L'autolesionismo è un atto che implica il procurare, consciamente o meno, danni rivolti alla propria persona, sia in senso fisico che in senso astratto. Autolesionismo deriva dall'incrocio di due termini, uno di derivazione greca, il prefisso (αυτός=se stesso) ed uno di derivazione latina, il verbo laedere, che ha lo stesso significato del moderno vocabolo italiano: ledere, danneggiare.
Collegamenti esterni [modifica]
http://www.sibric.it/home.html - Sito che tratta dei comportamenti autodistruttivi.
http://www.psyche.altervista.org/autolesionismo.htm
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http://www.sibric.it/home.html - Sito che tratta dei comportamenti autodistruttivi.
http://www.psyche.altervista.org/autolesionismo.htm
L'autolesionismo (il termine tecnico è Repetitive Self-Harm Syndrome Sindrome da auto-lesionismo ripetuto)viene in genere definito come il tentativo di causare intenzionalmente un danno al proprio corpo, lesionandosi in modo di solito abbastanza grave da provocare danni ai tessuti o agli organi. E’ considerata una vera e propria patologia. Le persone affette da questo disturbo si fanno del male in diversi modi: tagliandosi con una lametta, bruciandosi con una sigaretta, graffiandosi, strappandosi i capelli, sbattendo contro qualcosa, ecc..
Forme di autolesionismo.Si possono identificare, grosso modo, tre forme di autolesionismo:
Automutilazione grave (molto rara), che produce un danno irreversibile ad un parte del proprio corpo, ad esempio uno sfregio permanente in viso.
Automutilazione leggera (la più diffusa) che si manifesta col tagliarsi, bruciarsi, strapparsi i capelli, fratturarsi un osso, urtare, ed ogni altro metodo usato per ferirsi.
Automutilazione latente (la più subdola) perchè si nasconde in determinate forme di dipendenza e disagio come la tossicodipendenza, la bulimia, l'attività fisica eccessiva. Esse possono considerarsi forme poco manifeste, ma molto insidiose.
Chi è l’autolesionista:
Può colpire tutti, indipendentemente dall'età, dal grado di istruzione e dalla classe sociale, anche se sono in prevalenza donne, forse, a causa di fattori sociali. Tradizionalmente, agli uomini viene permesso di esprimere la propria aggressività, alle donne viene invece insegnato a reprimerla o quando questo non è più possibile, a rivolgerla verso se stesse. Le donne, spesso, oltre all' autolesionismo presentano disturbi del comportamento alimentare come anoressia e bulimia. Alcune ragazze di fronte ad un momento di malessere reagiscono alternando comportamenti bulimici (abbuffate seguite da vomito o abuso di lassativi) a quelli autolesivi. Inoltre l’autolesionista, a volte, presenta depressione, con pensieri di tipo suicida. In alcuni casi, il malessere è così forte che la persona sente che o si taglia o si suicida. Non si piace, odia il suo corpo, non ha fiducia in se e neppure negli altri.Molti degli autolesionisti tendono ad essere perfezionisti, incapaci di gestire e di manifestare verbalmente intense emozioni. Non si piacciono, odiano il proprio corpo e possono avere gravi sbalzi d’umore. È possibile, talvolta, che abbiano subito abusi sessuali o violenza psicologica nell’infanzia.L'autolesionista non rappresenta un pericolo per la società perché la violenza è sempre e solo rivolta verso di sé, mai verso altri. Perché? Vari possono essere i motivi.
Per scaricare lo stress: autolesionarsi ed il dolore fisico correlato placano lo stress. Tutti il disagio interiore che non si è in grado di gestire viene tramutato in sofferenza fisica, quindi più facilmente gestibile e più reale della sofferenza emozionale che è impalpabile. Per un po' ci si occupa solo del dolore fisico, distogliendosi temporaneamente da quello interiore
Per mostrare agli altri che si sta davvero soffrendo, offrendo loro qualcosa di concreto e di comunemente accettato come "dolore". Così si esiste agli occhi degli altri. Le cicatrici sulla pelle rendono visibile esteriormente la sofferenza che si ha dentro, è un modo per comunicare agli altri il proprio dolore .I comportamenti autolesivi sono una richiesta di aiuto.
Ci si sente talmente morti dentro, talmente apatici dal ricercare nella sofferenza fisica una prova che si è ancora vivi.Non si è in legame con il proprio corpo e il dolore fisico è l'unico modo che si ha per sentire di esistere, per percepire il proprio corpo.
Come sostituto di un desiderio di suicidio.
Per punirsi di proprie azioni o sensi di colpa .
Io amo riassumere le possibili cause di un comportamento autolesionista in questa frase: "Si preferisce provare un dolore fisico per non provare un più profondo e doloroso dolore interiore"
Indicazioni utili:
Non isolarsi ma far presente la problematica ad una persona a noi significativa al fine che possa diventare un "sos" nei momenti di crisi acuta.
Nel momento in cui si manifesta la crisi acuta svolgere un'attivita "lesionistica" rivolta ad un oggetto esterno, quale "picchiare" un oggetto morbido al fine di "scaricare" la rabbia.
Uscire immediatamente di casa .
Nei momenti non di crisi acuta praticare un’attività fisica che "svuota" in qualche maniera della rabbia accumulata.
Esprimere la propria rabbia anche attraverso qualche forma artistica, come dipingere e disegnare ad esempio.
Ma soprattutto non bisogna vergognarsi di ammettere di essersi volutamente feriti, per timore di non essere capiti, di essere giudicati negativamente o di essrere considerati dei pazzi. Invece non c'è motivo di cui vergognarsi, sia perché gli autolesionisti non sono pazzi, sia perché tale fenomeno è più comune di quanto si creda, in forma più o meno patologica . Se la buonavolontà personale di combattere l’autolesionismo non produce significativi miglioramenti bisogna chiedere, senza esitazione, timore e vergogna, aiuto ad un’esperto.
LEGGI LE TESTIMONIANZE SULL'AUTOLESIONISMO
fonte: http://www.iltuopsicologo.it/autolesionismo.aspForme di autolesionismo.Si possono identificare, grosso modo, tre forme di autolesionismo:
Automutilazione grave (molto rara), che produce un danno irreversibile ad un parte del proprio corpo, ad esempio uno sfregio permanente in viso.
Automutilazione leggera (la più diffusa) che si manifesta col tagliarsi, bruciarsi, strapparsi i capelli, fratturarsi un osso, urtare, ed ogni altro metodo usato per ferirsi.
Automutilazione latente (la più subdola) perchè si nasconde in determinate forme di dipendenza e disagio come la tossicodipendenza, la bulimia, l'attività fisica eccessiva. Esse possono considerarsi forme poco manifeste, ma molto insidiose.
Chi è l’autolesionista:
Può colpire tutti, indipendentemente dall'età, dal grado di istruzione e dalla classe sociale, anche se sono in prevalenza donne, forse, a causa di fattori sociali. Tradizionalmente, agli uomini viene permesso di esprimere la propria aggressività, alle donne viene invece insegnato a reprimerla o quando questo non è più possibile, a rivolgerla verso se stesse. Le donne, spesso, oltre all' autolesionismo presentano disturbi del comportamento alimentare come anoressia e bulimia. Alcune ragazze di fronte ad un momento di malessere reagiscono alternando comportamenti bulimici (abbuffate seguite da vomito o abuso di lassativi) a quelli autolesivi. Inoltre l’autolesionista, a volte, presenta depressione, con pensieri di tipo suicida. In alcuni casi, il malessere è così forte che la persona sente che o si taglia o si suicida. Non si piace, odia il suo corpo, non ha fiducia in se e neppure negli altri.Molti degli autolesionisti tendono ad essere perfezionisti, incapaci di gestire e di manifestare verbalmente intense emozioni. Non si piacciono, odiano il proprio corpo e possono avere gravi sbalzi d’umore. È possibile, talvolta, che abbiano subito abusi sessuali o violenza psicologica nell’infanzia.L'autolesionista non rappresenta un pericolo per la società perché la violenza è sempre e solo rivolta verso di sé, mai verso altri. Perché? Vari possono essere i motivi.
Per scaricare lo stress: autolesionarsi ed il dolore fisico correlato placano lo stress. Tutti il disagio interiore che non si è in grado di gestire viene tramutato in sofferenza fisica, quindi più facilmente gestibile e più reale della sofferenza emozionale che è impalpabile. Per un po' ci si occupa solo del dolore fisico, distogliendosi temporaneamente da quello interiore
Per mostrare agli altri che si sta davvero soffrendo, offrendo loro qualcosa di concreto e di comunemente accettato come "dolore". Così si esiste agli occhi degli altri. Le cicatrici sulla pelle rendono visibile esteriormente la sofferenza che si ha dentro, è un modo per comunicare agli altri il proprio dolore .I comportamenti autolesivi sono una richiesta di aiuto.
Ci si sente talmente morti dentro, talmente apatici dal ricercare nella sofferenza fisica una prova che si è ancora vivi.Non si è in legame con il proprio corpo e il dolore fisico è l'unico modo che si ha per sentire di esistere, per percepire il proprio corpo.
Come sostituto di un desiderio di suicidio.
Per punirsi di proprie azioni o sensi di colpa .
Io amo riassumere le possibili cause di un comportamento autolesionista in questa frase: "Si preferisce provare un dolore fisico per non provare un più profondo e doloroso dolore interiore"
Indicazioni utili:
Non isolarsi ma far presente la problematica ad una persona a noi significativa al fine che possa diventare un "sos" nei momenti di crisi acuta.
Nel momento in cui si manifesta la crisi acuta svolgere un'attivita "lesionistica" rivolta ad un oggetto esterno, quale "picchiare" un oggetto morbido al fine di "scaricare" la rabbia.
Uscire immediatamente di casa .
Nei momenti non di crisi acuta praticare un’attività fisica che "svuota" in qualche maniera della rabbia accumulata.
Esprimere la propria rabbia anche attraverso qualche forma artistica, come dipingere e disegnare ad esempio.
Ma soprattutto non bisogna vergognarsi di ammettere di essersi volutamente feriti, per timore di non essere capiti, di essere giudicati negativamente o di essrere considerati dei pazzi. Invece non c'è motivo di cui vergognarsi, sia perché gli autolesionisti non sono pazzi, sia perché tale fenomeno è più comune di quanto si creda, in forma più o meno patologica . Se la buonavolontà personale di combattere l’autolesionismo non produce significativi miglioramenti bisogna chiedere, senza esitazione, timore e vergogna, aiuto ad un’esperto.
LEGGI LE TESTIMONIANZE SULL'AUTOLESIONISMO
La Ripetive Self Harm Sindrome consiste in una serie di comportamenti in cui una persona si causa deliberatamente una lesione fisica per alleviare la tensione prodotta da emozioni o pensieri spiacevoli. Le persone affette da questo disturbo si fanno del male in molti modi diversi.Per esempio tagliandosi con una lametta, bruciandosi con una sigaretta, graffiandosi, strappandosi i capelli, urtando contro qualcosa, ecc.. Nei casi più gravi la persona sente sempre più spesso l'impulso a farsi del male persino nei momenti in cui è relativamente calma.
Identikit dell' autolesionista:
In prevalenza gli autolesionisti sono di sesso femminile. Questo dato sembra dipendere da fattori sociali: tradizionalmente, agli uomini viene permesso di esprimere la propria aggressività, alle donne viene invece insegnato a reprimerla o quando questo non è più possibile, a rivolgerla verso se stesse.
Spesso oltre all' autolesionismo, presenta dei disturbi del comportamento alimentare come anoressia e bulimia. Alcune ragazze di fronte ad un momento di malessere reagiscono alternando comportamenti bulimici (abbuffate seguite da vomito o abuso di lassativi) a quelli autolesivi.
Ha una forte depressione, spesso con pensieri di tipo suicida. In alcuni casi, il malessere è così forte che la persona sente che o si taglia o si suicida.
Non si piace, odia il suo corpo, non ha fiducia in se e neppure negli altri.
Perché mi faccio del male?Le persone si feriscono per tante ragioni:1) Si sentono morte dentro, non in connessione con il loro corpo e il dolore fisico è l'unico modo che hanno per sentire di esistere, per percepire il loro corpo.2) Paradossalmente i comportamenti autolesionisti procurano un senso di sollievo, a volte di euforia. Quando ci si fa del male, si distoglie l'attenzione dal dolore psicologico per concentrarla sulle sensazioni fisiche. In questo modo si trasforma un dolore psicologico insopportabile in qualcosa che fa meno paura e che si può controllare. 3) Per prevenire il suicidio. 4) Per punirsi.5) Per esistere agli occhi degli altri. Le cicatrici sulla pelle rendono visibile esteriormente la sofferenza che si ha dentro, è un modo per comunicare agli altri il proprio dolore .I comportamenti autolesivi sono una richiesta di auto.
Se tu soffri di autolesionismoSe stai leggendo questo articolo e ti fai del male, voglio che tu sappia che non sei l'unico: i comportamenti autolesivi sono molto più diffusi di quanto si creda comunemente.Alcuni consigli utili:
Individua almeno due amici da chiamare quando senti arrivare la crisi.
Fai una lista di 10 cose da fare al posto di tagliarti. Lo scopo di questo consiglio è quello di diminuire la tensione psicologica in un modo un po' più sano rispetto al danneggiarsi. Se ti senti arrabbiato, scegli attività come tirare pugni sul cuscino, correre, ballare, pulire la casa. Se senti che stai perdendo il contatto con il tuo corpo, scegli delle attività che comportino una forte sensazione fisica, tipo una doccia fredda, ecc ..
Esci di casa
Sbarazzati degli strumenti che usi per farti del male.
Soprattutto chiediti che cosa stai provando, entra nell'emozione.
Non sei da solo con un vergognoso segreto, il tuo è un problema curabile e ci sono dei terapeuti che possono aiutarti. Tuttavia il profondo malessere che provi non passerà da solo, hai bisogno di aiuto professionale al più presto!
Dott.sa Anna Zanon fonte: http://www.ilmiopsicologo.it/pagine/autolesionismo.aspx
Identikit dell' autolesionista:
In prevalenza gli autolesionisti sono di sesso femminile. Questo dato sembra dipendere da fattori sociali: tradizionalmente, agli uomini viene permesso di esprimere la propria aggressività, alle donne viene invece insegnato a reprimerla o quando questo non è più possibile, a rivolgerla verso se stesse.
Spesso oltre all' autolesionismo, presenta dei disturbi del comportamento alimentare come anoressia e bulimia. Alcune ragazze di fronte ad un momento di malessere reagiscono alternando comportamenti bulimici (abbuffate seguite da vomito o abuso di lassativi) a quelli autolesivi.
Ha una forte depressione, spesso con pensieri di tipo suicida. In alcuni casi, il malessere è così forte che la persona sente che o si taglia o si suicida.
Non si piace, odia il suo corpo, non ha fiducia in se e neppure negli altri.
Perché mi faccio del male?Le persone si feriscono per tante ragioni:1) Si sentono morte dentro, non in connessione con il loro corpo e il dolore fisico è l'unico modo che hanno per sentire di esistere, per percepire il loro corpo.2) Paradossalmente i comportamenti autolesionisti procurano un senso di sollievo, a volte di euforia. Quando ci si fa del male, si distoglie l'attenzione dal dolore psicologico per concentrarla sulle sensazioni fisiche. In questo modo si trasforma un dolore psicologico insopportabile in qualcosa che fa meno paura e che si può controllare. 3) Per prevenire il suicidio. 4) Per punirsi.5) Per esistere agli occhi degli altri. Le cicatrici sulla pelle rendono visibile esteriormente la sofferenza che si ha dentro, è un modo per comunicare agli altri il proprio dolore .I comportamenti autolesivi sono una richiesta di auto.
Se tu soffri di autolesionismoSe stai leggendo questo articolo e ti fai del male, voglio che tu sappia che non sei l'unico: i comportamenti autolesivi sono molto più diffusi di quanto si creda comunemente.Alcuni consigli utili:
Individua almeno due amici da chiamare quando senti arrivare la crisi.
Fai una lista di 10 cose da fare al posto di tagliarti. Lo scopo di questo consiglio è quello di diminuire la tensione psicologica in un modo un po' più sano rispetto al danneggiarsi. Se ti senti arrabbiato, scegli attività come tirare pugni sul cuscino, correre, ballare, pulire la casa. Se senti che stai perdendo il contatto con il tuo corpo, scegli delle attività che comportino una forte sensazione fisica, tipo una doccia fredda, ecc ..
Esci di casa
Sbarazzati degli strumenti che usi per farti del male.
Soprattutto chiediti che cosa stai provando, entra nell'emozione.
Non sei da solo con un vergognoso segreto, il tuo è un problema curabile e ci sono dei terapeuti che possono aiutarti. Tuttavia il profondo malessere che provi non passerà da solo, hai bisogno di aiuto professionale al più presto!
Dott.sa Anna Zanon fonte: http://www.ilmiopsicologo.it/pagine/autolesionismo.aspx
Il fenomeno sociale, cultura Emo: narcisismo ed autolesionismo
L’habitat illusorio, stimolato dal progresso di un linguaggio bitico consumato entro solide mura domestiche, dà forma alla solitudine della finitudine umana
L’habitat illusorio, stimolato dal progresso di un linguaggio bitico consumato entro solide mura domestiche, dà forma alla solitudine della finitudine umana
XXI sec. Lo shock del $ e la crisi petrolifera, senza contare disastri ambientali e attentati dinamitardi, hanno determinato un diffuso e pervasivo pessimismo, accompagnato da un’esplosione di movimenti, testi e performance su forze occulte, spiritualismo, divinazione, astrologia, che, pubblicizzati anche da fenomeni mediatici come Harry Potter e Twlight, hanno provocato un vero e proprio boom del ghotic style, diffuso specie fra gli adolescenti. Sempre più spesso, giovani studenti pronti a cavalcare i trend di una produzione volitiva che ri-definisce l’universo sociale in una processione di etichette, mode e gusti, mixano spasmodicamente cuori e teschi, peluches e pugnali, tags e Schopenhauer, occhioni sognanti e istinti omicidi.
E’ la misteriosa sottocultura emo, cui persino il prestigioso Times ha dedicato due pagine d’inchiesta, mentre su internet impazzano blog che ne descrivono minutamente tutti i parafernalia: jeans stretti, t-shirt aderenti, cinture con borchie colorate, scarpe Converse o Vans, lunga frangia asimmetrica, pelle diafana, occhi truccati di nero. Qui, l’odierno trialismo giovanile, svelando rituali e totem metropolitani, esibisce un mosaico di consumi che non è più un segno omologante, bensì veicolo identitario, pratica simbolica, linguaggio condiviso e codice espressivo per eccellenza. Nonostante tragga le sue radici dalla scena hardcore punk e indie rock americana degli anni ’80, in effetti questa moda dimostra maggiori affinità con il look pop punk e melodic hardcore del decennio successivo. Eppure, al di là dell’abbigliamento, ciò che davvero colpisce dell’esercito emo boy/girl è l’analisi maniacale delle proprie emo-zioni, nonché una ferma tendenza autolesionista (emo è radice greca di sangue) accompagnata da un atteggiamento di compiacimento narcisistico.
Benché aspramente criticati dai coetanei più estroversi e trendy, seguaci di griffatissimi accessori kawaii, sono proprio gli emo (accanto agli otaku) a comporre il lato meno appariscente della gioventù contemporanea, in cui l'individuo postmoderno si relaziona a se stesso e agli altri “classificando le persone in base a ciò che indossano, al loro profumo, a quello che mangiano”. L’altra faccia di una generazione vuota, preda di una paranoica confusione, che subisce l’esistenza senza alcuna connotazione di felicità, incapace di difendersi, e mira unicamente all’autodistruzione, ad una frigida bellezza di ghiaccio, è costituita da un esercito di adolescenti bui, introversi, asociali, che vivono unicamente per fumetti, skater, computer e cioccolata. Questi maniaci di manga e videogame, isolati dalla musica dei loro auricolari e del tutto refrattari ad ogni relazione sociale, testimoniano, nell’incapacità di stabilire rapporti col mondo, la perdita di ogni speranza di poter risolvere efficacemente la propria angoscia interiore e nel vagheggiamento dell’esperienza della morte, una fantasia di autopunizione e l’appagamento di un desiderio di pace e annullamento. Costantemente pungolati dall’odio per tutto ciò che percepiscono di sé, reputandosi indesiderati e inutili, incapaci di costruirsi un io a immagine e somiglianza dei modelli sociali della cultura dello spettacolo, per offuscare un’identità giudicata inadeguata o comunque inaccettabile, prima di tutto per se stessi, si rifugiano nel cyberspazio di comunità digitali come Facebook o Myspace. Così, per gli adolescenti “murati vivi” nelle proprie stanze, prostrati da un senso d’insoddisfazione e di inadeguatezza (non di rado tradotti in afasia e tentativi suicidi), la tecnologia diviene sostituto parentale con cui istaurare un legame fisiologico, capsula uterina, rifugio noto ed amichevole, pronto a soddisfare un desiderio di onnipotenza infantile: dominare il mondo e vincere la propria ansia. Perciò, se il futuro diventa un mistero angoscioso da affrontare, l’habitat illusorio, stimolato dal progresso di un linguaggio bitico consumato entro solide mura domestiche, dà forma alla solitudine della finitudine umana.
E’ la misteriosa sottocultura emo, cui persino il prestigioso Times ha dedicato due pagine d’inchiesta, mentre su internet impazzano blog che ne descrivono minutamente tutti i parafernalia: jeans stretti, t-shirt aderenti, cinture con borchie colorate, scarpe Converse o Vans, lunga frangia asimmetrica, pelle diafana, occhi truccati di nero. Qui, l’odierno trialismo giovanile, svelando rituali e totem metropolitani, esibisce un mosaico di consumi che non è più un segno omologante, bensì veicolo identitario, pratica simbolica, linguaggio condiviso e codice espressivo per eccellenza. Nonostante tragga le sue radici dalla scena hardcore punk e indie rock americana degli anni ’80, in effetti questa moda dimostra maggiori affinità con il look pop punk e melodic hardcore del decennio successivo. Eppure, al di là dell’abbigliamento, ciò che davvero colpisce dell’esercito emo boy/girl è l’analisi maniacale delle proprie emo-zioni, nonché una ferma tendenza autolesionista (emo è radice greca di sangue) accompagnata da un atteggiamento di compiacimento narcisistico.
Benché aspramente criticati dai coetanei più estroversi e trendy, seguaci di griffatissimi accessori kawaii, sono proprio gli emo (accanto agli otaku) a comporre il lato meno appariscente della gioventù contemporanea, in cui l'individuo postmoderno si relaziona a se stesso e agli altri “classificando le persone in base a ciò che indossano, al loro profumo, a quello che mangiano”. L’altra faccia di una generazione vuota, preda di una paranoica confusione, che subisce l’esistenza senza alcuna connotazione di felicità, incapace di difendersi, e mira unicamente all’autodistruzione, ad una frigida bellezza di ghiaccio, è costituita da un esercito di adolescenti bui, introversi, asociali, che vivono unicamente per fumetti, skater, computer e cioccolata. Questi maniaci di manga e videogame, isolati dalla musica dei loro auricolari e del tutto refrattari ad ogni relazione sociale, testimoniano, nell’incapacità di stabilire rapporti col mondo, la perdita di ogni speranza di poter risolvere efficacemente la propria angoscia interiore e nel vagheggiamento dell’esperienza della morte, una fantasia di autopunizione e l’appagamento di un desiderio di pace e annullamento. Costantemente pungolati dall’odio per tutto ciò che percepiscono di sé, reputandosi indesiderati e inutili, incapaci di costruirsi un io a immagine e somiglianza dei modelli sociali della cultura dello spettacolo, per offuscare un’identità giudicata inadeguata o comunque inaccettabile, prima di tutto per se stessi, si rifugiano nel cyberspazio di comunità digitali come Facebook o Myspace. Così, per gli adolescenti “murati vivi” nelle proprie stanze, prostrati da un senso d’insoddisfazione e di inadeguatezza (non di rado tradotti in afasia e tentativi suicidi), la tecnologia diviene sostituto parentale con cui istaurare un legame fisiologico, capsula uterina, rifugio noto ed amichevole, pronto a soddisfare un desiderio di onnipotenza infantile: dominare il mondo e vincere la propria ansia. Perciò, se il futuro diventa un mistero angoscioso da affrontare, l’habitat illusorio, stimolato dal progresso di un linguaggio bitico consumato entro solide mura domestiche, dà forma alla solitudine della finitudine umana.
fonte: http://interno18.it/rubriche/6698/il-fenomeno-sociale-cultura-emo-narcisismo-ed-autolesionismo
Intervista al Dr. Testani
Dottor Testani, che cosa pensa dei cosiddetti "tagli sulle braccia", che cosa esprimono e chi riguardano maggiormente? Questa forma autolesionistica esprime un disagio interiore ma anche una ricerca di appartenenza ed identità. E' un fenomeno prettamente adolescenziale, poiché in questa fase molti giovani tentano di trovare la propria identità con l'adesione a gruppi sociali a volte estremi e col rifiuto dei modelli propugnati dalla Società e dalla loro famiglia.
Questa forma autolesionistica sembra quasi costituire una moda. Come mai è spesso associata agli Emo? Viene associata a loro per vari motivi. Già la parola emo e' la radice greca di sangue, ma soprattutto perché ascoltano un genere di musica chiamato emocore (emotional-hardcore), sorto negli anni 80 dal punk e dal gothic e che ha come scopo quello di emozionare il pubblico con forti sensazioni. E' una sorta di punk-rock più moderno e melodico.
Le vogliamo citare il caso di una ragazza che si procurava dei tagli sulle braccia, e che un giorno lasciò il proprio diario incustodito sul letto, a portata della madre. Il fatto che abbia lasciato il suo diario in vista, dove probabilmente avrà scritto le sue confessioni anche circa quei tagli, può essere visto come un buon segno, ad esempio un inizio di guarigione? Lasciare il diario in vista può essere inteso come un comportamento sintomatico in cui la ragazza inconsciamente voleva farsi scoprire dalla madre. Potrebbe essere un segno positivo, non parlerei di inizio di guarigione ma di una richiesta inconscia di aiuto.
Dottor Testani, questo tipo di autolesionismo sembra riguardare in particolare le ragazze. Come mai secondo Lei? Ed inoltre, è possibile che una ragazza, tramite questo farsi del male, stia cercando semplicemente un' identità in cui potersi riconoscere? Un' altra sè stessa? Le ferite fisiche in questa neocultura rappresentano sicuramente una ricerca di identità. Ma anche un segno tangibile di appartenenza ad un gruppo che vuole esprimere in questo e altri modi i propri stati d'animo, i propri disagi, il loro rifiuto per tutto ciò che la massa segue come le veline o i calciatori. Spesso il tagliarsi diventa una sorta di dipendenza perché la usano per tenere a bada la crescente agitazione ed ansia. Ciò che però si nasconde di solito dietro i loro atti autolesivi e' la difficolta' a relazionarsi col mondo, l'incapacita' di affrontare le proprie angosce interiori, fino a fantasticare l'esperienza della morte giustificandola come soluzione estrema per raggiungere l'agognata pace. Una ragazza che si autolesiona non sta cercando un'altra se stessa, ma sta chiedendo aiuto per trovare la vera se stessa.
Lei è molto giovane, eppure già famoso nel campo terapeutico, dove quotidianamente registra successi. Potrebbe fornire un utile consiglio ai genitori che hanno un figlio/a vicino a questo quadro drammatico autolesionistico? Io penso che un genitore debba avere l'umilta' di sedersi accanto al figlio e di ascoltarlo veramente, senza giudicarlo o colpevolizzarlo, altrimenti non fara' altro che rinforzare l'attuazione di questi comportamenti autolesivi. Inoltre credo che un genitore debba avere la curiosità di capire la filosofia e le ragioni di questo movimento, perché presenta anche degli aspetti interessanti e culturalmente elevati, rifacendosi alla cultura decadentista e dei poeti maledetti francesi. Inoltre anche la qualità musicale di alcuni gruppi emo e' notevole.
In definitiva Lei come approccia a questo problema nell' ambito della Sua attività terapeutica? Nell'ambito della mia attività di ascolto e consulenza cerco di instaurare con l'adolescente un dialogo sinceramente empatico, in cui do spazio all'espressione e all'emersione del dolore e delle angosce, mettendomi in una posizione non giudicante o superegoica.
Questa forma autolesionistica sembra quasi costituire una moda. Come mai è spesso associata agli Emo? Viene associata a loro per vari motivi. Già la parola emo e' la radice greca di sangue, ma soprattutto perché ascoltano un genere di musica chiamato emocore (emotional-hardcore), sorto negli anni 80 dal punk e dal gothic e che ha come scopo quello di emozionare il pubblico con forti sensazioni. E' una sorta di punk-rock più moderno e melodico.
Le vogliamo citare il caso di una ragazza che si procurava dei tagli sulle braccia, e che un giorno lasciò il proprio diario incustodito sul letto, a portata della madre. Il fatto che abbia lasciato il suo diario in vista, dove probabilmente avrà scritto le sue confessioni anche circa quei tagli, può essere visto come un buon segno, ad esempio un inizio di guarigione? Lasciare il diario in vista può essere inteso come un comportamento sintomatico in cui la ragazza inconsciamente voleva farsi scoprire dalla madre. Potrebbe essere un segno positivo, non parlerei di inizio di guarigione ma di una richiesta inconscia di aiuto.
Dottor Testani, questo tipo di autolesionismo sembra riguardare in particolare le ragazze. Come mai secondo Lei? Ed inoltre, è possibile che una ragazza, tramite questo farsi del male, stia cercando semplicemente un' identità in cui potersi riconoscere? Un' altra sè stessa? Le ferite fisiche in questa neocultura rappresentano sicuramente una ricerca di identità. Ma anche un segno tangibile di appartenenza ad un gruppo che vuole esprimere in questo e altri modi i propri stati d'animo, i propri disagi, il loro rifiuto per tutto ciò che la massa segue come le veline o i calciatori. Spesso il tagliarsi diventa una sorta di dipendenza perché la usano per tenere a bada la crescente agitazione ed ansia. Ciò che però si nasconde di solito dietro i loro atti autolesivi e' la difficolta' a relazionarsi col mondo, l'incapacita' di affrontare le proprie angosce interiori, fino a fantasticare l'esperienza della morte giustificandola come soluzione estrema per raggiungere l'agognata pace. Una ragazza che si autolesiona non sta cercando un'altra se stessa, ma sta chiedendo aiuto per trovare la vera se stessa.
Lei è molto giovane, eppure già famoso nel campo terapeutico, dove quotidianamente registra successi. Potrebbe fornire un utile consiglio ai genitori che hanno un figlio/a vicino a questo quadro drammatico autolesionistico? Io penso che un genitore debba avere l'umilta' di sedersi accanto al figlio e di ascoltarlo veramente, senza giudicarlo o colpevolizzarlo, altrimenti non fara' altro che rinforzare l'attuazione di questi comportamenti autolesivi. Inoltre credo che un genitore debba avere la curiosità di capire la filosofia e le ragioni di questo movimento, perché presenta anche degli aspetti interessanti e culturalmente elevati, rifacendosi alla cultura decadentista e dei poeti maledetti francesi. Inoltre anche la qualità musicale di alcuni gruppi emo e' notevole.
In definitiva Lei come approccia a questo problema nell' ambito della Sua attività terapeutica? Nell'ambito della mia attività di ascolto e consulenza cerco di instaurare con l'adolescente un dialogo sinceramente empatico, in cui do spazio all'espressione e all'emersione del dolore e delle angosce, mettendomi in una posizione non giudicante o superegoica.
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