere che ciò che la sorte gli ha sempre negato, in questo momento gli elargisce a mani aperte. L’intervento di un missionario americano convince gli indigeni a consegnare Pedro alle autorità. Ed è così che avviene, ma le autorità giudiziarie e di polizia non vogliono perdere tempo con la denuncia di una piccola tribù, e il governo peruviano si limita a estradare Pedro in Ecuador.In seguito al suo ritorno in questo paese, Pedro inizia a viaggiare parecchio nella regione, compiendo lunghe soste anche in Colombia. Le autorità si rendono ben presto conto di un aumento dei casi di persone scomparse, in particolare giovani ragazze. Ma concludono che si tratta di un dato dovuto alla crescita della tratta di schiave per scopi sessuali.La cattura.Nell’aprile del 1980, vicino ad Ambato, Ecuador, gli effetti di una inondazione costringono le autorità a rivedere le proprie convinzioni riguardo l’impressionante serie di persone scomparse. Vengono infatti alla luce i resti di quattro ragazze. Difficile stabilire le cause della loro morte, facile invece concludere che qualcuno ha cercato di occultarne i corpi alla vista di occhi troppo curiosi.Alcuni giorni dopo, un’abitante del luogo, una certa Carvina Poveda, si reca a effettuare compere al mercato. La figlia Maria, dodicenne, l’accompagna. Uno sconosciuto tenta di rapire la ragazza. La donna piange, strepita e chiama aiuto, mentre l’uomo tenta di lasciare in fretta la zona, con la ragazza stretta fra le sue braccia. Gli addetti alle vendite accorrono rapidamente, catturano l’uomo prima che questi possa fuggire e lo trattengono fino all’arrivo della polizia.Pedro è stranamente tranquillo e quando gli agenti lo traducono al commissariato la loro prima impressione è quella di avere tra le mani uno squilibrato. Pedro non collabora, sceglie di rimanere in silenzio e si rifiuta di rispondere a qualsiasi domanda. Gli investigatori decidono così di cambiare strategia e di utilizzarne una del tutto differente.In cella assieme a lui viene messo Padre Cordoba Gudino, un sacerdote. La speranza è quella che l’indiziato si confidi col prete e gli possa rivelare quali siano in realtà i suoi crimini.Non occorre attendere troppo tempo, perché quasi subito Pedro inizia a raccontare. Il giorno successivo ha rivelato così tante e orribili cose che padre Cordoba chiede di potere uscire dalla cella. Quello che le sue orecchie hanno udito è troppo e non può sopportare oltre.In seguito ai dati rivelati durante il colloquio con Padre Gudino, gli investigatori mettono alle strette Pedro, ora sono in possesso di nuovi e sconvolgenti elementi. Il serial killer crolla.Pedro confessa di avere ucciso 110 ragazze in Ecuador, 100 in Colombia e più di 100 in Perù.«A me piacciono le ragazze dell’Ecuador» dice. «Sono molto docili, gentili e innocenti, danno maggiore confidenza; non come le colombiane che sospettano degli estranei.»Nel corso delle sue confessioni, Pedro giustifica i crimini con la propria dura vita e un’adolescenza difficile e solitaria.«Persi la mia innocenza all’età di otto anni» spiega. «Così decisi di fare lo stesso nei confronti della maggior parte di ragazze che potevo incontrare.»Quando gli chiedono in base a quali caratteristiche scegliesse le sue vittime, Pedro spiega che la maggior parte delle volte gironzolava per i negozi dei villaggi allo scopo di selezionare i suoi bersagli, il criterio solitamente preferito: quello di “una certa aria d’innocenza”. Le uccideva sempre all’ultima luce del giorno, perché non voleva che l’oscurità nascondesse lo spasmo della morte.Quando gli chiedono cosa intenda con queste parole, Pedro spiega che dapprima violentava la sua vittima, per poi strangolarla mentre la guardava negli occhi. Che provava il massimo del piacere e una forte eccitazione sessuale osservando la loro vita che fuggiva via.In seguito dichiarò che l’orrore continuava anche dopo la loro morte. Spesso interpretava un orrido “party” con i corpi delle piccole ragazze, sistemandole nel modo più opportuno e parlando con loro.Inizialmente la polizia è scettica riguardo agli orrori raccontati da Pedro e i legami con la Colombia non sono tali da consentire la verifica del suo racconto. Ma come Pedro capisce che gli investigatori dubitano di lui e delle verità che ha loro raccontato, si offre di condurli nei vari punti di sepoltura che ha seminato per il paese. Gli investigatori accettano e pianificano l’azione.Alcuni giorni dopo la sua confessione iniziale, Pedro viene prelevato dal quartier generale della polizia. Il convoglio di agenti segue alla lettera le sue istruzioni e si reca nei posti da lui segnalati. I dubbi degli investigatori scompaiono del tutto quando Pedro li conduce in una località isolata nelle vicinanze di Ambato, dove scoprono i resti di 53 ragazze, di età compresa fra gli otto e i 12 anni. Nel corso della giornata Pedro li guida in altri 28 siti, tuttavia nessun altro corpo viene trovato. Alcuni investigatori pensano allora che gli animali ne abbiano sparpagliato i resti e le piogge abbiano completato il resto del lavoro portandoli via chissà dove.Una volta ritornati al commissariato Pedro viene velocemente incriminato di 57 omicidi, benché lui stesso, nelle sue dettagliate confessioni, ne reclami 110. Il direttore della prigione, Victor Lascano, spiegò in seguito: «Se qualcuno confessa 100 omicidi e si trovano i corpi di 53 vittime, allora dobbiamo credere a quello che dice.» Ai reporter confidò anche che: «Ritengo la sua stima di 300 omicidi assai scarsa.»
Una tecnica raffinata.Sembra quasi che Pedro, quando uccide una delle sue vittime, segua un sogno, una speranza, per quanto brevissima e fugace. La ricerca di un qualche cosa che loro possiedono e lui no. Qualcosa di immateriale ed etereo, che immediatamente si volatilizza e si disperde nel nulla. E la contemplazione di quell’attimo richiede una messa in scena ben precisa, una scenografia quasi teatrale.Ma lasciamo la parola alla sua viva voce:«Andavo in cerca delle mie vittime camminando fra i mercati e le volevo con un certo sguardo sul loro viso. Un’aria di innocenza e di bellezza. Dovevano essere buone ragazze che lavoravano con la madre. Io le seguivo a volte anche per due o tre giorni, aspettando il momento che fossero da sole. Davo loro un oggetto, tipo uno specchietto, poi le portavo alla periferia della città, dove promettevo che avrei regalato un ciondolo anche per la loro madre.»«Le ragazze non erano mai spaventate perché non potevano aspettarsi quello che sarebbe accaduto. Erano particolarmente innocenti.»«Dovevo prenderle in un nascondiglio segreto, dove le attendevano i sepolcri che per loro avevo preparato. Qualche volta c’erano i corpi di altre vittime precedenti. Io le abbracciavo e poi le violentavo al tramonto. A quella luce particolare mi eccitavo. Forzavo il sesso della ragazza e mettevo le mie mani sulla sua gola. Quando il sole era una palla rosata, la strangolavo.»«Mi piaceva solo se le potevo guardare negli occhi. Farlo nelle tenebre sarebbe stato uno spreco. Dovevo guardarle alla luce del giorno. C’era un momento divino quando le mie mani stringevano la gola di una giovane. Guardavo nei loro occhi e vedevo una certa luce, una scintilla, che improvvisamente andava via. Il momento della morte è affascinante e eccitante. Solo chi uccide abitualmente sa cosa voglio dire.»«Alle ragazze occorrevano dai cinque ai quindici minuti per morire. Ero delicato e premuroso. Volevo passare molto tempo con loro e volevo essere sicuro che fossero morte. Desideravo uno specchio per verificare se stavano ancora respirando. Qualche volta ho dovuto ricominciare da capo a ucciderle.»«Le mie piccole amiche amavano avere compagnia. Spesso ne deponevo tre o quattro in un solo buco. Ma dopo un breve tempo io diventavo triste e annoiato perché non potevano muoversi più. Così andavo alla ricerca di altre ragazze.»«Quando venni rilasciato non vedevo l’ora che il momento venisse di nuovo.»Ma Pedro Alonso Lopez si definiva anche un liberatore: «L’ho fatto per porre fine alle sofferenze che subivano nella vita terrena» riferì durante una confessione.Fine della corsa - sentenza e prigionia.A ogni modo non è facile tratte ulteriori informazioni dalle brevi confessioni di Pedro, quel che è certo è che alla fine degli anni ‘80 viene dichiarato colpevole di omicidi multipli e ripetuti, e condannato a passare il resto della sua vita in prigione.Attualmente Pedro è ancora recluso in Ecuador. Lui s’illude, assurdamente, di avere qualche chance di essere rilasciato sulla parola. Questa irragionevole speranza non deve meravigliare: Lopez è un omicida seriale “missionario”, ha ucciso animato dall’assillo costante di dover compiere una “missione”. «(Le ho uccise) per porre fine alle sofferenze che subivano nella vita terrena» ha riferito durante una confessione.Nella sua distorta visione delle cose, non gli passa per la mente che se anche fosse liberato lo aspetterebbero sicuramente altri processi in Colombia e in Perù.Una celebrità…Mentre era in prigione in Ecuador, al corrispondente del National Examiner: Ron Laytner, Pedro Alonso Lopez disse, vantandosi: «Io sono l’uomo del secolo, nessuno potrà mai dimenticarsi di me.»E avendolo conosciuto meglio in questo breve saggio, direi che c’è ben poco da dubitarne.
estratto dal sito web http://www.latelanera.com/serialkiller/serialkillerdossier.asp?id=PedroLopez&pg=4
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