Pietro Berti

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VILLA BERTI - IMOLA VIA BEL POGGIO 13

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Anchorage

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mercoledì 12 gennaio 2011

Storia del Partito Comunista Italiano (PCI)

Il Partito Comunista Italiano (PCI) fu un partito politico italiano nato il 21 gennaio 1921 a Livorno come Partito Comunista d'Italia (sezione italiana della III Internazionale) per scissione della mozione di sinistra del Partito Socialista Italiano guidata da Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, al XVII Congresso socialista.
Assunse il suo nome definitivo il 15 maggio 1943, in seguito allo scioglimento della III Internazionale e mentre ancora operava in clandestinità tra Mosca, Parigi e l'Italia per la sua netta opposizione al regime fascista vigente in patria.
Il Partito Comunista d'Italia inizialmente si poneva come obiettivo l'abbattimento dello Stato borghese e l'istaurazione di una dittatura del proletariato attraverso i Consigli degli operai e dei contadini, sull'esempio dei bolscevichi russi di Lenin. Guidato nei suoi primi anni di vita da una maggioritaria corrente di sinistra raccolta attorno a Bordiga, il III Congresso, svoltosi clandestinamente a Lione nel gennaio del 1926, segnò un deciso cambiamento di politica suggellato con l'approvazione delle Tesi di Gramsci e la messa in minoranza della Sinistra di Bordiga, la quale, accusata di settarismo, verrà prima emerginata e poi si disperderà. Nel 1930 Bordiga fu definitivamente espulso dal Partito con l'accusa di «trotskismo». Stessa sorte era già toccata ad elementi a destra del gruppo dirigente, quest'ultimo diviso dal 1926 tra chi, come il segretario Gramsci, era stato condannato a misure di carcerazione fascista, e chi, come Palmiro Togliatti, operava all'estero o comunque clandestinamente.
Caduto il regime fascista nel 1943, il PCI ricominciò a operare legalmente partecipando immediatamente alla costituzione di formazioni partigiane e, dal 1944 al 1947, agli esecutivi antifascisti successivi al governo Badoglio I, dove il nuovo leader Palmiro Togliatti sarà anche, per un breve periodo, vicepresidente del Consiglio dei ministri. Nell'antifascismo il PCI è la forza più popolare e infatti la maggior parte degli aderenti alla Resistenza italiana era membro del partito togliattiano.
Nel 1947, nel nuovo clima internazionale di guerra fredda, il PCI è allontanato dal governo e rimarrà all'opposizione per tutto il resto dei suoi giorni, salvo un brevissimo periodo alla fine degli anni settanta.
Dal 1956, in seguito al XX congresso del PCUS, il PCI si adoperò per tracciare una propria «via italiana al socialismo» che consisteva nell'accentuare il vecchio obiettivo del raggiungimento di una «democrazia progressiva» applicando integralmente la Costituzione italiana.
Nonostante l'amicizia e la lealtà che legava il PCI all'Unione Sovietica, a partire dal 1968 si assiste a una graduale e costante critica all'operato del PCUS.
Il PCI è stato per molti anni il partito comunista più grande e potente dell'Europa occidentale. Mentre, infatti, negli altri paesi democratici l'alternativa ai partiti o alle coalizioni democristiane o conservatrici era da sempre rappresentata da forze socialiste (con i partiti comunisti relegati a terza o quarta forza), in Italia rappresentò il secondo partito politico in assoluto dopo la Democrazia Cristiana, con un Partito socialista via via sempre più piccolo e relegato, dal 1953 in poi, al rango di terza forza del paese.
Nel 1976 il PCI ebbe il suo massimo storico (34,4%), dopo aver l'anno prima conquistato le principali città italiane. Fu anche il primo partito italiano alle elezioni europee del 1984, quando ebbe il 33,33% contro il 32,97% della DC.
Il Partito Comunista Italiano si sciolse il 3 febbraio 1991, quando la maggioranza dei delegati guidati approvarono la svolta della Bolognina del segretario Achille Occhetto, succeduto tre anni prima ad Alessandro Natta, al XX Congresso Nazionale e la contestuale costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS) aderente all'Internazionale Socialista.
Un'area consistente della minoranza di sinistra preferì rilanciare ideali e programmi comunisti e fondò il Movimento per la Rifondazione Comunista, che poi costituì, con la confluenza di Democrazia Proletaria e di altri gruppi, il Partito della Rifondazione Comunista (PRC).
L'organizzazione giovanile del PCI fu la Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI).
Indice[nascondi]
1 Storia
1.1 La costituzione del PCd'I, l'antifascismo e la Liberazione
1.2 L'Italia repubblicana e i rapporti con l'URSS
1.3 La solidarietà nazionale
1.4 Il ritorno all'opposizione
1.5 La Caduta del Muro e lo scioglimento del PCI
1.6 Il Partito Democratico della Sinistra (PDS) e Rifondazione Comunista (PRC)
2 Tendenze interne
3 Risultati elettorali
4 Il vertice del Pci
4.1 Segretari generali
4.2 Presidenti
4.3 Organigrammi del vertice nazionale
5 Capigruppo alla Camera
6 Capigruppo al Senato
7 Congressi
8 Conferenze Nazionali
9 Consigli Nazionali
10 Iscritti
11 Giornali e riviste
12 Galleria fotografica
13 Bibliografia
13.1 Libri
13.2 Saggi e articoli
14 Voci correlate
15 Note
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni
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Storia [modifica]
La costituzione del PCd'I, l'antifascismo e la Liberazione [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Partito Comunista d'Italia.

Antonio Gramsci
La scissione dei comunisti dal Partito Socialista Italiano avvenne sui famosi 21 punti di Mosca, che delimitavano in modo netto la differenza delle posizioni politiche dei rivoluzionari da quelle dei riformisti e che costituivano le condizioni per l'ingresso nell'Internazionale Comunista, che aveva come obiettivo principe l'estensione della rivoluzione proletaria su scala mondiale.
Il Congresso socialista aveva appena rifiutato, con solo un quarto di voti contrari, come previsto nelle 21 condizioni per l'adesione all'Internazionale Comunista, di espellere i membri della corrente riformista del Partito. La minoranza, che rappresentava 58.783 iscritti su 216.337, e che abbandonò il teatro Goldoni riunendosi al S. Marco, era costituita dal gruppo "astensionista" che faceva capo ad Amadeo Bordiga, che guidò per primo il nuovo Partito, dal gruppo dell'Ordine Nuovo di Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Umberto Terracini e Angelo Tasca, da parte della corrente massimalista di Andrea Marabini, Antonio Graziadei e Nicola Bombacci e dalla stragrande maggioranza della Federazione Giovanile Socialista (FGS).
Il nuovo Partito era un partito rigorosamente rivoluzionario e la sua linea politica era fondata sulla esclusione di qualsiasi tipo di accordo con i socialisti, e questo provocò, anche a causa della scissione dell'ala riformista del PSI, avvenuta nel 1922, i primi attriti con l'Internazionale comunista, la quale pose con forza il tema della riunificazione con il PSI di Serrati. Nel 1924 Antonio Gramsci, con l'appoggio dell'Internazionale comunista, divenne segretario nazionale e il passaggio della segreteria da Bordiga a Gramsci fu sancito definitivamente nel 1926 con l'approvazione durante il III Congresso nazionale a Lione delle tesi politiche di Antonio Gramsci con oltre il 90% dei voti.
Il PCd'I venne soppresso dal regime fascista il 5 novembre 1926 ma continuò la sua esistenza clandestina, i cui militanti in parte rimasero in Italia, dove fu l'unico partito antifascista ad essere presente seppure a livello embrionale, in parte emigrarono all'estero, soprattutto in Francia e in URSS. Con l'arresto di Gramsci, la guida di fatto passò a Togliatti, che rafforzò ulteriormente i rapporti con l'Unione Sovietica. Questi rapporti si deteriorarono bruscamente nel 1929 a causa della presa di posizione di Tasca, che aveva sostituito Togliatti a Mosca, in favore del leader della destra sovietica Nikolai Bucharin, che si contrapponeva in quel periodo a Stalin. Dopo che tutta la linea del PCd'I, da Lione in poi, fu messa in discussione, Togliatti espulse Tasca e allineò di nuovo il partito sulle posizioni di Stalin, che erano ritornate a essere piuttosto settarie. Infatti il PCd'I fu costretto ad associare ai socialisti italiani e al giovane movimento di Giustizia e Libertà la teoria del socialfascismo, che poneva le sue basi sull'equiparazione tra fascismo e socialdemocrazia, intesi, entrambi, come metodi utilizzati dalla borghesia per conservare il potere.
Con la crescita del pericolo nazista l'Internazionale comunista cambiò strategia e tra il 1934 e il 1935 lanciò la linea di riunire in un fronte popolare tutte le forze che si opponevano all'avanzata dei fascismi. Il PCd'I, che aveva faticato molto per accettare la svolta del 1929, ebbe una sofferenza ancora maggiore per uscire dal settarismo a cui quella svolta sembrava averlo destinato, in quanto, nell'Italia fascista, i militanti si erano trovati da soli a fronteggiare la dittatura. Ma un po' per volta il lavoro di Palmiro Togliatti e di Ruggero Grieco, che resse il partito dal 1934 al 1938, diede i suoi frutti, e, nell'agosto del 1934, fu sottoscritto il patto d'unità d'azione tra socialisti e comunisti, che, nonostante i distinguo, segnò la riapertura del dialogo tra i due partiti operai.
La linea politica del PCd'I andò di nuovo in crisi con il Patto Ribbentrop-Molotov del 1939 in quanto fu impossibile conciliare l'unità antifascista con l'approvazione del patto fra sovietici e nazisti ed il PCd'I fu costretto ad appiattirsi sulle posizioni dell'Internazionale che in quel periodo teorizzava per i comunisti l'equidistanza tra i diversi imperialismi. La situazione si aggravò ulteriormente quando, con l'invasione tedesca, il PCd'I si ritrovò in clandestinità anche a Parigi. Togliatti fu arrestato, ma non essendo stato riconosciuto, se la cavò con pochi mesi di carcere e dopo aver riorganizzato un embrione di centro estero del Partito, andò a Mosca dove l'Internazionale, avendo sciolto definitivamente l'Ufficio politico e il Comitato centrale, gli affidò la direzione solitaria del PCd'I.
La situazione all'interno del Partito si tranquillizzò grazie alla Dichiarazione di guerra di Benito Mussolini a Francia ed Inghilterra del 1940, che fece sì che si ricreassero le condizioni per una nuova unità antifascista, suggellata nel 1941 a Tolosa da un accordo tra PCd'I, PSI e GL. In Italia dal 1941 il Partito, anche grazie all'importante lavoro di Umberto Massola, cominciò a riorganizzare la rete clandestina e a fare sentire la propria voce, anche attraverso la diffusione di un bollettino, il Quaderno del lavoratore, per mezzo del quale venivano diffuse le posizioni ufficiali del PCd'I, dettate direttamente da Togliatti attraverso Radio Mosca. Nello stesso tempo ripresero forza numerosi piccoli gruppi che, spesso con linea politica autonoma, continuavano dall'interno del paese la loro lotta al fascismo.
Il 15 maggio 1943 il Partito, in seguito allo scioglimento dell'Internazionale Comunista, assunse la denominazione di Partito Comunista Italiano (PCI). Quando, il 25 luglio del 1943, Mussolini fu costretto a dimettersi, l'iniziativa del Partito aumentò sensibilmente sia per i maggiori margini di manovra che per la conseguente uscita dal carcere ed il ritorno dall'esilio di numerosi dirigenti comunisti. Il peso del PCI in Italia era divenuto molto importante anche perché nel nord Italia la guerra con i tedeschi e con i fascisti della Repubblica di Salò era ancora tutta da combattere e dall'autunno del 1943 i comunisti, sotto la guida di Luigi Longo, già capo delle Brigate Internazionali in Spagna, e di Pietro Secchia, furono la parte preponderante dei gruppi clandestini della resistenza italiana, organizzati nelle Brigate Garibaldi sulle montagne e nei GAP e nelle SAP nelle città. Oltre alla lotta armata, il PCI continuò il suo lavoro politico continuando nell'organizzazione degli operai e promuovendo scioperi ed agitazioni soprattutto nei primi mesi del 1944. La dichiarazione di guerra del Governo Badoglio ai danni della Germania pose il PCI dinnanzi ad un bivio: continuare nella linea, richiesta dalla base, di contrapposizione frontale a Badoglio e alla Monarchia o l'assunzione di responsabilità di governo.
Nel marzo del 1944 Togliatti, dopo aver avuto un incontro con Stalin, tornò in Italia e praticò quella che rimase famosa come la svolta di Salerno con la quale il PCI, anteponendo la lotta antifascista alla deposizione della Monarchia, sancì il proprio ingresso nel Governo. L'ingresso del PCI nei Governi formati da Badoglio e dal socialista riformista Ivanoe Bonomi andava letto, nell'intenzione di Togliatti, come il tentativo di accreditarsi come forza responsabile e fondatrice della democrazia italiana.
Per ottenere questo era necessario che il partito fosse ricostruito su basi diverse e diventasse un partito nuovo ovvero un moderno partito di massa con profonde radici nei luoghi di lavoro e aderente alla società. Il Partito cominciò pertanto una crescita costante data sia dal punto di vista dell'organizzazione, che si sviluppò ormai capillarmente in tutte le città italiane, che in termini di numero di iscritti, passati dai 500.000 del 1944 al 1.700.000 del 1945, che lo portarono a diventare il più importante e grande partito comunista dell'Europa occidentale.
L'Italia repubblicana e i rapporti con l'URSS [modifica]

Roma, targa stradale di via delle Botteghe oscure, da cui il nome popolare attribuito al palazzo storico che ha ospitato, dal II dopoguerra allo scioglimento, la sede centrale del PCI
A seguito della Liberazione, Palmiro Togliatti diede vita ad una politica che molti tacciarono di doppiezza[senza fonte], ma che tenne insieme l'esigenza di consolidamento della democrazia italiana ed il sentimento rivoluzionario ed il mito dell'URSS della base del partito, concretizzato nell'adesione, fino al suo scioglimento, al Cominform, l'organizzazione dei partiti comunisti filosovietici. Tuttavia nonostante nel maggio 1947 Alcide De Gasperi avesse formato un governo senza il PCI ed il PSI, il contributo costruttivo dei comunisti nell'Assemblea costituente non mutò al punto che il 1º gennaio 1948 entrò in vigore, dopo essere stata approvata da tutti i maggiori partiti, la Costituzione italiana.

Palmiro Togliatti
Secondo una recente interpretazione, non condivisa da tutti gli storici, nella preparazione delle elezioni politiche del 1948 Palmiro Togliatti chiese istruzioni a Mosca sulla possibilità di usare la forza militare di cui il partito disponeva, ricevendone risposta negativa.[1]
Il PCI si consolidò, dopo la scissione socialista del 1947, come la seconda forza della democrazia italiana dopo la Democrazia cristiana. Da allora e per circa 30 anni il PCI, pur rimanendo sempre all'opposizione, conseguì una crescita elettorale costante che si interruppe solo verso la fine degli anni settanta al termine della stagione della solidarietà nazionale.
D'altro canto il rapporto del PCI con l'URSS è, ancora oggi, al centro del giudizio degli storici. È certo però che il Partito è stato per un lungo periodo sovvenzionato notevolmente dai sovietici: ex dirigenti del partito hanno spiegato, dopo il dissolvimento dell'Unione Sovietica, in che modo e in quale quantità ricevessero tali sovvenzioni. Diversi libri son stati pubblicati riguardo questi contributi finanziari provenienti dal PCUS, definiti da alcuni l'oro di Mosca, ma gli storici non hanno ancora chiarito quando esattamente iniziarono e finirono tali finanziamenti, importanti per le campagne elettorali e, secondo certe fonti bibliografiche, per mantenere un apparato paramilitare[senza fonte]. Sempre dopo la fine del regime comunista sovietico, la magistratura russa inviò in Italia investigatori che con l'aiuto di alcuni magistrati italiani cercarono di chiarire la modalità e la entità di questi finanziamenti: fu fatta parzialmente luce su certe situazioni ma ancora non si sa esattamente l'entità totale dei finanziamenti. Oltre ovviamente l'attività politica, significativa testimonianza di legame e dipendenza dai sovietici era la pubblicazione periodica di una rivista della UISP, ossia l'associazione sportiva del PCI, che tuttora esiste e che all'epoca era marcatamente filosovietica.
Negli anni successivi, pur continuando ad appoggiare l'URSS anche nella drammatica crisi d'Ungheria durante la rivoluzione ungherese del 1956, il PCI di Togliatti diede inizio ad una nuova politica di partito nazionale imboccando la via italiana al socialismo, dopo che personaggi significativi, in maggioranza intellettuali, avevano abbandonato il partito protestando contro l'adesione del PCI alla repressione sovietica. Tra coloro che, in quella situazione, manifestarono una posizione di dissenso, pur senza abbandonare il Partito, va ricordato il leader della CGIL Giuseppe Di Vittorio. La principale conseguenza politica degli avvenimenti del 1956 fu il definitivo tramonto del Patto d'unità d'azione tra il PCI e il PSI. Il PSI di Pietro Nenni, che negli anni precedenti aveva profondamente subito il fascino dell'Unione Sovietica di Stalin, ripensò, prendendone completamente le distanze, la sua posizione riguardo al più importante Stato socialista e diede avvio al suo percorso di avvicinamento alla DC.
Con la fine del centrismo e con l'inizio dei governi di centro-sinistra il PCI di Togliatti non mutò la sua posizione di opposizione al governo. Il 21 agosto del 1964 morì a Yalta Palmiro Togliatti. I suoi funerali, che videro la partecipazione di oltre un milione di persone, costituirono il più imponente momento di partecipazione popolare che la giovane Repubblica italiana aveva conosciuto fino a quel momento. L'ultimo documento di Togliatti, che ne costituiva il testamento politico e che fu ricordato come il memoriale di Yalta, ribadiva l'originalità e la diversità di vie che avrebbero consentito la costruzione di società socialiste, "unità nella diversità" del movimento comunista internazionale. Il PCI lasciato da Togliatti era un Partito che, pur continuando a rimanere ancorato al "centralismo democratico", cominciava a sentire l'esigenza di rendere visibili quelle che, al suo interno, erano le diverse sensibilità e opzioni politiche. Il primo Congresso dopo la morte di Togliatti, l'XI svoltosi nel gennaio del 1966, fu il teatro del primo scontro svoltosi "alla luce del sole" dalla nascita del Partito nuovo. Le due linee politiche che si fronteggiarono furono quella di "destra" di Giorgio Amendola e quella di "sinistra" di Pietro Ingrao. Amendola, sebbene da solo non avesse la maggioranza assoluta, riuscì a mettere Ingrao in minoranza. Il voto contrario di Ingrao, per l'autorevolezza dell'esponente comunista che godeva di numerosi consensi sia all'interno che all'esterno del Partito, sancì, per la prima volta, la legittimità al dissenso politico. Il lavoro di sintesi, rivolto al "rinnovamento nella continuità", tra le diverse anime del Partito suggellò la leadership di Luigi Longo, eletto Segretario generale dopo la morte di Togliatti e degno continuatore delle politiche del defunto leader.

Luigi Longo
Nel ruolo di successore di Togliatti i due candidati più forti erano proprio Amendola ed Ingrao, ma Longo, per le garanzie di unità e continuità che dava la sua figura, che aveva ricoperto con Togliatti la carica di vicesegretario e aveva sempre con lealtà ed efficacia coadiuvato il Segretario, costituiva la soluzione migliore per la segreteria del Partito. Longo continuò nella definizione di una politica nazionale del PCI ed infatti a differenza del 1956, nel 1968, il partito si schierò contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Nel 1972 divenne segretario Enrico Berlinguer, che, sulla suggestione della crisi cilena, propose un compromesso storico tra comunisti e cattolici democratici, che avrebbe dovuto spostare a sinistra l'asse governativo, trovando qualche sponda nella corrente democristiana vicina ad Aldo Moro.
I rapporti con l'Unione Sovietica si allentarono ulteriormente quando, a opera dello stesso Berlinguer, iniziò la linea euro-comunista che cercò una qualche indipendenza dai sovietici. L'Eurocomunismo però durò poco a causa del riallineamento del Partito Comunista Francese all'URSS, il calo del peso elettorale dei comunisti spagnoli e l'acutizzarsi delle differenze interne nello stesso PCI: ma le differenze tra il PCI e il PCUS erano ormai moltissime. In seguito, nel 1981, Berlinguer giunse a dichiarare conclusa la spinta propulsiva della Rivoluzione d'ottobre.
La solidarietà nazionale [modifica]

Enrico Berlinguer
Nella seconda metà degli anni settanta si acuirono le tensioni sociali e politiche. La crisi economica-energetica, la disoccupazione, gli scioperi, il terrorismo conversero verso quello che molti hanno definito l'annus horribilis delle rivolte: il 1977: echi sessantottini vibravano di nuovo fra gli studenti, riverberi della lotta di classe animavano il "confronto", cioè il conflitto, fra i sindacati e le imprese, e molti da molte classi sociali si rivoltavano in armi contro avversari politici ed istituzioni.
Anche il PCI contestò sempre più fortemente la pregiudiziale che impediva al suo partito di accostarsi alla gestione del Paese. L'iniziativa fu lasciata a Giorgio Amendola, rappresentante prestigioso (anche per tradizione familiare) dell'ala moderata del partito e uomo capace di dialogare con i non comunisti, che proclamò che l'ora era suonata per "far parte a pieno titolo del governo". Nel febbraio del 1977 fu Ugo La Malfa a dichiarare per primo, pubblicamente, la necessità di un governo di emergenza comprendente i comunisti, ma la proposta fallì per il dissenso democristiano e socialdemocratico.
Il 1978 fu l'anno del destino, per il PCI. Iniziò presto, con un incontro subito dopo Capodanno, fra Berlinguer e Bettino Craxi, al termine del quale fu rilasciata una nota indicativa di ufficiale "identità di vedute", espressione tradotta dagli analisti come una sorta di "via libera" (o di "non nocet") del PSI alle manovre del segretario comunista. Delle quali, già cominciate da molti mesi, si poteva ora parlare anche pubblicamente. Dopo una paziente opera di ricerca di possibili strategie di accesso pur parziale al governo, Berlinguer pareva aver individuato in Aldo Moro l'interlocutore più adatto alla costruzione di un progetto concreto.
Aldo Moro era il presidente della DC, e condivideva con il segretario del PCI Enrico Berlinguer alcune caratteristiche personali che sembravano predisporre al dialogo: erano entrambi sottili intellettuali, lungimiranti politici ed abili nonché pazienti strateghi. Fu Moro a parlare per primo di possibili "convergenze parallele", sebbene non propriamente in relazione ai desiderata del politico sardo, ma fu lo stesso Moro a mobilitare l'apparato democristiano per verificare la possibilità di convertire ad utile accordo la sterile distanza che sino ad allora aveva diviso DC e PCI.
Dai clandestini iniziali contatti, sinché possibile per interposta persona, si passò in seguito ad una minima frequentazione diretta nella quale andava assumendo forma e contenuti il progetto del compromesso storico. Moro individuava nell'alleanza col PCI lo strumento che avrebbe consentito di superare il momento di gravissima crisi istituzionale e di credibilità dello stesso apparato democratico repubblicano (screditato anche dalle campagne comuniste sulla questione morale), coinvolgendo l'opposizione nel governo e dunque assicurando il minimo necessario di consenso perché il Paese potesse sopravvivere a sé stesso in simili ambasce.
Nella DC, Berlinguer vedeva invece primariamente (ma non solo semplicemente) quel possibile cavallo di Troia grazie al quale avrebbe potuto portare finalmente il suo partito alla responsabilità di governo. Entrambi, è stato sostenuto, potevano aver condiviso il timore che la crisi in cui versava il Paese potesse dar adito a soluzioni di tipo cileno, come già anni prima paventato dallo stesso Berlinguer. Il compromesso storico, in quest'ottica, poteva porre il paese al riparo da eventuali azioni dell'uno e dell'altro fronte.
Ad ogni buon conto, Berlinguer fu intanto ammesso, primo comunista italiano, a lavori para-governativi, come le riunioni dei segretari dei partiti della maggioranza, in qualità di esterno interessato.
Mentre Moro veniva definitivamente prosciolto dagli addebiti giudiziari in relazione allo scandalo Lockheed, che lo aveva infastidito sin da quando aveva cominciato a guardare ad una possibile intesa coi comunisti[senza fonte], si preparava nel marzo del 1978 una riedizione del governo Andreotti, cui il PCI avrebbe dovuto smettere di fornire appoggio esterno (nel precedente governo detto delle "non sfiducia", dal 1976, aveva garantito l'astensione, per la prima volta rinunciando al voto d'opposizione), offrendo il voto favorevole ad un monocolore DC, in attesa di una fase successiva nella quale ammetterlo definitivamente ed a pieno titolo nella compagine governativa.
Nasceva, questo governo, con alcuni membri assolutamente sgraditi al PCI, come Antonio Bisaglia, Gaetano Stammati e Carlo Donat Cattin, la cui inclusione nella compagine ministeriale era stata operata da Andreotti, nonostante le richieste di esclusione da parte del PCI; secondo una versione accreditata molti anni dopo, insieme con Alessandro Natta, capogruppo alla Camera, Berlinguer dovette sveltamente decidere se proporre alla Direzione del partito già convocata per il pomeriggio dello stesso giorno, di ritirare l'appoggio al governo.Ma la stessa mattina del 16 marzo, giorno previsto per la presentazione parlamentare del governo tanto faticosamente messo insieme, Moro fu rapito (e sarebbe poi stato ucciso) dalle Brigate Rosse. Berlinguer intuì immediatamente la "calcolata determinazione" di un attacco che pareva studiato per mandare a monte tutto il lavoro occorso per raggiungere la solidarietà nazionale e propose di concedere a questo pur non accetto governo la fiducia nel più breve tempo possibile, per potergli assicurare pienezza di funzioni in un momento cruciale della democrazia italiana.
La fiducia fu dunque votata dal PCI insieme a DC, PSI, PSDI e PRI, ma non senza che Berlinguer precisasse che l'espediente di Andreotti, che suonava di repentina modifica unilaterale di accordi lungamente elaborati, costituisse "invece un Governo che, per il modo in cui è stato composto, ha suscitato e suscita, com'è noto (ma io non voglio insistere in questo particolare momento su questo punto), una nostra severa critica e seri interrogativi e riserve"[2].
Il ritorno all'opposizione [modifica]
Se Moro non fosse stato rapito, il PCI avrebbe dato battaglia ad Andreotti, ma "sia pure faticosamente e in modo non pienamente adeguato alla situazione", gli fu risparmiato. Durante il sequestro Moro, il PCI fu tra i più decisi sostenitori del cosiddetto "fronte della fermezza", del tutto contrario a qualsiasi tipo di trattativa con i terroristi, i quali avevano chiesto la liberazione di alcuni detenuti in cambio di quella dello statista.
Dopo il tragico epilogo della vicenda di Moro, l'unico effetto di rilievo sulla DC parvero le dimissioni di Francesco Cossiga, che era ministro dell'interno. Il PCI restava fuori della compagine di governo, Berlinguer non partecipava più alle riunioni insieme ai segretari dell'arco costituzionale (anche se a livello parlamentare i contatti continuavano ad essere tenuti dal capogruppo Ugo Pecchioli), il governo Andreotti restava dov'era, sempre con Bisaglia e Stammati a bordo.
Fu nel giugno del 1978, un mese dopo la morte di Moro, che esplose con inaudita virulenza il caso del presidente della Repubblica Giovanni Leone, che grazie ad una campagna cui il PCI aveva già dato un contributo fondamentale (e che a questo punto omise di ritirare), fu costretto alle dimissioni. Oltre al rancore verso Andreotti, cui si doveva un governo diverso da quello concordato (e che avrebbe dovuto presentare dimissioni almeno di cortesia, in caso di elezione di un nuovo capo dello Stato), si è supposto che la campagna scandalistica sia stata ulteriormente indurita da Berlinguer per poter far salire al Quirinale qualcuno meno avvinto dalla pregiudiziale anticomunista di quanto non fossero stati i presidenti precedenti.
L'elezione di Sandro Pertini, oltre che gradita al PCI, piaceva a molti settori della politica. Da parte dei socialisti, nel cui partito militava, vi era ovviamente la soddisfazione per la nomina di una figura amica, che avrebbe potuto accrescere la capacità di influenza del partito craxiano. Da parte democristiana (dalla quale si era barattata la candidatura con la persistenza al governo), Pertini era ritenuto poco pericoloso, almeno fintantoché fossero proseguiti i buoni rapporti con il Garofano. Ed anche i post-risorgimentali repubblicani, guardavano a possibili riprese di prestigio (e di influenza politica) con un nuovo scenario che premiava con la carica uno degli storici partiti italiani.
L'entusiasmo di Berlinguer fu però di breve durata, poiché non solo Andreotti non si dimise, ma addirittura - dopo la caduta determinata dall'opposizione comunista all'ingresso nel primo sistema monetario europeo - successe a sé stesso, con l'Andreotti-quinquies, sul principio dell'anno successivo, per governare le inevitabili elezioni anticipate. Il PCI fu quindi escluso dalle relazioni fra i partiti della maggioranza, e si apprestò a tornare al suo ruolo di opposizione.
Il PCI si ritrovò di nuovo all'opposizione: nel decennio successivo si ritrovò completamente isolato in quanto il PSI di Bettino Craxi dopo avere a lungo oscillato, governando a livello locale sia con la DC che con il PCI, formulò stabilmente, a livello nazionale, un'alleanza di governo con la DC e con gli altri partiti laici, PSDI, PLI e PRI, denominata pentapartito, facendo pesare sempre di più, nelle richieste di posti di potere, il suo ruolo di partito di confine.

Alessandro Natta
Berlinguer, per uscire dall'isolamento, provò a ricostruire delle alleanze nella base del Paese, cercando convergenze con le nuove forze sociali che chiedevano il rinnovamento della società italiana e riprendendo i rapporti con quello che era il tradizionale riferimento sociale del PCI: la classe operaia. In quest'ottica vanno lette le battaglie contro l'installazione degli Euromissili, per la pace e, soprattutto, nella vertenza degli operai della Fiat del 1980. Il PCI in quella lotta arrivò addirittura a scavalcare il ruolo della CGIL e la sconfitta finale e quella riportata anni dopo nel referendum, che era stato fortemente voluto da Berlinguer, per difendere la scala mobile cancellata da Craxi, segnarono in maniera indelebile il Partito.
Dopo la morte di Berlinguer la segreteria passò ad Alessandro Natta, ma il partito, pur avendo ottenuto per la prima volta la maggioranza relativa nelle elezioni europee del 1984 e pur mantenendo una consistente base di massa, aveva ormai iniziato un lento e graduale declino. Nell'aprile del 1986 fu tenuto, anticipatamente a causa della disfatta dell'anno precedente nelle elezioni regionali, il XVII Congresso nazionale del PCI. Come risposta alla crisi il gruppo dirigente del Partito tentò, grazie alla decisiva spinta dell'area "migliorista" di Giorgio Napolitano, un riposizionamento internazionale del PCI proponendo il totale distacco dal movimento comunista per essere, a tutti gli effetti, parte del Partito Socialista Europeo. A questa linea si oppose duramente un piccolo gruppo organizzato da Cossutta che, in minoranza all'interno del Partito, aveva dato vita ad una vera e propria corrente organizzata sin da quando, in occasione del golpe polacco di Jaruzelski, Berlinguer aveva proclamato esaurita la "spinta propulsiva della rivoluzione d'Ottobre".
Nel maggio 1988 Natta è colto da ictus. Non è grave, ma gli vien fatto capire da alti dirigenti che non è più gradito come segretario. Natta si dimette e al suo posto viene messo il vice Achille Occhetto.
Nel marzo 1989 Occhetto lancia il "nuovo PCI" come uscirà dai lavori del XVIII Congresso nazionale.
Il 19 luglio 1989 viene costituito un governo ombra ispirato al modello inglese dello Shadow Cabinet, per meglio esplicitare l'alternativa di governo che il PCI intendeva rappresentare.

Per approfondire, vedi la voce Governo ombra del Partito Comunista Italiano.
La Caduta del Muro e lo scioglimento del PCI [modifica]

Achille Occhetto

Per approfondire, vedi la voce Svolta della Bolognina.
Il 12 novembre 1989, tre giorni dopo la caduta del muro di Berlino, Achille Occhetto annunciò "grandi cambiamenti" a Bologna in una riunione di ex partigiani e militanti comunisti della sezione Bolognina. Fu questa la cosiddetta "Svolta della Bolognina" nella quale il leader del Partito propose, prendendo da solo la decisione, di aprire un nuovo corso politico che preludeva al superamento del PCI e alla nascita di un nuovo partito della sinistra italiana.
Nel Partito si accese una discussione ed il dissenso, per la prima volta, fu notevole e coinvolse ampi settori della base. Dirigenti nazionali di primaria importanza quali Pietro Ingrao, Alessandro Natta ed Aldo Tortorella, oltre che Armando Cossutta, si opposero in maniera convinta alla svolta.
Per decidere sulla proposta di Occhetto fu indetto un Congresso straordinario del Partito, il XIX, che si tenne a Bologna nel marzo del 1990. Tre furono le mozioni che si contrapposero:
la prima mozione, intitolata Dare vita alla fase costituente di una nuova formazione politica era quella di Occhetto, che proponeva la costruzione di una nuova formazione politica democratica, riformatrice ed aperta a componenti laiche e cattoliche, che superasse il centralismo democratico. Il 67% dei consensi ottenuti dalla mozione permise la rielezione di Occhetto alla carica di Segretario generale e la conferma della sua linea politica.
la seconda mozione, intitolata Per un vero rinnovamento del PCI e della sinistra fu sottoscritta da Ingrao e, tra gli altri, da Angius, Castellina, Chiarante e Tortorella. Il PCI, secondo i sostenitori di questa mozione, doveva si rinnovarsi, nella politica e nella organizzazione, ma senza smarrire se stesso. Questa mozione uscì sconfitta ottenendo il 30% dei consensi.
la terza mozione, intitolata Per una democrazia socialista in Europa fu presentata dal gruppo di Cossutta. Costruita su un impianto profondamente ortodosso ottenne solo il 3% dei consensi.
Il XX Congresso, tenutosi a Rimini nel febbraio del 1991, fu l'ultimo del PCI. Le mozioni che si contrapposero a questo Congresso furono sempre tre, anche se con schieramenti leggermente diversi:
la mozione di Occhetto, D'Alema e molti altri dirigenti, Per il Partito Democratico della Sinistra, che ottenne il 67,46% dei voti eleggendo 848 delegati.
una mozione intermedia, Per un moderno partito antagonista e riformatore, capeggiata da Bassolino, che ottenne il 5,76% dei voti eleggendo 72 delegati.
la mozione contraria alla nascita del nuovo partito, Rifondazione comunista, nata dall'accorpamento delle mozioni di Ingrao e Cossutta, ottenne il 26,77% dei voti eleggendo 339 delegati, cioè meno rispetto alla somma dei voti delle due mozioni presentate al precedente Congresso.
Il Partito Democratico della Sinistra (PDS) e Rifondazione Comunista (PRC) [modifica]
Il 3 febbraio 1991, il PCI deliberò il proprio scioglimento, promuovendo contestualmente la costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS) con 807 voti favorevoli, 75 contrari e 49 astenuti. Il cambiamento del nome intendeva sottolineare la differenziazione politica con il partito originario accentuando l'aspetto Democratico. Una novantina di delegati della mozione Rifondazione comunista non aderì alla nuova formazione e diede vita al Movimento per la Rifondazione Comunista, che poi inglobò Democrazia Proletaria e altre formazioni comuniste minori assumendo la denominazione di Partito della Rifondazione Comunista (PRC).
Tendenze interne [modifica]
Fin dall'inizio il PCI non ha mai avuto componenti interne organizzate e riconosciute, ma piuttosto delle tendenze più o meno individuabili (inizialmente, quelle di Amendola e di Ingrao). Le correnti si sono però via via caratterizzate, fino a divenire più individuabili negli anni ottanta.
Miglioristi: rappresentavano la destra del partito. Eredi delle posizioni di Giorgio Amendola (sostanzialmente orientato verso una forma di socialismo democratico e riformista), i miglioristi erano radicati nel suo apparato e nella gestione delle "cooperative rosse". Propensi ad un "miglioramento" riformista del capitalismo, non condividevano la politica sovietica (anche se a più riprese vi si conformarono), contrastarono l'estrema sinistra del '68 e del '77 ma anche le correnti del PCI più movimentiste o "moraliste". Sostenevano il dialogo e l'azione comune con partiti come il PSDI e il PSI, quest'ultimo specialmente durante la segreteria di Craxi, di cui erano interlocutori privilegiati. Furono, con qualche eccezione, grandi sostenitori della svolta di Occhetto nel 1989 (firmando la mozione 1). Il leader tradizionale della corrente era Giorgio Napolitano (divenuto Presidente della Repubblica nel 2006); vi appartenevano inoltre Paolo Bufalini, Gerardo Chiaromonte, Napoleone Colajanni, Guido Fanti, Nilde Iotti, Luciano Lama, Emanuele Macaluso, Antonello Trombadori e altri ancora. L'area ex-diessina del PD raggruppa la maggior parte dei seguaci dei miglioristi.
Berlingueriani: Costituivano il centro del partito, erede delle posizioni di Luigi Longo. Quest'area, formata da ex-amendoliani ed ex-ingraiani, divenne più inquadrabile durante la segreteria di Berlinguer (che la guidava). Anch'essa diffidente nei confronti della Nuova sinistra (seppur meno dei miglioristi), era favorevole al distacco dalla sfera d'influenza dell'URSS per conseguire una via italiana al socialismo, alternativa a stalinismo e socialdemocrazia. Negli anni ottanta i berlingueriani, dopo il fallimento del compromesso storico con la DC, tentarono un' alternativa democratica da perseguire moralizzando il sistema partitico (questione morale), sviluppando al contempo una forte avversione al PSI di Craxi. Il centro del PCI si divise poi nell'ultimo congresso del 1989 tra favorevoli e contrari alla Svolta di Occhetto (mozioni 1 e 2), anche se poi in stragrande maggioranza confluì nel PDS. Berlingueriani erano, oltre a Natta e Occhetto (proveniente dalla sinistra), Gavino Angius, Tom Benetollo, Giovanni Berlinguer, Giuseppe Chiarante, Pio La Torre, Adalberto Minucci, Fabio Mussi, Diego Novelli, Giancarlo Pajetta, Ugo Pecchioli, Alfredo Reichlin, Franco Rodano, Tonino Tatò, Aldo Tortorella, Renato Zangheri e altri; provenienti dalla FGCI erano Massimo D'Alema, Piero Fassino, Pietro Folena, Renzo Imbeni, Walter Veltroni. Oggi sono quasi tutti divisi tra Partito Democratico e Sinistra Democratica; Minucci e Nicola Tranfaglia hanno aderito al Partito dei Comunisti Italiani (PdCI), Folena è stato eletto in Parlamento da Rifondazione in quota Sinistra europea, mentre Angius ha lasciato SD per il Partito Socialista. Alcuni sono usciti dalla politica attiva (prima Natta, poi Tortorella e Chiarante che hanno costituito l'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra).
Ingraiani: Guidati da Pietro Ingrao, tenace avversario di Giorgio Amendola nel partito, erano per definizione gli esponenti della sinistra movimentista del PCI, molto ben radicati nella FGCI e anche nella CGIL. Questa corrente era contraria a manovre politiche considerate "di destra" e sosteneva posizioni che erano definite - non sempre in modo coerente - 'marxiste-leniniste'. Era poco avvezza ad alleanze con la DC (per questo motivo molti furono gli ex-ingraiani passati con Berlinguer). Molto meno diffidente di berlingueriani e miglioristi nei confronti dei movimenti del dopo '68, riuscì ad attrarre svariati giovani proprio tra questi ultimi, spesso contrapponendoli a quelli più "ortodossi" che militavano in Democrazia Proletaria o in altre formazioni di estrema sinistra. Nel 1969 la corrente perse la componente critica legata alla rivista Il manifesto, espulsa - anche con l'appoggio di Ingrao - dal partito e poi rientratavi nell '84. I valori principali degli ingraiani erano quelli dell'ambientalismo, del femminismo, del pacifismo. Si opposero in larga parte alla Svolta della Bolognina, costituendo il nucleo principale del 'Fronte del No', cioè la mozione di minoranza più consistente (la 2). Ingraiani erano Alberto Asor Rosa, Antonio Baldassarre, Antonio Bassolino, Fausto Bertinotti, Bianca Bracci Torsi, Lucio Colletti, Aniello Coppola, Sandro Curzi, Lucio Libertini, Bruno Ferrero, Sergio Garavini, Ersilia Salvato, Rino Serri e altri; dalla FGCI provenivano Ferdinando Adornato, Massimo Brutti, Franco Giordano, Nichi Vendola. Di origine ingraiana erano, oltre agli ex-Manifesto-PdUP, anche berlingueriani come Angius, D'Alema, Fassino, Occhetto, Reichlin e altri. Oggi gli ex-ingraiani sono divisi tra sinistra PD e la maggioranza del PRC.
Cossuttiani: Forse l'unica vera e propria corrente del PCI, presente perlopiù nell'apparato partitico, comprensiva però di alcuni ex-operaisti. L'area guidata da Cossutta non voleva rompere il legame internazionalista con l'Unione Sovietica, causa di uno "strappo" lacerante che avrebbe investito anche i connotati politico-ideali in favore di una pericolosa "mutazione genetica" del partito. Erano inoltre assertori di un legame da conservare e sviluppare con tutti gli altri paesi socialisti (come quello cubano). Nel partito, giunsero a criticare con asprezza l'azione politica intrapresa da Berlinguer durante la sua segreteria, combattendo al contempo sia contro l'allontanamento progressivo dall'URSS che i tentativi di compromesso con la DC. Nel congresso della "svolta" riuscirono a conquistare solo il 3% dei voti, con una mozione (la 3), sebbene più piccola, maggiormente organizzata e meno eterogenea della seconda. Cossuttiani erano, tra gli altri, Guido Cappelloni, Gian Mario Cazzaniga, Giulietto Chiesa, Aurelio Crippa, Oliviero Diliberto, Claudio Grassi, Marco Rizzo, Fausto Sorini, Graziella Mascia. Attualmente i cossuttiani, che vengono connotati come ex-cossuttiani per la divergente strada politica intrapresa dallo stesso Cossutta (tranne Chiesa che ha seguito un diverso percorso politico-culturale) sono presenti in larga parte nel PdCI (che Cossutta ha presieduto fino alle dimissioni avvenute nel 2006) ma anche in consistenti componenti interne del Prc ("Essere Comunisti" di Claudio Grassi e Alberto Burgio, "L'Ernesto" (dal nome dell'omonima rivista) di Fosco Giannini e Andrea Catone).
Il Manifesto: Componente di origine ingraiana nata attorno alla rivista omonima, fu espulsa dal PCI nel 1969. Esponenti più significati e fondatori poi del quotidiano avente il medesimo nome furono Aldo Natoli, Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Lucio Magri, Luciana Castellina, Eliseo Milani, Valentino Parlato e Lidia Menapace. La sua dura critica alla politica dell'URSS (culminata con la condanna nel 1969 all'invasione sovietica della Cecoslovacchia) le costò la radiazione del PCI. Costituitasi come soggetto politico autonomo di Nuova sinistra, nel 1974 si unificò con il PdUP (costituito da socialisti provenienti da PSIUP e aclisti del MPL) per fondare il PdUP per il comunismo, con Magri segretario. L'unione durò poco: nel '77 l'area PSIUP-MPL uscì per confluire in Democrazia Proletaria, mentre gli ex-Manifesto inglobarono la minoranza di Avanguardia Operaia (per poco tempo) e infine il Movimento Lavoratori per il Socialismo (MLS), mantenendo il nome PdUP per il comunismo. Nel 1983 il partito presentò propri candidati nelle liste comuniste; nel 1984 confluì definitivamente nel PCI, con gli ex-militanti del MLS. Quando si tenne il congresso alla Bolognina, la maggior parte degli ex-PdUP per il comunismo aderirono al 'Fronte del No'. Magri e altri rimasero nel PDS per breve tempo, dopodiché aderirono a Rifondazione nel 1991. Nel 1995 lasciarono però il PRC con Garavini, dando vita al Movimento dei Comunisti Unitari che, tranne Magri e Castellina, confluì nei DS nel 1998. Oggi dirigenti ed esponenti del PdUP-MLS si ritrovano, con ruoli diversi in tutti i partiti della Sinistra. Vincenzo Vita, Famiano Crucianelli e Davide Ferrari sono nel PD, Luciano Pettinari in SD, mentre Franco Grillini ha aderito al PS. Del MLS, Luca Cafiero ha lasciato la politica attiva, Alfonso Gianni e Ramon Mantovani sono in Rifondazione. I fondatori veri e propri del Manifesto sono oggi fuori dalle organizzazioni di partito.
Risultati elettorali [modifica]
Il Partito Comunista Italiano fu un caso straordinario nella politica europea. Dagli anni cinquanta fino alla fine ha ottenuto una percentuale di voti tale da configurarlo come il più grande partito comunista d'Europa ed eternamente seconda forza politica italiana, ruolo che in Europa spetta di solito ai partiti socialisti.
Il suo massimo storico si ebbe nel 1976 (34,4%). Nel 1984, sull'onda emotiva per la morte di Enrico Berlinguer, il PCI operò il primo, e unico, storico sorpasso sulla Democrazia Cristiana alle Elezioni europee, diventando il primo partito italiano con il 33,33% contro il 32,97% della DC. In diverse occasioni, in particolare nel periodo della collaborazione a sinistra tra PCI e PSI (1975-1985), varie importanti città, specie quelle a vocazione industriale, furono amministrate da sindaci del PCI (Roma, Firenze, Genova, Torino, Napoli), oltre a Bologna che ebbe ininterrottamente sindaci comunisti dal 1946 al 1991.
Il vertice del Pci [modifica]
Segretari generali [modifica]
I primi due statuti del Pcd'I (1921 e 1922) non prevedevano la figura del «Segretario generale». Fino al gennaio 1926 il partito era retto da un Comitato Esecutivo ristretto che lavorava collegialmente e all'interno del quale era al massimo rintracciabile un «redattore capo» (art. 47 dello Statuto del 1921) o «segretario» (art. 51). Al III Congresso il CE mutò nome in Ufficio Politico e all'interno di questo fu individutata la figura del segretario generale[3].
Dopo l'arresto di Gramsci nel novembre 1926, la carica di segretario restò comunque formalmente ricoperta dal comunista sardo, ma di fatto l'organizzazione clandestina iniziò ad avere un capo presso Mosca (il centro estero) e uno in Italia (centro interno).
Furono pertanto a capo del Partito:
Amadeo Bordiga (gennaio 1921 - marzo 1923)
Palmiro Togliatti & Angelo Tasca (giugno 1923 - agosto 1924)
Antonio Gramsci (agosto 1924 - gennaio 1926)
Furono segretari generali:
Antonio Gramsci (gennaio - novembre 1926)
Camilla Ravera (1927-1930)
Palmiro Togliatti (1930 - 1934)
Ruggero Grieco (1934 - 1938)
Palmiro Togliatti (1938 - agosto 1964)
Luigi Longo (agosto 1964 - marzo 1972)
Enrico Berlinguer (marzo 1972 - giugno 1984)
Alessandro Natta (giugno 1984 - giugno 1988)
Achille Occhetto (giugno 1988 - febbraio 1991)
Presidenti [modifica]
Luigi Longo (1972-1980)
Alessandro Natta (1989-1990)
Aldo Tortorella (1990-1991)
Organigrammi del vertice nazionale [modifica]
I congressoComitato Centrale: Amadeo Bordiga, Ambrogio Belloni, Nicola Bombacci, Bruno Fortichiari, Egidio Gennari, Antonio Gramsci, Ruggero Grieco, Anselmo Marabini, Francesco Misiano, Giovanni Parodi, Luigi Polano (Fgcd'I), Luigi Repossi, Cesare Sessa, Ludovico Tarsia, Umberto Terracini, Antonio Borgia.Comitato Esecutivo: Bordiga, Fortichiari, Grieco, Repossi, Terracini.
II congressoComitato Centrale: Bordiga, Isidoro Azzario, Vittorio Flecchia, Fortichiari, Leopoldo Gasparini, Gennari, Ennio Gnudi, Gramsci, Grieco, Marabini, Repossi, Sessa, Terracini, Palmiro Togliatti, Giuseppe Berti (Fgcd'I); nel marzo 1923 cooptazione di Antonio Graziadei e Angelo Tasca.Comitato Esecutivo: Bordiga, Fortichiari, Grieco, Repossi, Terracini; nel marzo 1923 cooptazione di: Mauro Scoccimarro, Togliatti. CE dimissionario nel marzo 1923 e sostituito nel luglio 1923 con Fortichiari, Scoccimarro, Tasca, Togliatti, Giuseppe Vota; in autunno dimissioni di Fortichiari sostituito da Gennari.
V congresso CominternComitato Centrale: Gramsci, Aladino Bibolotti, Gennari, Gnudi, Fabrizio Maffi, Mario Malatesta, Gustavo Mersù, Scoccimarro, Tasca, Terracini, Togliatti, Giuseppe Tonetti.Supplenti per cooptazione: Flecchia, Alfonso Leonetti, Camilla Ravera, Giovanni Roveda, Giacinto Menotti Serrati.Comitato Esecutivo: Gramsci, Maffi, Mersù, Scoccimarro, Togliatti.Supplenti:Bibolotti, Gennari, Malatesta, Tasca, Terracini, Tonetti.Ufficio di Segreteria: Gramsci, Giuseppe Di Vittorio, Grieco, Mersù, Ravera, Scoccimarro, Giovanni Srebnic, Togliatti.
III congressoComitato Centrale: Gramsci, Luigi Allegato, Luigi Bagnolati, Luigi Ceriana, Flecchia, Gennari, Gnudi, Grieco, Alfonso Leonetti, Fabrizio Maffi, Antonio Oberti, Paolo Ravazzoli, Camilla Ravera, Scoccimarro, Giacinto Menotti Serrati, Tasca, Terracini, Togliatti, Bordiga, Carlo Venegoni e un operaio di Trieste (Luigi Frausin?). Membri candidati: Azzario, Teresa Recchia, Giovanni Roveda, Pietro Tresso.Ufficio Politico: Gramsci, Grieco, Ravera, Ravazzoli, Scoccimarro, Terracini, Togliatti; nel novembre 1926 arresto di Gramsci, Scoccimarro e Terracini sostituiti nell'UP da Leonetti, Tasca e Tresso e l'esclusione di Ravazzoli; Candidato: Ignazio Silone.
VI congresso CominternComitato Centrale: Gennari, Gnudi, Grieco, Leonetti, Luigi Longo, Ravazzoli, Ravera, Silone, Tasca, Togliatti, Tresso; Candidati cooptati nell'ottobre 1928: Di Vittorio, Giuseppe Dozza, Giovanni Germanetto, Teresa Recchia, Pietro Secchia.Ufficio Politico: Grieco, Leonetti, Ravazzoli, Ravera, Silone, Tasca, Togliatti, Tresso, Secchia (Fgcd'I); Candidato: Luigi Longo (Fgcd'I a Mosca).Ufficio di Segreteria: Grieco, Ravera, Secchia, Togliatti.
«La svolta» del 1929Comitato Centrale: Di Vittorio, Dozza, Gennari, Germanetto, Gnudi, Grieco, Longo, Ravera, Togliatti; Candidati: Frausin, Antonio Vincenzo Gigante, Battista Santhià.Ufficio Politico: Grieco, Longo, Ravera, Secchia, Togliatti.Nel 1929 espulsione di Tasca; nel 1930 espulsione di Bordiga, Leonetti, Ravazzoli, Tresso; nel 1931 espulsione di Silone.
IV congressoComitato Centrale: Berti, Luigi Ceriana, Gaetano Chiarini, Domenico Ciufoli, Di Vittorio, Dozza, Frausin, Gennari, Germanetto, Gnudi, Grieco, Longo, Ernesto Oliva, Santhià, Togliatti, Tonini, Viana, Gorizia un operaio, Torino da, Trieste designarsi, Fgcd'I un giovane (Gian Carlo Pajetta?); Candidati: Vincenzo Bianco, Luigi Lomellina, Mario Montagnana, Giordano Pratolongo, Francesco Roccati, «Sesto», Ezio Zanelli; Cooptati in seguito: Luigi Amadesi, Luigi Grassi.Ufficio Politico: Di Vittorio, Dozza, Grieco, Longo, Santhià, Togliatti, (G. C. Pajetta?).
VII congresso CominternComitato Centrale: Giuseppe Amoretti, Bibolotti, Ciufoli, Di Vittorio, Dozza, Gennari, Gnudi, Grieco, Longo, Cesare Massini, Montagnana, Celeste Negarville, Teresa Noce, Agostino Novella, Attilio Tonini, Luigi Viana, Zanelli; Candidati: Luigi Borelli, Rigoletto Martini.Ufficio Politico: Di Vittorio, Gennari, Grieco, Longo, Montagnana, Negarville.
agosto 1938 (scioglimento del CC)Centro di riorganizzazione: Berti, Di Vittorio, Grieco, Antonio Roasio.Centro ideologico: Berti, Di Vittorio, Grieco, Umberto Massola, Negarville, Novella, Roasio.
V congressoDirezione: Togliatti Palmiro (Segr. Gen.), Longo Luigi (Vice Segr. Gen.), Amendola Giorgio, Colombi Arturo, Di Vittorio Giuseppe, Li Causi Girolamo, Massola Umberto, Negarville Celeste, Novella Agostino, Pajetta Gian Carlo, Roasio Antonio, Roveda Giovanni, Scoccimarro Mauro, Secchia Pietro, Sereni Emilio, Spano Velio.Segreteria: Togliatti, Longo, Novella, Scoccimarro, Secchia.
VI congressoDirezione: Togliatti (Segr. Gen.), Longo (Vice Segr. Gen.), Amendola, Colombi, Di Vittorio, D’Onofrio Edoardo, Li Causi, Negarville, Noce Teresa, Novella, Pajetta Gian Carlo, Roasio, Rossi Giuseppe, Roveda, Scoccimarro, Secchia (Vice Segr. Gen.), Sereni, Spano.Segreteria: Togliatti, Longo, Novella, Scoccimarro, Secchia.(17 febbraio 1948: Secchia designato vise segretario generale; agosto '48: muore Rossi; 3 novembre 1949: Novella esce dalla segreteria e dli subentra Edoardo D’Onofrio)
VII congressoDirezione: Togliatti (Segr. Gen.), Longo (Vice Segr. Gen.), Secchia (Vice Segr. Gen.), Amendola, Colombi, Di Vittorio, D’Onofrio, Grieco, Li Causi, Negarville, Noce, Novella, Pajetta Gian Carlo, Roasio, Roveda, Scoccimarro, Sereni, Spano.Segreteria: Togliatti, Longo, Secchia, D’Onofrio, Scoccimarro.
IV Conferenza di organizzazioneDirezione: Togliatti (Segr. Gen.), Longo (Vice Segr. Gen.), Amendola, Colombi, Di Vittorio, D’Onofrio, Dozza Giuseppe, Grieco, Li Causi, Negarville, Novella, Pajetta Gian Carlo, Roasio, Roveda, Scoccimarro, Secchia, Sereni, Spano, Terracini.Segreteria: Togliatti, Longo, Amendola, Colombi, D’Onofrio, Pajetta Gian Carlo, Scoccimarro.(luglio '55: muore Grieco)
VIII congressoDirezione: Togliatti, Longo, Alicata, Giorgio Amendola, Colombi, Di Vittorio, Dozza, Ingrao, Li Causi, Novella, G.C. Pajetta, Pellegrini, Roasio, Romagnoli, Scoccimarro (presidente Ccc), Sereni, Spano, Terracini, Trivelli (Fgci).(novembre '57: morte di Di Vittorio; luglio '58: cooptati Bufalini e Scheda).Segreteria: Togliatti, Longo, Amendola, Bonazzi, Bufalini, Ingrao, G.C. Pajetta.(luglio '58: esce Bufalini, entra E. Berlinguer).
IX congressoDirezione: Togliatti, Longo, Alicata, Alinovi, Amendola, Berlinguer, Bufalini, Colombi, Cossutta, Ingrao, Macaluso, Novella, G.C. Pajetta, Roasio, Romagnoli, Scheda, Scoccimarro (presidente Ccc), Sereni, Terracini, Trivelli (Fgci).(ottobre '60: Serri sostituisce Trivelli (Fgci); ottobre '62: Occhetto sostituisce Serri (Fgci)).Segreteria: Togliatti, Longo, Amendola, Barontini, Ingrao, G.C. Pajetta.(marzo '60: entra Luciano Barca)Ufficio di segreteria: Longo, Barca, Barontini.
X congressoDirezione: Togliatti, Longo, Alicata, Amendola, Berlinguer, Bufalini, Colombi, Cossutta, Ingrao, Nilde Jotti, Macaluso, Napolitano, Novella, G.C. Pajetta, Pecchioli, Romagnoli, Scheda, Scoccimarro (presidente Ccc), Sereni, Terracini, Occhetto (Fgci).(dicembre '63: cooptati galluzzi, Lama, Miana, Natta, Reichlin; agosto '64: muore Togliatti, Longo segretario).Segreteria: Togliatti, Longo, Amendola, Berlinguer, Ingrao, Natta, G.C. Pajetta.(dicembre '63: entrano Alicata e Macaluso; agosto '64: muore Togliatti, Longo segretario).Ufficio di segreteria: Berlinguer (responsabile), Natta, Calamandrei, Di Giulio, Flamigni.(febbraio '65: entra Luigi Pintor).
XI congressoDirezione:Longo, Alicata, Amendola, Berlinguer, Bufalini, Chiaromonte, Colombi, Cossutta, Di Giulio, Fanti, Lina Fibbi, Galluzzi, Ingrao, Jotti, Lama, La Torre, Macaluso, Miana, Napolitano, Natta, Novella, G.C. Pajetta, Pecchioli, Reichlin, Romagnoli, Scheda, Scoccimarro (presidente Ccc), Sereni, Terracini, Tortorella, Occhetto (Fgci).(febbraio '66: muore Romagnoli; luglio '66: entra Petruccioli (Fgci), esce Occhetto; ottobre '66: cooptati Alinovi e Occhetto).Ufficio politico: Longo, Alicata, Amendola, Berlinguer, Ingrao, Napolitano, Novella, G.C. Pajetta, Pecchioli.(dicembre '66: muore Alicata; luglio '67: entra Macaluso).Segreteria: Longo, Bufalini, Cossutta, Macaluso, Napolitano, Natta.(febbraio '66: entra Di Giulio; luglio '67: esce Macaluso, entra Occhetto).
XII congressoDirezione: Longo, Berlinguer, Alinovi, Amendola, Bufalini, Cavina, Chiaromonte, Colombi (presidente Ccc), Cossutta, Di Giulio, Fanti, Galluzzi, Ingrao, Jotti, Lama, Macaluso, Minucci, Napolitano, Natta, Novella, Occhetto, G.C. Pajetta, Pecchioli, Reichlin, Romeo, Scheda, Scoccimarro, Sereni, Adriana Seroni, Terracini, Tortorella, Petruccioli (Fgci).(marzo '69: entra G.F. Borghini, Fgci, esce Petruccioli; aprile '70: dimissioni per incompatibilità di Lama e Scheda; gennaio '72: muore Scoccimarro).Ufficio politico: Longo, Berlinguer, Amendola, Ingrao, Macaluso, Napolitano, Novella, G.C. Pajetta, Tortorella.(luglio '69: dimissioni Novella dal sindacato; aprile '70: cooptato Novella; ottobre '70 cooptato Natta).Segreteria: Longo, Berlinguer, Bufalini, Cossutta, Di Giulio, Natta, Pecchioli.(ottobre '70: esce Natta, entra Galluzzi).
XIII congressoDirezione (38 membri): Berlinguer, Longo, Alinovi, Amendola, Luciano Barca, Bufalini, Cavina, Chiaromonte, Colombi (presidente Ccc), Cossutta, Di Giulio, Fanti, Vincenzo Galetti, Galluzzi, Ingrao, Jotti, Macaluso, Minucci, Napolitano, Natta, Novella, Occhetto, G.C. Pajetta, Pecchioli, Edoardo Perna, Luigi Petroselli, Elio Quercioli, Reichlin, Romeo, Sereni, Seroni, Rino Serri, Terracini, Tortorella, Borghini (Fgci). (giugno '72: Renzo Imbeni, Fgci, sostituisce Borghini; luglio '72 cooptati per confluenza del Psiup: Domenico Ceravolo, Dario Valori, Tullio Vecchietti; settembre'74: muore Novella)Ufficio politico: Berlinguer, Longo, Amendola, Bufalini, Chiaromonte, Cossutta, Di Giulio, Galluzzi, Ingrao, Macaluso, Napolitano, Natta, Novella, Pajetta, Pecchioli, Reichlin, Tortorella. (luglio '72 cooptati: Valori, Vecchietti).Segreteria: Berlinguer, Bufalini, Cossutta, Di Giulio, Galluzzi, Pajetta, Pecchioli.
XIV congresso
XV congresso
XVI congressoDirezione (34 membri): Berlinguer Enrico (Segr. Gen.), Angius Gavino, Barca Luciano, Bassolino Antonio, Borghini Gianfranco, Bufalini Paolo, Cervetti Giovanni, Chiarante Giuseppe, Chiaromonte Gerardo, Colajanni Luigi (cooptato il 10 maggio 1982), Cossutta Armando, D’Alema Massimo, Fassino Piero, Guerzoni Luciano, Ingrao Pietro, Jotti Leonilde, Macaluso Emanuele, Minucci Adalberto, Napolitano Giorgio, Natta Alessandro (Pres. della CCC), Occhetto Achille, Pajetta Gian Carlo, Pecchioli Ugo, Perna Edoardo, Quercini Giulio, Reichlin Alfredo, Seroni Adriana, Terracini Umberto, Tortorella Aldo, Trupia Lalla, Vecchietti Tullio, Ventura Michele, Zangheri Renato, Fumagalli Marco (invitato come Segr. Gen. FGCI).Segreteria: Berlinguer (Segr. Gen.), Chiaromonte, Minucci, Pajetta, Pecchioli, Reichlin, Seroni, Tortorella, Zangheri.
XVII congressoDirezione (39 membri): Alessandro Natta, Antonio Bassolino, Giovanni Berlinguer, Gianfranco Borghini, Bufalini, Gianni Cervetti, Chiaromonte, Luigi Colajanni, Piero Fassino, Pietro Ingrao, Luciano Lama, Emanuele Macaluso, Adalberto Minucci, Fabio Mussi, Gianni Pellicani, Claudio Petruccioli, Giulio Quericin, Umberto Ranieri, Alfredo Reichlin, Roberto Speciale, Aldo Tortorella, Lalla Trupia, Livia Turco, Michele Ventura, ....Segreteria: Alessandro Natta, Massimo D'Alema, Piero Fassino, Fabio Mussi, Achille Occhetto, Gianni Pellicani, Claudio Petruccioli, Livia Turco(luglio '87: Occhetto vicesegretario; giugno '88: Occhetto sostituisce Natta)
XVIII congressoDirezione (50 membri): Achille Occhetto, Silvano Andriani, Gavino Angius, Tiziana Arista, Antonio Bassolino, Luigi Berlinguer, Goffredo Bettini, Gianfranco Borghini, Claudio Burlando, Luciana Castellina, Gian Mario Cazzaniga, Cristina Cecchini, Giuseppe Chiarante, Gerardo Chiaromonte, Vannino Chiti, Luigi Colajanni, Massimo D’Alema, Silvana Dameri, Biagio De Giovanni, Piero Fassino, Pietro Folena, Francesco Ghirelli, Luciano Guerzoni, Renzo Imbeni, Nilde Jotti, Emanuele Macaluso, Lucio Magri, Fabio Mussi, Giorgio Napolitano, Ugo Pecchioli, Gianni Pellicani, Claudio Petruccioli, Barbara Pollastrini, Giulio Quercini, Umberto Ranieri, Alfredo Reichlin, Alfonsina Rinaldi, Antonio Rubbi, Ersilia Salvato, Mario Santostasi, Pino Soriero, Giglia Tedesco, Aldo Tortorella, Lalla Trupia, Lanfraco Turci, Livia Turco, Walter Veltroni, Davide Visani, Roberto Vitali, Renato Zangheri.Segreteria: Achille Occhetto, Antonio Bassolino, Massimo D'Alema, Piero Fassino, Fabio Mussi, Claudio Petruccioli, Livia Turco, Walter Veltroni.
XIX congressoDirezione (43 membri: 3 di diritto, 27 mozione 1, 12 mozione 2, 1 mozione 3): Achille Occhetto, Aldo Tortorella, Giglia Tedesco (presidente garanti), Massimo D'Alema, Antonio Bassolino, G.C. Pajetta, Claudio Petruccioli, Livia Turco, Alfonsina Rinaldi, ..., Gavino Angius, Gianni Aresta, Alberto Asor Rosa, Fulvia Bandoli, Maria Luisa Boccia, Luciana Castellina, Giuseppe Chiarante, Marco Fumagalli, Sergio Garavini, Lucio Magri, Adalberto Minucci, Ersilia Salvato, Armando Cossutta.Segreteria: Achille Occhetto, Massimo D'Alema, Antonio Bassolino, Claudio Petruccioli, Umberto Ranieri, Giulia Rodano, Cesare Salvi, Livia Turco.
Capigruppo alla Camera [modifica]
Luigi Longo (1946-1947)
Palmiro Togliatti (1947-1964)
Pietro Ingrao (1964-1972)
Alessandro Natta (1972-1979)
Fernando Di Giulio (1979-1981)
Giorgio Napolitano (1981-1986)
Renato Zangheri (1986-1990)
Giulio Quercini (1990-1991)
Capigruppo al Senato [modifica]
Gerardo Chiaromonte (1983-1986)
Ugo Pecchioli (1986-1991)
Congressi [modifica]
I Congresso - Livorno, 21 gennaio 1921 - Chiusura del diciassettesimo congresso del PSI
II Congresso - Roma, 20-24 marzo 1922
III Congresso - Lione, 20-26 gennaio 1926, in esilio
IV Congresso - Colonia, 14-21 aprile 1931, in esilio
V Congresso - Roma, 29 dicembre 1945 - 6 gennaio 1946
VI Congresso - Milano, 4-10 gennaio 1948
VII Congresso - Roma, 3-8 aprile 1951
VIII Congresso - Roma, 8-14 dicembre 1956
IX Congresso - Roma, 30 gennaio - 4 febbraio 1960
X Congresso - Roma, 2-8 dicembre 1962
XI Congresso - Roma, 25-31 gennaio 1966
XII Congresso - Bologna, 8-15 febbraio 1969
XIII Congresso - Milano, 13-17 marzo 1972
XIV Congresso - Roma, 18-23 marzo 1975 - Intesa e lotta di tutte le forze democratiche e popolari per la salvezza e la rinascita dell'Italia
XV Congresso - Roma, 30 marzo - 3 aprile 1979 - Avanzare verso il socialismo in Italia e in Europa. Nella pace e nella democrazia. Unità delle forze operaie, popolari e democratiche
XVI Congresso - Milano, 2-6 marzo 1983 - Un'alternativa democratica per rinnovare l'Italia
XVII Congresso - Firenze, 9-13 aprile 1986 - Un moderno partito riformatore. Un programma, una alternativa per l'Italia e per l'Europa
XVIII Congresso - Roma, 18-22 marzo 1989 - Il nuovo Pci in Italia e in Europa. È il tempo dell'alternativa
XIX Congresso - Bologna, 7-11 marzo 1990 - Una nuova fase per la sinistra
XX Congresso - Rimini, 31 gennaio - 3 febbraio 1991
Conferenze Nazionali [modifica]
I Conferenza Nazionale - Como, maggio 1924
II Conferenza Nazionale - Basilea, 22-26 gennaio 1928
Conferenza straordinaria - Parigi, 11-13 agosto 1939
III Conferenza Nazionale - Firenze, 6-10 gennaio 1947
IV Conferenza Nazionale - Roma, 9-14 gennaio 1955
V Conferenza Nazionale - Napoli, 12-15 marzo 1964
Consigli Nazionali [modifica]
I Consiglio Nazionale - Napoli, 30 marzo - 1º aprile 1944
II Consiglio Nazionale - Roma, 7-10 aprile 1945
III Consiglio Nazionale - Roma, 15-17 aprile 1953 - Per un governo di pace e di riforme sociali per un'Italia democratica e indipendente
IV Consiglio Nazionale - Roma, 3-5 aprile 1956
V Consiglio Nazionale - Roma, 9-10 aprile 1958
VI Consiglio Nazionale - Roma, 24 settembre 1960
Bibliografia [modifica]
Libri [modifica]
Aldo Agosti, Storia del Partito comunista italiano 1921-1991, Roma-Bari, Laterza, 1999. ISBN 88-420-5965-X
Eva Paola Amendola, Storia fotografica del partito comunista italiano. 2 vol. Roma, Editori riuniti, 1986
Giorgio Amendola, Storia del Partito Comunista Italiano 1921-1943, Roma, Editori Riuniti, 1978
Luciano Barca, Cronache dall'interno del vertice del PCI. 3 vol. Soveria Mannelli, Rubbettino editore, 2005. ISBN 88-498-1257-4
Alberto Cecchi (a cura di), Storia del P.C.I. attraverso i congressi - dal dopoguerra a oggi, Roma, Newton Compton editori, 1977
Giorgio Galli, Storia del PCI: Livorno 1921, Rimini 1991, Milano, Kaos edizioni, 1993. ISBN 88-7953-030-5
Alexander Höbel, Il Pci di Luigi Longo (1964-1969), Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2010. ISBN: 9788849520378
Alexander Höbel (a cura di), Il Pci e il 1956. Testi e documenti, Napoli, La Città del Sole, 2006
Piero Ignazi, Dal PCI al PDS, Bologna, il Mulino, 1992. ISBN 88-15-03413-7
Lucio Magri, Il sarto di Ulm. Una possibile storia del Pci, Milano, Il Saggiatore, 2009
Giuseppe Carlo Marino, Autoritratto del Pci staliniano 1946-1953, Roma, Editori Riuniti, 1991. ISBN 88-359-3434-6
Renzo Martinelli, Storia del Partito Comunista Italiano. 6: Il "partito nuovo" dalla Liberazione al 18 aprile, Torino, Einaudi, 1995. ISBN 88-06-13877-4
Renzo Martinelli, Giovanni Gozzini, Storia del Partito Comunista Italiano. 7: Dall'attentato a Togliatti all'VIII congresso, Torino, Einaudi, 1998. ISBN 88-06-14905-9
Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, 5 voll., Torino, Einaudi, 1967-1975
Umberto Terracini, Come nacque la Costituzione, Roma, Editori Riuniti, 1997. ISBN 8835942586
Albertina Vittoria, Storia del PCI 1921-1991, Roma, Carocci, 2006. ISBN 88-430-3894-X
Saggi e articoli [modifica]
Luciano Pellicani, Mondolfo e Gramsci di fronte alla Rivoluzione bolscevica, in "Mondoperaio", n. 2, 2001, pp. 105–110
Voci correlate [modifica]
Manifesto del Partito Comunista
Comunismo
Movimenti comunisti
Storia del Partito Comunista d'Italia
Partito Comunista del Territorio Libero di Trieste
Eurocomunismo
CGIL
ARCI
Lega delle Cooperative
Unipol
Apparato paramilitare del PCI (1945-55)
Governo ombra del Partito Comunista Italiano
Partito Democratico della Sinistra (PDS)
Partito della Rifondazione Comunista (PRC)
Sinistra Indipendente
Note [modifica]
^ Elena Aga-Rossi - Victor Zaslavsky : Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca - Capitolo: L'insurrezione armata e le elezioni del 1948 - pag 239-240 - Editore: Il Mulino data publ.: 2007
^ Intervento di Berlinguer sulla Fiducia al Governo Andreotti nella seduta della Camera dei deputati del 16 marzo 1978, pagina 14523
^ Paolo Spriano, Storia del Partito Comunista Italiano, I, Da Bordiga a Gramsci, Einaudi, Torino 1967.
Altri progetti [modifica]
Wikimedia Commons contiene file multimediali sul Partito Comunista Italiano
Collegamenti esterni [modifica]
Sito ufficiale dei DS
Sito ufficiale del PRC
Sito ufficiale del PdCI
La storia del Partito Comunista Italiano Sito sulla storia del Pci
L'attentato a Togliatti La Storia siamo Noi - Rai Educational
Enrico Berlinguer. un ricordo La Storia siamo Noi - Rai Educational
Una scelta di vita - La storia della formazione dei dirigenti del PCI La Storia siamo Noi - Rai Educational

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Categorie: Partito Comunista Italiano Partiti politici italiani (passato) Partiti comunisti

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