Pietro Berti

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VILLA BERTI - IMOLA VIA BEL POGGIO 13

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Anchorage

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mercoledì 16 febbraio 2011

FLI: Bocchino alla guida di Futuro e Libertà. Senatori in fuga da FLI



I senatori prendono a sberle Fini: è a fine corsa
di Salvatore Tramontano
Il Terzo polo è già nei guai: il capogruppo a Palazzo Madama Viespoli si dimette contro la linea imposta dal leeader, che ha affidato il partito a Bocchino. Ma gli altri lo rieleggono: "Garantirà il posizionamento nel centrodestra". BLOG
L'utima giravolta di Gianfry: parla come Di Pietro di Alberto Taliani
La battuta che circola in queste ore è una sferzata sul destino politico di Gianfranco Fini: non si è mai visto un partito perdere voti il giorno del suo congresso costitutivo. I sondaggi dicono che Futuro e libertà è sceso al 3,7 per cento. I dati sembrano perfino troppo ottimistici. Quella che doveva essere la destra che piace alla sinistra è un aborto. Si incontrano, si battezzano, il capo sceglie come profeta il suo uomo più antipatico, e il Fli è già sbrindellato. Le colombe volano via e organizzano la diaspora dei dissidenti. Si sono rese conto che il Pdl era un porto meno circense. Prima sono fuggiti gli intellettuali, ora tocca a gente come Urso e Viespoli. Nessuno si fida più di Fini. Non capiscono come si possa lasciare il partito in mano alle furbate di Bocchino e al fondamentalismo di Granata. Sono delusi, rammaricati, con (...) (...) una buona dose di rimpianti negli occhi e l’amarezza di chi per Gianfranco ha scommesso una carriera politica. Il risultato è imbarazzante.Il Fli ha perso tutte le battaglie. È stato frettoloso nelle scelte. Ha provato a sfiduciare il governo senza avere in tasca i numeri ma con un’arroganza senza giustificazioni. Si sono fatti usare, inebriati dagli applausi che arrivavano dai salotti di sinistra e dalla benedizione fatale di Repubblica. Quando si sono accorti di essere solo uno strumento era troppo tardi. Gli applausi ai finiani erano gli stessi regalati a Spatuzza o al figlio di Ciancimino. Poi le luci si sono spente e il Fli è apparso quello che è, un partito marginale, con la sola prospettiva di fare la ruota di scorta a Casini. I finiani come servi sciocchi dell’Udc. Niente di più o di meno dell’Api di Rutelli.Fini non ascolta. Agli uomini della diaspora risponde con un secco: «Il Fli vuole rifondare il centrodestra. L’organigramma è in linea con questa volontà. Quindi tutti i rilievi sono infondati». Buonanotte. A questo punto ci sarà una guerra tra bande e dopo la scissione. Il prossimo congresso del Fli si farà in una cabina telefonica. L’alternativa è liberarsi di Fini e tornare a casa. Non sono pochi i dissidenti. La prova arriva dalla mossa, intelligente, di Pasquale Viespoli. Fini lo aveva nominato capogruppo a Palazzo Madama. Lui si è dimesso. Un quarto d’ora dopo è stato rieletto all’unanimità dai senatori. Quei quindici minuti cambiano tutto. Il Viespoli nominato da Fini è ostaggio del padroncino. Il Viespoli eletto risponde solo ai senatori. Particolare interessante: la linea politica di Viespoli non è la stessa di Fini. Il capogruppo ha avuto un mandato preciso: «Assicurare il posizionamento politico del partito nel centrodestra». Questo significa niente alleanze elettorali con il Pd. Non alle politiche e neppure alle amministrative. Le colombe fanno capire che si sentono di destra. Non sono diventati all’improvviso fondamentalisti dell’antiberlusconismo. Come ha detto un parlamentate post-finiano a Montecitorio: «Ci sarà una differenza tra il Fli e Di Pietro. Non basta un ordine per farci digerire Santoro».L’ingenuità dei finiani dissidenti è stata fidarsi di Fini, una giacca senza morale. La coerenza non gli appartiene. Non si fa scrupolo a restare incollato alla poltrona di presidente della Camera. Non finge neppure più di essere super partes e liquida con uno sguardo di disprezzo chi gli ricorda che è stato nominato da una maggioranza che ora vuole affossare. È lo stesso Fini che nel ’94, dopo il ribaltone, chiedeva le dimissioni di Irene Pivetti. Così: «La terza carica dello Stato deve essere super partes, non può dire ora non parlo come presidente della Camera. È stata eletta da coloro che ritiene irresponsabili, traditori e persino attentatori della democrazia. Se esprime giudizi netti e polemici senza mettere in dubbio che parla come singolo parlamentare o privato cittadino non può fare il presidente della Camera». Ma adesso anche i finiani sanno chi c’è sotto la maschera. La faccia di Fini ha questa fortuna: è senza memoria. Gli scivola tutto. fonte: http://www.ilgiornale.it/interni/i_senatori_prendono_sberle_fini_e_fine_corsa/fini-fli-terzo_polo-viespoli-guai-dimissioni-camera-presidente-gianfranco-senato-palazzo-madama/16-02-2011/articolo-id=506221-page=1-comments=1

Ai margini del Congresso FLI
di Rosario Amico Roxas
15 febbraio 2011 - Appare già un parto difficile, con complicazioni inattese, il tutto fornendo al cavaliere l’argomento che predilige, descrivendo le altrui difficoltà per nascondere le sue.Più che di divisione, parlerei di mancanza di chiarezza e di informazione, sia interna che esterna. Identificarsi come “partito di destra”, alternativo al “partito di sinistra” non porta da nessuna parte, e questo perché è svanito il concetto di destra e sinistra, anche perché, entrambi, si appoggiano al centro in un centro-sinistra e un centro-destra.
La gente, gli elettori, abbagliati dai media che fanno di tutto per disinformare, cose ne sanno di destra e di sinistra ? Il tentativo di attirare gli elettori dichiaratamente di destra, non basta per farli votare, perché la stragrande maggioranza non ha capito niente e così preferisce non votare.
L’’impressione ricevuta da questo congresso, addirittura fondativo, rimane quello di una mancanza di chiarezza, peggiorato dalle ambizioni di poltrone o incarichi. La gente non capisce o preferisce non capire, mentre le tante attese che erano state riposte nell’’azione di Fini, scemano come neve al sole.
Perché insistere con questo nostalgico impegno al richiamo di una destra che non esiste più, massacrata dagli interessi personale dell’’uomo che si è impadronito delle parole non conoscendo i contenuti ? Così come non esiste la sinistra, messa in ginocchio da un frazionismo fazioso e inconcludente, fatte salve pochissime eccezioni.
Mi piacerebbe molto un confronto approfondito tra Fini e Ventola, ne uscirebbe la documentazione di quanto sto scrivendo: che destra e sinistra non hanno più ragione di esistere se non nel codice della strada.
Se la destra si identifica con il capitalismo, allora è morta nell’e catombe del capitalismo; se la sinistra cerca di identificarsi, esclusivamente, con il sostegno alle classi più fragili e più povere, ha sbagliato secolo, ed oggi si riduce a sostenere “Anche i ricchi piangono” !Il capitalismo non è in crisi, perché il capitalismo e la crisi che si materializza nell’ ’accorpamento dei mezzi di produzione, per imporre consumi superflui destinati a vivere una brevissima vita effimera, ed esercitare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, esasperando lo stato di necessità.
Il socialismo reale è finito con il muro di Berlino; lo ha resuscitato Berlusconi, ma solo per avere un nemico (già morto) da combattere, così è diventato una marionetta alla quale attribuire tutti gli aspetti negativi; ma in molti non sanno prenderne le distanze. C’è una sola collocazione possibile per guardare al futuro, che non è a destra né a sinistra, bensì “sopra”. Possiamo parlarne ? fonte: http://www.blogsicilia.it/blog/ai-margini-del-congresso-fli/31110/
Fli e l’irresistibile attrazione per la confusione
di Biagio Marzo

Nel momento peggiore della politica internazionale e nazionale si è costituito il partito di Futuro e Libertà. Tra il sommovimento inedito dnei paesi del Maghreb e la fase economica in cui si trova l’unione europea, nel congresso di Milano di Fli si è naturalmente parlato d’altro, come se quello che sta succedendo all’esterno non sono problemi che toccano direttamente l’Italia.Il Congresso costituente di Fli in ogni caso è terminato con molte ombre e poche luci, perché l’aver trasformato il movimento in partito, non significa aver trovato una strategia politica e una classe dirigente. Fli non ha avuto il successo sperato, perché non si capisce dove vorrebbe andare a parare tant’è che il vertice a cui dovrebbe essere affidato la guida del partito è uscito con le ossa rotte, tante erano le divisioni.Così la nuova destra alternativa al berlusconismo di cui Fini si è fatto promotore è una sorta di Araba Fenice. Fli sta a destra, ma è alleata con il terzo polo di Casini che non è bipolare e nemmeno per il sistema maggioritario. E’, inoltre, alternativo alla sinistra, ma non rifiuterebbe di stare nel governo simil Cln, per cacciare Berlusconi da Palazzo Chigi.Il Congresso di Milano non è stato una novità, ma solo un remake dei congressi che si svolgono nella seconda repubblica. Molto leaderismo e poca politica: come fosse svolto su un altro pianeta. Per evitare di personalizzare eccessivamente le assise, dal simbolo è stato cassato il nome del Presidente della camera, peraltro, per non superare la soglia decenza istituzionale.Naturale che Gianfranco Fini, eletto presidente del partito, per opportunità, essendo anche Presidente della camera, si è dimesso pro tempore della carica di partito. Non é tutto. L’avance lanciata da Fini a Berlusconi è talmente ingenua, facendogli perdere molta credibilità: dimissioni in contemporanea del Presidente della camera e del capo dello stato.Come se le due cariche avessero il medesimo valore politico e istituzionale. Comunque sia Fini farebbe bene a chiarirsi le idee, perché con quelle viste a tutt’oggi in circolazione farà flop e sarà messo nelle condizioni in cui Casini lo comanderà a bacchetta. Non è che Berlusconi non abbia pure lui tentato di farlo, ma alla fine la goccia a fatto traboccare il vaso.Oltretutto il Cav non è stato uno stinco di santo nei suoi confronti, nella fattispecie, ci riferiamo al caso politico. Troppo impolitico a non calcolare la reazione di Fini. A nostro avviso, l’aveva sottovalutato; non credeva che avesse tanto seguito all’interno del Pdl, da mettere a serio rischio la maggioranza.Nondimeno Fini ha molte colpe, che non sono quelle della casa di Montecarlo, bensì responsabilità di aver ordito la trama per farlo fuori. Alla lunga si sono dimostrati due personaggi che sono stato insieme più per necessità che per affinità elettive e politiche. Ora, nel momento più drammatico del Paese, tra i due si è aperto uno scontro all’ultimo sangue.Il clima politico con il Congresso di Fli, non è migliorato, anzi. E ciò era scontato, ma non era scontato che la situazione nel volgere di poche settimane finisse nelle mani di Napolitano e tanto meno di Berlusconi, ma in quelle del Procura di Milano. Il destino della legislatura si deciderà nel corso di questa settimana.E chi lo sta ripetendo un giorno sì e l’altro pure è Umberto Bossi La preoccupazione che diventando una sorta di incubo per Silvio Berlusconi è l’arrivo del provvedimento di interdizione dai pubblici uffici che potrebbe troncare, pro tempore, il suo esercizio di Presidente del consiglio.Un atto che potrebbe portare alle elezioni anticipate o peggio a un governo tecnico. Se per caso il processo Rubygate arrivasse a sentenza, i magistrati non farebbero sconto: l’interdizione dei pubblici uffici sarà, metaforicamente, la ghigliottina che i giacobini costruiranno in Piazza Montecitorio.

Bocchino alla guida di Futuro e Libertà: «Io, l’uomo della terza Repubblica»
Il leader dei finiani: «Il mio è un percorso in cui si sono rimescolate le carte dell’amicizia. Mi provoca dispiacere»
ROMA — Italo Bocchino, deputato. Sei anni fa l’abbiamo lasciata sconfitto da Antonio Bassolino alla regionali, oggi la ritroviamo alla guida di un partito nazionale, Futuro e Libertà. Cos’è accaduto? «La politica ti dà sempre un’altra possibilità, è bella per questo. Mai troppo nella polvere, mai troppo tra le stelle. Un saliscendi continuo, faticoso e appassionante».

E Bocchino quant’è cambiato, furia di scendere e salire?«Tanto, sei anni sono molti. Ho rinunciato alla politica sul territorio e mi sono dedicato a quella nazionale».
Il richiamo del potere?«Macché. Diciamo piuttosto la convinzione di voler creare un soggetto politico che diriga il cambiamento. Siamo vicini a una stagione simile a quella vissuta all’inizio degli anni Novanta».
Dice che è come Tangentopoli? «No. È il sistema che s’è involuto, il passaggio questa volta non sarà di natura giudiziaria».
Quale passaggio scusi? «Quello dalla seconda alla terza Repubblica. Non s’è accorto che è già iniziato? E noi di questa terza Repubblica siamo il primo partito». Italo Bocchino da Frignano (ma nato Napoli), classe, ’ 67, sposato, laurea in Giurisprudenza, è l’uomo che Gianfranco Fini ha scelto per guidare Fli prima di tornare a sedersi sullo scranno di presidente della Camera. Quando l’ho conosciuto (correva l’anno 1996, scrivevo per il Roma) andava a scuola di politica da Pinuccio Tatarella. «E i suoi insegnamenti li uso ancora tutti. Mi ha insegnato le regole del gioco».
Il «nuovo» Bocchino rimpiange qualcosa del «vecchio» Italo? «Il mio è stato un percorso in cui si sono rimescolate le carte dell’amicizia. Ecco, forse quello a volte mi provoca dispiacere».
Pensa a qualcuno in particolare? «Sono cresciuto con Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa. Oggi stanno dall’altra parte».
Be’, avrà qualche amico nuovo... «Fabio Granata, Flavia Perina, Carmelo Briguglio. Persone con le quali non avevo mai avuto rapporti o con le quali ero in disaccordo. E con cui oggi lavoro braccio a braccio».
E a Napoli? «Non ho mai avuto grandi rapporti con i vertici del Pdl. Il mio unico amico vero è Stefano Caldoro: ci conosciamo da vent’anni, e una delle telefonate più affettuose dopo la nomina l’ho ricevuta proprio da Stefano».
Cambiati gli amici. Cambiate anche letture, da quel 2005? «Devo dire che in sei anni ho divorato una quantità industriale di libri» . Quali? «Dovrei ricordarmi sei anni di letture? ».
Facciamo gli ultimi due libri. «Il saggio sul repubblicanesimo di Maurizio Viroli, sulla necessità di recuperare il patriottismo repubblicano. E quello sulla questione morale di Roberta De Monticelli: serve a capire che bisogna rimettere l’etica al centro del programma di governo».
Ecco, a proposito di programmi. Cos’è Futuro e libertà? «Un partito post-moderno, dove tutte le culture possono trovare spazio» . Suona generico... «Bene, allora diciamo che è un partito scopo. Le ideologie sono superate, ragioniamo per risultati da conseguire».
Altre caratteristiche? «È un partito giovanissimo, proiettato nel futuro: i nostri circoli sono pieni di ragazzi».
È tutto? «No. Questo è il primo partito dove ci si può iscrivere via internet e, con dieci euro, votare per i propri coordinatori cittadini, provinciali, regionali. Si può scegliere addirittura il presidente nazionale».
Bocchino non ha voce in capitolo? «Questa è la democrazia ai tempi del web. Se Caio si candida e lo votano tutti, vince anche se il suo rivale Sempronio è amico di Bocchino».
Miracoli di internet. Ci puntate davvero? «Stiamo costruendo Fli live, una piattaforma dove gli iscritti potranno discutere in rete. È la versione evoluta di quella che utilizzò Obama in campagna elettorale».
Lei è tra quelli che Obama lo mettono nel loro pantheon? «No».
Dovesse scegliere tre personaggi cui ispirarsi, allora? «Pinuccio Tatarella, ovviamente. Barry Goldwater, il padre del conservatorismo americano. E Charles de Gaulle: ha fatto ciò che noi in Italia non riusciamo a fare, passare dal vecchio al nuovo».
A proposito di rinnovamento, è cambiata anche la squadra?«Sì, quasi tutti».
Come li ha scelti? «Sono tutti campani. Tutte persone che vengono dalla provincia di Aversa».
L’accuseranno di conflitto d’interessi... «Sì, già mi prendono in giro tutti per questa storia. La verità è che, per dirla con Steve Jobs, la gente brava delle nostre terre lavora più e meglio perché ha fame».
Chi sono i suoi uomini chiave? «Gianmario Mariniello, il mio braccio destro. Luigi Di Gennaro, il mio addetto stampa. Dino Carratù, l’addetto all’organizzazione. Angela Petruccione, la segretaria politica. E poi Simona. Simona Carfoli. È la mia segretaria, saranno vent’anni ormai».
Il Mezzogiorno è pieno di gente che «ha fame». Qual è la sua idea di Sud? «Quella di un’area che deve scrollarsi da dosso l’assistenzialismo e chiedere più infrastrutture, invece che più soldi».
Siete anti-leghisti? «No, se la Lega difende gli interessi economici del Nord. Sì, se diventa anti meridionale e mette in discussione l’unità nazionale».
Lombardo o Micciché? «Lombardo»
Ma è secessionista. Non eravate per l’unità nazionale? «Sì, ma lui non ha l’ambizione di determinare gli interessi nazionale».
Sindaco di Napoli: soli o alleati con qualcuno? «Soli. Il Pdl s’è impaludato, il centrosinistra s’è fatto male da solo: noi siamo l’alternativa che può far discutere».
Candidato politico o della società civile?«Quando ci sono momenti di cambiamento come questo, bisogna aprirsi alla società».
Mara Carfagna sindaco?«Sarebbe un ottimo candidato, ma è incompatibile con il Pdl campano».
Ora che non è più nel Pdl non potrà continuare a chiederne il rinnovamento... «Berlusconi ha preferito tenersi come coordinatore un soggetto che la Cassazione ha definito socialmente pericoloso. Fatti suoi, la mia avversione a Nicola Cosentino è nota».
Berlusconi non l’ascoltava. S’è mai chiesto perché Fini invece abbia scelto lei per guidare il partito? «Sono affidabile. Ho capacità politica di relazioni. E sono in grado dimobilitare».
È ancora di destra? «Certo, forse anche più che ai tempi di Tatarella. Perché?».
No, è che da destra la criticano. Ha anche denunciato per stalking il Giornale e Libero. Ho letto che lei e sua moglie non dormite più la notte, avete gli incubi... «Sono state scritte tante cose sbagliate. La verità è che siamo massacrati un giorno sì e uno pure. E questo crea problemi con banche e contratti. A furia di leggere sui giornali che sei criminale...» .
È vero che nel ricorso fa riferimento anche al fatto di essere «vistosamente» dimagrito? «No. Sono dimagrito, è vero. Ma perché mi sono messo a dieta: gli articoli, in questo caso, non c’entrano nulla».
Senta Bocchino, visto che stiamo parlando di giustizia... «Basta con questa storia della magistratura. Lasciamoli lavorare».
Io veramente mi riferivo alla giustizia sportiva, quella che ha squalificato Lavezzi per tre turni. «Ah be’. Lì se si scende in piazza ci sono anch’io».
Gianluca Abate 15 febbraio 2011 fonte: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce/notizie/politica/2011/15-febbraio-2011/bocchino-guida-futuro-liberta-io-l-uomo-terza-repubblica-19016625536.shtml

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