(FR)
« L'anarchie, c'est l'ordre sans le pouvoir »
(IT)
« L'anarchia, è l'ordine senza il potere »
(Pierre-Joseph Proudhon, Les Confessions d'un révolutionnaire pour servir à l'histoire de la Révolution de Février[1])
L'anarchia (dal greco antico: ἀνα-ἀρχή, senza-governo[2]) è una concezione politica basata sull'idea di un ordine fondato sull'autonomia e la libertà degli individui, contrapposto ad ogni forma di Stato e di potere costituito[3].
Nasce terminologicamente con gli scritti del filosofo Pierre-Joseph Proudhon nella prima metà del XIX secolo, affondando idealmente in concetti propri di Thomas More (Utopia), dell'illuminismo (Condillac, de Sade, in parte Rousseau) e di William Godwin. Importanti anarchici contemporanei a Proudhon furono il filosofo individualista Max Stirner e il rivoluzionario Bakunin.
Sono varie le interpretazioni che gli anarchici danno dell'idea di anarchia, la quale, nel corso della sua storia, non è mai stata una dottrina sempre politicamente uniforme e lineare. Tutte le interpretazioni hanno tuttavia come nucleo centrale un elemento comune costituito dalla necessità dell'annullamento dello Stato e del principio del potere. Tutti gli anarchici sono cioè concordi nel considerare l'abolizione dello Stato condizione necessaria per il successo della dottrina anarchica. Con "annullamento dello Stato" gli anarchici non intendono annullamento dell'organizzazione sociale, dato che la società "anarchica" è intesa semplicemente come una società non gerarchica. Anarchia era invece precedentemente esclusivo nel descrivere caos e situazioni di disordine sociale; non essendo ciò che sostengono gli anarchici e anche per evitare questa confusione tra politica e anarchia in senso lato, venne utilizzato contemporaneamente, precisamente dal 1857, il termine libertario, coniato da Joseph Déjacque, scrittore anarchico. Acrazia infine è analogo termine, di uso francofono, meno diffuso in lingua italiana. Anarchia, libertarismo, acrazia diventano quindi sinonimi a partire dalla seconda metà del XIX secolo, con sfumature relative al contesto ed alle epoche. Mentre quindi con Anarchia si intende l'ideale politico ed il progetto sociale, con Anarchismo, più stringentemente si intende la teoria politica in sè ed il movimento in senso concreto, il quale si divide in molti rami, e si ritiene la continuazione ideale dell'opera della Rivoluzione Francese, senza i relativi errori, come descritti da Godwin.
Indice[nascondi]
1 Storia
2 Pensiero anarchico
3 Etimologia
4 Un'idea dell'Anarchia
5 Personaggi e Fasi dell'Anarchia
6 Economia, Possesso e risorse
7 Conflitto e Accordo
8 Persone concrete contro istituzioni assolute
9 Organizzazione e Potere
10 Accordo e non solo Consenso, e Pensiero anarchico non-violento
11 Cospirazioni ed attentati
12 Tematiche anarchiche
12.1 Antielettoralismo
12.2 Antimilitarismo
12.3 Antirazzismo
12.4 Antisessismo
12.5 Antispecismo
12.6 Autogestione
12.7 Internazionalismo
12.8 Occupazioni
13 Note
14 Bibliografia
15 Voci correlate
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni
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Storia [modifica]
L'idea di Anarchia nasce nell'antichità in accezione puramente negativa come degenerazione dello stato e come mancanza di ordine (α(ν)-αρχή). Lo storico greco Polibio la include in un disegno "ricorsivo" (anaciclosi)[4] della storia dei popoli come derivazione dello stadio peggiore dell'evolvere umano causato dalla degenerazione della democrazia in oclocrazia (governo della massa). Dalla condizione di anarchia, descritta come "disordine e trionfo degli istinti brutali" la stessa natura umana avrebbe permesso che la storia continuasse il suo percorso ciclico con la nascita di una monarchia.
Sebbene nella storia dell'uomo siano esistite numerose realizzazioni di società e organizzazioni basate su principi anarchici, la Comune di Parigi del 1871 è stato forse il primo tentativo di società anarchica a guadagnarsi risonanza globale; si ricorda il commento di Michail Bakunin, uno dei grandi pensatori storici dell'anarchia. Fu però molto importante anche l'esperienza della Makhnovicina, cioè l'Ucraina insorta sotto la guida del generale contadino Nestor Ivanovich Makhno e la resistenza della città russa di Kronstadt. Entrambe queste esperienze vennero cancellate dalla normalizzazione sovietica attraverso l'utilizzo dell'Armata Rossa comandata dal generale Lev Trotsky[5]
Altre realizzazioni concrete e vaste dei principi anarchici nella società si ritrovano durante la guerra civile in Spagna, durante la quale i lavoratori, attraverso le organizzazioni anarco-sindacaliste come la Confederación Nacional del Trabajo (CNT) in Catalogna e Aragona, hanno dato prova di autogestione dei trasporti pubblici e delle aziende produttive sia industriali che agricole; attraverso le assemblee di base furono realizzate collettivizzazioni delle terre confiscate ai latifondisti e, in alcuni casi, fu addirittura abolita la proprietà privata. Questo capitolo si chiuse a causa di una sconfitta militare, infatti oltre a combattere i nazionalisti di Francisco Franco (appoggiato dall'Italia Fascista e dalla Germania Nazista), gli anarchici dovettero guardarsi anche dagli stalinisti, con cui ebbero a Barcellona scontri a cui seguì la repressione congiunta di comunisti e liberali dello schieramento antifranchista contro l'esperienza catalana. Questi eventi sono descritti magistralmente da George Orwell, testimone oculare in quanto combattente, nel suo "Omaggio alla Catalogna".
Negli Stati Uniti il movimento anarchico è stato spesso associato all'individualismo del filosofo e letterato Henry David Thoreau e al suo esperimento-libro Walden, ovvero La vita nei boschi. Anche Ralph Waldo Emerson è stato spesso associato agli anarchici "creatori".
Negli anni ottanta si è segnalata, specie in Kenia, la creazione di una corrente di pensiero africana nel solco dell'esperienza utopica-idealista. Tale corrente di pensiero ha trovato espressione nelle dichiarazioni di Chen Khran Mboto, un meticcio che ha unito in una sintesi di tipo animista e moderata l'ispirazione di tipo orientale con il realismo africano. Il suo movimento non ha avuto seguito dopo la sua scomparsa nel 1992.
Il paese europeo in cui l'influenza politica dell'anarchismo fra la popolazione e i giovani è più diffusa è la Grecia, in cui gli anarchici sono stati in prima fila nelle insurrezioni popolari scoppiate in tutto il paese nel Dicembre 2008 e nel Maggio 2010.
Pensiero anarchico [modifica]
Il principio fondamentale che sta alla base del pensiero anarchico si fonda su un ideale di libertà estrema che precluda qualsiasi forma di governo ("Tutti i partiti senza eccezione, nella misura in cui si propongono la conquista del potere, sono varietà dell'assolutismo"), "Il governo sull'uomo da parte dell'uomo è la schiavitù", "Chiunque mi metta le mani addosso per governarmi è un usurpatore ed un tiranno: io lo proclamo mio nemico" - Pierre-Joseph Proudhon [6]
Secondo gli anarchici, lo Stato, struttura centralizzata di oppressione e coercizione, così come ogni altra gerarchia e forma di autorità, è inutile e anche dannosa. Gli anarchici propongono l'abolizione di tutti i rapporti sociali autoritari e la creazione di una società libera, l'anarchia, fondata sull'assenza di gerarchie, sull'associazione alle organizzazioni popolari, sull'autorganizzazione dal basso del popolo (e quindi l'autogoverno decentralizzato) e sull'autogestione delle risorse e dell'economia (socialismo e anarcosindacalismo).
Un altro significato del termine anarchia è quello che lo identifica con caos, disordine e confusione, che però differisce completamente dal significato attribuitogli dal pensiero anarchico, (che gode di numerosi estimatori, come Noam Chomsky[7], noto accademico del MIT) nonché dalla sua etimologia.
Etimologia [modifica]
La parola anarchia deriva dal greco αναρχία (anarchia), che si può tradurre con "senza governante" (α-(a-) significa "senza" [alfa privativa], la radice αρχή- (archè) può essere tradotta con "governo", anche se il significato specifico sarebbe "comando", "ordine")[8].
In origine la parola veniva usata prevalentemente in senso dispregiativo, per indicare il disordine, il caos, l'assenza di armonia, in accordo col suo etimo. In tal senso la utilizzava in parte anche William Godwin, oggi ritenuto il primo pensatore anarchico[9], giungendo però ad una tale contrapposizione con l'ordine governativo costituito in grado di rivalutarne il significato. Gli anarchici attribuiscono a questo termine il significato di un nuovo ordine antigerarchico che si contrappone al caos selvaggio dell'autorità, un tipo di società basato sull'orizzontalità che crea armonia. Il primo a utilizzare la parola anarchia in tal senso fu Pierre-Joseph Proudhon[10].
Pour parler, si invita il lettore a pensare l'etimologia di "anarchia" come "anà arkè", cioè "al di sopra dell'autorità": in tal modo si apre un nuovo orizzonte per la concezione dell'anarchia stessa, che invita alla riflessione e riesce a scardinare in qualche modo le connotazioni dispregiative che la storia ha saldamente legato al termine.
Un'idea dell'Anarchia [modifica]
L'idea di Anarchia prevede, a livello sociale, che individui e collettività scelgano per relazionarsi fra loro un insieme di rapporti non-gerarchici e non-autoritari.
Anarchia è anche la ricerca e sperimentazione di una organizzazione sociale orizzontale.
Una società anarchica è una società che vuole basarsi sul libero accordo, sulla solidarietà, sulle libere associazioni, sulle unioni, sul rispetto per la singola individualità che non volesse farne parte, secondo il principio che le decisioni valgono solo per chi le accetta.
In una società anarchica si rifiutano quindi leggi, comandi, imposizioni, principi fondati sul volere della maggioranza, rappresentanze, discriminazioni, guerre come metodo per risolvere contrasti, realizzando la gestione ed il superamento dei conflitti attraverso chiarimenti ed accordi tra i diretti interessati.
E' importante, in quanto contrario al pregiudizio diffuso, notare che nessuna teoria anarchica ha mai teorizzato l'assenza di regole e di interazioni sociali, in quanto l'anarchismo non lascia nulla al caso-caos, ma propone un nuovo modo di concepire la società, costruito intorno a norme e/o principi etici egualitari, condivisi e non imposti dall'alto.
Gli anarchici vogliono perciò l'abolizione dello Stato, che dev'essere sostituito dalle organizzazioni e dalle associazioni popolari; anche il potere economico è consegnato nelle mani del popolo, che controlla i mezzi di produzione (quasi tutte le correnti anarchiche, infatti, si dicono socialiste).
Secondo gli anarchici, i problemi sociali come il crimine e l'ignoranza e l'apatia delle masse sono un prodotto della stessa società autoritaria: secondo gli anarchici, mantenere gli individui perennemente sotto un'autorità superiore fa sì che questi non siano più capaci di comportarsi autonomamente, senza un capo che gli comandi cosa fare; inoltre qualsiasi capo cercherà sempre di mantenere il proprio potere, e quindi cercherà il più possibile di rendere i sottoposti non autonomi, e di creare bisogni negli stessi sottoposti (come la necessità di protezione dal crimine); secondo la prospettiva libertaria quindi lo Stato non ha alcun reale interesse a risolvere i problemi sociali, perché altrimenti verrebbe meno il bisogno del potere.
Mentre il liberalismo, ideologia alla base del pensiero democratico, propone la difesa del diritto individuale di parola, religione ecc, l'anarchismo sprona l'individuo anche a liberarsi di quelle particolari forme sociali che, secondo una visione anarchica, impediscono l'espressione libera della personalità dell'individuo, per esempio i rapporti sociali capitalistici e la religione; riguardo a quest'ultima, mentre la teoria ufficiale e la maggioranza degli anarchici si proclamano atei, vedendo la religione come "l'oppio dei popoli" marxiano, di fatto già con Camillo Berneri si introduce un antidogmatismo che permette all'individuo, che deve essere libero in tutti gli aspetti, di professare individualmente una religione, se di sua scelta e non imposta dall'infanzia; tutti gli anarchici, però sono per l'abolizione delle organizzazioni clericali di ogni tipo, basate non sulla libera predisposizione e scelta razionale ma sull'indottrinamento.
Personaggi e Fasi dell'Anarchia [modifica]
Secondo Bakunin, il movimento Anarchico è caratterizzato da due tipi di esponenti:
Distruttori: sono coloro che, mediante la ribellione (sia di tipo politico sia di tipo rivoluzionario) distruggono l'autorità costituita e l'ordine vigente di sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Creatori: sono coloro che, sulle macerie del vecchio mondo si dimostrano in grado di apportare benefici al nuovo, diffondendo l'idea anarchica e favorendo la sua instaurazione
Sempre secondo Bakunin, l'instaurazione dell'anarchia avviene attraverso due fasi:
Verwirrung (confusione): fase distruttrice, caotica con cui minare le fondamenta del potere e dell'autorità costituita. Molti identificano l'anarchia con questa sola fase, ma questa non è ancora anarchia, questo è caos. Questa fase potrebbe manifestarsi per altre cause e per mano di altri gruppi politici, senza l'intervento di associazioni anarchiche, anche se, in questo caso, sarebbe molto più difficile passare alla seconda fase
Ordnung (ordine): fase in cui le persone si rendono conto della loro capacità di autogovernarsi e vivere in armonia, mediante aiuti reciproci, al di fuori di dinamiche autoritarie e gerarchiche.
Alcune persone credono oggi che sia possibile arrivare ad una società anarchica senza passare dalla fase caotica, ma mediante riforme sociali graduali, che puntino ad incrementare il potere individuale, annullando il controllo statale. Altri ancora creano gruppi anarchici che conducono vita comune fungendo da esempio sull'alternativa possibile e si potrebbe anche sviluppare mediante la semplice disobbedienza civile di un singolo individuo
Economia, Possesso e risorse [modifica]
Sono varie le interpretazioni che gli anarchici danno al possesso e alla proprietà. Fin dalla nascita dei prodromi del movimento, e qui si intende William Godwin e successivi, prima quindi della formalizzazione di Proudhon di anarchia, si legge in Enquiry concerning political justice, del 1793 l'auspicio relativo alla dissoluzione del concetto di proprietà e quindi disuguaglianza. In seguito con la famosa affermazione la proprietà è furto in Che cos'è la proprietà del 1840, lo stesso Proudhon chiarirà l'approccio anarchico.In realtà l'analisi va molto più articolata; come in tutte le dottrine di impronta egualitaria, patrimonio comune ideologico è la dissoluzione del concetto di proprietà dei mezzi di produzione, non necessariamente della proprietà privata stessa, intesa in senso individuale.
In generale, tutti gli anarchici (tranne gli anarcocapitalisti) si dicono socialisti, volendo cioè che i mezzi di produzione siano (collettivamente o no) di proprietà dei lavoratori. All'interno dell'anarchismo ci sono varie correnti di pensiero sull'economia: si va dall'anarcocomunismo di Petr Kropotkin e Errico Malatesta al mutualismo di Proudhon; a differenza del comunismo libertario, il mutualismo non prevede alcuna collettivizzazione, ed il mantenimento dell'importanza del mercato e della competizione (è chiamato anche "socialismo di mercato").
Esistono anche tendenze che identificano l'anarchia con il libero mercato e difendono la proprietà privata, intesa di mezzi e risorse collettive, note come Anarco-capitalismo, Libertarianismo, e tendenze ad esse affini, nonostante i prefissi anarco- si riferiscono a dottrine di tipo liberale, non libertarie e anarchiche, riferendosi quindi al termine anarchia inteso come l'accezione d'assenza di regole. Dei concetti propri dell'anarchia come concezione politica vengono in realtà presi a prestito concetti riconducibili all'egoismo inteso appunto in senso politico.
Conflitto e Accordo [modifica]
Non vi saranno presumibilmente solo situazioni di pace e ci saranno ancora conflitti tra gli esseri umani, ma le contrapposizioni saranno qualitativamente differenti da quelle attuali. In una società anarchica la giustizia non può essere prerogativa di un'istituzione, ma è nel percorso di accordo, generale o singolare, collettivo o individuale, fra le persone. Il dissenso e il conflitto sono riconosciuti come normali ed umani; anarchico è il cercare di accordarsi.
Più recentemente, l'anarchia è stata vista da alcuni come caratterizzata (in virtù dell'assenza di un monopolio della forza) da rapporti di forza più equi tra gli individui, condizione che implicitamente scoraggerebbe il ricorso al conflitto, poiché quest'ultimo solitamente appare utile solo a coloro che sono sicuri di un esito favorevole. Si pensa che, nella maggior parte dei casi, i conflitti verrebbero sostituiti da trattative con esiti piuttosto equilibrati tra le parti in causa. In generale, gli esiti di ogni contenzioso verrebbero influenzati,soprattutto dall'intensità delle loro pretese.
Persone concrete contro istituzioni assolute [modifica]
L'idea di una società anarchica fa quindi ripensare la stessa socialità umana, ovvero il rapporto fra persone, e quindi mostra che è artificiosa la distinzione fra persona e società. Una società anarchica è fondata sulla persona concreta e sulla sua capacità di creare forme sociali; si evita quindi di stabilire con un processo di astrazione dei valori morali assoluti e di creare strutture funzionali ad essi anche a discapito delle persone.
Secondo il pensiero anarchico le necessità di pace, giustizia e benessere non possono quindi giustificare strutture di potere pubbliche quali Stato, Chiesa e esercito. Più nel privato, vanno ripensati anche famiglia, scuola, e lavoro come sono comunemente intesi.
L'idea di ciò che è buono e desiderabile è infatti soggettiva, multiforme, mutevole, e non si può rappresentare come sovrumana, né si deve adorare in quanto entità astratta, e tanto meno in forma coercitiva.
La società voluta dagli anarchici rifiuta che dei valori umani vengano mitizzati e considerati come superiori a uomini e donne concreti.
Organizzazione e Potere [modifica]
In una società anarchica, si distingue nettamente l'organizzazione da potere, autorità e gerarchia. Partendo dal fatto che potere, autorità e gerarchia danno una libertà e una giustizia illusorie, perché sono fondati proprio sul contrario della libertà e proprio sul contrario della giustizia, in una società anarchica si segue il filo d'Arianna dell'antiautoritarismo verso ipotesi organizzative di vita in comune, che permettano una sempre maggiore realizzazione delle potenzialità individuali e collettive.
L'organizzazione antiautoritaria si ottiene con società di dimensioni non enormi (come un consiglio di fabbrica o un'area territoriale ristretta) che siano prive di gerarchie. Le decisioni vengono quindi prese con modalità assembleari, preferibilmente basate sull'unanimità e non sulla maggioranza. Durante le assemblee esiste il meccanismo della delega, ma deve avere due caratteristiche fondamentali: il delegato deve fare ciò che viene deciso dall'assemblea, non decidere in prima persona cosa fare e per garantire ciò, il suo operato deve essere trasparente; in caso di malafede o incapacità la delega deve essere revocabile in qualsiasi momento (la carica del delegato è comunque temporanea e si eleggono delegati a rotazione). Con questo tipo di organizzazione, si ottiene, secondo gli anarchici, uno stato sociale (appunto l'anarchia) in cui nessun individuo o gruppo può esercitare potere su altri individui. Il potere non arriva dall'alto dando ordini unilaterali e restando isolato dalla base, ma deriva dal basso, dato che l'operato dei delegati è trasparente e la loro carica è revocabile in qualsiasi momento se agiscono contro la volontà della base.
Le piccole società e associazioni anarchiche si possono federare tra loro e queste federazioni possono a loro volta federarsi. I tre diritti sopra citati, quindi, sono applicabili ai gruppi oltre che agli individui. Gli anarchici, infatti, utilizzano senza esitare il termine federalismo (Camillo Berneri, Proudhon); dato che non esiste un organo di controllo centrale (come lo Stato), ogni organizzazione è decentralizzata (quindi locale); ciò vale per gli organismi economici come per quelli politici. L'organizzazione anarchica, però, tende a ridurre la complessità di una società al minimo necessario.
Accordo e non solo Consenso, e Pensiero anarchico non-violento [modifica]
Una società anarchica non è una società del consenso (più o meno estorto, più o meno indotto), ma una società continuamente rigenerata dall'accordo. Quando bisogna prendere decisioni in maniera anarchica si cerca di cercare una sintesi tra le varie posizioni discordanti (che sempre ci saranno) in modo da prendere decisioni che non prevarichino nessuno; se non si riesce in alcun modo a trovare una sintesi, si può votare a maggioranza, ma chi non è d'accordo può semplicemente unirsi ad un'altra assemblea o associazione in cui si agisce secondo il suo parere; se non vuole o non può lasciare l'assemblea o l'associazione con cui è in disaccordo, gli anarchici manterebbero comunque il massimo rispetto per la minoranza. Secondo il pensiero anarchico solo la libertà può generare la libertà, solo la giustizia genera giustizia. Per ripristinare questi significati originari dell'etimo "senza principe", bisognerà modernamente distinguere Anarchia da anarchismo. Se Anarchia è il principio filosofico e il nome specifico della società voluta, anarchismo (oltre alla teoria politica) è la modalità storica in cui si è manifestato, includendo espressioni violente e di ricorso alla lotta armata. Se sono comprensibili le necessità storiche (e dunque la lotta armata risorgimentale) – oggi tuttavia non si può accettare l’uso della violenza. Un breve sillogismo renderà chiaro questo concetto: Un anarchico è una persona che non vuole padroni. Una persona che non vuole padroni non ha nessun interesse ad essere il padrone di qualcuno. Per un anarchico, essere il padrone di qualcuno è un’idea ripugnante. Quindi, l’anarchico non può avere nessun interesse a convincere qualcuno con la forza. Tanto meno mediante l’uso delle armi. Malgrado questa evidenza, spesso il potere ha attribuito agli anarchici atti di terrorismo, soprattutto attraverso la tecnica delle infiltrazioni. La dinamica è questa: si paga qualcuno perché si inserisca dentro un contesto di protesta. Questo qualcuno pagato svolgerà un’azione violenta, così da generare riprovazione della opinione pubblica verso quel movimento di protesta. Il potere paga qualcuno che si finge anarchico per svolgere un’azione terroristica che è funzionale all’inasprimento del potere. Si incastra l’anarchico, così il potere trova il capro espiatorio. Per contro, la nobilità dell’idea anarchica associata alla non-violenza è rintracciabile nell’idea di Gandhi che, di fronte al Congresso Indiano, chiaramente affermò: “Io stesso sono un anarchico, ma di altro tipo” (cfr. Yogesh Chanda, Gandhi, il rivoluzionario disarmato, cap. XXII – Milano 1998). Dicendo “di un altro tipo”, Gandhi si riferiva alla sua idea di ahimsa (non-violenza) e precisamente al ripudio dell’uso della forza e all’esclusiva consapevolezza della coscienza nell’affermare, individualmente e collettivamente, un sistema sociale fondato non sul caso ma sulle cause dell'agire, e cioè sulla responsabilità.
Cospirazioni ed attentati [modifica]
Alcuni movimenti o individui anarchici, nel corso della storia, si sono resi protagonisti di manifestazioni violente nonché di attentati.
Giovanni Passannante, il 17 novembre 1878, effettuò un attentato fallito ai danni di Umberto I di Savoia. Ferì il primo ministro Benedetto Cairoli. Condannato a morte, la pena gli fu commutata nell'ergastolo.
Ravachol, nel 1892, fece alcuni attentati a Clichy (Francia) e fu giustiziato.
Vaillant, il 9 dicembre 1893, fece un attentato alla Camera dei deputati francese e fu giustiziato.
Émile Henry, il 12 febbraio 1894, per vendicare Vaillant gettò una bomba al Cafè Terminus, alla Gare St. Lazare, causando un morto e venti feriti e fu giustiziato.
Sante Caserio, il 24 giugno 1894, uccise il presidente della Repubblica Francese, Marie-François Sadi Carnot, e fu giustiziato.
Pietro Acciarito, il 22 aprile 1897, tentò di uccidere il re Umberto I di Savoia, ad una corsa ippica sull'Appia, presso Roma, l'attentato fallì, l'attentatore fu condannato all'ergastolo.
Michele Angiolillo, l'8 agosto 1897, uccise il presidente del consiglio spagnolo Antonio Cánovas del Castillo, nella stazione termale di Sant'Aguida; fu giustiziato il 20 agosto dello stesso anno.
Luigi Lucheni, il 10 settembre 1898, uccise, a Ginevra, l'imperatrice d'Austria Elisabetta di Baviera, e fu condannato all'ergastolo.
Gaetano Bresci costituisce esempio storico su tutti: il 29 luglio 1900 a Monza attuò il regicidio di Umberto I di Savoia; egli dichiarò di aver ucciso per vendicare le centinaia di morti innocenti massacrati dal regio esercito a Milano nel 1898, condannato a morte, pena commutata nell'ergastolo, trovato morto " suicida " in circostanze assai dubbie.
Leon Czolgosz, il 6 settembre del 1901, colpì il presidente degli Stati Uniti William McKinley, che morì il 14 settembre per le ferite riportate. Czolgosz fu giustiziato.
Gino Lucetti, L'11 settembre 1926 attentò alla vita di Mussolini a Porta Pia in Roma.
Anteo Zamboni, il 31 ottobre del 1926 tentò di uccidere Mussolini a Bologna. Morì dopo un linciaggio da parte degli squadristi fascisti.
Altri anarchici, famosi o non famosi, condannarono tali atti senza mezzi termini, sia perché spesso coinvolgevano anche degli innocenti, sia perché erano considerati uno spreco di forze sottratte alla rivoluzione sociale. Il meno compreso da entrambe le fazioni fu forse Errico Malatesta. Egli sosteneva la necessità di azioni organizzate e giudicava sostanzialmente inutili gli attentati individuali; ma rifiutava la condanna di uomini guidati da una rabbia e un senso d'impotenza comprensibili arrivando a dire che forse, un giorno, sarebbero stati celebrati come già allora si celebravano come eroi personaggi della storia talvolta crudeli. E infatti molti anarchici, libertari, liberi pensatori, celebrano oggi atti come quello di Bresci.
Tematiche anarchiche [modifica]
Seguono alcune tematiche per natura anarchiche, oppure care agli anarchici per vari motivi.
Antielettoralismo [modifica]
Gli anarchici sono contrari alle elezioni. In una società anarchica le elezioni non possono esistere, perché non può esservi il concetto di rappresentatività. Gli anarchici non ammettono una delega che non sia revocabile in qualsiasi momento o che dia un mandato decisionale a chiunque. Anche i referendum si scontrano con l'anarchismo: gli anarchici non ammettono un governo della maggioranza, perché le decisioni devono essere condivise da tutti.
Ciò non toglie che alcuni anarchici, per varie riflessioni personali, a volte si rechino alle urne. Generalmente questo accade in casi ritenuti particolarmente importanti. Un esempio estremo è quello della CNT, che andò a votare nel 1936 per il Frente Popular, portandolo alla vittoria; lo fecero perché questo partito aveva promesso (e mantenne) la liberazione dei detenuti politici. Vi sono poi posizioni come quella di Camillo Berneri, che si opponeva alle elezioni nazionali ma non a quelle locali.
Antimilitarismo [modifica]
Gli anarchici sono contrari a qualsiasi forma di autorità priva di legittimità e riconoscimento, tanto più se violenta e gerarchica: pertanto non possono che odiare gli eserciti, considerati il braccio armato degli Stati. Simone Weil scrisse che il soldato è il più sfruttato fra tutti i lavoratori, perché gli si chiede di sacrificare la propria vita. Quando il servizio militare di leva era obbligatorio, gli anarchici in linea di principio erano per l'obiezione totale, che in effetti in molti praticarono, scontando le dovute pene nelle carceri militari.
Antirazzismo [modifica]
Tutti gli uomini sono e devono essere pari, per gli anarchici. Pertanto considerano pari anche le etnie. Il razzismo è una forma di discriminazione particolarmente grave, che oggi è spesso legata al nazismo e una volta era spesso legata al colonialismo, due concetti entrambi nemici dell'anarchismo.
Antisessismo [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Anarco-femminismo.
Il sessismo è per gli anarchici una gravissima forma di discriminazione. Essendo il sessismo radicato profondamente nelle nostre culture, gli anarchici non si considerano immuni ad esso, ma ne analizzano le dinamiche e tentano di annullarle nel quotidiano.
Fu anarchica la militante antisessista "ante litteram" Emma Goldman, che è tutt'oggi la più citata in questo campo. Si distinse infatti per la profondità delle sue analisi, mai ipocrite e per lo più ancora attuali, e per le lotte di cui fu pioniera: ad esempio gli anticoncezionali, la difesa della prostituzione quando non è sfruttata, o la sua indifferenza alla questione del voto alle donne (sommare un errore a un altro errore, diceva, non produce qualcosa di giusto).
Antispecismo [modifica]
Lo specismo è qualcosa di simile al razzismo; se quest'ultimo è la supposta superiorità di una razza sulle altre (generalmente la razza bianca), lo specismo è la supposta superiorità della specie umana su tutte le specie animali. Molti anarchici lo combattono rifiutando di mangiare carne (ma anche pesce e derivati) e ciò è ben noto come vegetarismo. Molti anarchici rinunciano anche a qualsiasi cibo o prodotto legato allo sfruttamento animale (pellami, latticini, uova, spettacoli circensi con animali), si dichiarano animalisti e si battono contro numerose pratiche come caccia, vivisezione e allevamenti da pelliccia.
Il vegetarismo e l'antispecismo non sono patrimonio esclusivo degli anarchici, ma sono scelte più diffuse fra essi rispetto a persone di qualsiasi altro orientamento politico, perché si basano su un desiderio di parità assoluta: non solo tra esseri umani, ma anche nei confronti degli altri esseri senzienti, senza discriminazioni fra le specie animali.
Autogestione [modifica]
Gli anarchici prendono le decisioni comuni in maniera assembleare. Nelle assemblee anarchiche si mira a raggiungere l'unanimità su ogni decisione (sebbene in alcune circostanze delicate ed urgenti anche gli anarchici abbiano talvolta votato a maggioranza). Ogni individuo ha diritto di voto, ma le dinamiche che naturalmente ed inevitabilmente si creano in un gruppo libertario portano ognuno a utilizzare questo diritto solo quando è necessario. Unanimità non significa essere tutti completamente d'accordo su qualcosa, ma trovare una sintesi tra le varie posizioni che non prevarichi nessuno. La maggioranza non ha dunque alcun potere sulle minoranze. È inoltre fondamentale l'orizzontalità del gruppo, cioè l'assenza di gerarchie.
L'assemblea racchiude in sé tutto il potere decisionale e non dipende da alcuna entità esterna. Rifiuta dipendenze anche di tipo politico o economico da sovrastrutture come il comune, la regione o lo stato; ma nemmeno una federazione anarchica ha alcun potere sulle assemblee che ne fanno parte.
Ogni individuo che compone l'assemblea libertaria non può però considerarsi incatenato ad essa. Qualora, per qualsiasi ragione, un percorso comune non sia possibile o desiderabile, l'individuo ha il diritto di uscire dal gruppo e l'assemblea ha il diritto di espellerlo. Qualora un individuo esterno voglia unirsi al gruppo, deve poterlo fare, previo consenso di tutti i membri.
L'assemblea si dà le sue regole interne; si tratta naturalmente di regole condivise, non scritte, mutabili nel tempo a seconda delle volontà degli individui coinvolti.
Internazionalismo [modifica]
Gli anarchici non riconoscono gli stati, perciò non possono riconoscere alcuna frontiera. Inoltre considerano tutti gli uomini (indipendentemente dal loro sesso, razza, lingua e cultura) non soltanto pari, ma anche fraterni. Sono per una solidarietà che non può essere delimitata da una linea geografica. Anche gli individualisti, che pensano talvolta che i rapporti umani debbano essere guidati dall'egoismo, pensano che l'individuo debba potersi muovere e rapportare liberamente e, sebbene sia separato da tutti gli altri da una linea naturale, non può fermarsi di fronte a una frontiera istituzionale.
Occupazioni [modifica]
In una società anarchica la proprietà privata non esiste. Di conseguenza, gli anarchici si oppongono allo stato di abbandono di interi stabili, nelle città e nelle campagne, dovuto al fatto che i proprietari se ne disinteressano e nessun altro ha il diritto legale di accedervi. L'occupazione di edifici in disuso mira a creare spazi sociali o abitativi partendo dal degrado creato dall'attuale organizzazione sociale. Per gli anarchici, a differenza di chi si riconosce in altre ideologie, serve in ogni caso a creare spazi autogestiti, che si collochino fuori dall'autorità statale. Essi hanno il valore di sperimentazione di società alternative, costruite dal basso, che si fondino sui valori di autogestione e solidarietà.
Talvolta, l'occupazione non è possibile per un gruppo e per questi motivi si ricorre ad accordi con l'ente a cui appartiene lo stabile; questa soluzione è però una sorta di "ultima spiaggia" e viene scelta solo dai gruppi più "moderati".
È importante ricordare la posizione dell'individualista Max Stirner. Egli, in realtà, esaltava la proprietà privata come parte del processo d'emancipazione dell'individuo da qualsiasi oppressione, sia essa di origine giuridica, religiosa o, come questo caso, derivante dai propri pari o dallo Stato che nella connotazione socialista si appropriava della proprietà degli individui, ridistribuendola in parti uguali e generando un'oppressione su colui alla quale era stata tolta.
Note [modifica]
^ La citazione, attribuita al filosofo Pierre-Joseph Proudhon, è stata presumibilmente inserita nelle edizioni successive al 1849 delle Les Confessions d'un révolutionnaire, ampliate dallo stesso autore. Consultare a riguardo: (EN) Spiegazione della citazione e del pensiero proudhoniano del prof. Keith Taylor.. URL consultato il 03-11-2009.
^ Etimologia da etimo.it. URL consultato il 26-09-2009.
^ Definizione tratta da Nicola Zingarelli, Lo Zingarelli 2009. Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, 2009.
^ Giorgio Galli, Storia delle dottrine politiche , Bruno Mondadori, 2000.
^ L'Ucraina e Nestor Machno, il «Cosacco dell'Anarchia», in Jean Préposiet, Storia dell'anarchismo, Edizioni Dedalo, 2006. .
^ Vedi George Woodcock, L'anarchia: storia delle idee e dei movimenti libertari , Feltrinelli Editore, 1966.
^ Noam Chomsky, Anarchia e libertà. Scritti e interviste , Datanews, 2003. ISBN 887981222X, ISBN 9788879812221
^ Etimologia su etimo.it
^ John P. Clark, The Philosophical Anarchism of William Godwin, Princeton University Press, 1977. ISBN 0691072175, ISBN 9780691072173
^ Rivista di storia contemporanea , , 1977. , pag. 151
Bibliografia [modifica]
Sulla storia dell'anarchia
Jean Préposiet, Storia dell'anarchismo, Edizioni Dedalo, 2006. ISBN 8822005635
George Woodcock, L'anarchia: storia delle idee e dei movimenti libertari , Feltrinelli Editore, 1966.
Peter H. Marshall, Demanding the Impossible: A History of Anarchism, HarperCollins, 1992. ISBN 0002178559
Robert Graham, Anarchism: A Documentary History of Libertarian Ideas, Black Rose Books, 2005. ISBN 1551642506
Adriana Dadà, L'anarchismo in Italia, fra movimento e partito: storia e documenti dell'anarchismo italiano, Teti, 1984. ISBN 8870391973
Sul pensiero anarchico:
Colin Ward, , Anarchia come organizzazione, 2006, Ed. Elèuthera. EAN: 9788889490204
Errico Malatesta, Bakunin e altri scritti sulla storia dell'anarchia, Datanews, 2004. ISBN 8879812432
Benedetto Croce; Giuseppe Sarno, L'anarchia: criticamente dedotta dal sistema hegeliano, Fiacolla, 1982.
Michail Bakunin, Stato e anarchia, Feltrinelli Editore, 1973. ISBN 8807806622
Voci correlate [modifica]
Anarchopedia
Simbologia anarchica
Sacco e Vanzetti
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Categoria: Anarchia
L'ANARCHIA - Storia di un movimento utopistico che terrorizzò l'Europa dall'Ottocento al Novecento
di FERRUCCIO GATTUSO
Che cos'è l'anarchia? O, per meglio dire, esiste l'anarchia? Sfuggevole, indefinito, ribelle ad ogni tentativo di uniformizzazione, il pensiero anarchico - in nome del suo dichiarato ideale supremo, la libertà - è sempre risultato come un cavallo indomabile per gli storici, gli studiosi, gli intellettuali che hanno cercato di avvicinarvisi. Come conseguenza di ciò, si può dire che non esiste un chiaro percorso scientifico di studio sull'anarchia, e la letteratura in materia si divide tra l'analisi delle diverse, innumerevoli correnti filosofiche e l'aneddotica sugli estremi atti individualistici (ma chiamiamoli con il loro vero nome, e cioè terrorismo, tanto più che molti anarchici non disdegnarono affatto questo termine) compiuti da quelli che sono stati definiti "gli angeli neri" dell'anarchia.
Definire che cosa sia l'anarchia non è compito semplice, quindi, e forse la maggiore responsabilità va imputata agli stessi anarchici. L'anarchia, infatti, non fu mai, nella sua storia, un movimento politicamente omogeneo e disciplinato (come fu, ad esempio, il rivale marxismo), bensì un "punto di incontro" tra individualità orgogliosamente differenti l'una dall'altra.Sia nel campo intellettuale che operativo il motore dello slancio anarchico fu sempre l'individualismo, l'alto senso della responsabilità personale dei propri pensieri e delle proprie azioni. Tutti gli anarchici si incontrano però su di un terreno comune. Del supremo fine si è già detto, consistendo nella libertà; sui mezzi, uno è sicuramente quello unanimemente riconosciuto, e cioè il Verbo, la parola. Per gli anarchici la propaganda ricoprirà sempre un ruolo essenziale: comizi, opuscoli, volantini e un'innumerevole serie di testate giornalistiche servirono al multiforme movimento anarchico per annunciare al mondo il proprio Sogno: l'avvento di una condizione di vita completamente libera da ogni vincolo e costrizione governativa, dove gli individui condividono i propri beni in armonia e lontani da ogni ricchezza. Questa sorta di paradiso (ma l'espressione è sicuramente errata dal punto di vista anarchico, poiché secondo quest'ultimo qualsiasi concetto di trascendenza è da rigettare, anche lo stesso concetto di Utopia) è nelle possibilità dell'uomo e può essere raggiunto unicamente con il rovesciamento immediato e totale di qualsiasi potere e istituzione.
Rovesciamento che può avvenire in molti modi, tra cui la violenza, il cui significato "catartico" affascinò spesso gli anarchici, anche coloro che non si sognarono mai di ricorrervi. Anarchia - recita la Piccola Enciclopedia dell'anarchia di Boussinot - è "negazione, rifiuto dell'ordine artificiale basato sul principio di autorità, principio di violenza, che viene imposto nella comunità umana […], negazione della legittimità di questa violenza, della legittimità delle varie istituzioni da essa instaurate, in primo luogo quella dello Stato." Ovviamente, nonostante qualche superficiale affinità, le differenze con il comunismo e il marxismo in generale sono evidenti. Gli anarchici non accetteranno mai il concetto di dittatura del proletariato (anzi, nemmeno quello del proletariato come "avanguardia" della rivoluzione), trovando assurdo e improbabile che una classe, una volta raggiunto il potere, per di più assoluto, scelga di privarsene per favorire l'avvento del comunismo totale.
Per molto tempo il termine "anarchico" assunse nell'immaginario collettivo un significato meramente negativo, dai contorni essenzialmente nichilisti. Anarchia e disordine, cospirazione, immoralità formarono un tutt'uno, almeno fino a quando il mondo intellettuale (il primo fu il francese Pierre Joseph Proudhon) non cominciò ad accostarvisi e a concedere all'idea dignità teorica. A ben vedere, anche dopo questa evoluzione, lo stereotipo dell'anarchia e dell'anarchico rimase legato all'immagine del terrorista isolato che pugnalava il potente di turno o spargeva il sangue della gente innocente ricorrendo alle bombe. Altri movimenti hanno eccelso nella pratica terroristica e cospiratoria più degli anarchici - basti pensare ai socialisti-rivoluzionari russi - ma questo non ha impedito che la palma del terrore non rimanesse agli "angeli neri". I termini "anarchia" e "anarchico" furono usati per la prima volta negli anni della Rivoluzione Francese. Con essi si voleva marchiare, da destra e da sinistra, l'avversario politico. E' così che il girondino Brissot, nel lontano 1793, definiva la corrente degli Enragés (Arrabbiati).
Sotto la Convenzione, gli Arrabbiati non erano classificabili sotto alcuna tendenza (giacobini, hebertisti, babuvisti, ecc...), contestavano ogni autorità, volendo opporre al potere della Convenzione uno di diretta emanazione popolare. Inoltre, si scagliavano contro il nuovo potere incarnato nella borghesia, definendola "aristocrazia commerciale più perniciosa di quella nobiliare e clericale". L'anarchia degli Enragés - affermava Brissot - consisteva in "leggi non tradotte in effetto, autorità prive di forza e disprezzate, il delitto impunito, la proprietà minacciata, la sicurezza dell'individuo violata, la moralità del popolo corrotta, nessuna costituzione, nessun governo, nessuna giustizia: queste le caratteristiche dell'anarchia". Pochi anni dopo il Direttorio dichiarava che "per anarchici si intende quegli uomini carichi di delitti, macchiati di sangue, impinguati dalle ruberie, nemici di tutte le leggi […]che predicano la libertà ed esercitano il dispotismo, parlano di fraternità e massacrano i loro fratelli." Definizioni e opinioni, queste, che non cessarono mai di esistere e riaffiorarono soprattutto negli ultimi decenni del XIX secolo, quando la furia degli attentati anarchici (o presunti tali) raggiunse il suo apogeo.
Dagli anni della Rivoluzione Francese bisognerà aspettare quasi la metà del secolo successivo per assistere ad una rivalutazione (anzi, ad una valutazione positiva) dei termini "anarchia" e "anarchico". Come detto, è Proudhon a compiere questo passo, nella sua opera dal titolo "Che cos'è la proprietà?". "La proprietà è un furto", "Il grado più elevato dell'ordine nella società viene espresso dal grado più alto di libertà individuale, ossia dall'anarchia": sono queste le frasi più celebri espresse da Proudhon (che a buon diritto viene definito l'autentico fondatore del pensiero anarchico moderno) nella sua opera rivoluzionaria. E' il 1840. Prima e dopo P.J. Proudhon, altre figure incarnarono il sentimento anarchico e furono considerati "padri putativi" dell'anarchia dagli stessi accoliti, benché mai (o non sempre) avessero espresso alcuna adesione, più o meno formale.
Nel Pantheon (anche questo termine è forzato, considerata l'allergia anarchica per Miti, Eroi, Bandiere) dell'anarchia troviamo così uomini molto differenti tra loro, per provenienza culturale, estrazione sociale e slancio politico: parliamo di personaggi come Lev Tolstoj, William Godwin, Piotr A. Kropotkin, Max Stirner. Non è questa la sede per analizzare il pensiero politico-filosofico di ognuno di loro, ma si può altresì dire che ogni loro riflessione è contenuta all'interno dei due estremi della weltanschaung dell'anarchia: il comunismo anarchico (o collettivismo) e l'individualismo.
Il primo sostiene l'importanza dell'equilibrio tra gli individui all'interno di un corpo sociale, oltre alla finalità principale dell'uomo che è l'associazione. Da questa tendenza deriva l'anarco-sindacalismo, e in genere quella corrente anarchica più disposta a calarsi in piccoli compromessi riformistici con la società.
Il secondo, e cioè l'individualismo, costituisce uno degli aspetti più "romantici" dell'anarchismo. Da esso deriva uno dei motivi di grande incomprensione con il marxismo e il comunismo, nonché anche l'avvicinamento all'anarchia di una certa destra nietzschiana affascinata dal mito del Superuomo. Volendo sintetizzare (e oggettivamente forzare la storia del pensiero anarchico) si possono pensare come estremi, rispettivamente della visione sociale e individuale, Proudhon e Stirner.
Proudhon considera l'individuo e la sua libertà come il fine supremo dell'anarchismo, ma allo stesso tempo non concepisce una degna esistenza per questo se non all'interno di una società. L'anarchia per il pensatore francese non è caos ma ordine, un ordine precedente all'organizzazione di poteri che l'uomo ha storicamente costruito. L'anarchia è una condizione armonica che l'uomo ha la piena potenzialità di costruire, mirando all'annullamento dello Stato e all'instaurazione di una società federalista e basata sul mutualismo (i suoi seguaci proudhoniani si chiameranno infatti mutualisti).
In Proudhon anarchia è tutt'altro che nichilismo: "Destruam et aedificabo" (distruggerò ed edificherò) era il suo motto, una visione comunque teleologica. Proudhon fu in vita un grande avversario di Karl Marx e della sua visione - a detta del francese - "autoritaria", e non deve quindi stupire il boicottaggio che il pensiero proudhoniano ha avuto ad opera dei marxisti. Stirner rappresenta invece il trionfo estremistico dell'individualismo. Esaltatore dell'Io, auspice di un'Unione degli Egoisti, Stirner viene ricordato soprattutto per l'opera "L'unico e la sua proprietà", che scandalizzò gli uomini del suo tempo. Il suo è un individualismo assoluto, l'io che si oppone alla società.
"Nessun giudice può decidere se ho ragione o no, se non io stesso. Non ho regole, né leggi, né modelli. Dio, la coscienza, i doveri, le leggi sono delle stupidaggini di cui ci sono stati imbottiti cervello e cuore. Quello che è necessario al tuo Io, conquistalo, se ne hai la forza. Metti la mano su quanto ha bisogno. Prendilo!": sono alcune delle affermazioni-esortazioni di STIRNER.
L'Egoista di Stirner e il Superuomo di Nietzsche vengono quindi a toccarsi (e infatti Nietzsche considerò sempre Stirner uno degli "spiriti più fecondi del diciannovesimo secolo".). Il pensiero anarchico si è sempre dibattuto tra i suoi due estremi, cercando un equilibrio tra la necessità della solidarietà umana e le libertà individuali. Bakunin, l'Internazionalismo Anarchico, lo scontro con Marx Se Proudhon è il "primo anarchico", Michail Aleksandrovic Bakunin è senza dubbio il più grande e illustre. Uomo di pensiero, ma anche di azione, fu per generazioni di anarchici l'indiscusso punto di riferimento (la sua influenza fu fondamentale in Italia presso uomini che a loro volta divennero bandiere dell'anarchia, come Errico Malatesta, Carlo Cafiero, Andrea Costa).
Oggi si tende a vedere la figura di Bakunin fuori da ogni esaltazione (cfr. "Gli angeli neri - Storia degli anarchici italiani" di Manlio Cancogni): l'uomo fu spesso contraddittorio e confusionario, e spesso sfruttò a proprio vantaggio la propria popolarità presso stuoli di anarchici. Questo non impedisce di vedere in lui un uomo di grande slancio ideale, seminatore postumo delle idee anarchiche. La sua leggendaria lotta con Marx per la supremazia del socialismo è a posteriori un monito non ascoltato del fallimento che il marxismo e il comunismo avrebbero portato con sé. "Io non sono comunista - affermava Bakunin - perché il comunismo concentra e fa assorbire tutta la potenza della società nello Stato, perché porta necessariamente alla centralizzazione della proprietà nelle mani dello Stato, mentre io voglio l'abolizione di questo Stato che, col pretesto di moralizzare e civilizzare gli uomini, li ha fino ad oggi asserviti, oppressi, sfruttati e depravati."
Figlio di un aristocratico russo, BAKUNIN si avvicina alle idee di PROUDHON a trent'anni, in occasione di un soggiorno parigino. Nella capitale francese fonda "Le Peuple", viene espulso, arrestato diverse volte in Austria, Germania, viene condannato a morte ed estradato nella Russia zarista dove subisce una condanna a dieci anni in Siberia (1857), evade 4 anni dopo e vaga per l'Europa (in Italia resterà dal 1864 al 1867). In questi anni fonda alcune associazioni rivoluzionarie e nel 1868, con l'Alleanza Internazionale della Democrazia socialista aderisce alla Prima Internazionale. Cominceranno così gli scontri con Marx per assicurarsi la supremazia nel mondo socialista. Finché rimarrà in vita la posizione di Bakunin rimarrà predominante, ma col tempo (e con metodi autoritari) i marxisti riusciranno a estendere la propria egemonia, fino all'espulsione degli anarchici.
Il fatto avvenne nel 1872 al congresso dell'AIL (Associazione Internazionale dei Lavoratori, o Prima Internazionale) all'Aia in cui i marxisti truccano la propria rappresentanza per ottenere la maggioranza nel consesso. "I marxisti - scrive Boussinot - fabbricano una rappresentanza congressuale che lascia loro 42 voti di maggioranza (Per la prima volta, e sotto la responsabilità personale di Marx, si assiste, da parte dei rivoluzionari, a tale manipolazione di un'assemblea teoricamente sovrana e rappresentativa delle masse. Quando si cercano, oggigiorno, le origini dello stalinismo, sarebbe bene esaminare quanto accadde durante quel congresso, già nel 1872!)" Da quel momento gli anarchici cercheranno dapprima di creare una propria "Internazionale Nera" (decennio 1880-1890), poi cercarono di entrare nella Seconda Internazionale Socialista (1889-1896), fallendo, infine ritentarono la strada esclusivamente anarchica (Congresso di Amsterdam del 1907) che terminò con lo scoppio della
Prima Guerra Mondiale, pietra tombale dell'anarchia...
... intesa come grande fenomeno internazionale. Dal Verbo alla Violenza: il decennio 1890-1900. Alla fine del XIX secolo, se il movimento anarchico perdeva visibilità nel mondo socialista e all'interno del mondo operaio a vantaggio dei marxisti, un eccezionale florilegio di attentati di stampo anarchico contribuì ad affossarne le prospettive di propaganda all'interno della società europea. L'anarchia tornava ad essere una sorta di perversione intellettuale, il simbolo dell'assassinio e della cospirazione, il culto del disordine.
Assassinii celebri, con finalità politiche e non, tutto contribuì a far fiorire l'immagine del terrorismo anarchico: nel 1884 Louis Chavés, giovane giardiniere anarchico licenziato da un convento marsigliese, uccise la madre superiora, nel 1892 a Parigi vennero assassinati un proprietario di caffè e quattro poliziotti, nel 1893 venti spettatori in un teatro spagnolo, e prima del nuovo secolo persero la vita in attentati il presidente francese Carnot, il primo ministro spagnolo Canovas, l'imperatrice d'Austria-Ungheria Elisabetta e Umberto I, re d'Italia. Il XX secolo si aprì infine con l'uccisione del presidente degli Stati Uniti McKinley (1901). L'anarchia in Francia Alcune delle figure più rappresentative nella Francia del XIX secolo furono Anselme Bellegarrigue, Ernest Coeurderoy e Joseph Déjacque. Il primo si mantenne sempre lontano dalla pratica rivoluzionaria, a differenza degli altri due. ""Nego tutto, affermo solo me stesso. Io sono, questo è un fatto positivo. Tutto il resto è astratto e fa parte dell'X matematico, dell'ignoto. Non vi può essere sulla terra nessun interesse superiore al mio, nessun interesse al quale io debba il sacrificio neppure parziale degli interessi miei.": in queste parole di Bellegarrigue risuona più di un'eco stirneriana. Ciò nonostante, egli fu un sostenitore acceso del collettivismo e della Comune.
Corderoy e Dèjacue parteciparono materialmente alla rivoluzione e all'insurrezione operaia del 1848, e a quella del 1849 contro la nomina di Luigi Napoleone a presidente. Entrambi fuggirono dopo la sconfitta, uno vagando tra Spagna, Belgio, Italia e Svizzera, l'altro tra Svizzera e Stati Uniti. L'opera di questi uomini è però ancora legata ai moti rivoluzionari più che agli atti terroristici isolati. Dèjacque, comunque, fu un convinto propugnatore del ricorso alla violenza: abolire religione, proprietà, famiglia e stato attraverso l'opera di groppuscoli anarchici, questo il suo programma. Con il 1881 e l'Internazionale Nera l'anarchia dimostrò di essere un movimento indipendente e relativamente potente.
Tra il 1880 e il 1890 in Francia esistevano più di 50 gruppi anarchici (tremila attivisti e un numero di simpatizzanti ragionevolmente superiore), i due giornali anarchici principali - Le Révolté e Le Père - vendevano insieme settimanalmente più di diecimila copie. A fungere da miccia per questa situazione esplosiva ci fu la figura del durissimo prefetto di polizia parigino Louis Andrieux e del suo agente segreto Egide Spilleux, alias Serraux. Quest'ultimo si infiltrò nei circoli anarchici parigini, fornendo importanti informazioni alla polizia. Il primo tentativo di assassinio ad opera di un anarchico avvenne nel 1881. Emile Florain, giovane operaio tessile disoccupato, si recò da Reims a Parigi a piedi per sparare al repubblicano Gambetta. Non riuscendo nell'intento, il giovane decise di sparare ad un borghese a caso, e lo fece. Un certo dottor Meymar, la vittima predestinata, rimase solo ferito.
L'impresa di Florain - seppur infruttuosa - costituì un modello per gli assassini anarchici che gli succedettero. La cospirazione francese si basò sempre su atti individuali, a differenza di quella russa, basata tradizionalmente su gruppi terroristici organizzati. Il primo assassinio avvenne nel 1884, ad opera del già citato Chaves, il giardiniere che uccise la madre superiora del convento dal quale venne licenziato. "Si comincia da uno per arrivare a cento - disse - mi piacerebbe la gloria di essere il primo a cominciare. Non cambieremo le condizioni esistenti con le parole o con la carta. L'ultimo che posso dare ai veri anarchici, agli anarchici attivi, è di armarsi, seguendo il mio esempio, con un buon revolver, un buon pugnale, una scatola di fiammiferi." In quegli stessi anni, nella regione mineraria di Monceau-les-Mines un'organizzazione denominata la Banda Nera cominciò la propria attività, con atti anticlericali, come saccheggiare chiese e danneggiare crocifissi.
Per entrare nella Banda Nera si doveva superare una sorta di iniziazione. Intanto nel 1883 si svolgeva il famoso processo di Lione, nel quale venivano giudicati una settantina di celebri anarchici tra cui Petr Kropotkin e Emile Gautier. Durante il processo scoppiò una bomba nel ristorante del Teatro Bellecour, fatto che contribuì ad esasperare l'atmosfera. Tutti gli anarchici vennero condannati, Kropotkin e Gautier a cinque anni. In questi stessi anni l'anarchismo divenne popolare (e, come al solito, secondo il tradizionale conformismo intellettuale, di moda). Uomini di cultura e artisti si schierarono per l'anarchia e parteggiarono per gli anarchici in occasione dei processi che li vedevano imputati. Il primo gruppo di studenti anarchici si formò a Parigi nel 1890, a Londra e New York l'anarchismo fiorì tra il 1940 e il 1950.
"Ciò che attraeva artisti e intellettuali- scrive George Woodcock in "L'anarchia, storia delle idee e dei movimenti libertari - era il culo anarchico per l'indipendenza di giudizio, la libertà d'azione e l'esperienza per amore dell'esperienza." Tutto ciò - potremmo affermare con sarcasmo - che spesso non caratterizza la casta cosiddetta intellettuale. Tra il marzo 1892 e il giugno 1894 si ebbe in Francia una fase alquanto cruenta di attentati dinamitardi (ben undici). Era come se, dopo le delusioni e i fallimenti nel costruire un Internazionale anarchica o perlomeno un legame internazionale tra i socialisti europei (occasioni durante le quali si era discusso incessantemente dell'utilità del ricorso alla violenza), alcuni anarchici avessero deciso di passare ai fatti. La violenza - questa la loro convinzione - avrebbe causato la scintilla della rivoluzione. Tutti gli attentati terroristici di questo periodo, tra l'altro, sono legati tra loro, conseguenza uno dell'altro.
Tutto cominciò il 1 maggio 1891 quando alcuni anarchici inscenarono una manifestazione nel sobborgo di Levallois. La polizia intrevenne disperdendoli e catturando gli organizzatori, dopo un breve scontro a fuoco. Al processo che ne conseguì il pubblico ministero Benoit invocò nientemeno che la pena di morte, ma ottenne solo pene detentive severe. Della vicenda fu colpito uno sconosciuto tintore, tale Koenigstein che si faceva chiamare Ravachol. Povero, dedito a vita criminosa (piccoli furti, contrabbando, falsario), frequentava circoli anarchici. Nel 1891 il ladro Ravachol profanò la tomba della Contessa della Rochetaillé, poco dopo arrivò ad uccidere un mendicante novantenne, tale Jacques Brunel, noto per avere svolto la sua attività di questuante per oltre cinquant'anni. Ravachol lo uccise per impossessarsi dell'immensa ricchezza che segretamente il vecchio aveva accumulato. Processato per il delitto Ravachol sfrontatamente dichiarò: "Se ho ucciso, l'ho fatto prima di tutti per soddisfare le mie necessità personali, e in secondo luogo per la causa anarchica, poiché noi lavoriamo per la felicità del popolo." L'attività di Ravachol continuò una volta riacquistata la libertà. L'anarchico decise che avrebbe fatto la caccia ai responsabili del famoso intervento poliziesco nella manifestazione di Levallois.
L'11 marzo 1881 mise dinamite nella casa del Presidente Benoit, il 27 marzo fece lo stesso con la casa del pubblico ministero Bulot, due giorni dopo veniva arrestato in un ristorante grazie ad un cameriere che lo aveva riconosciuto. Il 26 aprile veniva condannato ai lavori forzati a vita, poco dopo veniva condannato a morte per un assassinio precedente. Alla sentenza Ravachol urlò solo "Vive l'Anarchie!" e affrontò la ghigliottina cantando versi contro la Chiesa. Nel novembre 1893 un altro anarchico, tale Léauthier aggredì un ministro serbo con un arnese da calzolaio ferendolo gravemente.
Un mese dopo AUGUSTE VAILLANT lanciò una bomba dalla galleria della Camera dei Deputati, colpendo al cuore la classe politica governativa francese. Un gesto simbolico che attirò l'attenzione del mondo: il pericolo dell'anarchia poteva arrivare ovunque. Vaillant, sebbene non avesse ucciso nessuno, fu condannato a morte. Come rappresaglia, una settimana dopo la condanna, una bomba venne gettata nel Café Terminus alla Gare St. Lazare, causando un solo morto e venti feriti. Il responsabile era un giovane, tale Emile Henry, autore anche dell'esplosione nella stazione di polizia di rue des Bons-Enfants. La figura di Henry - fanatica e affascinante al tempo stesso - attirò l'attenzione dell'opinione pubblica francese. Durante il processo Heny espresse il rammarico di non aver causato un numero di vittime maggiore. Dopo l'arresto di Henry un altro anarchico, il belga Pauwels causò tr esplosioni, morendo nella terza.
Il 24 giugno l'anarchico italiano SANTE CASERIO giungeva a Lione per assassinare il presidente Carnot; mescolato tra la folla avvicinò il presidente e lo pugnalò al fegato gridando il solito gelido motto: "Vive la Révolution! Vive l'Anarchie!". Carnot morì. Da quel momento il governo francese decise di dichiarare guerra aperta al movimento anarchico (che tra l'altro da questi atti criminosi non aveva ricavato alcun profitto d'immagine, nemmeno tra coloro per cui dichiarava di battersi), promulgando quelle che passeranno alla storia come les lois scellerates (le leggi scellerate). In base ad esse, anche la sola istigazione a compiere atti criminali veniva considerata un delitto passabile di condanne pesantissime. Inoltre, con estrema facilità si poteva arrivare a definire un gruppo attivista come "associazione a delinquere". Infine, la propaganda anarchica veniva dichiarata illegale. Come conseguenza, l'anarchia in Francia riprese a percorrere il sentiero della teoria e dell'associazionismo a fini politici. Cominciò a svilupparsi la dottrina anarcosindacalista e gli anarchici cercarono di influenzare la politica sindacale francese.
Tra il 1902 e il 1908 gli anarchici sembravano aver egemonizzato la scena sindacale. Gli anarchici volevano che il sindacato generale (C.G.T.) seguisse una via rivoluzionaria, mentre buona parte dei suoi rappresentanti rimaneva su posizioni riformiste. Ciò nonostante il primo decennio del XX secolo fu caratterizzato da violenti scioperi e sabotaggi. Nel 1906 l'anarcosindacalismo sembrò all'apice con la redazione della Charte d'Amiens, che dichiarava la completa autonomia del sindacato e proclamava il suo distacco sia dalla destra come dalla sinistra.
Una serie di scioperi falliti nel 1908 segnò la curva discendente dell'anarcosindacalismo.
Nel 1914 la Grande Guerra sconvolse tutto. L'antimilitarismo, in un epoca di accesi nazionalismi, isolò gli anarchici ( e li divise anche: molti videro nell'intervento un 'occasione per combattere contro la peggiore delle autocrazie, la Germania guglielmina). Il pensiero anarchico trovò in Italia un terreno fertile, soprattutto per i fermenti rivoluzionari che ancora non erano sopiti dopo il Risorgimento. Ex-garibaldini ed ex-mazziniani costituirono la base su cui il movimento anarchico - anche grazie all'influenza di BAKUNIN, che soggiornò per diversi anni in Italia - costruì le proprie fondamenta.
Alcuni anarchici italiani - alludiamo a MALATESTA, CAFIERO, COSTA - divennero tra i più infaticabili propagandisti dell'anarchia, non solo in Italia ma anche all'estero. Figure come quelle di Malatesta assursero a veri e propri miti internazionali. Il primo anarchico può essere considerato CARLO PISACANE, eroe risorgimentale che nel 1857 partì da Genova sul vapore "Cagliari" per sbarcare in Calabria. Fiducioso in un supporto di presunti insorti del luogo, che mai avvenne, Pisacane incontrava la morte ad opera delle forze borboniche. Uomo di idee oltre che di lotta, Pisacane ci ha lasciato scritti che chiariscono la sua posizione libertaria e anarchica (influenze del Proudhon). La permanenza in Italia di Bakunin, dopo l'evasione dalle prigioni zariste siberiane, fu la pietra angolare su cui si costruì il movimento anarchico italiano.
In Italia l' "Orso russo", uomo di grande carisma e con l'ossessione della cospirazione e delle società segrete (in Italia trovò un terreno già fertilizzato dalle esperienze carbonare), fondò la Fratellanza Internazionale. Venne creato un Comitato Centrale Italiano e nacquero numerose sezioni regionali (che rimasero però spesso solo sulla carta). Quando Bakunin lasciò l'Italia per Ginevra l'associazione cominciò a vacillare (1867), ma due anni dopo si riprese, grazie a uomini del Mezzogiorno (dove le questioni sociali erano più drammatiche) come Stefano Caporosso e Michelangelo Statuti. Nel 1871 fiorì un nuovo gruppo di anarchici, riconoscenti verso Bakunin ma non direttamente legati alla sua esperienza: erano Errico Malatesta, Carlo Cafiero, Carmelo Palladino. Giovanissimi, entusiasti, figli di ricchi proprietari dell'Italia meridionale. Non bisogna dimenticare che l'anarchia sedusse esponenti delle classi abbienti così come di quelle povere, ma chissà perché le condanne più dure colpirono chi apparteneva a quest'ultime.
La situazione rivoluzionaria in Italia aveva bisogno di una scossa - GARIBALDI invecchiava in solitudine, Bakunin era lontano, MAZZINI si cristallizzava su posizioni sempre più conservatrici e diffidava del socialismo (soprattutto di Marx) - e i "nuovi anarchici" volevano intervenire.
Il Congresso di Bologna del marzo 1872 e di Rimini del maggio successivo furono gli eventi principali di quegli anni. In essi si consacrò - almeno in Italia - il predominio dell'anarchismo sul rivale marxismo. In occasione del congresso di Rimini si mise in evidenza il giovane ANDREA COSTA, che sarebbe diventato una delle figure più eminenti del movimento. La Romagna divenne il cuore dell'anarchia in Italia, e grazie soprattutto all'attivismo fuori del comune di Costa. Dopo il Congresso dell'Aia (quello del "golpe" marxista verso gli anarchici) gli anarchici italiani si schierarono decisamente su posizioni bakuniniane e antimarxiste. Intanto il governo italiano aveva cominciato a preoccuparsi per il continuo aumento di circoli anarchici nel paese, tanto più che al loro interno si stava per decidere di passare all'azione.
La lotta rivoluzionaria cominciò dopo il duro inverno del 1873-74. Nell'estate dello stesso anno gli anarchici romagnoli organizzarono una cospirazione che avrebbe dovuto portare ad impadronirsi di Bologna. Da qui - nella speranza dei rivoltosi - tutta l'Italia centrale avrebbe dovuto alzarsi in rivolta. La polizia, grazie ad alcuni informatori, venne a conoscenza del piano. Un migliaio di bolognesi avrebbero dovuto raccogliersi in due punti fuori città per poi marciare al suo interno, dove Bakunin le avrebbe attese. Si sarebbe attaccato l'arsenale militare della città per distribuire le armi ad altri sostenitori venuti da tutta la Romagna. Il piano fallì: i sostenitori non furono più di duecento, e vennero fermati dai carabinieri. I bolognesi quindi si dispersero e anche nelle altre città la polizia soffocò ogni tentativo di rivolta. Malatesta, il leader carismatico dell'impresa venne arrestato a Pesaro mentre cercava di fuggire verso la Svizzera. Tutta la dirigenza anarchica cadde nella tela e il Movimento subì un arresto letale.
Nel giugno 1876, però, tutti gli insorti furono rimessi in libertà, guadagnando in prestigio presso l'opinione pubblica e la stampa. L'Internazionale anarchica ricominciava quindi a muovere i suoi passi. Cafiero e Malatesta cercarono di riattivare la rete cospiratoria e rivoluzionaria, convinti che il Mezzogiorno li avrebbe entusiasticamente seguiti. Eppure, proprio i contadini, coloro che avrebbe dovuto costituire lo zoccolo duro della rivolta, tradirono le aspettative dei leader anarchici. "Diversamente dai lavoratori dei campi della Spagna meridionale - scrive Woodcock - quelli dell'Italia meridionale si rivelarono refrattari al messianismo libertario, e in Italia l'anarchismo doveva rimanere un movimento limitato quasi esclusivamente alle città minori." Il fallimento dell'impresa nel Matese ne fu l'esempio lampante. Il Matese è una regione tra Campania e Molise, dove nel recente passato il brigantaggio aveva spadroneggiato, creando seri problemi al Regno da poco nato. Una zona, ritenevano gli anarchici, adatta alla guerriglia. Da qui - nel cuore del Mezzogiorno - Cafiero, Malatesta e Ceccarelli ritennero di far scoccare la scintilla della rivoluzione. Nella primavera del 1877, essi ritennero che fosse venuto il momento giusto: non pensavano ad un'insurrezione generale, bensì ad un'azione di vera e proria guerriglia.
Lo scopo era quello di occupare, con pochi uomini, una zona simbolicamente importante perché inespugnabile, e da lì incitare all'azione chi agognava alla libertà. Oggi si può dire che l'ingenuità del piano era pari solo all'entusiasmo dei suoi organizzatori. L'operazione sarebbe dovuta scoccare a marzo, ma la neve ancora presente nel Matese fece rallentare i piani degli anarchici (e permise al ministero degli Interni, debitamente informato, di studiare delle contromosse). Il luogo dell'incontro dei cospiratori doveva essere San Lupo, un piccolo paesello. Invece che cento - come preventivato - se ne presentarono solo ventisei. Si decise di continuare comunque e il piccolo gruppo di uomini cominciò a marciare, naturalmente ognuno con la sua bella sciarpa rossa in evidenza. Le guide non si presentarono, i viveri non giunsero a destinazione.
La leggenda dice che i rivoluzionari avessero deciso di passare agli espropri, ma quando - alla prima pecora sequestrata - il piccolo pastore, tale Purchia, cominciò a piangere, la restituirono. Dopo tre giorni di marcia, la banda giunse a Letino, occupò il Municipio, proclamarono la decadenza della monarchia (solo dopo aver staccato dal muro, ovviamente, il ritratto del re Vittorio Emanuele), fecero un falò con le carte comunali e catastali. A quel punto intervenne la polizia e inseguì la banda, che cercò di fuggire. Dopo tre giorni, smarritisi nella foresta, gli anarchici si arresero al capitano Ugo De Notter. Come reazione al fallimento della "rivoluzione sociale", cominciarono gli atti terroristici individuali.
Il 17 novembre 1878 il cuoco napoletano GIOVANNI PASSANANTE si scagliava sul nuovo re Umberto che attraversava le vie di Napoli in carrozza. L'uomo non riuscì nel suo intento criminale, ma il gesto colpì molto negativamente l'opinione pubblica che lo mise in relazione con le continue esortazioni che dagli opuscoli anarchici invitavano ad eliminare tutti i re, gli uomini di potere e i preti. Il giorno dopo l'impresa di Passanante una bomba esplose in occasione di un corteo monarchico a Firenze; due giorni dopo un'altra bomba esplose a Pisa. Le forze dell'ordine non dovettero farsi pregare per iniziare la repressione del movimento anarchico.
Quasi tutti i personaggi principali del movimento furono esiliati o imprigionati, e l'Internazionale rischiò di essere dichiarata fuorilegge. Essa rischiò forse di peggio, e cioè l'estinzione. Cafiero e Malatesta, esiliati, non potevano più reggere le sorti del movimento anarchico italiano. Addirittura Andrea Costa stava maturando il suo abbandono dell'anarchismo rivoluzionario e l'entrata in Parlamento, fatto che costituì scandalo tra gli anarchici più accesi. Molto più che un pezzo di anarchia italiana morì quando Andrea Costa, "el biundén" che aveva acceso i cuori degli uomini (e di tante donne, soprattutto) per lo slancio rivoluzionario, giurò fedeltà al Re e divenne parlamentare. CARMELO PALLADINO, uno dei primi italiani a rispondere all'appello di Bakunin, sul "Grido del Popolo" disse: "Ho sempre amato e stimato Costa più che un fratello ma ora che egli abbandona la causa della rivoluzione non esito un istante a ritenerlo il maggior nemico dei lavoratori". Intanto Costa, con l'inseparabile amante ANNA KULISCIOFF (responsabile, si dice, della sua conversione al riformismo), fondavano l'"Avanti!". (vedi biografia di ANNA KULISCIOFF )
Il terrorismo anarchico per mano italiana continuò fuori dei confini: il presidente francese Sadi Carnot venne ucciso nel 1894 dall'anarchico Caserio, nel 1897 in Spagna l'anarchico pugliese Michele Angiolillo sparò al primo ministro Antonio Canovas. La polizia spagnola cercò di fargli pronunciare i nomi di presunti complici, ma Angiolillo disse solo di "non essere un assassino ma un giustiziere" e andò incontro con un coraggio fuori del comune alla tortura della garrota, uno strangolamento graduale degno della Santa Inquisizione (che evidentemente da queste parti non avevano dimenticato). Un anno dopo LUIGI LUCCHENI pugnalò a tradimento a Ginevra ELISABETTA d'Austria, "Sissi", amatissima moglie di Francesco Giuseppe. Cercando la morte, Luccheni chiese di essere giudicato in un Cantone dove vigesse la pena di morte e non ottenendolo, si impiccò nella cella dove era stato condannato all'ergastolo.
Nel 1900 Umberto di Savoia venne ucciso a Monza con tre colpi di rivoltella, dopo aver scampato due attentati, da GAETANO BRESCI. Bresci era un giovane toscano, di Prato, e risiedeva a Paterson, negli Stati Uniti, vicino a New York, cittadina tradizionalmente ricca di anarchici. La stampa cercò di dipingerlo come un folle ("Un microcefalo, una testa non sviluppata"), ma egli era invece un uomo brillante, sposato con figli, lavoratore e con una vita sociale equilibrata. Bresci sarebbe morto un anno dopo, in cella, suicida o, molto più probabilmente, assassinato. Il movimento anarchico, frattanto, passava attraverso alterne vicende che comunque non mutarono il fatto che per esso era cominciata la curva discendente.
La figura di maggior spicco, Malatesta, non tornò permanentemente in Italia fino al 1913. In occasione del 1 maggio 1890 si realizzarono tumulti provocati da repubblicani e anarchici, e le istanze anarchiche sembrarono ottenere il perduto prestigio. Era però un fuoco di paglia: gli anarchici persero sempre più posizioni nei confronti non solo del socialismo parlamentare e in genere riformista, ma anche nei confronti della corrente meno rivoluzionaria dell'anarchismo, e cioè l'anarcosindacalismo. Lo stesso ritorno in Italia di Malatesta era motivato dal tentativo di recuperare il significato originario dell'anarchia rivoluzionaria, e arginare l'influenza dell'ormai "rinnegato" Costa. Dopo la guerra mondiale - che affossò l'anarchismo per tutta l'Europa - sembrò che il sogno rivoluzionario anarchico dovesse risorgere, anche sull'esempio della Rivoluzione russa. Il primo quotidiano anarchico nacque nel 1920 sotto l'egida di Malatesta.
Un'altra ondata di scioperi travolse il Paese, che rischiò il tracollo (e le continue tensioni sociali furono uno dei motivi che aiutò il fascismo a raggiungere il potere), ma le ennesime delusioni scatenarono nuove imprese terroristiche. Il 23 marzo del 1921 un gruppo anarchico mise bombe in un teatro, in una centrale elettrica e in un albergo. Fu uno degli ultimi atti che permise ai fascisti di scatenarsi contro la sinistra in generale. Nella nuova Italia in camicia nera l'anarchia finì nei sotterranei. La figura di Malatesta, vecchio ottantenne che visse "tollerato" da Mussolini (forse in nome del proprio passato rivoluzionario) fino alla morte nel 1932, è il triste simbolo di come il cuore dell'anarchia avesse cessato di battere nella terra che aveva esaltato Bakunin.
Sebbene la Spagna - tradizionalmente conservatrice e geograficamente "esclusa" dal cuore dell'Europa - si fosse aperta alle influenze anarchiche più tardi rispetto ai paesi vicini, l'ideale dell'anarchia vi trovò terreno assai fertile. Quando era già un fantasma in Francia e Italia, l'anarchismo in Spagna era vivo e vegeto, popolarissimo soprattutto (e come avevano sperato invano gli anarchici italiani e francesi per le loro società) tra le classi contadine e operaie. L'anarchia - forse anche per la forte tradizione spirituale spagnola - assunse in questo paese un significato altamente utopico, millenaristico, in una parola religioso. I braccianti di Madrid, gli operai di Barcellona, ad ogni rivolta, ad ogni chiesa bruciata, veramente pensavano che fosse imminente l'avvento della società perfetta, dove ognuno sarebbe stato uguale al suo prossimo nella totale condivisione dei beni. L'esperimento della collettivizzazione ebbe infatti un discreto successo in Spagna, sicuramente più che altrove in Europa.
La prima figura dell'anarchia spagnola è sicuramente Piy MARGALL, un funzionario di banca madrileno, catalano discepolo spirituale di Proudhon, e di conseguenza deciso assertore del federalismo. In occasione della prima rivoluzione del 1854 Margall pubblicò il suo primo libro, La "Reaccion y la revolucion": in esso vagheggiò la nascita di un governo che attuasse graduali riforme di stampo anarchico, fino alla sua estinzione. Margall diventò in seguito il princiaple traduttore del tempo delle opere di Proudhon. Frattanto, intorno al 1867, anche le idee di Bakunin cominciarono ad approdare in Spagna, diventando da subito popolari in grosse città come Madrid e Barcellona. Non bisogna dimenticare che già dal 1839 le associazioni di lavoratori erano state legalizzate dal governo, e la situazione era perlomeno favorevole per lo sviluppo dell'anarcosindacalismo. Nel 1840 si associarono i tessili di Madrid, sei anni dopo nasceva il giornale anarchico La Atraccion di Fernando Garrido, nel 1864 nasceva un altro giornale, più a sinistra, dal titolo El Obrero e creato dall'anarchico Antonio Gusart.
La vera scintilla dell'anarchia in Spagna era stata però la rivoluzione del 1868 che aveva costretto all'esilio la regina Isabella. La situazione era favorevole alla nascita di un'Internazionale anarchica, cosa che Bakunin riteneva indispensabile, soprattutto per sottrarre la Spagna all'influenza marxista. L'impresa fu affidata alle sicure doti di propagandista dell'italiano Giuseppe Fanelli che arrivò a Barcellona, senza un soldo, un mese dopo la rivolta. Nella città che poi sarebbe diventata il cuore pulsante dell'anarchia spagnola, Fanelli paradossalmente non ebbe successo. Fu a Madrid che l'italiano riuscì a far scoccare la scintilla, e con estrema facilità: sembrava che gli spagnoli attendessero da tempo la "buona novella". Nel 1870 nasceva la Federazione anarchica e realizzava un congresso a Barcellona cui parteciparono oltre 150 società operaie rappresentanti 40.000 membri. L'arrivo in Spagna del nuovo re straniero Amedeo di Savoia, che aveva accettato la corona, portò il governo spagnolo ad assumere misure per la prima volta persecutorie verso gli anarchici. I leaders vennero arrestati e molti fuggirono in Portogallo, a Lisbona, dove cominciarono a tessere altre trame anarchiche.
Il governo spagnolo arrivò a sciogliere l'Internazionale, dichiarandola illegale e strumento di paesi stranieri. Nonostante questo provvedimento Anselmo Lorenzo cominciò una sorta di viaggio apostolico tra le campagne (1872) per promuovere l'anarchismo tra i contadini e i piccoli agricoltori. Nel 1873 Amedeo di Savoia rinunciava al trono spagnolo e rinacque la Repubblica, l'Internazionale, sopravvissuta clandestinamente, ricominciò ad operare alla luce del sole. La prima rivolta anarchica accadde ad Alcoy, una cittadina industriale vicina a Valenza. Alla nascita della Repubblica gli operai entrarono in sciopero (tra le richieste vi era la giornata lavorativa di otto ore), ma la polizia aprì il fuoco nei pressi del Municipio. Per due giorni la cittadina fu teatro di scontri e crimini orrendi, tipici della tradizione "guerresca" spagnola: i rivoltosi giustiziarono il sindaco, uccisero poliziotti, diedero fuoco ad alcune fabbriche e diedero vita ad un terrificante corteo dove esibirono le teste mozzate degli avversari.
Nel 1874 il terreno era favorevole alla restaurazione a al ritorno dei Borboni. La Federazione spagnola anarchica fu soppressa e con il 1878 si aprì un periodo di violenze anarchiche. Un giovane anarchico terragonese, JUAN OLIVA MONCASI, cercò di assassinare Alfonso XII, e come conseguenza si ebbe un'ondata di arresti di leaders e capi sindacali. Seguirono scioperi a catena in Catalogna e Andalusia. Solo nel 1881 si cercò di calmare la situazione permettendo nuovamente all'Internazionale di vivere ed operare. Come in Francia e Italia, anche in Spagna l'ultimo decennio del XIX secolo fu caratterizzato da atti terroristici e rivolte. Nel 1892 le regioni dell'Andalusia furono scosse da una rivolta di oltre 4000 contadini armati. Le solite carneficine con esecuzioni sommarie di bottegai e "borghesi" causarono la repressione governativa. Il governo aveva cominciato anche ad assumere dei pistoleros prezzolati che compivano una sorta di "caccia all'anarchico".
Nel 1896 fu lanciata a Barcellona una bomba da una finestra su di una processione del Corpus Domini, l'attentatore non fu catturato, ma molti notarono che l'ordigno era stato lanciato contro la povera gente in corteo, e non tra le autorità in prima fila: che fosse una provocazione governativa? Quel che è certo è che le repressioni verso gli anarchici volute dal durissimo governo Canovas, che invitò la propria polizia a ricorre anche alla tortura - continuarono. Lo stesso Canovas venne ucciso da un anarchico italiano - MICHELE ANGIOLILLO - nella stazione termale di Santa Aguada. Verso la fine del secolo, come accadde in Francia, anche in Spagna il movimento anarchico incontrò il favore di artisti e intellettuali, nel 1896 nacque anche il principale giornale anarchico, La Revista Blanca, che raccolse illustri personaggi e uomini della cultura e del mondo professionale.
Nel luglio 1909 il governo spagnolo, in difficoltà in una delle frequenti guerriglie in Marocco, arruolò di proposito un gran numero di giovani catalani (tradizionalmente indipendentisti) da inviare al fronte. Il provvedimento causò quella che passò alla storia come la "settimana tragica", e cioè sette giorni di scontri sanguinosi per le strade di Barcellona (più di 200 lavoratori uccisi, 50 chiese bruciate, molti preti linciati).
Nel 1910, anche come conseguenza della settimana tragica, si riunivano in uno storico congresso a Siviglia le principali associazioni anarchiche, che diedero vota al CNT (Confederacion Nacional del Trabajo), il Sindacato generale. Nel 1914 il CNT uscì dalla clandestinità e cominciò a subire il corteggiamento della Terza Internazionale (comunista).
Il ritorno dalla Russia bolscevica dell'anarchico ANGEL PESTANA, testimone di quale fine facessero gli anarchici sotto il pugno degli uomini di Lenin (il massacro dei marinai di Kronstadt, ad esempio), contribuì a liberare il movimento dall'influenza marxista. Nel frattempo il governo autoritario di Primo de Rivera non facilitava le cose al movimento anarchico: tutti i sindacati vennero sciolti e molti loro membri arrestati. Con la successiva Repubblica, destinata a finire sotto le ceneri della Guerra Civile vinta dal dittatore nazionalista Francisco Franco, gli anarchici entrarono addirittura a contatto con l'esperienza governativa. I rapporti tra comunisti e anarchici, già in questi anni, erano molto tesi, lo divennero ancor di più quando al governo Caballero succedette quello, molto più gradito ai comunisti (e al grande padrone moscovita), di Negrin-Prieto. In questa lotta per il potere, l'intellettuale anarchico italiano CAMILLO BERNERI fu addirittura assassinato da sicari comunisti in una strada di Barcellona. A Barcellona comunisti e anarchici si affrontarono apertamente: per gli anarchici fu la sconfitta e molti fuggirono all'estero.
"Per gli anarchici, scrive Manlio Cancogni ne "Gli Angeli Neri", il giorno della vendetta venne […] nel marzo 1939, quando a Madrid una giunta militare, esautorato il governo di Negrin, s'impadronì del potere per firmare un armistizio. Agli ordini della Giunta essi parteciparono, e sembra molto volentieri, alla repressione che si concluse con un massacro di comunisti sui prati dell'ippodromo". Durante la Guerra Civile che vide opposti i Repubblicani ai Nazionalisti di Franco, le lotte tra comunisti e anarchici erano continuate, più o meno sotterranee. La dittatura di Franco avrebbe soffocato, con ogni dissenso, anche il movimento anarchico.
Scrivendo dell'anarchia non si può ignorare il caso simbolico di SACCO e VANZETTI. Negli anni Venti la coscienza dell'America fu sconvolta dal caso di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due italo-americani, rispettivamente un ciabattino e un pescivendolo della periferia di Boston, Massachusetts. I due, incarcerati con l'accusa di aver organizzato una rapina, attesero per sei anni una condanna alla sedia elettrica che arrivò (quasi) puntuale. La rapina, avvenuta nell'aprile 1920 a Boston in una fabbrica di scarpe, aveva causato due morti, il cassiere e la guardia. L'accusa - sostenuta dal durissimo Katzman - invocò, anche se con poche prove a favore, la pena capitale. Nonostante numerose irregolarità - i due erano effettivamente anarchici, ma non si erano mai macchiati di delitti - il processo decretò la condanna di Sacco e Vanzetti. In favore dei due anarchici si mobilitò tutta l'opinione pubblica mondiale, soprattutto europea, ma l'atmosfera che in quegli anni vigeva in America, di estrema diffidenza verso il socialismo e il comunismo vittorioso da poco in Russia, fu più forte di tutto. Nemmeno una tardiva confessione di un uomo già condannato - il quale affermò che la rapina era stata compiuta dalla banda Morelli di Providence - servì a cancellare la sentenza. Il 23 agosto 1927 Sacco e Vanzetti, martiri in Europa, assassini in America, si sedettero sulla sedia elettrica.
estratto dal sito http://cronologia.leonardo.it/storia/tabello/tabe1537.htm
Secondo Marco Segato nella sua breve storia dell'Anarchia
CAPITOLO 1: ANARCHIA, COS'È?
«Che cosa potrà fare uno schiavoquando avrà infranto le sue catene?Aspettate e lo saprete».
Con queste parole, nell'ottobre del 1844, il filosofo tedesco Max Stirner minacciò i regimi reazionari di tutta Europa, e pose le basi per un fertile sviluppo della dottrina anarchica.Ma cosa si intende per anarchia? Sin dall'epoca classica (vedi Platone e Aristotele) e nel linguaggio comune, questo termine ha avuto un significato marcatamente negativo: "senza governo", "caos", "mancanza di regole" sono idee ancora oggi molto diffuse. Con la parola anarchismo, invece, si intende l'insieme di teorie politiche sviluppatesi nel XIX secolo principalmente in Europa miranti ad emancipare l'uomo da ogni autorità ed oppressione politica, economica, sociale e religiosa: partendo dal pensiero roussoniano e dalla sua esaltazione dell'uomo incorrotto e libero allo stato di natura, l'anarchismo arriva a sostenere l'estinzione dello stato, ponendo come fine una società basata sui principi dell'egualitarismo e dell'autogoverno.Ma è (come sempre, nda) sul tema dell'economia che si produce la prima, significativa spaccatura all'interno del movimento anarchico: l'anarchismo individualista pretende che l'assenza di limiti venga estesa anche alla vita produttiva del singolo (quindi possiamo a tutti gli effetti considerarlo liberismo all'estremo), mentre quello di tipo collettivista (o socialista o comunista o comunitario) ritiene che la libertà del singolo debba essere adeguata alle esigenze economiche e sociali di tutti. Inoltre, mentre l'anarchismo individualista non parla nemmeno di un'organizzazione statale o sociale, dato che la vita si dovrebbe basare esclusivamente sull'equilibrio fra le pari libertà di ognuno, per quello collettivista l'organizzazione politica dovrebbe essere a base federalista, con un potere cioé che "arriva dal basso".Come vedete, l'anarchismo deriva dal liberalismo, è ravvicinabile al socialismo, ha legami con l'utopismo, relazioni con l'irrazionalismo: per questo non sempre è stato concepito come vera e propria teoria politica, quanto piuttosto come corrente etica e aspirazione individuale. Lo si può riassumere in generale in «un'unica parola: libertà» (Fauré).
CAPITOLO 2: ANARCHISMO "FILOSOFICO".
2.1 Max Stirner (1806-1856)
Filosofo tedesco schierato con la Sinistra hegeliana, insegnante, giornalista e traduttore, per primo conferisce un carattere filosofico all'intero movimento anarchico. Ritiene che ogni persona, in quanto io, sia il centro di un universo che non ha nulla all'infuori di sé, e che quindi sia assurdo dover obbedire a qualsiasi legge superiore: «l'unica legge sarà il suo individuale arbitrio».Profondamente deluso dall'umanità in quanto "popolo" e "collettività", punta tutto sul singolo, sull'egoista, sull'Unico, colui cioè che riesce a realizzare se stesso, i propri bisogni e desideri solamente entrando in conflitto con altri uomini.Il messaggio di Stirner è rivoluzionario: ogni individuo, in ogni momento, non solo può, ma deve ristabilire la propria supremazia diretta nei confronti dell'autorità; quando, nell'ottobre del 1844, pubblica "L'Unico e la sua proprietà", il libro viene immediatamente sequestrato, ma ciò non è sufficiente ad impedirne una massiccia diffusione. Stirner combatte principalmente contro quattro fronti:
l'autorità statale: sia essa democratica o dispotica, tenta comunque di coinvolgere l'uomo nel conseguimento di quello che possiamo chiamare "il bene dello stato", impedendogli di esercitare il libero arbitrio e di aspirare alla propria realizzazione personale.
la società in quanto tale: è necessario tranciare i legami che gli uomini stabiliscono tra loro, siano leggi o consuetudini morali; ognuno ha diritto a tutto quello che è in grado di procurarsi con la propria forza: largo quindi al furore dell'irrazionalismo ottocentesco a discapito della tradizione razionalista del '700.
socialismo e comunismo: non può essere altrimenti, se consideriamo che per Stirner la proprietà privata è incedibile, men che meno ad un apparato statale. Addirittura, pur riconoscendo l'alienazione del lavoro salariale, egli arriva ad esaltare il piccolo borghese che usa ogni mezzo a propria disposizione (legale o meno) per difendere i suoi beni.
religione ed idealismo: come l'uomo durante il razionalismo settecentesco si è liberato da ogni credenza religiosa e superstizione, così adesso non deve cedere a quanti gli propongono un ideale da perseguire, perché questo implica un "dover essere" che limita la ricerca del proprio benessere. Esaltazione della violenza e della potenza individuale; rifiuto della democrazia e del comunismo: si comprende come Stirner poté essere apprezzato anche dalla destra italiana di Mussolini, che si adoperò in quel periodo per la ristampa di tutte le opere del filosofo tedesco.
2.2 Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865)
Francese, teorizza l'anarchismo "positivo", fondato sulla giustizia, unico limite possibile alla libertà individuale. Scrive Proudhon: «la giustizia è la stella centrale che governa la società» e «come l'uomo cerca la giustizia nell'eguaglianza, così la società cerca l'ordine nell'anarchia». Naturalmente non può accettare lo stato di diritto in quanto tale, ma ritiene che i rapporti tra gli uomini si debbano basare su liberi contratti di associazione per meglio conseguire fini economici, politici, personali, ecc. Da qui il suo antiparlamentarismo e antiautoritarismo che gli fanno dire nelle "Confessioni": «Non più partiti, non più autorità, libertà assoluta dell'uomo e del cittadino! Con tre parole ho espresso la mia professione di fede politica e sociale».Al contrario di Stirner, sostiene che eguaglianza e libertà possono essere realizzabili in un contesto di solidarietà sociale: il mutualismo (attuabile ad esempio tramite le organizzazioni sindacali) avrebbe permesso il superamento della questione sociale senza violenze e lotte di classe (riceverà per questo un'aspra critica da Marx, nda).Condannato a tre anni di carcere per la sua opposizione a Napoleone nel 1849, si sottrasse ad una seconda condanna nel 1858 fuggendo a Bruxelles. La sua opera principale è "Che cos'è la proprietà?" (celebre la frase «la proprietà è un furto») del 1840.
CAPITOLO 3: L'ORGANIZZAZIONE POLITICA.
3.1 Michail Bakunin (1814-1876)
Figura molto ambigua della Russia zarista, è in Bakunin che vengono a riunirsi le tendenze nichiliste dell'anarchismo individualista (molto diffuse nel suo Paese) con le teorie proudhoniane e collettiviste: il risultato è l'esaltazione della violenza come lotta politica, fino ad arrivare alla teorizzazione di una società fondata su una federazione di libere associazioni. Bakunin ha di fronte due avversari ideali:
lo Stato-Chiesa di Mazzini, che critica in primo luogo negando l'autorità divina, e poi perché si tratterebbe di uno stato connotato dal predominio della borghesia;
lo Stato proletario di Marx, in cui viceversa sarebbe la classe operaia ed esercitare la dittatura. Rovesciando l'analisi fatta dai socialisti, egli ritiene che lo stato sia la massima forma di oppressione dell'uomo: non importa che sia assoluto, borghese o democratico, è comunque una manifestazione dell'autorità che garantisce se stessa anche grazie alla proprietà; unica soluzione possibile, quindi, è la sua abolizione. Attenzione però: Bakunin ritiene anche che la scomparsa dell'organizzazione statale sia una necessità storica (che significa sarà così e non potrà essere altrimenti), da cui risulterà una società anarchica fondata sulla solidarietà umana. Ma tutto ciò come potrà accadere? Rivolgendosi al sottoproletariato, Bakunin promuove la formazione di società segrete (di cui farà parte per tutta la sua vita), esalta la componente irrazionale rivoluzionaria, predica l'astensione dalla politica, facendo della lotta anarchica una lotta internazionale.È questa la vera forza del messaggio di Bakunin: riesce finalmente ad organizzare sul piano internazionale le forze più disparate dell'anarchismo europeo, arrivando addirittura a contendere la direzione del nascente movimento operaio ai socialisti di Marx durante la prima Internazionale (1864). Da leggere "Stato e anarchia" (1873).
CAPITOLO 4: L'ITALIA ANARCHICA.
Perché in Italia, molto più che negli altri Paesi europei, il movimento anarchico ebbe un ruolo di primissimo ordine (che naturalmente sembra "dimenticato" dai programmi delle nostre scuole... nda) nel ventennio tra il 1860 e il 1880? Innanzitutto perché i rivoluzionari post-risorgimentali (ex-garibaldini ed ex-mazziniani) non soddisfatti dell'Unità d'Italia ritrovarono nuovo entusiasmo nelle idee anarchiche, e poi perché soggiornò proprio in Italia, dopo essere evaso dalle carceri siberiane, Bakunin, sul quale pose le proprie fondamenta il movimento anarchico italiano. L' "Orso russo", così era chiamato, personaggio carismatico e forte promotore di società segrete (non dimentichiamo le società carbonare), fondò la Fratellanza Internazionale, con un Comitato centrale e molte sezioni regionali, da cui si formò la prima, vera, generazione di anarchici italiani: Errico Malatesta, Carlo Cafiero e Carmelo Palladino i più importanti.Nel marzo del 1872, a Bologna, si tenne il primo Congresso anarchico; il secondo, svoltosi a Rimini un mese dopo, mise in evidenza il giovane Andrea Costa (sarà una delle figure centrali degli anni a venire) e ribadì la supremazia dell'anarchismo sul marxismo.
4.1 Le prime rivolte.
L'anarchismo si diffondeva a macchia d'olio, i circoli anarchici erano numerosissimi soprattutto in alcune zone della Romagna, della Toscana e nel Meridione, e il governo italiano cominciava a preoccuparsi: la lotta rivoluzionaria cominciò nei primi mesi del 1874.Nell'estate dello stesso anno gli anarchici romagnoli organizzarono una rivolta per impadronirsi della città di Bologna, e poi occupare il resto del Paese; i carabinieri, grazie a degli informatori, vennero a conoscenza dei preparativi ed intervennero: Malatesta, leader dell'insurrezione, fu arrestato mentre tentava la fuga oltralpe, e il movimento subì un duro colpo.A metà del 1876 tutta la dirigenza anarchica fu rimessa in libertà e, riguadagnato prestigio agli occhi dell'opinione pubblica, si ricominciò ad organizzare una nuova rivolta, questa volta con lo sguardo rivolto al Mezzogiorno. Secondo i piani, dal Matese, zona posta tra il Molise e la Campania, da sempre culla del brigantaggio, sarebbe dovuta scoppiare la scintilla che avrebbe dovuto sollevare la rivoluzione in tutta Italia; fu una disfatta: innanzitutto invece che cento si presentarono una trentina di uomini, tra cui però non c'erano neppure le guide che avrebbero dovuto condurli tra quelle zone impervie. Secondo la leggenda, allora, il gruppetto decise di intervenire con espropri presso la popolazione locale, ma quando, alla prima pecora sequestrata, il piccolo pastore iniziò a piangere, loro la restituirono. Seguirono tre giorni di marcia, finché non giunsero a Letino, dove occuparono il Municipio, proclamarono la decadenza della monarchia, diedero fuoco alla foto del re e a tutte le carte comunali: intervenne allora la polizia e, dopo una fuga di tre giorni, smarriti nella foresta, gli sprovveduti si arresero.
4.2 La stagione del terrorismo.
Sconfitti sul piano della "rivoluzione sociale", gli anarchici passarono agli atti terroristici:
17 novembre 1878 -
Il cuoco Giovanni Passanante aggredisce a Napoli il re Umberto I: non riesce nel suo intento, ma l'opinione pubblica rimane molto scossa.
18 novembre 1878 -
A Firenze, in occasione di un corteo monarchico, scoppia una bomba.
20 novembre 1878 -
A Pisa, sempre durante una manifestazione monarchica, ne esplode un'altra.
24 giugno 1894 -
L'anarchico italiano Caserio uccide il presidente francese Sadi Carnet. Grave crisi diplomatica tra Italia e Francia.
8 agosto 1897 -
L'anarchico italiano Michele Angiolillo spara al primo ministro spagnolo Antonio Cànovas: interrogato, il pugliese non fa i nomi dei suoi complici, e dichiara di «non essere un assassino ma un giustiziere»; subisce la terribile tortura della garrota, una sorta di strangolamento graduale.
10 settembre 1898 -
L'anarchico italiano Luigi Luccheni pugnala Elisabetta d'Austria, "Sissi", a Ginevra. Giudicato in Svizzera, non ottenendo la pena di morte si impicca nella sua cella.
29 luglio 1900 -
Gaetano Bresci, di ritorno dagli Usa, uccide con tre colpi di pistola il re Umberto I a Monza. Muore l'anno seguente suicida (o molto più probabilmente assassinato) in carcere.
6 settembre 1901 -
Attentato al Presidente degli Stati Uniti McKinley.
4.3 Il declino.
Gran parte degli anarchici si sentì tradita quando Andrea Costa, detto "el biundén", divenne parlamentare e giurò fedeltà al re; nel 1881 a Imola fondò insieme all'inseparabile compagna Anna Kuliscioff la rivista "Avanti!" e orientò il suo pensiero verso il socialismo riformistico. Tutto questo provocò una profonda spaccatura tra gli anarchici e i socialisti che si risolse con la fondazione del Partito Socialista Italiano a Genova nel 1892.Dopo che la prima Guerra mondiale isolò gli anarchici di tutta Europa a causa della loro posizione non-interventista, sembrò che il movimento potesse risorgere come stava succedendo in Russia. Un'ondata di scioperi che travolse il Paese, e l'eccidio al teatro Diana di Milano il 23 marzo del 1921, furono il pretesto che permise ai fascisti di scatenarsi contro l'intera sinistra, anarchica e non.
CAPITOLO 5: IL CASO SPAGNOLO.
Anche se in Spagna gli ideali anarchici giunsero in ritardo rispetto agli altri Paesi europei, l'anarchismo vi trovò un terreno assai fertile, sebbene con caratteristiche peculiari e non rintracciabili in altri luoghi.Innanzitutto fu un movimento popolarissimo tra le classi contadine e operaie, ed assunse un particolare significato utopico, forse anche per la forte tradizione religiosa di questo Stato: ogni volta che scoppiava un tumulto, i rivoltosi erano certi che fosse imminente l'avvento della società perfetta, dove sarebbe prevalsa la giustizia e la condivisione dei beni; infatti la Spagna fu l'unico Paese d'Europa in cui gli esperimenti di collettivismo e di federalismo anarchico ebbero un certo successo.Durante il periodo della Repubblica, negli anni '30, ebbero un ruolo di primo ordine la "Federazione anarchica iberica" e la "Confederazione nazionale del lavoro" (CNT), che riuscirono a realizzare una riforma agraria in senso popolare e organizzarono la gestione delle fabbriche tramite i Consigli di fabbrica.Definire brutale la lotta tra anarchici e comunisti in Spagna per il controllo della Repubblica è riduttivo: assassini e atti di guerriglia non cessarono neppure di fronte al nemico comune, il generale Franco, che, aiutato dal sodalizio italo-tedesco, li travolse entrambi.
CAPITOLO 6: SACCO E VANZETTI.
Negli Stati Uniti, come altrove, gli anarchici subirono le spietate ostilità da parte delle autorità di polizia; a nulla servì organizzarsi nell'unione sindacale "Industrial Workers of the World". L'episodio più clamoroso fu quello di due anarchici italiani, Nicola Sacco, ciabattino, e Bartolomeo Vanzetti, pescivendolo, che vivevano alla periferia di Boston. Incarcerati con l'accusa di omicidio per una rapina avvenuta nell'aprile del 1920, si proclamarono sempre innocenti; l'accusa fu durissima e nemmeno la confessione nel 1925 di un uomo già condannato servì a scagionarli. L'opinione pubblica di tutto il mondo si mobilitò in favore dei due anarchici, ma il 23 agosto 1927 furono giustiziati sulla sedia elettrica. Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti; riabilitati formalmente dal governatore del Massachusetts solo nel 1977.
CAPITOLO 7: IL DOPOGUERRA.
In Europa le principali federazioni anarchiche erano quella italiana (costituitasi con il congresso di Carrara nel 1945) e quella francese, cui bisogna aggiungere i molti militanti della Germania Federale non organizzati.Si dovette però attendere fino al 1968 per rivederle come protagoniste del panorama politico internazionale: in quell'anno si tenne il primo Congresso Internazionale delle federazioni anarchiche, a Carrara, e il movimento anarchico fu uno dei "motori" che spinsero alla ribellione milioni di giovani in quegli anni. In Italia, il movimento diventò parte della sinistra rivoluzionaria, in aperta polemica sia con i nemici tradizionali, sia con la sinistra parlamentare che tentava un dialogo con la Democrazia Cristiana.Grande risonanza ebbe l'attentato di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 in cui vennero coinvolti due anarchici, Pinelli e Valpreda. Il primo morì misteriosamente durante gli interrogatori, il secondo subì una condanna di tre anni e fu poi rilasciato. Successive indagini (ottava sentenza nel luglio del 2001 nda) porteranno alla condanna di alcuni membri dei servizi segreti legati a frange neofasciste.
CAPITOLO 8: SIMBOLI DELL'ANARCHIA.
Come è difficile definire una vera e propria "storia" del pensiero anarchico, allo stesso modo e per varie ragioni, sono altrettanto oscure le origini di alcuni dei simboli di questo movimento.
La bandiera nera sembra abbia fatto la sua prima comparsa nelle mani di una donna, la francese Louise Michel, che prese parte alla Comune di Parigi del 1871: fu scelto proprio quel colore perché tradizionalmente rappresentava i simboli della carestia, della povertà e della disperazione, sentimenti ben presenti in quei giorni in cui furono massacrati più di 25.000 parigini. Esiste anche una interessante relazione tra la bandiera nera e i pirati, da sempre visti come ribelli e spiriti liberi: nel 1910 Emiliano Zapata, rivoluzionario messicano, al grido di «Tierra y Libertad!», marciò esibendo una bandiera che ritraeva un teschio con un paio di ossa incrociate su sfondo nero. Infine il colore nero è da sempre considerato un simbolo di negazione, un anti-colore che ben sposa l'anti-statalismo tipico degli anarchici.
La bandiera rossa&nera, invece, si diffuse soprattutto in Spagna e in tutti gli altri Paesi di origine "latina": è associata più all'anarcosindacalismo che al movimento anarchico vero e proprio, e ad esempio fu molto utilizzata in Italia durante il Biennio Rosso del 1920.
Infine il simbolo di gran lunga più diffuso: la "A" cerchiata dovrebbe rappresentare la massima di Proudhon «Anarchy is Order», e sembra che i primi a farne uso siano stati alcuni punk negli anni '70. Tuttavia già nel 1956 l'associazione anarchica di Bruxelles "Alliance Ouvriere Anarchiste" (AOA) utilizzava questo simbolo: gli storici sono ancora divisi su questo punto.
CAPITOLO 9: ANARCHICI OGGI.
Ha ancora un significato dichiararsi anarchici oggi? Difficile dare una risposta, ma cerchiamo di analizzare se, almeno a livello politico, alcune delle rivendicazioni storiche del movimento anarchico si siano poi realizzate.Innanzitutto le ultime tendenze in ambito socio-politico, soprattutto in Europa, sono quelle di un abbandono graduale della vecchia sovranità nazionale per la costituzione di grandi stati federali, basati sul decentramento amministrativo e su mutui accordi di cooperazione: era questo un sogno degli anarchici collettivisti, anche se in maniera molto più marcata; sembra comunque reggere, per ora, la "necessità storica" dell'anarchia sostenuta da Bakunin, con il paradosso di una politica che si incammina verso l'anarchia. Inoltre, sempre più spesso, i rapporti tra uomini si basano su liberi contratti di associazione che permettono di meglio conseguire un determinato fine economico, politico o personale, tendendo ad allontanare quell'apparato statale ormai considerato solo più come garante del diritto ed escluso da molte forme di intervento diretto sulla vita del singolo.Tutt'altro discorso è necessario fare per altri due obiettivi storici degli anarchici: libertà e uguaglianza; c'è il pericolo di scadere nel banale, ma è innegabile che nessuno di noi, nel XXI secolo, è libero, e nessuno di noi è uguale agli altri. Dovrei poter ANDARE ovunque io voglia, ma esistono le frontiere; dovrei poter DIRE quello che voglio, ma Echelon mi ascolta; dovrei avere diritto alla mia VITA, ma esiste la pena di morte; dovrei poter DECIDERE, ma lo fa già per me la WTO. Sono poi io uguale a chi muore ancora di malaria, a chi mangia a malapena un pasto al giorno, a chi deve iniziare a lavorare a 5 anni?Sia l'anarchico individualista che quello collettivista, seppure - abbiamo visto - con motivazioni profondamente diverse tra loro, non possono che reagire in un'unica maniera: gli "ostacoli" alla realizzazione dell'ideale anarchico esistono ancora.
9.1 Cyber-anarchia.
Dove, se non nel World Wide Web, possiamo riconoscere il compimento degli ideali utopistici dell'anarchia? Internet permette a chiunque di crearsi una "realtà" che si sviluppa secondo le proprie leggi interne, esaltando ai massimi livelli il desiderio di indipendenza, di realizzazione personale e di libertà comunicativa: l'individuo è l'unico protagonista della propria esperienza informatica.L'intero sistema, oltretutto, è altamente decentralizzato e personalizzabile, ognuno ha il potere di decidere personalmente che cosa vedere/leggere/ascoltare/scrivere, cosa che lo rende sicuramente imparagonabile ai comuni mezzi di comunicazione. Scrive Piergiorgio Pardo ("Le controculture giovanili", 1997): «..l'orizzontalità delle interconnessioni in rete è un particolare su cui coloro i quali fidano su Internet per una futura gestione democratica delle telecomunicazioni hanno molto insistito. [...] Tale modello di comunicazione può essere inteso in senso antagonista proprio in contrapposizione alla classica modalità di fruizione dei mezzi di comunicazione di massa, che vede la ricezione da parte del destinatario di un testo formulato una volta per tutte ed inviato dall'alto».Altro aspetto che ricorda il sistema organizzativo tanto desiderato dagli anarchici, è quello della comparsa, soprattutto negli ambiti dell'underground, di numerose e fiorenti "comunità": uniti da interessi comuni, utenti di ogni parte del globo fanno continuamente nascere nuove crew, nuovi newsgroup, mailing list, ecc., che non fanno che avvalorare la tesi di una federazione anarchica costituita da moltissime libere associazioni che regolano i problemi della "convivenza" per mezzo di nuove forme di condivisione. È tutto virtuale, certo, ma da qualche parte bisogna pur incominciare! :-) di Marco Segato, estratto dal sito web http://marcosegato.altervista.org/sections/none_Download/Documenti/brevestoriadellanarchia.html
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