Pietro Berti

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Anchorage

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lunedì 21 febbraio 2011

VIOLENZE IN FAMIGLIA

















Violenza sulle donne: le cifre impreviste di un fenomeno antico che solo da poco è uscito dall’ombra






Drammi quotidiani si consumano nel silenzio delle pareti domestiche. Pareti che dovrebbero avvolgere la nostra intimità in un abbraccio affettivo che protegge e rassicura da ogni minaccia esterna. Succede, invece, più spesso di quanto si possa pensare, che l’inferno si nasconda proprio fra queste mura. La violenza famigliare è senz’altro un fenomeno che per molto tempo è stato sottaciuto con la complicità delle tradizioni culturali o, per meglio dire, di quella disuguaglianza "biologica" fra i sessi che pone la donna in subalternità rispetto all’uomo. Stiamo parlando di retaggi di una cultura patriarcale che sopravvive nel presente negando alle donne la completa indipendenza. Tant’è che ancor oggi certi "uomini padroni" non accettano che la propria compagna, o moglie che sia, recida i laccioli del loro potere e controllo. Insomma, la libertà femminile è considerata un oltraggio insopportabile. Una ferita che svilisce e fa scattare la molla delle aggressioni.
Il repertorio dei violenti è davvero variegato: c’è chi perseguita la partner con le minacce seguendola ad ogni passo come un’ombra e chi sfoga la propria rabbia mandando abitualmente in frantumi oggetti di casa. Ma c’è di peggio: qualcuno va giù duro con le botte o le torture psicologiche. Talvolta oltre alle offese ci scappa pure la brutalità sessuale o l’omicidio. Non a caso, in Italia, come ci racconta una recente indagine Istat, sono oltre mezzo milione le donne dai 14 ai 59 anni che nel corso della loro vita hanno subìto almeno una violenza sessuale (tentata o consumata) e, in tre casi su quattro, gli abusi sono commessi da una persona conosciuta, magari proprio dal compagno che sta al loro fianco.
Per fronteggiare questi soprusi sono sorte, qua e là nelle città italiane, varie associazioni, che si danno un bel daffare per accogliere le vittime ed aiutarle ad individuare le possibili strategie d’uscita dal tunnel della violenza.
Vediamo allora di approfondire meglio gli aspetti sociali e psicologici di questo fenomeno nella realtà trentina. Basti dire che al Centro antiviolenza, solo nel 2004, si sono rivolte per chiedere ascolto e supporto ben 119 donne.
Ma chi sono gli autori di questi maltrattamenti? Emarginati? Drogati? Uomini con il problema della bottiglia? Certo, sarebbe molto rassicurante attribuire le cause esclusivamente ad un contesto di marginalità o disagio psichico. Nascondere tutto dietro il paravento dei luoghi comuni. Ma le cose stanno diversamente. I maschi burberi e con la mano pesante, nel 94% dei casi, rientrano in quella tipologia di persone "perbene", verso cui si ripone fiducia, talvolta dalla carriera brillante e con tanto di ruolo rispettabile nella società. Insomma tipi mansueti, saggi ed educati, che di certo a parole condannano la violenza. Eppure la considerano legittima quando si scatena con furia incontrollata e per banali motivi sulla moglie, convivente o ex partner (vedi grafici 1 e 2). Magari con i figli, anch’essi vittime o spettatori.
E sono proprio questi tipi insospettabili ed "invisibili" che ostacolano la possibilità di creare una rete di protezione per la vittima. "Infatti – spiega la dott.ssa Barbara Bastarelli, coordinatrice del Centro antiviolenza di Trento – è davvero difficile, in questi casi, che la donna sia credibile, perché nelle relazioni esterne essi assumono un comportamento corretto. Inoltre l’uomo non manifesta da subito queste aggressioni perché vuole favorire il legame (vedi grafico 3). Poi, pian piano, nella convivenza queste violenze si esprimono intrecciandosi ad altre forme. Ad esempio, la violenza fisica, che è la più visibile, si accompagna spesso a quella psicologica in cui si denigra la donna con aggettivi offensivi oppure le si crea un vuoto sociale intorno, isolandola da tutta la sua rete amicale e affettiva. Non dimentichiamo che ci sono altre modalità insidiose, tipo quella economica: la sottrazione del reddito della donna, il divieto di svolgere un lavoro retribuito fuori casa, il controllo delle sue spese, l’imporre un conto corrente a nome del marito ecc… Oppure quella sessuale: l’obbligo ad assistere a film pornografici, a prestazioni sessuali di cui lei non è consenziente, eccetera".
Ma come si esce da questa spirale di violenza che fa a pezzi la personalità della donna e la fa naufragare in una quotidianità dolorosa e traumatica? E perché molte vittime, anziché prendere in mano le redini della propria vita, rimangono a lungo imbrigliate in questa trappola, magari auto-colpevolizzandosi?
E ’ facile cadere in risposte semplicistiche, del tipo "E’ perché se l’è voluta" o "Le va bene così", che scaricano tutta la responsabilità sul gentil sesso mettendo in ombra le vere dinamiche di questi abusi. Insomma, può succedere che si rischi di sottovalutare le risorse femminili nel fronteggiare il problema. Non dimentichiamo che, per molto tempo, le donne non hanno trovato il coraggio di uscire allo scoperto su queste angherie per via di quel fardello di "virtù femminili" che si appioppavano al gentil sesso come la "naturale" capacità d’abnegazione, di sopportazione, d’essere paciere d’ogni conflitto. Così lo spettro della vergogna e del senso di colpa continua ad aleggiare nel mondo femminile che si svincola dall’autorità maschile. Quindi, poche trovano la forza di denunciare questi drammi e, quando lo fanno, in meno del 10% dei casi si arriva ad una condanna dell’autore della violenza. Per non parlare del fatto che, se la donna non ha un adeguato sistema di protezione attorno a sé, la denuncia può scatenare un aumento delle aggressioni mettendo a rischio la sua vita.
Dunque, "scaricare" il compagno non è affatto semplice. Tant’è che le vittime che approdano ai centri, se pur sottoposte ad uno stillicidio di soprusi, difficilmente si presentano con la valigia in mano, mentre quasi tutte hanno come conseguenza un equilibrio psicologico davvero sconquassato che frena la loro capacità di intravedere possibili soluzioni.
"Per la donna – chiarisce la sociologa – è difficile individuare la pericolosità dell’uomo e capire come affrontarla. Questo perché non c’è un chiaro rifiuto della violenza maschile da parte delle istituzioni e a livello culturale. Non a caso, fino agli anni ‘70, la violenza sulla donna era legittimata giuridicamente, infatti era punito soltanto l’abuso della violenza. Inoltre, va detto che il comportamento del maltrattante è spesso ciclico, quindi alterna fasi di scoppio della rabbia a momenti di ravvedimento in cui chiede ‘dolcemente’ scusa per aver perso le staffe".
Insomma, è molto facile che il violento provi intenzionalmente a confondere le acque sulla sua responsabilità.
Ma se l’uomo cerca di sgattaiolare, le cose non vanno meglio quanto a sensibilizzazione della collettività verso il problema. Non c’è dubbio che le aggressioni in famiglia siano sempre state considerate una faccenda privata, come conferma peraltro il vecchio detto: "Fra moglie e marito non mettere il dito". E come tale, si è trovato un bel pretesto, da parte di tutte le categorie sociali, per lavarsene le mani. C’è però un’altra ragione che ha reso invisibile questa brutta faccenda. Come confermano alcune ricerche in campo nazionale, non è detto che le motivazioni dell’uomo violento siano da tutti bollate come riprovevoli ed automaticamente messe all’indice. Anzi, capita che trovino consenso sociale proprio da parte di quelle categorie di persone, quali forze dell’ordine o personale sanitario, che dovrebbero dare soccorso e supporto morale alla donna in situazioni così delicate.
"Può succedere – commenta Bastarelli – che la vittima vada dai carabinieri per denunciare la violenza e si senta rispondere: "E’sicura? Può rovinare suo marito, che è il padre dei suoi figli". La gente comune esprime spesso biasimo sulla donna. Oppure succede che si banalizzi quello che è accaduto. Diciamo che, da parte di molti, c’è una responsabilità nel mancato accoglimento delle richieste d’aiuto della vittima".
Dunque, non si può pensare di chiudere il cerchio della violenza senza un adeguato bagaglio culturale che crei una nuova sensibilità degli operatori addetti a ricevere simili domande d’aiuto, per poter individuare in tempo i campanelli d’allarme che precedono questi drammi.

Violenze in Famiglia: quello che l'ISTAT non dicedi Fabio Nestola
La violenza domestica costituisce una tipologia di reato in costante espansione, complesso da analizzare in quanto la tendenza degli autori a contenere gli episodi entro le mura domestiche incontra frequentemente la connivenza più o meno passiva delle stesse vittime. Siamo pertanto in presenza di un fenomeno sommerso, del quale non è facile tracciare i contorni.
Una conoscenza approfondita del fenomeno nel suo insieme, tuttavia, è essenziale per lo sviluppo delle politiche e dei servizi necessari a contenerlo e possibilmente prevenirlo, a partire dalle campagne di sensibilizzazione fino ad arrivare alle contromisure legislative finalizzate appunto a prevenire e/o contenere la violenza.
Va rilevato come inchieste, sondaggi e ricerche che analizzano la violenza di cui è vittima la figura femminile vengono proposte con continuità a livello istituzionale e mediatico, da diversi decenni. Di contro, non esistono in Italia studi ufficiali a ruoli invertiti; vale a dire approfondimenti sulla violenza agita da soggetti di genere femminile ai danni dei propri mariti o ex mariti, partners ed ex partners, parenti a affini di vario grado.
Questa curiosa e pluridecennale lacuna può avere origine da due presupposti:
aggressività e violenza femminile non esistono, oppure
se esistono, sono legittimate, e pertanto non è interesse della collettività studiare alcuna misura di prevenzione e contenimento .
Entrambi i presupposti sono evidentemente paradossali.
L'ISTAT, su mandato del Ministero per le Pari Opportunità, ha pubblicato un'indagine sulla violenza in famiglia subita dalle donne, prevedendo diverse batterie di domande relative alla violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica. Da un campione di 25.000 interviste, trasportato in dimensione nazionale, risulta una proiezione di circa 7.000.000 di donne che subiscono violenza dal proprio partner o ex partner.

Sono indubbiamente dati allarmanti, che vengono propagandati con continuità. Analizzando con cura il questionario somministrato dall'ISTAT, tuttavia, viene da chiedersi se detto questionario non sia stato elaborato con il preciso obiettivo di far emergere dati numericamente impressionanti, sui quali costruire un allarme sociale.
Dato che il questionario è stato elaborato in collaborazione con le operatrici dei centri antiviolenza, infatti, era difficile immaginare che ne sarebbero potuti uscire dati non faziosi. L'impatto sull'opinione pubblica, di fatto, è generato dal dato conclusivo — 7.000.000 di vittime — senza approfondire da cosa scaturisca questo dato. Questo aspetto è importante perché chi opera nel campo delle statistiche sa bene come una scelta mirata di domande può influenzare pesantemente in un verso o nell'altro i risultati.
Oltre ai quesiti su violenza fisica (7 domande) e sessuale (8 domande), il questionario ISTAT lascia uno spazio ben maggiore alla violenza psicologica (24 domande). Alcuni dei quesiti, però, sembrano finalizzati a raccogliere un numero enorme di risposte positive, descrivendo normali episodi di conversazione sicuramente accaduti a chiunque, che risulta difficile configurare come «violenza alle donne».
Facciamo qualche esempio, tratti proprio dal questionario in oggetto:
«La ha mai criticata per il suo aspetto?»
«...per come si veste o si pettina?»
«...per come cucina?»
«...controlla come e quanto spende?»
Ai fini statistici non c'è differenza fra un atteggiamento aggressivo e denigratorio ed un consiglio pacato, collaborativo, spesso indispensabile, a volte anche migliorativo. Ad esempio: «Cucini da schifo, ti ammazzo di botte se non fai un arrosto decente» è sicuramente violenza, ma lo diventa anche «Cara, oggi il risotto non è venuto bene come la volta scorsa». Oppure: «Con quei capelli sembri una puttana, ti spacco la faccia se non li tagli» è sicuramente violenza, ma lo diventa anche «Questo taglio non ti dona, magari fra due giorni mi abituerò, ma ti preferivo con la pettinatura precedente». E ancora: «Non ti do una lira, se vuoi i soldi per la profumeria vai a fare marchette» è sicuramente violenza, ma lo diventa anche «Non ce la facciamo, mettiamo via i soldi per il mutuo, purtroppo questo mese niente palestra per me e parrucchiere per te».
L'intervistata risponde affermativamente, quindi le intervistatrici possono spuntare la voce «violenza», senza che l'intervistata lo sappia. Infatti la domanda non comporta le diciture esplicite «aggressività, violenza, umiliazione»; si limita a chiedere se un episodio è accaduto, poi è l'intervistatrice che lo configura come violento anche se l'ignara intervistata non lo percepisce affatto come tale.
L'ISTAT infatti, per giustificare l'equivoco sul quale è costruito il questionario, ammette che le intervistate spesso non hanno la percezione di aver subito violenza e, a tale scopo, aggiunge alle note metodologiche questa dicitura:
Le domande tendono a descrivere episodi, esempi, eventi di vittimizzazione in cui l'intervistata si può riconoscere. La scelta metodologica condivisa anche nelle ricerche condotte a livello internazionale è stata dunque quella di non parlare di «violenza fisica» o «violenza sessuale», ma di descrivere concretamente atti e/o comportamenti in modo di rendere più facile alle donne aprirsi. Il dettaglio e la minuziosità con cui si chiede alle donne se hanno subito violenza, presentando loro diverse possibili situazioni, luoghi e autori della violenza, rappresenta una scelta strategica per aiutare le vittime a ricordare eventi subiti anche molto indietro nel tempo e diminuire in tal modo una possibile sottostima del fenomeno. Sottostima che può essere determinata anche dal fatto che a volte le donne non riescono a riconoscersi come vittime e non hanno maturato una consapevolezza riguardo alle violenze subite mentre possono più facilmente riconoscere singoli fatti ed episodi effettivamente accaduti.
Presentando il rapporto, poi, l'ISTAT scrive:
Le forme di violenza psicologica rilevano le denigrazioni, il controllo dei comportamenti, le strategie di isolamento, le intimidazioni, le limitazioni economiche subite da parte del partner.
Anche frasi innocue come «la frittata oggi è un po' sciapa», oppure «ti preferivo senza permanente» vengono quindi classificate come denigrazioni e diventano di conseguenza una forma di violenza alle donne. Ecco come nascono 7.000.000 di vittime.
LA STATISTICA AL SERVIZIO DELL'IDEOLOGIA
L'estensione del concetto di violenza ad aggressioni verbali e pressioni psicologiche, scaturito dalla recente indagine «Quali sono e come si chiamano le violenze contro le donne» apre la strada a qualunque interpretazione. Come misurare con un questionario chiuso l'offesa all'emotività di una persona? Ciò che a una donna dà fastidio a un'altra sembra cosa di poco conto, un'altra ancora ne ride: è un fatto puramente soggettivo. Lo stesso dicasi per le pressioni psicologiche nella coppia.
Tra le nove domande ritenute appropriate per misurare questo tipo di violenza, alcune lasciano quantomeno perplessi. Per esempio le seguenti:
«Il vostro coniuge o compagno: mai / raramente / qualche volta / spesso / sistematicamente»
«- Ha criticato o svalutato ciò che fate?»
«- Ha fatto osservazioni sgradevoli sul vostro aspetto fisico?»
«- Vi ha imposto il modo di vestirvi, di pettinarvi, di comportarvi in pubblico?»
«- Non ha tenuto conto o ha manifestato disprezzo per le vostre opinioni?»
«- Ha preteso di dirvi quali dovrebbero essere le vostre idee?»
Notate l'assoluta etereogenità di contenuti e varietà di pesi delle voci proposte.
Lo sconcerto aumenta quando si scopre che queste pressioni psicologiche — che ricevono la più alta percentuale di risposte positive — rientrano nel coefficiente totale della violenza coniugale, assieme agli «insulti e minacce verbali», al «ricatto affettivo» e, sullo stesso piano delle «aggressioni fisiche» e dello «stupro e altre prestazioni sessuali forzate»!
Il coefficiente totale della violenza coniugale così concepito vedrebbe dunque interessato il 10% delle francesi, delle quali il 37% denunciano pressioni psicologiche, il 2,5% aggressioni fisiche, e lo 0,9% stupro o altre prestazioni sessuali forzate.
È possibile affiancare le azioni fisiche a quelle psicologiche come fossero elementi di ugual specie? È legittimo condensare nello stesso vocabolo lo stupro e un'osservazione sgradevole o offensiva? Si risponderà che in entrambi i casi viene inflitto dolore. Ma non sarebbe più rigoroso distinguere tra dolore oggettivo e dolore soggettivo, tra violenza, abuso di potere e inciviltà?
Il termine violenza è così legato nelle nostre menti alla violenza fisica che si corre il rischio di generare una deplorevole confusione facendo credere che il 10% delle francesi subiscano aggressioni fisiche dal coniuge. Questa somma di violenze eterogenee che si fonda sulla sola testimonianza di persone raggiunte telefonicamente privilegia in gran parte la soggettività. In mancanza di un confronto con il coniuge, di altri testimoni o di un colloquio approfondito, come è possibile prendere per buone le risposte acquisite?
Il testo riportato sopra è un estratto da «Fausse Route», 2003, pubblicato in Italia nel 2005 con il titolo «La strada sbagliata», opera di Elisabeth Badinter, filosofa francese e femminista storica, non di un misogino integralista talebano.
Dunque, la Badinter giudica faziosa, fuorviante e inattendibile la ricerca commissionata in Francia dalla Segreteria dei Diritti delle Donne. Contesta la validità del metodo di indagine dal quale emerge un dato mistificatorio: si vuol far credere che il 10% delle donne francesi subisca violenza fisica o sessuale.
Da noi cosa accade? L'indagine italiana, condotta con identiche modalità, delinea un panorama ancora più allarmante: 31,9%, più che triplicati i risultati francesi. Dal sito ISTAT:
PRINCIPALI RISULTATI
Sono stimate in 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita, il 31,9% della classe di età considerata.

Da notare una curiosa svista dell'ISTAT: le violenze psicologiche, strumento principale per creare stime in grado di gonfiare l'allarme sociale, hanno uno spazio prevalente nel questionario (24 domande), ma si evita accuratamente di nominarle al momento di pubblicare i risultati. Il dato del 31,9%, infatti, viene citato come percentuale di vittime di violenza fisica o sessuale. Ci asteniamo dal fare ulteriori commenti, lasciamo a chi legge il compito di trarre le proprie conclusioni.
Tuttavia, a prescindere da ogni considerazione, vogliamo fare una feroce autocritica. Sconfessiamo la Badinter; ammettiamo che la lettura della sua analisi abbia insinuato cattivi e ingiustificati pensieri sull'ISTAT e soprattutto sul committente, il Ministero per le Pari Opportunità, che — al contrario di quanto «Fausse Route» ci aveva indotto a supporre — assumiamo non abbia chiesto un'indagine dalla quale dovessero obbligatoriamente emergere dati roboanti, così come non lo aveva chiesto a Parigi la Segreteria dei Diritti delle Donne.
Ammettiamo quindi che il questionario sia perfetto così com'è, rispondendo a criteri rigidamente scientifici, imparziali, oggettivi. Resta il fatto della curiosa nota iniziale: non esistono in Italia studi ufficiali sulla violenza agita da soggetti di genere femminile ai danni dei propri mariti o partners, ex mariti o ex partners.
Forse allora la violenza è a senso unico e, quindi, quella femminile non esiste. Ma come mai nessuna fonte ufficiale ha mai sentito l'esigenza di verificare?
Allora il passo è consequenziale: visto che ISTAT e Ministeri non hanno interesse a investire fondi per l'elaborazione di dati ufficiali, necessita almeno un'indagine ufficiosa. Ufficiosa, sì, ma attraverso uno strumento istituzionale, conformato ai criteri di imparzialità e rigidità scientifica propri dell'ISTAT: è necessario utilizzare il prezioso know-how dell'Istituto di Statistica, proponendo l'identico questionario a soggetti di genere maschile.
Se il questionario venisse utilizzato a ruoli invertiti, somministrandolo a uomini sposati, single e separati, cosa potrebbe uscirne? Al pari della critica per la pettinatura femminile, la critica al marito per la cravatta sbagliata può essere classificata come violenza? Se basta una percezione di disagio, mortificazione o imbarazzo per configurare il comportamento violento, cosa dire degli uomini criticati dalle proprie compagne perché incapaci di risolvere i problemi domestici di idraulica e falegnameria? Degli uomini paragonati impietosamente al marito della vicina, magari più sportivo e giovanile? Dei mariti criticati per un impiego non troppo remunerato? Apostrofati con toni irridenti, in pubblico e in privato, per non aver fatto carriera? Derisi per aver perso i capelli? Per non saper abbinare i colori? La lista è infinita...
Ma il filone prevalente, nella sfera delle violenze psicologiche contro il genere maschile, è sicuramente la limitazione del ruolo genitoriale. In caso di rottura della coppia, infatti, la frase in assoluto più frequente che deve subire un padre è: «I tuoi figli te li puoi scordare!». Una violenza devastante, questa sì, in quanto con l'attuale orientamento giurisprudenziale e in barba a una legge certo migliorabile ma che anche nella forma attuale non trova spesso attuazione, i padri hanno la netta percezione di una minaccia tanto terribile quanto perfettamente attuabile.
Sitografia
Alcuni tra gli svariati siti web che è possible consultare:
Falsi Abusi - Un sito sui falsi abusi
«Spanish city opens shelter for abused men» - Articolo su «Vivirlatino»
«Domestic Violence: The Hidden Story of Abused Men» - Articolo su «MentalHelp.net»
Battered Men - Un sito sugli abusi domestici sugli uomini
fonte: http://lindipendente.splinder.com/post/19780695/violenze-in-famiglia-quello-che-listat-non-dice
di Domenico Chindemi e Valeria Cardile
(articolo estratto dalla rivista Responsabiltà Civile e Previdenza, Fascicolo n. 2/2007, Giuffrè Editore)
Sommario: 1. Violenza coniugale; 2. Violenza in famiglia e malattie psichiche 3. Tutela giuridica e cure mediche
1. Violenza coniugale
All’interno della famiglia è possibile osservare una delle più frequenti estrinsecazioni della violenza, sia fisica che psichica che può assumere carattere occasionale da parte di soggetti “normali” , a causa del loro comportamento aggressivo , ma può anche essere originata da una malattia psichica, a volte difficilmente diagnosticabile, e che fa assumere alla violenza una peculiare connotazione con conseguenze anche gravi per le vittime.
Occorre prestare particolare attenzione ai segnali premonitori di tali violenze, evitando di sottovalutarli e prevedendo interventi tempestivi di strutture sanitarie e preventivi dell’Autorità Giudiziaria in grado di evitare conseguenze drastiche con l’allontanamento dal nucleo familiare dei soggetti a rischio di violenze.
Nell’ambito familiare la violenza psichica non patologica è originata sovente da un reflusso di tensione o insoddisfazione dei coniugi , ma caratterizzata da una situazione di parità dialettica e di violenza tra i partners con insulti reciproci e lancio di piatti o altri oggetti; invece, nei casi patologici può essere caratterizzata da una sottile e perversa violenza, per lo più psichica, attuata generalmente dall’uomo la cui patologia, per le peculiarità del manifestarsi della stessa, non è ravvisabile dall’esterno e non è individuabile , nella gran parte dei casi neanche dalla vittima che sovente dopo anni si rende conto che “qualcosa non va”.
Solitamente è la donna la vittima delle violenze psichiche, ma contribuiscono al processo di emancipazione della donna che tende a liberarsi anche da tali soprusi, non solo sotto l’aspetto economico, ma anche sociale, la consapevolezza della dignità e del ruolo che la figura femminile va sempre più acquisendo all’interno della famiglia, ma tale rilievo importa anche una maggiore attenzione verso la violenza familiare, in precedenza fenomeno nascosto , oggi sempre più oggetto di attenzione verso l’esterno grazie anche alle denunce che vanno definite coraggiose, della vittime che rischiano ripercussioni fino all’omicidio, da parte del suo carnefice, che se persona psichicamente malata può reagire imprevedibilmente quando perde l’oggetto della suo desiderio (di violenza) patologico.
Occorre, pertanto, incentrare l’attenzione su tali situazioni in modo che chi si riconosca quale vittima o riconosca qualche amico o familiare faccia tutto quanto e possibile, sotto il profilo giuridico e il rimedio della cura, per preservare la salute psichica del proprio caro e del malato stesso.
Se originata da una malattia psichica (per lo più paranoia , schizofrenia o altre perversioni) la violenza morale può assumere diversi livelli di intensità, anche di elevata gravità che possono portare alla distruzione psicologica della vittima acuita dal timore di denunciare la situazione di disagio in cui si è venuta trovare.
La violenza psicotica può esprimersi sotto varie forme e con differente intensità da caso a caso anche con differenti comportamenti da parte dell’agente che può attraversare varie fasi con una diversa intensità delle forme di violenza.
Nelle cronache giudiziarie è riscontrabile la mancanza di attenzione verso tali fenomeni in quanto,, solitamente, l’eziologia di tali comportamenti viene definita quale “depressione” o “raptus”, mentre la causa va ricercata nella patologia da cui spesso è affetto l’agente.
Il coniuge, nel caso in cui la violenza viene denunciata e poichè solitamente la malattia non viene diagnosticata, è ritenuto responsabile sia sotto il profilo penale (per i reati di lesioni personali (art. 590 c.p.) , ingiuria (art. 594 c.p.) , violenza sessuale (art. 609 bis c.p.), sia, più raramente, sotto quello civilistico ai sensi dell’art. 2043 c.c..1
È generalmente l’uomo l’autore di tali comportamenti mentre la vittima predestinata è la donna , moglie o compagna che , nelle malattie più gravi quali la paranoia, nel caso in cui tenti di affrancarsi dalla violenza del partner, può essere oggetto di atti estremi quali l’omicidio, quale ultimo atto di supremazia dell’uomo che vede ormai perso il controllo e, quindi, anche il potere sulla donna che ha deciso di allontanarsi dalla famiglia.
Non è facile, soprattutto per chi non è esperto nella materia, distinguere una normale lite familiare, con generale anche se non assoluta, posizione di uguaglianza tra i coniugi che , ad esempio, si lanciano piatti o oggetti o si scambiano vicendevolmente insulti, dalla violenza psichica originata dalla patologia da cui è affetto l’uomo e che vede la donna in una posizione di inferiorità , fino a divenire vera e propria vittima di tali violenze con conseguenze permanenti nella stessa psiche della donna che sovente non riesce a rendersi conto del perché del particolare atteggiamento del partner.
La vittima viene scelta con un carattere né troppo forte né troppo debole e mediante un lavoro certosino e costante, che può durare anche molti anni, a poco a poco in modo subdolo la plagia, la manipola, la depersonalizza, la logora, la condiziona in ogni sua manifestazione, sino a renderla incapace di ribellarsi, perché ha perso la stima di sé stessa e crede di non venire capita dagli altri non avendo prove tangibili da esibire; spesso non ha un lavoro né mezzi economici per affrontare l'aggressore, il quale, essendo dotato di una eccellente doppia personalità, si presenterà con gli estranei in veste di vittima.
Non è casuale la scelta della vittima nell’ambito della cerchia degli affetti in quanto deve possedere determinate caratteristiche a seconda della patologia da cui è affetto il malato: il perverso narcisista la cercherà con le qualità che lui stesso vorrebbe possedere e cerca di succhiarle come un vampiro alla vittima, il paranoico ed il perverso la cercano tra le persone non con forte personalità e che tendono a colpevolizzarsi per quanto loro accade.2
La vittima, a volte, prende le difese del suo aggressore, lo scusa per i suoi comportamenti, o perché è molto plagiata da lui e si è assuefatta, o perché non vuole o non può rovinare pubblicamente la buona immagine di lui (ad es. se è un professionista affermato), o perché ci sono i figli che non capiscono (ad es. se anche loro sono plagiati ma trattati bene), o perché presa piena coscienza di essere in trappola si vergogna di ammettere agli altri di essere stata così stupida da esserci caduta, o perché in attesa di potersene liberare preferisce non complicare ulteriormente la situazione e quindi continua a sopportare.
Sentendo gli amici comuni parlare bene del suo aggressore la vittima è confusa e dubita di sé stessa, credendo di esagerare e di non capire l’effettiva realtà, anche perché l'aggressore spesso alterna periodi in cui si comporta molto male con lei, a periodi in cui si comporta "benino", o almeno così le fa credere, facendole magari dei regali o delle concessioni che possano dimostrare agli estranei che lui la tratta bene.
In genere chi pone in essere sistematiche aggressioni psicologiche è una persona molto intelligente ma se psicopatico (ad es. un paranoico-schizoide) non adotta violenze fisiche facilmente dimostrabili ma agisce sempre in assenza di testimoni in modo tale che la sua vittima non possa provare nulla delle vessazioni a cui è sottoposta.
Per un inconscio meccanismo di autodifesa spesso la vittima, , "dimentica di ricordare", cioè cerca di rimuovere dalla mente ciò che ha subito e che l'ha fatta tanto soffrire: ha, pertanto, difficoltà ad esporre l'accaduto, sia in assenza e tanto più in presenza del proprio aggressore.
Va segnalata la difficoltà di far emergere all’esterno la violenza, soprattutto se psichica e di individuare la causa di tali comportamenti violenti per la paura delle vittime di denunciare i fatti e le poche denunce delle vittime vanno definite coraggiose in quanto rischiano ritorsioni gravi da parte dell’aggressore.
Nei cari peraltro rari in cui prende coscienza della patologia del partner, la vittima teme giustamente che il suo aggressore possa manipolare anche il giudice e persino lo psichiatra incaricato di una eventuale perizia medico-legale e sa, inoltre, che il volersi sottrarre apertamente alle violenze del suo aggressore potrebbe causare in lui una reazione abnorme, che potrebbe portare a gesti estremi quale l'omicidio o l'omicidio-suicidio.
Sono le stesse modalità di estrinsecazione della violenza che ne rendono difficile il riconoscimento da parte delle vittime, in quanto nel perverso vengono attuate attraverso la seduzione che poi si trasforma in manipolazione; la vittima solo in tale ultima fase , con l’aiuto di amici e familiari, comincia a rendersi conto della situazione, anche se a volte è troppo tardi per sottrarsi alla violenza.3
La donna anche quando si rende conto della violenza dell’uomo non sempre si allontana, anzi lo fa raramente e ciò per una duplice serie di motivazioni che vanno dalla paura, non infondata, delle conseguenze di tale gesto, al plagio cui è stata sottoposta e che le impedisce di allontanarsi dal partner.4
Sovente si assiste alla assunzione da parte della vittima di un atteggiamento passivo di rassegnazione tanto più accentuato quanto più la violenza è grave anche per la paura concreta di ritorsioni fisiche che , nei casi di paranoia, possono anche portare all’omicidio quale forma estrema di dominio nei confronti di una donna che ha manifestato l’intenzione o ha lasciato il suo aggressore che di vede privato dell’oggetto del dominio; spesso manca la forza psicologica di reazione a tale situazioni di violenza5
La donna spesso non riesce a prendere coscienza di ciò che le sta accadendo a causa del comportamento dell’uomo che non manifesta subito in tutta la sua valenza distruttiva ma , in un crescendo rossiniano, porta la vittima all’esasperazione, senza che capisca cosa le sta accadendo.6
La situazione rimane stabile finchè la vittima non si ribella al condizionamento psichico, ma cambia rapidamente nel caso in cui la donna pone in essere delle manovre di opposizione e soprattutto nel caso di abbandono del partner. Si verificano, in tali casi, reazioni di odio da parte del perverso che , pur di non perdere il dominio sull’altro, può anche , nei casi estremi, ricorrere all’omicidio e, comunque, il partner diventa oggetto di odio.7
L’occultamento della violenza all’esterno impedisce di riconoscerla anche ad un attento osservatore in quanto l’uomo sta molto attento a non far trapelare nulla della violenza, comportandosi in modo premuroso nei confronti del partner, generando confusione nella stessa donna e incertezza nella cerchia dei familiari e amici della stessa che dubiteranno delle confessioni della donna.
Una congenita vulnerabilità psicologica, quale humus favorevole allo sviluppo della violenza familiare può anche influire anche se la causa principale va individuata sempre nella patologia da cui è affetto il partner che sovente adotta per il condizionamento delle vittime, sia pure inconsciamente, tecniche che si sono rivelate efficaci per tale scopo su prigionieri. 8
La psichiatria ha individuato le modalità di estrinsecazione del comportamento del malato psichico anche se le manifestazioni possono variare a seconda della malattia, della sua fase e gravità.9
In base al profilo psicologico del malato variano la intensità e le modalità di esternazione della violenza che può assumere diverse espressioni: il narcisista è una delle categorie più frequenti caratterizzata da megalomania, ammirazione di se stessi, indifferenza alle critiche e tendenza allo sfruttamento degli altri , dominio e sottomissione della donna cui viene sottratta qualunque possibilità e capacità di critica , non accettata dal narcisista10
Nel caso in cui il comportamento dell’uomo è connotato da una continua, incessante ostilità nei confronti della donna, la situazione potrebbe precipitare ed occorre, quindi, prestare particolare attenzione. 11
La vittima soffre maggiormente in quanto non riesce a stabilire col carnefice una comunicazione diretta che viene sempre rifiutata o travisata con modalità diverse ma sempre efficaci sulla vittima che si ritrova in una situazione di impotenza 12
La violenza psichica può anche essere esercitata in forma subdola ma non per questo meno efficace, attraverso frasi non pronunciate, reticenza, comportamento ostruzionistico, falsità e risulta, in qualche caso, ancora più distruttiva in quanto non percebilile come tale, influendo sulla psiche della vittima che non trova alcun rimedio a tale situazione sconvolgente in cui si trova coinvolta suo malgrado senza capirne il motivo.13
Nasconde le proprie emozioni , invece, lo psicopatico che è generalmente violento e aggressivo ed è portato alla menzogna ed all’inganno al fine di ottenere il risultato prefissosi, curandosi delle sofferenze della donna su cui abitualmente esercita la violenza, rimanendone indifferente, non provando rimorso: trattasi di individui senza sentimenti 14
Il perverso narcisista è difficilmente riconoscibile dall’esterno perché a volte si manifesta come una persona brillante, pieno di fascino e seduzione che esercitano sulla “preda” ma solamente finchè se ne può trarre utile o finchè ve ne è bisogno, per poi abbandonarla una volta che non serve ai suoi interessi; questi soggetti non provano effettivi sentimenti di amicizia o di rimorso in quanto non soffrono psichicamente.15
La patologia narcisistica non va confusa con episodi momentanei di comportamenti manipolatori che possono essere adottati normalmente anche da persone sane mentalmente quando ci si ripropone di ottenere determinati risultati.
I narcisisti hanno una grande considerazione di se stessi, nessuna per gli altri, sono individui megalomani che non accettano critiche e ritengono che siano solo gli altri a sbagliare.16
Trattandosi di manifestazioni che non lasciano tracce tangibili, non è facile individuare le situazioni di normalità da quelle patologiche, anche perché, tali comportamenti non sono immediatamente evidenziabili non solo all’esterno, ma anche dalle stesse vittime, essendo connotati da sottile e nascosta violenza.17
Tali strategie comportamentali vengono adottate sempre dal perverso narcisista che non proverà sensi di colpa o altri sentimenti, trattandosi, come già evidenziato, di individui insensibili ai normali sentimenti provati dalle persone in occasione di determinati eventi quali il dolore per la perdita di una persona cara, il rimorso per comportamenti antisociali o disdicevoli.18
La vittima cercherà di trovare nel proprio comportamento, la ragione delle accuse dell’uomo colpevolizzandosi e cadendo nella trappola tesale.19
Nel perverso la comunicazione tramite linguaggio è connotata da voce piatta, sempre uguale, sempre con lo stesso tono: è un segnale importante per il riconoscimento della patologia: raramente il perverso altra la voce , ma ha cura di deridere la vittima usando un linguaggio ambiguo ed allusivo; a volte il perverso utilizza un linguaggio tecnico poco comprensibile alla donna proprio per non consentire alla stessa di capire appieno il senso della conversazione .20
Nei confronti della vittima Il loro comportamento è caratterizzato da calma e da un controllo costante della situazione.21
La perversione si estrinseca nello sfruttamento degli altri che vengono considerati solo finchè possono essere loro utili,mentre riescono ad individuare la parte debole del partner e lo attaccano con ironia indisiosa .
Si innesca, quando la vittima reagisce, la fase dell’odio che porta a comportamenti violenti o subdoli che hanno lo scopo di annientarla se tenta di sottrarsi al suo potere dell’uomo e anche la separazione non attenua l’odio che può avere quale terreno di sbocco o la violenza fisica o le molestie morali con appigli giuridici, azioni legali , anche per quanto riguarda i figli, gli alimenti, il mantenimento .
La dominazione sull’altro da parte del perverso avviene soprattutto attraverso il linguaggio, sicuro e deciso tanto da far credere di essere più informato ed a conoscenza dei fatti; mostra sicurezza e decisione nelle sue affermazioni inducendo l’interlocutore a dargli credito.22
Non è un fatto isolato o ciclico la violenza psichica, anzi è continua, quotidiana, fatta di ripetute aggressioni che non sono aperte e manifeste, ma si estrinsecano in frasi allusive, stoccate, insinuazioni, tanto da fiaccare nel tempo la tempra e la resistenza della vittima fino a farla divenire succube ed esercitare un completo dominio su di essa; anche dall’esterno, come già rilevato, è quasi impossibile osservarla e anche quando, in casi molto rari, la vittima fa denuncia, gli investigatori ben difficilmente potranno accertare tale forma di violenza che non lascia tracce,a differenza della violenza fisica col rischio di qualificare la donna visionaria e la denuncia originata da spirito di vendetta 23
Non esistono cure o comportamenti, nella forme più gravi, che possano far desistere il perverso, a volte paranoico, da tali comportamenti e non è facile trovare le soluzioni adatte per sfuggire a tale situazione; in tali casi è consigliabile l’aiuto di un esperto psicoterapeuta che, analizzando le peculiarità della situazione, sappia individuare i giusti accorgimenti e rimedi.24
Altra strategia del perverso consiste nel porre le persone le une contro le altre, con falsità, insinuazioni e sottintesi subdoli, per indebolire entrambe e rafforzare la propria posizione; inoltre il perverso narcisista prova piacere dal contrasto a volte acceso cui ha dato origine e che culmina con sentimenti di odio o rancore tra le persone che ha aizzato contro.25
Altra variante della psicosi è costituita dalle personalità rigide, caratteristica degli ossessivi che si esternano con una mania perfezionista che si manifesta nell’essere esigenti , nella critica eccessiva e nel controllo sistematico dell’altro a cui non è lasciato alcuno spazio di autonomia fino a logorarlo con tale comportamento.26
Una variante comportamentale consiste nel mettere la vittima con le spalle al muro, aizzandola ad agire contro di lui, con vari stratagemmi e facendola apparire quale aggressore, assumendo il perverso, agli occhi degli altri, il ruolo di vittima con una metamorfosi e manipolazione pari al grado di intelligenza di cui è dotato.27
2. Violenza in famiglia e malattie psichiche
Una delle più comuni estrinsecazioni della malattia psichica è la paranoia, connotata dalla violenza familiare, sia fisica che psichica, caratterizzata quest’ultima, con diverse varianti, da isolamento, insulti, manipolazione, le stesse vittime non riconoscono la malattia del familiare e attribuiscono le manifestazioni di violenza al “carattere” del partner che, a sua volta, non è in grado di rendersi conto del suo comportamento violento che ha la propria eziologia nella stessa malattia psichica , innescando un circuito perverso che sovente porta all’annientamento della vittima, anche in mancanza di un carnefice, in quanto non può essere considerato tale il malato psichico che pone in essere comportamenti originati dalla stessa malattia. 28
Col contributo di alcune vittime che hanno richiesto l’anonimato si tenterà di individuare il profilo psicologico dell’agente e della vittima al fine di consentire il riconoscimento della patologia che sovente resta nascosta anche alle stesse donne ed anche dopo una lunga convivenza , ove non abbiano contezza delle manifestazioni della malattia che può essere scambiata con altre cause, quali il carattere o altre diverse patologie a cui non si attribuisce una importanza particolare sotto il profilo degli effetti giuridici delle azioni e delle loro conseguenze.29
La ripetitività ed unilateralità caratterizzano il comportamento del malato psichico paranoico o perverso e , a lungo andare, tali atteggiamenti spossano la vittima e le fanno perdere ogni capacità di reazione; in base alla personalità della vittima e dello stesso malato, il comportamento del paranoico può variare assumendo valenza diversa nel corso del tempo, in base alla intensità e grado raggiunto dalla malattia, alle cure che non portano comunque, alla guarigione se non in qualche patologia meno grave, alle reazioni della vittima ed all’ambiente esterno che raramente si rende conto di quanto sta succedendo tra le mura domestiche.30
Ancora più subdola e pericolosa diviene la violenza psichica se viene esercitata congiuntamente da più persone contro lo stesso soggetto, come solitamente avviene nei luoghi di lavoro.31
La violenza può anche avere effetti negativi sui figli che risentono sia per la mancanza di attenzione della madre che è preoccupata dalla situazione familiare con conseguenze sullo sviluppo psichico dei minori , in quanto per un figlio in tenera età le violenze è come se fossero subite direttamente dallo stesso che ne risente e reagisce a sua volta con manifestazioni di violenza o con uno stato di agitazione che altro non sono che forme di difesa del bambino che si sente responsabile dello stato di tensione familiare con ripercussioni a livello emotivo.32
La violenza domestica non è facilmente individuare in quanto, come già evidenziato, chi la compie cerca di tenerla celata all’esterno e con la cerchia degli amici tiene un comportamento irreprensibile o, comunque, normale per cui non è raro che la donna sia presa per visionaria e , comunque , la sua reazione sarà valutata come sproporzionata o esagerata.33
Svariate possono essere le violenze psicologiche ad opera di un paranoico e consistono , da parte dell’aggressore in base alla stessa narrazione di vittime che hanno assunto consapevolezza dello stato patologico del partner, in:
violenze affettive; il malato non dimostra alcun affetto, alcuna comprensione; è glaciale anche se la vittima sta male fisicamente; neppure dinanzi alla morte prova pietà;
violenze con il silenzio e con i gesti; senza parlare quasi mai con la vittima e se questa gli domanda qualcosa non risponde, fa finta di non sentire, anzi spesso alza il volume del televisore se lo sta guardando o si allontana da lei, magari spegnendo la luce della stanza dove si trova o chiudendo la porta a chiave se sta uscendo di casa, come se l'altra persona non esistesse;
violenze con lo sguardo; spesso quando parla non guarda la vittima, ma rivolge altrove lo sguardo; se ci sono estranei e si sente in pericolo lancia alla vittima sguardi che solo lei può comprendere e che lasciano intendere "Con te poi facciamo i conti…";
violenze con le parole;spesso dice di non avere capito;quando parla da solo con la vittima lo fa o con un filo di voce oppure urlando; ingiuria, maltratta, degrada,incolpa, manipola,minaccia, istiga, dà della pazza alla vittima e la consiglia di andare a farsi curare o di suicidarsi, le attribuisce false colpe, vuole imporre le proprie idee, vuole comandare sempre, non accetta il dialogo ed un pacifico confronto di opinioni; chi non è con lui è contro di lui e quindi va combattuto in ogni modo; racconta spesso bugie in modo magistrale e se scoperto nega sempre; ruba oggetti alla vittima e se incolpato nega di essere stato lui; non parla mai per altruismo, ma lo fa sempre per un suo tornaconto; qualunque cosa di male accade a lui, la colpa è sempre della vittima e non manca mai di attribuirgliela; è molto superstizioso e la vittima è la sua iettatrice;
violenze domestiche; chiude a chiave le porte di quelle che considera le sue stanze ed è alla continua ricerca di nuovi spazi da conquistare e delimitare; vuole avere anche un possesso esclusivo di vari oggetti che dovrebbero invece essere in comune; impone le sue decisioni su tutto;
violenze economiche; se la vittima dipende economicamente da lui, è lui a stabilire le regole: pochi soldi e quando vuole lui; se la vittima osa lamentarsi o chiedere un aumento la minaccia di non darle più nulla; conserva tutte le fatture e le ricevute degli acquisti; se fa lui la spesa dei generi alimentari, strappa gli scontrini e li butta; se, invece, è la vittima a fare la spesa, sottopone gli scontrini a controlli e critiche, poi rimborsa sempre con molto ritardo e conserva conti e scontrini;
violenze nel sociale; è falso e ipocrita, ma maschera benissimo; per un estraneo è difficile capire;
violenze in automobile; guida molto velocemente, mettendo in pericolo anche la vita dell'altro, legge il giornale in autostrada e adotta comportamento gravemente imprudenti tanto da incutere timore nei passeggeri;
violenze verbali , attuate anche mediante ricatti;
violenze sessuali; durante il rapporto sessuale o l'altro lo asseconda e fa come vuole lui, o lo ricatta in vari modi.
È nella cerchia degli affetti e nell’ambito lavorativo che il malato psichico individuerà, generalmente, una vittima che fungerà da bersaglio della sua violenza come in un gioco perverso che vede quale conclusione l’annientamento della preda; la vittima non ha alcuna responsabilità per tale ruolo che le viene assegnato dal carnefice che la sceglie in funzione di alcune caratteristiche positive di cui cerca di impadronirsi.34
La mancanza di reciprocità nella violenza fisica o verbale, diversamente da quanto solitamente avviene in un normale bisticcio di coppia, caratterizza il perverso che cerca il dominio sull’altro che non cerca alcun equivalente e che si ritrova, spesso senza difesa, nella morsa dell’aggressore.35
Attraverso il rifiuto della comunicazione diretta il perverso attua il proprio piano destabilizzante servendosi di comportamenti o azioni che tuttavia incidono in maniera negativa sulla vita del partner che non capisce il perché di tali atteggiamenti; in tali casi è inutile cercare spiegazioni o tentare di dialogare in quanto il perverso godrà di tale stato e si avvantaggerà delle notizie apprese dal partner per continuare nella propria azione.36
Nel delirio interpretativo il paranoico individua in ciascuna persona dei difetti ancorandoli a situazioni che non hanno tale rilievo ma che , opportunamente mascherate e manipolate, possono anche assumere tale valenza, inducendo in errore l’interlocutore che pian piano viene sottomesso e soggiogato.37
Utilizzano gli strumenti della derisone, del disprezzo, del sarcasmo per destabilizzare il partner, cercando di ridicolizzare la donna sminuendone la dignità e cercando di metterla in ridicolo; anche il dibattito su varie questioni è una tattica utilizzata dal perverso che si concentra in modo da mettere in difficoltà la donna anche sostenendo orientamenti completamente diversi da un giorno all’altro e per influire in modo nefasto sulla sua psiche.38
La irresponsabilità intesa come negazione costante di ogni responsabilità e l’affermazione di quella altrui, anche negando l’evidenza è una delle caratteristiche della personalità perversa39; il fenomeno della vampirizzazione che consiste nell’appropriarsi della energia e della gioia di vivere delle vittime è altra estrinsecazione della personalità del perverso 40
La perversione per le manifestazioni a volte simili della patologia si avvicina alla paranoia; il perverso non è capace di amare, nulla va mai bene, cerca la distruzione del rapporto col partner in ogni modo come se da tale annientamento potesse trovare una sua soddisfazione o gioia di vivere a condizione di toglierla agli altri; critica tutti e tutto e crede che gli altri siano delle nullità, senza qualità , all’opposto di loro che si sentono superiori in tutto e sanno ciò che è bene e ciò che è male, quel che va e ciò che non va.41
Tra i paranoici ed i perversi narcisisti vi sono della affinità, in quanto entrambi si presentano come dominatori, i primi con la forza, i secondi con la seduzione, entrambi moralizzatori con la differenza che i secondi tendono a sfidare la legge.42
Le persone affette da tali patologia psichica con elevato grado di istruzione non è certo se si rendano conto del male che fanno, sussistendo notevoli dubbi sulla capacità da parte di tali soggetti di comprendere la reale portata del loro comportamento, in quanto solitamente tali individui attribuiscono, invece, agli altri la responsabilità del loro atteggiamento.
I comportamenti tipici degli psicopatici tra cui i paranoici sono i più pericolosi per la manifestazione delle caratteristiche della malattia, come desumibile dalle testimonianze delle vittime di tale violenza.
Adottano tutti i mezzi per ottenere il dominio sul partner insinuando nell’altro il dubbio e non esitando a ricorrere alle bugie e ai sottintesi; sono individui per lo più precisi, attenti e pedanti ed è molto difficile riuscire a prevalere sugli stessi in qualsiasi campo ci si cimenti perché sono anche freddi e calcolatori, oltre che persone dotate, in genere, di una spiccata intelligenza.
La menzogna è uno degli espedienti utilizzati dal perverso e può assumere connotazioni differenti: dalla falsità ai sottintesi fino all’uso di dettagli apparentemente privi di significato che hanno quale risultato la destabilizzazione della vittima soprattutto se attuati sistematicamente43 .
Anche quando trova la forza di separarsi la donna viene messa in difficoltà dall’uomo che, pur di non perdere il potere sulla donna, farà di tutto per renderle la vita difficile, anche con cavilli burocratici che altro scopo non hanno che continuare ad esercitare il dominio sulla donna.44
Insieme alle altre tecniche evidenziate screditare una persona può raggiungere l’effetto che il perverso si prefigge di sminuire la personalità della vittima e tutta la sua cerchia degli affetti e amicizie con un’azione che tende a dequalificare la persona presa di mira che perde sicurezza e stima di se agevolando l’attuazione delle finalità dell’aggressore nell’annientamento della vittima.45
Il messaggio paradossale è un altro metodo usato dai perversi e ingenerando dubbi sulla sua reale portata e il significato attribuitogli dalla vittima sarà qualificato come sbagliato, creando nella stesa dubbi e incertezza; il perverso adopera un’arte sottile nel diffondere tali messaggi utilizzando un linguaggio e un tono di voce che appaiono in contrasto tra loro per il contenuto apparente delle stesse frasi.46
Vittime inconsapevoli della violenza degli adulti sono i bambini che non sono in grado di comprendere i meccanismi e il perché dell’atteggiamento del genitore e si trovanono sovente schiacciati tra le comunicazioni contraddittorie dei partners che rischiano di avere effetti devastanti sulla loro psiche , avendo generalmente i bambini bisogno non di messaggi di valenza diametralmente diversa ma di certezze.47
A seguito di violenze coniugali anche i figli possono subire gravi traumi anche se non riguardanti direttamente i minori, con la comparsa di turbe che possono assumere varie forme , quali turbe dello sviluppo (ritardo staturo-ponderale, immaturità, difficoltà scolastiche), turbe psico-somatiche (problemi digestivi, cefalee), turbe emotive (ansia, tristezza, collera, scarsa autostima), oppure turbe comportamentali (scarso controllo pulsionale, assunzione di droghe). 48
3. Tutela giuridica e cure mediche
Curare una persona che non sa e non ammetterebbe mai di essere malato, anzi che accusa gli altri di esserlo è difficile, mancando il consenso personale alle cure e solo nel caso di pericolo di vita per il malato e/o per gli altri è possibile il ricovero coatto a seguito del quale scattano una serie di procedure quali il ritiro del porto d'armi, il ritiro della patente di guida e la sospensione dal lavoro o attività professionale; l'aggressore non ne sarà contento e prima o poi si vendicherà e in tali casi la donna continua ad essere vittima perché non sa che fare e a chi chiedere aiuto.
Un'interrogativo di carattere morale va posto : l'aggressore psicologico essendo una persona malata va capito ed aiutato o va condannato? La risposta non è facile in quanto certe patologie psichiche, come già evidenziato, sono difficili se non impossibili da curare; si può intervenire farmacologicamente nei periodi di maggiore delirio o di grave depressione, che talvolta si manifestano ciclicamente, ma non si può guarire il malato.
Nella cura e nella somministrazione dei farmaci vi sono difficoltà in quanto i malati, che non si rendono conto di essere tali, sono refrattari a qualunque terapia, ritenendola inutile e sole se sono costretti vi si sottopongono, generalmente con scarsi risultati.
Farmaci efficaci e sempre più mirati al trattamento delle singole patologie sono utilizzati nella cura delle malattie psichiche ma nelle patologie conclamate sono riscontrabili solo miglioramenti, a volte occasionali, dell’evoluzione e decorso della malattia , mentre , soprattutto per le malattie più gravi quali la paranoia non è possibile la guarigione.
I paranoici che ritengono essere sussistente una causale esterna, riconducibile all’altro, nei loro comportamenti sono tra i più refrattari alle cure evidenziandosi che non è possibile guarire un paranoico anche se il trattamento farmacologico può avere effetti positivi e di attenuazione dei sintomi, almeno per qualche periodo.49
Neanche la mediazione coniugale è utile nelle forme gravi di patologia in quanto , il malato tende ad usare il mediatore, che a volte non se ne rende neanche conto, per meglio raggiungere il proprio scopo, raggirandolo , insieme al partner che crede, invece, di avere trovato una soluzione alla violenza psichica dell’uomo. 50
Un aiuto per superare tali situazioni è rappresentato dal trattamento psicoterapeutico che può essere, anche associato a cure farmacologiche, in quanto aiuta la donna ad uscire dall’angoscia con attenuazione dei sintomi post-traumatici.
Occorre rivolgersi a psichiatri esperti ed in grado di rendersi conto, attraversi i gesti e le parole, dell’eventuale comportamento dissimulatorio del paziente che viene smascherato sia per quello che non dice, sia attraverso le modalità di esternazione di quello che dice e del relativo comportamento; ad uno esperto psichiatra non dovrebbero sfuggire i particolari rivelatori della personalità patologica del malato.
In caso di abbandono da parte della donna violenza il paranoico può anche uccidere sia il partner che i figli anche quale forma di vendetta e di ripicca per l’abbandono che viene vissuto quale perdita di potere sulla donna.51
Variano a seconda della personalità e della resistenza psichica della vittima le reazioni che la violenza psichica produce nell ’organismo di un soggetto debole psichicamente; le reazioni non tarderanno a manifestarsi e saranno costituite da palpitazioni, sensazioni di oppressione, di affanno, di stanchezza, disturbi del sonno, nervosismo, irritabilità, mal di testa, disturbi digestivi, dolori addominali e manifestazioni psichiche quali l'ansia generalizzata, accompagnato da uno stato di apprensione e di permanente allerta, di rimurginamenti ansiosi difficili da tenere sotto controllo, di tensione continua e di ipervigilanza.52
Nelle forme più gravi raramente si ottengono risultati positivi sulla violenza, sia con cure farmacologiche che terapeutiche, in quanto eventuali benefici effetti si hanno per un arco temporale determinato, mentre poi le violenze riprendono sistematicamente.53
Le vittime proveranno anche paura e staranno sempre in allerta, analizzando l’uomo cercando di cogliere con anticipo alcuni atteggiamenti che preannunciano la violenza anche se, e a lungo andare, non trovano la forza di reagire e si sottomettono.54
Nelle donne oggetto di violenza coniugale i più comuni sintomi riscontrabili sono costituiti da turbe ansiose, depressione,anche grave, stress post-traumatico, con un aumento dei tentativi di suicidi con una percentuale maggiore (dalle cinque alle otto volte) , rispetto al resto della popolazione.55
La donna soffre comunque per il fallimento del rapporto, che in parte è portata a ritenere imputabile anche a lei e occorre evitare qualsiasi colpevolizzazione che possa , anziché attutire, aggravare il senso di vergogna e di colpa, cercando anzi di decolpevolizzare il paziente che è la vittima, inducendolo a riflettere sul rapporto di coppia analizzando le cause del fallimento e ponendo il rilievo il comportamento del malato che è indipendente da ogni atteggiamento del partner o insensibile a ogni possibile rimedio.
L’uso di alcol o droghe per attutire lo stato di disagio può avere conseguenze ancora più gravi per la salute della donna che dovrà poi sottoporsi ad un trattamento di disintossicazione tanto più difficile quanto più permane la situazione che ha dato origine alla loro assunzione.56
La situazione della coppia dovrà essere oggetto di attenta valutazione a seconda che i partners convivano o vivano separatamente e/o in posti lontani tra loro; nel caso di convivenza la donna dovrà far capire al malato quali sono i limiti a cui può giungere il suo comportamento, rifiutando decisamente ogni eccesso, inviando un chiaro segnale al partner di rifiuto di ogni situazione eccedente tale linea di confine, recuperando una capacità critica che consente alla donna, oltre che la consapevolezza di cosa le sta accadendo, anche di valutare senza veli il comportamento dell’uomo, analizzando le cause che ne hanno agevolato l’atteggiamento violento 57.
Il trattamento multidisciplinare è consigliabile in quanto entrambi i soggetti della coppia hanno bisogno di assistenza terapeutica evitando, tuttavia di fare reincontrare la coppia soprattutto nel caso in cui i coniugi si siano separati.58
Nelle forme meno gravi di patologia l’uomo riconosce le proprie colpe e la donna potrà anche perdonarlo, ma tale assunzione di responsabilità non potrà avvenire nelle malattie psichiche più gravi quali la paranoia perché l’uomo non si renderà conto del proprio comportamento e non ammetterà la violenza.59
La scelta tra rimanere o andarsene è difficile per le donne soprattutto se sono sotto plagio e tendono ad adattarsi alla situazione imposta dal partner; se sono in cura presso uno psicoterapeuta è fondamentale che la scelta, previa presa di coscienza della situazione , sia attuata dalla donna e non dal sanitario.60
La somministrazione di antipsicotici, soprattutto dell’ultima generazione, denominati atipici, nei periodi di crisi può arrecare benefici al malato anche se non può portare alla guarigione in quanto non esistono cure che consentano la guarigione contro alcune delle più gravi malattie psichiche quali la paranoia e la schizofrenia,.61
Presa coscienza della sua situazione la parte debole soprattutto se in buona salute mentale, potrà porre in essere tutte le strategie egli accorgimenti necessari per difendere la sua vita e la sua stessa esistenza, mentre nei casi in cui la donna presenti una situazione psichica alterata o compromessa è utile ricorrere a farmaci antidepressivi o ansiolitici che consentano di ripristinare una condizione psichica accettabile.
È anche utile far ricorso ad un bravo terapeuta , preferibilmente psichiatra , ma anche psicologo, che sia esperto di relazioni familiari alterate e che è maggiormente in grado di altri di riconoscere le situazioni patologiche presenti nell’ambito della coppia.62
Nei confronti del carnefice- malato scarsa è la possibilità di rimedio farmacologico in quanto, non riconoscendo la sua situazione patologica, difficilmente accetterà di sottoporsi a terapia sia farmacologica che psichica ritenendole delle “baggianate” e se anche dovesse sottoporvisi, perché comunque, costretto dalla situazione, lo farà per un breve arco temporale senza che ne possa ricevere concreti benefici.63
Le difficoltà operative da parte del terapeuta sono dovute al fatto che si tratta di rimuovere situazioni passate, ma di evitare quelle presenti e future ; si trova , quindi, al cospetto di una situazione ancora in evoluzione e in divenire e in tal caso la bravura dello psichiatra è di individuare esattamente la psicosi per suggerire sia le cure più appropriate sia al malato,sia alla vittima.64
Occorrerà far presente alla donna che ha a che fare con una persona malata o disturbata e che la situazione, ancorché patologica è comprensibile e giustificabile, mentre occorrerà molta pazienza ed una particolare attenzione ed intuito per verificare il racconto e la narrazione della donna chiedendo, ove possibile , qualche ulteriore riscontro.65
Nella vittima la esatta conoscenza del soggetto malato può avvenire, nella maggior parte dei casi, solamente attraverso la descrizione che ne fa essa stessa , non sempre ritenuta obiettiva ed attendibile proprio per la particolare situazione di vessazione in cui si trova , ma è necessario che la vittima riesca a parlare col suo terapeuta e spiegargli quanto gli è accaduto o gli sta accadendo , liberando le sue emozioni e le sue sensazioni senza censure o autolimitazioni.
Comunicando con la vittima il terapeuta deve infonderle fiducia dimostrando di avere capito il dramma in cui si trova e suggerire con dolcezza e sensibilità i comportamenti da tenere e quelli da evitare per consentirle di tentare di uscire dal tunnel in cui si è trovata.
L’approccio per la effettiva liberazione psicologica del paziente dalle catene che fin allora lo avevano intrappolato consiste nella presa di posizione del paziente dalle remore e paure di parlare e confidarsi.66
Solamente quando avrà preso coscienza di tutto ciò che le è capitato, razionalizzando lo stato di dolore psichico e di sofferenza in cui si trova, comprendendone le ragioni, la vittima uscirà da tale stato e sarà pronta alla reazione che la affrancherà anche psicologica,.67
Il paziente è sempre piuttosto confuso e bisogna convincerlo che non ha alcuna responsabilità per la situazione in cui si trova nonostante le accuse del partner e deve liberare o far rientrare, il senso di colpa, che lo affligge che lo fa sentire corresponsabile di quanto gli sta accadendo.68
Ai fini della cura è fondamentale l’ esatta diagnosi, e non appare facile la individuazione del malato, soprattutto se paranoico per la difficoltà della stessa definizione medica della “paranoia” , caratterizzata da diversi sintomi che possono essere riferiti anche a differenti quadri clinici, caratterizzati da sintomi persecutori e di sospettosità con la conseguente eliminazione del termine “paranoia” dalla classificazione internazionale delle malattie mentali e la sua sostituzione con quella di “disturbo delirante”.69
Se il paziente durante il trattamento prolungato manifesti fenomeni quali riflessi rallentati, movimenti appesantiti, spasmi irreversibili , discinesia tardiva (sbavare permanente), aumento di rischio di infartosarebbe opportuno sospendere il trattamento ove non risolutivo ai fini della cura.
Tra gli antipsicotici atipici, ai fini della cura, va segnalato, (in aggiunta alla clozapina , olanzapina, quietapina, risperidone e ziprasidone) l’aripidrazolo, di seconda generazine, , particolarmente indicato per la schizofrenia , mania acuta e per il disturbo bipolare, causando,a parità di efficacia, meno effetti collaterali rispetto agli altri psicotici atipici70; non è consigliato nei pazienti anziani e non è indicato per il trattamento delle psicosi e dei disturbi comportamentali associati alla demenza.71
Per il disturbo bipolare il litio rappresenta uno dei principali trattamenti anche se occorre monitorare le concentrazioni sieriche per evitare tossicità ed verificare l’efficacia terapeutica (la litiemia dovrebbe essere controllata all’inizio del trattamento almeno una volta alla settimana e poi ogni due mesi)
Si possono verificare per tutta la durata del trattamento, anche in concentrazioni sieriche normali, effetti indesiderati quali tremori fini, diarrea, sete, poliuria, edemi, aumento ponderale ed acne , mentre nelle prime settimane possono comparire nausea ed affaticamento , mentre ulteriori effetti conseguenti alla tossicità del litio si possono verificare in concentrazioni sieriche maggiori rispetto a quelle terapeutiche raccomandate, quali tremori grossolani, atassia, aritmie cardiache , crisi convulsive e nei casi più gravi coma e morte. 72
Hanno effetti “tranquillanti” i farmaci neurolettici in quanto riducono le manifestazioni affettive e l’interesse nei confronti dell’ambiente circostante , con attenuazione della capacità di risposte agli stimoli esterni e sonnolenza, anche se si è riscontrato che i pazienti psicotici divengono meno agitati e pazienti introversi divengono più comunicativi; gli effetti positivi consistono nella scomparsa di sintomi psicotici (deliri, allucinazioni, pensiero incoerente), nella diminuzione di comportamenti aggressivi, anche se si accompagnano a tremore, rigidità, bradicinesia e irrequietezza.
Hanno un effetto sedativo diversi farmaci antipsicotici (ad esempio la clorpromazina) anche se non vengono trattati per curare stati d’ansia proprio per gli effetti indesiderati sul sistema nervoso autonomo che possono provocare anche acatisia (irrequietezza) e ancora più gravi stati d’ansia.
Valutare effetti positivi e negativi della cura è il compito del medico che invitare il paziente a interrompere la somministrazione di farmaci, sostituendoli con altri con effetti collaterali di minore intensità, ove il rapporto utilizzo –benefici dei farmaci non penda dalla parte del paziente, ma si registri un quadro clinico deteriorato anche e soprattutto per l’utilizzo dei farmaci antipsicotici.
Non risultano, comunque, nei soggetti affetti da tali patologie, tessuti del cervello danneggiati o una significativa variazione nell’emissione o ricezione di neuratresmittori con dubbi sulla esistenza di una patologia medica, oltre a quella psicologica, che tuttavia gli psichiatri tendono a sminuire affermando l’esistenza di vere e proprie malattie sulla base di protocolli diagnostici.
Va segnalato anche il rischio di cure farmacologiche senza limiti o “a vita” che a lungo termine debilitano il paziente anche sotto l’aspetto cerebrale con effetti negativi sulla sua generale qualità della vita, senza risultati apprezzabili ai fini della cura della malattia, se non temporanei e nel breve periodo.
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1 Sulla tutela giuridica delle violenze familiari, MONATERI, BONA, OLIVA, Le molestie morali nel sistema giuridico italiano, in HIRIGOYEN, Molestie morali, Einaudi, 2006, 243.
2 La vittima ideale è una persona coscienziosa, naturalmente propensa a colpevolarizzarsi. Sono persone che tengono all'ordine, sia in campo lavorativo sia nelle relazioni sociali, che si dedicano a quanti stanno loro vicino e accettano raramente piaceri dagli altri. Sono anche vulnerabili ai giudizi e alle critiche altrui, per quanto infondate. Ciò li porta a giustificarsi ininterrottamente. I perversi, percependo tale debolezza, provano piacere nell'istallare il dubbio: "Non sarò per caso colpevole di quello che mi rimprovera, anche se non ne sono consapevole?". Nel caso di un'aggressione, ai perversi basta negare perché le vittime entrino nel dubbio. E' per questa ragione che alcune vittime sono ricorse a stratagemmi per verificare a posteriori la realtà della violenza. Conservano copie di lettere, si organizzano per avere un testimone nascosto oppure registrano le conversazioni telefoniche. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., 150.
3 L'intreccio si sviluppa sempre secondo lo stesso schema: la vittima non si accorge di essere manipolata; solo quando la violenza si fa troppo evidente il mistero viene svelato con l'aiuto di persone che intervengono dall'esterno. I rapporti cominciano all'insegna del fascino e della seduzione e si concludono con terrificanti comportamenti da psicopatico. Eppure, i perversi lasciano indizi che verranno interpretati solo a posteriori, quando la vittima si sarà parzialmente sottratta al condizionamento e capirà la manipolazione. Nella prima fase le vittime sono paralizzate; verranno distrutte in quella successiva. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 163.
4 Secondo lo studioso Carlos E. Sluzki, gli effetti della violenza variano in funzione di due elementi: il livello di minaccia avvertito e la frequenza del comportamento violento.
La violenza aumenta progressivamente e la resistenza della donna diminuisce fino a diventare semplice lotta per la sopravvivenza, HIRIGOYEN, Sottomesse, Trento, 2005, 101.
5 Se le donne sopportano tanti maltrattamenti, è perché sono plagiate e condizionate. Il condizionamento è sociale, ma anche relazionale, come una sorta di addestramento. Quando sono intrappolate in una situazione senza uscita e, soprattutto, subiscono aggressioni imprevedibili, le donne diventano passive, hanno l'impressione che tutti i loro sforzi siano vani. Non riescono ad immaginare come potrebbero cambiare le cose e non si sentono capaci di farlo.
Sappiamo ormai che l'impotenza appresa si verifica quando le aggressioni sono imprevedibili e incontrollabili, e non c'è alcun mezzo di agire per cambiare la situazione. Mentre è più logico pensare che più grave è l'aggressione subita dalla donna, più lei avrà voglia di andarsene, constatiamo, al contrario, che più il maltrattamento è frequente e grave e meno la donna ha gli strumenti psicologici per andare via.Comunque, l'apparente sottomissione delle donne al coniuge violento, non dev'essere considerata soltanto un sintomo, ma anche una strategia di adattamento e di sopravvivenza. Le donne sanno bene, nel profondo di loro stesse, che l'opposizione frontale a un uomo violento può aumentare in modo grave la sua violenza, e allora cercano di calmarlo e di accontentarlo, per evitare che le cose peggiorino, HIRIGOYEN , Sottomesse, cit. 97.
6 Oggi le donne sono consapevoli che la violenza fisica non è accettabile, ma lo sono molto meno per quanto riguarda la violenza psicologica. Se le donne accettano di subire comportamenti simili, è perché le aggressioni non arrivano all'improvviso "come un fulmine a ciel sereno"; sono invece preannunciate da microviolenze, da una serie di scorsi spregiativi, da piccoli attacchi verbali e non verbali che si trasformano in molestie morali, affievolendo la resistenza e impedendo di reagire. All'inizio dominio e gelosia vengono interpretate come prove d'amore. A poco a poco, le donne perdono ogni spirito critico e finiscono per "abituarsi". Altrettanto progressivamente il compagno passerà da certi gesti o atteggiamenti non apertamente ostili a una violenza indefinibile, e la donna che subisce continuerà a trovare tutto ciò normale. Via via che la gravità e la frequenza della violenza psicologica aumentano, la donna perde fiducia in se stessa. E' instabile, ansiosa, isolata, confusa, e diventa sempre meno capace di prendere una decisone. La donna si dice che la propria percezione della realtà è falsa, che è lei ad avvertire le cose in modo errato, a esagerare. Finisce per dubitare di ciò che prova e alle volte bisogna che un'altra testimonianza venga a confermare ciò che lei non osa dirsi. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 86).
7 Nella violenza perversa opporre resistenza al condizionamento vuol dire esporsi all'odio. A questo stadio l'altro, che esisteva solo come oggetto utile, diventa un oggetto pericoloso di cui ci si deve sbarazzare con qualunque mezzo. La strategia perversa esce allo scoperto, HIRIGOYEN, Molestie morali, Einaudi, 2006, 123.
8 HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 92. L’autore evidenzia anche che gli studi provano che le donne che hanno subito maltrattamenti fisici o morali nell'infanzia corrono un maggiore rischio di trovarsi, a loro volta, vittime della violenza coniugale. Anche alcuni studi americani hanno dimostrato che il fatto di essere cresciuti in un contesto in cui il padre era violento con la madre aumenta per un ragazzo le probabilità di essere un violento, e per una ragazza quelle di diventare vittima di un uomo violento. E' sadismo per il maschio e masochismo per la femmina, o piuttosto una forma di apprendimento? Si può pensare che questi bambini abbiano imparato, per imitazione, che la violenza è normale nella vita di coppia.
Tutti gli specialisti sono d'accordo nel dire che un trauma passato ha preparato il terreno e che , dietro l'attuale persecutore, si cela spesso un altro persecutore, nell'infanzia. Quindi, se si parla soltanto della fragilità della vittima, dimenticando la distruttività del partner, e ci si limita a ricordare il masochismo della donna, quando si trova invischiata in una relazione dolorosa, non si fa che aggravare il suo senso di colpa e rendere ancora più opprimente la sudditanza psicologica. Bisogna stare attenti a non arrivare a dire che è la vittima a fare il carnefice…. Gli uomini violenti sanno bene come riconoscere il lato protettivo di una donna e come servirsene per giustificare i propri eccessi comportamentali. Alcuni di loro, particolarmente manipolatori, sollecitano subito gli istinti di protezione di una donna per sedurla. Si lamentano della loro storia infantile ("Mia madre non mi ha mai voluto bene, ho avuto un'infanzia difficile"), della loro precedente compagna (era un'arpia), del loro lavoro (non mi danno le responsabilità che merito) HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 77).
9 Il ciclo di violenza si articola in quattro fasi e in modo ripetitivo. A ciascuna tappa, il pericolo per la vittima aumenta,. HIRIGOYEN , Sottomesse, cit., .56. L’autore individua una fase di tensione, di irritabilità dell'uomo, legata secondo lui, a preoccupazioni o a difficoltà nel quotidiano. Durante questa fase, la violenza non si manifesta in modo diretto, ma trapela dalle mimiche (silenzi ostili), dagli atteggiamenti (occhiate aggressive), o dal timbro di voce (tono irritato). Tutto quello che fa la sua compagna, dà fastidio. Durante questa fase di accumulo della violenza, l'uomo tende a rendere la donna responsabile delle frustazioni e dello stress della propria vita. naturalmente, i motivi che accampa sono un semplice pretesto, e in nessun caso una causa della violenza; eppure, la donna si sente responsabile. Se chiede cosa c'è che non va, il compagno risponde che va tutto bene, che è lei che si inventa le cose, che ha una falsa percezione della realtà, e la fa sentire in colpa: "Di cosa parli?"; "Non capisco di che ti lamenti!" ; "Mi dai noia, non ho fatto proprio niente!". Si giunge allora alla violenza verbale e agli insulti, e la donna rimpiange di aver fatto una domanda.
Succede poi una fase di attacco in cui lui dà l'impressione di perdere il controllo di se stesso. Ecco allora urla, insulti e minacce; L'uomo può anche rompere oggetti prima di aggredire fisicamente la compagna. La violenza fisica incomincia per gradi: spintoni, braccia torte, schiaffi, poi pugni ed eventualmente l'uso di un'arma. Non è raro che a questo stadio l'uomo voglia avere rapporti sessuali, per meglio sottolineare il proprio dominio. La donna non reagisce perché, grazie a piccoli, perfidi attacchi, il terreno è stato preparato, e lei ha paura. Può protestare, ma non si difende. Di rado l'aggressione provoca collera in lei, quanto piuttosto tristezza e un senso di impotenza. Qualunque reazione irosa non fa che aggravare la violenza del partner, quindi la donna è indifesa e, influenzata psicologicamente com'è, spesso non ha altra via che la sottomissione.
Segue una fase di scuse, di pentimento, in cui l'uomo cerca di cancellare o di minimizzare il proprio comportamento. L'uomo cerca di disfarsene dei rimorsi trovando una spiegazione in grado di discolparlo. la cosa più facile è dare la responsabilità alla compagna: è lei che l'ha provocato; oppure può giustificare il suo comportamento con motivazioni esterne (ira, alcol o superlavoro). Questa fase ha la funzione di fare sentire in colpa la donna, portandola a dimenticare la collera. In genere, lei finisce per dirsi che stando più attenta e modificando il proprio comportamento potrà evitate che il compagno perda di nuovo la pazienza. L'uomo chiede perdono, giura che non succederà più. Se la donna riesce finalmente ad andarsene, lui contatta qualche intimo perché la convinca a tornare. In quel momento l'uomo è sincero, ma ciò non significa affatto che non ricomincerà. Troppo spesso le donne prendono per oro colato le belle promesse fatte durante questa fase e concedono ben presto il loro perdono. Tanto più che l'uomo approfitta del momento per giustificarsi parlando della propria infanzia infelice e per ricattare psicologicamente:"Solo tu puoi aiutarmi. Se mi lasci, non mi resta che morire!". p. 56).
È possibile una successiva fase di riconciliazione, definita anche della "luna di miele", in cui l'uomo adotta un atteggiamento carino, all'improvviso si mostra attento, premuroso. Si mostra anche innamorato, offre regali, fiori, inviti al ristorante e si sforza di rassicurare la compagna. Può addirittura farle credere che è lei ad avere il potere. A volte, questa fase viene interpretata come una manipolazione perversa degli uomini al fine di meglio "tenere" la donna. In realtà, in questo preciso momento, gli uomini sono sinceri perché terrorizzati dall'idea di essersi spinti troppo oltre e di essere lasciati dalla moglie. Invece, è la paura dell'abbandono che porta a questo cambiamento momentaneo, ed è la medesima paura che, più tardi , li porterà a riassumere il controllo sulla compagna. Durante questa fase le donne ricominciano a sperare perché ritrovano l'uomo che era stato capace di farle innamorare. Pensano che riusciranno a recuperare quell'uomo ferito e che, con l'amore, lui cambierà. Disgraziatamente, tutto ciò non fa che alimentare la speranza nella donna, aumentando così il suo livello di tolleranza agli attacchi. In genere, è questo il momento che lei ritira le querele. Mentre la paura provata durante il periodo aggressivo potrebbe darle la voglia di porre fine alla situazione, il comportamento del compagno durante la fase di pentimento la stimola a rimanere. Il ciclo della violenza può così ricominciare Esiste un enorme differenza nel comportamento dell'uomo durante la fase di tensione e durante quella di riconciliazione. Le donne dicono spesso che non si trovano più di fronte allo stesso uomo, ma a un dottor Jekyll e Mr Hyde.
10 Vista la loro megalomania, le personalità narcisistiche si presentano come moralisti, dando lezioni di integrità agli altri. Sanno meglio di chiunque altro che cosa è bene e che cosa è male, e denunciano la cattiveria altrui. Per continuare a considerarsi onnipotenti, passano il tempo a criticare tutto e tutti, senza ammettere la minima discussione e alcun rimprovero. Quando capita loro qualcosa di negativo, tendono ad attribuire la responsabilità agli altri.
Nella coppia, gli uomini sono dominatori e attraenti, e cercano di sottomettere e di isolare la compagna. Non chiedono amore, ma ammirazione e attenzione, pertanto usano il partner finchè li valorizza e lo buttano via appena smette di essere utile.
Per questi individui, qualunque insuccesso può essere vissuto come una minaccia personale. In tal caso, qualunque altra persona, troppo lucida o troppo critica, diventa un potenziale aggressore e va distrutto. Non si tratta di una crisi di pazzia, in cui si è "fuori di sé", bensì, al contrario, di un'azione deliberata che mira a ferire.
L'autostima di un individuo narcisista si nutre esclusivamente dello sguardo dell'altro: senza l'altro non è niente. Il narcisista cerca la fusione, ha bisogno di fagocitare l'altro, di controllarlo, di farne uno specchio che rifletta soltanto una bella immagine di sé, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 138.
11 Dall'esterno tutto sembra andare normalmente. All'inizio, una donna è abbagliata da un uomo attraente e brillante. ma la tranquillità è presto turbata dalla paura che si insinua nella mente, trasformandosi progressivamente in angoscia. La donna non capisce. Non è successo niente, o quasi. Si domanda se non sarà lei a essere troppo sensibile e se lo rimprovera, tanto più che il partner dice che si fa idee strane, che è paranoica. Eppure, con piccole aggressioni verbali, con sguardi sprezzanti e, soprattutto, con una fredda distanza, lui sembra rimproverarle qualcosa, ma lei ignora che cosa. Non dando un nome al problema, lui ha un potere su di lei. E' amabile solo quando lei gli serve. Di solito, a questo stadio, la donna preferisce cedere, nella speranza di trovare in questo modo una protezione duratura.
Poi gli attacchi si moltiplicano: frasi sferzanti di fronte a testimoni o in privato, critiche cattive su tutto ciò che lei fa o dice. La donna è isolata. non osa più vedere gli amici e la famiglia, perché anche loro vengono attaccati. Così lei preferisce evitarli perché si vergogna.
Senza nessuna ragione, la violenza passa ad uno stadio superiore. I colpi bassi e gli insulti si moltiplicano; tutto quello che la donna dice è deriso. Quando lei supplica: "Perché mi tratti così?", lui sogghigna: "Guardati, poveretta, e capirai!". La donna può scorgere odio nello sguardo del partner, e qualunque colpo è permesso, anche il più perfido. (Es.: Lui può fare allusioni molto cattive che solo lei può capire e quando lei è innervosita abbastanza, dire agli amici di essere molto in pena perché in quel momento sua moglie è "strana". Gli amici effettivamente notano che la donna sembra fuori di sé. Si agita, trema, è sull'orlo delle lacrime.)
La violenza perversa è un concentrato di violenza allo stato puro. Può insinuarsi nella mente dell'altro fino a condurlo all'autodistruzione. Questo processo portatore di morte va avanti anche in assenza di chi l'ha messo in moto, e non si ferma mai, nemmeno quando la donna ha deciso di lasciare il coniuge violento. Oltretutto è contagioso, è un rischio grave; anche la vittima o i testimoni possono incominciare a trascendere, a perdere i loro punti di riferimento. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 62.
12 Il perverso rifiuta la comunicazione diretta perché "non si discute con le cose"; quando si pone una domanda i perversi elud,ono;non si parla di niente, tutto è sottinteso:basta un'alzata di spalle, un sospiro. Si nega alla vittima il diritto di essere ascoltata;al perverso, che rifiuta di sentirla, non interessa la sua versione dei fatti; quando una risposta c'è, è sempre marginale, indifferente; la non comunicazione si ritrova a tutti i livelli espressivi; di fronte al suo bersaglio, l'aggressore è teso, il suo corpo rigido, lo sguardo sfuggente, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 104.
13 La comunicazione perversa viene attuata anche in forma non verbale, nascosta e soffocata, la violenza trapela attraverso i non detti, i sottintesi, le reticenze e, proprio per questo, veicola angoscia HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 103.
14 Le personalità antisociali o psicopatiche diffidano delle proprie emozioni; per loro, i sentimenti di tenerezza o calore sono segni di debolezza. Amano tradire, per vantaggio o per piacere, e non esitano a mentire, a imbrogliare e a manipolare l'altro, senza alcuno scrupolo. Cercano di ottenere ciò che vogliono subito, con qualsiasi mezzo ma, di preferenza con la forza.
La loro violenza è prima di tutto aggressiva, legata a un'irritabilità permanente o a un'aggressività a fior di pelle. Sono pronti a battersi al primo segnale.
La caretteristica di questi uomini è una deficienza nella risposta emotiva, oppure risposte emotive superficiali. Sono incapaci di immaginare il dolore o la paura in una terza persona e, a maggior ragione, nella donna a cui fanno violenza. Inattaccabili dal senso di colpa, non provano alcun rimorso e non si mettono in discussione. Non traggono alcun insegnamento dagli errori passati. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 140.
15 I perversi entrano in relazione con gli altri per sedurli. Spesso li si descrive come persone affascinanti e brillanti. Una volta preso il pesce, si deve solo tenerlo all'amo finchè se ne ha bisogno: L'altro non esiste, non viene visto o ascoltato, è solamente "utile". Nella logica perversa non esiste la nozione di rispetto per il prossimo. La seduzione perversa non comporta nessuna affettività, perché il principio stesso del funzionamento perverso è di evitare ogni affetto. La forza dei perversi è l'insensibilità. Non conoscono alcuno scrupolo di ordine morale. Non soffrono.Può accadere che i perversi si appassionino a una persona, un'attività, un'idea, ma si tratta di fiammate che restano molto in superficie. Ignorano i sentimenti veri, in particolare quelli di tristezza e di dolore. I fallimenti suscitano in loro collera o risentimento e un desiderio di rivalsa. Questo spiega la rabbia che si impadronisce di loro in caso di separazione. Quando un perverso subisce una ferita narcisistica (sconfitta, rifiuto), avverte un desiderio sconfinato di prendersi una rivincita. Non si tratta, come in un individuo collerico di una reazione passeggera e disordinata, è un rancore inflessibile al quale il perverso applica tutte le sue capacità di ragionamento. L'efficacia dei loro attacchi dipende al fatto che la vittima o l'osservatore esterno non immaginano che si possa essere a tal punto privi di sollecitudine o di compassione di fronte alla sofferenza altrui, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 136.
16 I perversi narcisisti sono individui megalomani che si atteggiano a punti di riferimento, a campioni del bene e del male, della verità. Manifestano una totale mancanza di interesse e di empatia per gli altri, ma desiderano che ci si interessi di loro. Tutto è loro dovuto. Criticano chiunque, non ammettano di essere messi in causa o di venire rimproverati. Di fronte a questo universo di potere le vittima è per forza di cose in un universo di debolezze, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., 136.
17 Nel DSM-IV, manuale della classificazione internazionale delle malattie mentali, la personalità narcisista, (non si trova il termine "perversione narcisista"), per essere tale deve presentare almeno cinque delle seguenti manifestazioni: il soggetto ha un senso grandioso della propria importanza; è assorbito da fantasie di successo illimitato, di potere; pensa di essere "speciale" e unico; ha un eccessivo bisogno di essere ammirato; pensa che tutto gli sia dovuto; nelle relazioni personali sfrutta il prossimo; manca di empatia; invidia spesso gli altri mostra atteggiamenti e comportamenti arroganti, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 131.
18 I tratti narcisistici della personalità sono comuni un po’ a tutti (egoismo, bisogno di ammirazione, intolleranza alla critica); non sono tuttavia patologici. D'altra parte, a tutti noi è capitato di manipolare qualcuno allo scopo di ottenere un vantaggio e tutti abbiamo provato un odio distruttivo passeggero. Quello che ci differenzia dai perversi è che comportamenti o sentimenti di questo tipo sono solo reazioni momentanee e seguite da rimorsi o rimpianti. La nozione di perversità implica una stategia di sfruttamento e poi di distruzione dell'altro, senza alcun senso di colpa, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., 131 I perversi provano un piacere estremo, vitale, di fronte alla sofferenza dell'altro e ai suoi dubbi, così come prendono gusto ad asservirlo e a umiliarlo. I perversi narcisisti sono insensibili, privi di affetto. Così non soffrono, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., 135.
19 Le allusioni destabilizzanti non sono evidenti. Sono parole aggressive, ma pronunciate con un tono normale, calmo, quasi disteso, di fronte a insinuazioni del genere, è logico andare in cerca di che cosa si sia detto o fatto di male e colpevolizzarsi, sempre che non ci si arrabbi e si apra il conflitto. E' una strategia che raramente fallisce, perché non si sfugge al senso di colpa, a meno che non si sia a propria volta perversi. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 104.
20 I perversi, quando comunicano con le loro vittime, mantengono una voce fredda, incolore, piatta, monocorde. E' una voce priva di tonalità affettive, che raggela, inquieta e lascia affiorare nelle parole più insignificanti il disprezzo o la derisione. Anche nel caso di confronti violenti, non si alza la voce, lasciando l'altro a innervosirsi da solo, cosa che non può che destabilizzarlo.Molto spesso, il perverso non fa lo sforzo di articolare le parole, oppure mormora qualcosa quando l'interlocutore si trova in un'altra stanza, costringendolo così a spostarsi per sentire oppure a trovarsi, domandandogli di ripetere, nella condizione di chi deve chiedere. E' facile, poi, fargli notare che non ascolta.
Il messaggio di un perverso è deliberatamente vago ed impreciso, tale da alimentare la confusione. Può dire: "Non ho mai detto questo" ed evitare qualunque rimprovero. Servendosi di allusioni, lancia messaggi senza compromettersi.
Un altro procedimento verbale cui i perversi ricorrono abitualmente è l'uso di un gergo tecnico, astratto, dogmatico, per coinvolgere l'altro in ragionamenti di cui non capisce nulla, e sui quali non osa chiedere spiegazioni per non fare la figura dello stupido. Questo discorso freddo, puramente teorico, ha l'effetto di impedire a chi ascolta di pensare e quindi di reagire. Il perverso, parlando con un tono saccente, dà l'impressione di sapere, anche se dice sciocchezze.
- In quello che dice il perverso importa più la forma della sostanza, dare l'impressione di sapere per stancare l'avversario. Ad esempio: Per rispondere a sua moglie, che desiderava parlare del loro rapporto di coppia, un marito assume un tono dottorale: "Presenti una problematica tipica delle donne castratrici, che proiettano sugli uomini il loro desiderio del fallo".Un altro procedimento perverso consiste nel parlare delle intenzioni dell'altro o nell'indovinarne i pensieri nascosti, come se si sapesse cosa pensa meglio di lui: "So perfettamente che detesti i Tali e che cerchi un modo per non incontrarli!" HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 103.
21 Nei narcisisti perversi il rifiuto di soddisfare le esigenze affettive del partner non corrisponde a una semplice mancanza d'amore o di tenerezza, bensì a un assoluto disinteresse per l'altro, che non esiste, non conta, ameno che non sia utile.
La violenza dei perversi non è ciclica, ma permanente, e non è il caso di aspettarsi da loro né richieste di pace né scuse. Sono calmi e freddi, e sembrano controllare sempre la situazione. Il loro comportamento non è consapevole e deliberato, ma compulsivo:sono stati obbligati ad agire così perché l'altro se l'è andata a cercare.
Questi individui sono predatori la cui pericolosità deriva soprattutto dalla loro abilità nel distruggere la capacità di pensare dell'altro. Per affermarsi, devono usare la propria distruttività e godere della sofferenza dell'altro. Il loro mondo è diviso in buoni e cattivi. Attribuiscono loro cattive intenzioni, che non sono altro che la proiezione del loro stesso malanimo. La loro diffidenza assume forme quasi deliranti.
La difficoltà a smascherare un simile individuo sta nel fatto che non attacca mai frontalmente, ma procede per allusioni, sottintesi. Un'altra difficoltà è che sa farsi apprezzare in società. Dà una buona immagine di sé e fa in modo che anche il coniuge la rafforzi. Si fa vedere molto in gamba per dimostrare fino a che punto. il partner è "cattivo", e quindi sia normale prendersela con lui. - Durante le separazioni, i perversi narcisisti si atteggiano a vittime abbandonate, il che permette loro di fare bella figura e di sedurre un altro partner consolatore.
E' piuttosto eccezionale che i perversi narcisisti arrivino all'omicidio, ma ciò non impedisce loro di essere estremamente distruttivi e di mettere a segno veri e propri assassini psichici dato che sono dei predatori. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 148.
22 Il perverso si prende il potere con la parola. Dà l'impressione di saperne di più, di detenere una verità, "la" verità. Il discorso del perverso è totalizzante: enuncia proposizioni che sembrano universalmente vere. Il perverso "sa", ha ragione e cerca di trascinare l'altro sul suo terreno inducendolo ad accettare quello che dice lui. Ad esempio, invece di dire: "Tizio non mi piace", dice "Tizio è un fesso. Lo sanno tutti e tu, tu non puoi non pensarlo". Poi generalizza, vale a dire che trasforma questo discorso in una premessa universale. L'interlocutore pensa: "Deve avere ragione, ha l'aria di sapere quello che dice". In questo modo, i perversi narcisisti attirano partner insicuri di sé, che tendono a pensare che gli altri ne sappiano di più. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 120.
23 L'effetto distruttore della violenza psichica deriva dalla ripetizione di aggressioni apparentemente insignificanti ma continue, delle quali si sa che non avranno mai fine. Si tratta di un aggressione a vita. In superficie non si vede niente o quasi niente.Il perverso preferisce uccidere indirettamente o, più propriamente, indurre l'altro a uccidersi da solo. I segnali di ostilità non compaiono nei momenti di irritazione o di crisi. Sono costantemente presenti in forma di stoccatine, tutti i giorni o più volte alla settimana per mesi, addirittura per anni. Non vengono espressi con un tono irato, ma con un tono freddo, che enuncia una verità o un'evidenza.
L'aggressione viene distillata a piccole dosi quando ci sono testimoni. Se la vittima reagisce e cade nella trappola della provocazione alzando la voce, sembra lei la violenta e l'aggressore si atteggia a vittima.Quando c'è violenza fisica, elementi esterni sono lì a testimoniare: referti medici, testimoni oculari, accertamenti della polizia. In una aggressione perversa, non c'è alcuna prova. E' una violenza "pulita". Non si vede niente, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 125.
24 La fase d'odio appare allo scoperto quando la vittima reagisce, cerca di erigersi a soggetto e di recuperare un po’ di libertà. Nel momento in cui la vittima dà l'impressione di sfuggirgli, l'aggressore prova una sensazione di panico e di rabbia e si scatena. Quando la vittima esprime ciò che prova, la si deve far tacere. E' una fase di odio allo stato puro, estremamente violenta, fatta di colpi bassi e di ingiurie, di parole che sminuiscono, umiliano, si beffano di tutto ciò che l'altro ha di più intimo. Questa armatura di sarcasmo protegge il perverso da quello che teme di più, la comunicazione. Ansioso di ottenere uno scambio ad ogni costo, l'altro si espone. Più si espone, più viene attaccato e più soffre. Quando l'altro rivela le sue debolezze, il perverso le sfrutta immediatamente a suo danno.Non si tratta qui, di amore che si trasforma in odio, come si tende a credere, perché , da parte del perverso, non c'è mai stato amore nel senso reale del termine. Quando l'odio si esprime apertamente, si accompagna al desiderio di distruggere, di annientare. Neanche con il tempo il perverso vi rinuncierà. A lui i motivi di questo odio sono chiari: "Perché è così!", anche se per chiunque altro sono incoerenti. Quando ne dà una giustificazione, attribuisce questo odio a una persecuzione che metterebbe lui nella condizione di legittima difesa. Come nei paranoici, appaiono allora in lui l'idea di essere il bersaglio di pregiudizi e persecuzioni, un'anticipazione delle attese reazioni difensive che porta a comportamenti delittuosi, e un pensiero cavilloso. Tutto quello che non va è imputabile agli altri, che sono coalizzati in un complotto contro di lui. L'aggressore attribuisce alla vittima cattive intenzioni e la previene aggredendola per primo: la vittima è comunque colpevole, sempre, di delitto di intenzione, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 123.
25 Tale tecnica viene qualificata “dividere per meglio regnare” .Là dove il perverso narcisista eccelle, è nell'arte di aizzare le persone le une contro le altre, di provocare rivalità, gelosie. Si può arrivare allo scopo servendosi di allusioni, insinuando il dubbio o provocando con le bugie la rivalità tra le persone. Il piacer supremo per un perverso consiste nel fare in modo che un individuo ne distrugga un altro e nell'assistere a questo scontro dal quale entrambi usciranno indeboliti, cosa che ne rafforzerà la sua personale onnipotenza., HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 118.
26 Gli ossessivi sono perfezionisti. Il loro gusto per la perfezione è utilissimo sul piano professionale, anche se si fissano troppo sul particolare. Sul piano sociale, sono conformisti e rispettosi delle convenienze e delle leggi. Sul piano personale, sono persone difficili da sopportare; esigenti, dominatrici, egoiste, avare. Temono gli slanci emotivi.
Si considerano serie e, secondo loro, gli altri sono irresponsabili e sconsiderati. Nel timore che il partner metta scompiglio nel loro ordine o esegua male un compito, verificano tutto, criticano tutto perché pensano che il loro modo di fare sia il migliore. Non tollerano, nell'altro, alcuna individualità. Hanno bisogno di controllare, di ribattere dialetticamente, di frenare qualunque iniziativa non provenga da loro.
La loro violenza si esercita soprattutto attraverso la coazione e nel campo del potere.
Gli ossessivi possono essere fisicamente violenti, ma c'è poco rischio che arrivino all'omicidio. La loro distruttività consiste piuttosto in un quotidiano logoramento e in un controllo incessante che esauriscono il partner.
Gli ossessivi chiedono spesso una terapia, ma non bisogna aspettarsi un mutamento radicale. Nessuna terapia potrà trasformare un carattere ossessivo, ma dato che questi uomini e queste donne sanno controllare gli altri, possono anche imparare a controllare se stessi e a non scadere nella violenza, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 158.
27 Il perverso cerca di spingere la sua vittima ad agire contro di lui, per poi denunciarla come "cattiva". L'importante è che la vittima sembri responsabile di quello che le capita. Spingere l'altro all'errore consente di criticarlo o di sminuirlo e di dargli una cattiva immagine di sé. Si vedono anche perversi incitare al suicidio: "Povera ragazza mia, non hai da aspettarti niente dalla vita, non capisco perché non ti sei buttata giù dalla finestra!". Per l'aggressore è facile, dopo, presentarsi nel ruolo della vittima di un malato di mentale.Di fronte ad una persona che blocca qualsiasi tipo di comunicazione, la vittima si vede costretta ad agire. Così l'aggredito, già colpevole per il perverso, agli osservatori esterni sembra essere l'aggressore. La vittima è tra due fuochi e, qualunque cosa faccia, non può cavarsela. Se reagisce, accende il conflitto. Se non reagisce, lascia che la distruzione mortifera si espanda, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 128.
28 Per un approfondimento sulla tematica delle molestie morali , CHINDEMI-CARDILE , Molestie morali: tutela giuridica e rimedi terapeutici, in questa Rivista.
29 Nella violenza di coppia, abitualmente, la versione degli uomini non ha niente a che vedere con quella delle mogli. E' come se non parlassero della stessa situazione. Ora, per lo più, preferiamo ascoltare soltanto la variante meno fastidiosa, partendo dal principio che di sicuro la donna esagera: non è affatto così, come abbiamo visto, dato che, al contrario, le donne hanno la tendenza a minimizzare i fatti., HIRIGOYEN , Sottomesse, cit. 207.
30 Nella psichiatria ottocentesca il termine “paranoia” era sintomo di follia , mentre successivamente il termine descrive una serie di disturbi mentali, tra cui il delirio lucido sistematizzato senza deficit intellettivi e cognitivi.
“La personalità paranoica si caratterizza per: l'ipertrofia dell'Io: orgoglio, sensazione di superiorità; la psicorigidità: ostinazione, intolleranza, razionalità fredda, difficoltà a mostrare emozioni positive, disprezzo per gli altri; la diffidenza: timore esagerato dell'aggressività altrui, sensazione di essere vittima di malevolenze, sospetti, gelosie;la falsità di giudizio: fraintendimento di avvenimenti neutri, interpretati come se fossero rivolti contro di lei (p.143).
31 La vittima è tale perché è stata designata dal perverso. Diventa capro espiatorio, responsabile di tutto il male. Sarà d'ora in poi bersaglio della violenza e risparmierà al suo aggressore di cadere in depressione o di rimettersi in discussione. La vittima in quanto vittima, è innocente del crimine per cui pagherà. Eppure, anche i testimoni dell'aggressione nutrono sospetti nei suoi confronti. E' come se una vittima innocente non potesse esistere. Si pensa che acconsenta tacitamente o che sia complice, incosciamente o meno, dell'aggressione che subisce. Si sente normalmente dire che, se una persona è vittima, è perché la sua debolezza o le sue carenze la predisponevano a diventarlo. Invece, le vittime vengono scelte, di solito, per ciò che hanno in più e di cui l'aggressore cerca di appropriarsi. Perché è stata scelta? Perché era lì e, in un modo o nell'altro, ha cominciato a dare fastidio. Non ha niente di particolare per l'aggressore. Al perverso interessa solo quando la vittima è utilizzabile e accetta la seduzione. Diventa oggetto d'odio dal momento in cui si sottrae o non ha più niente da dare. Poiché è solo un oggetto, chi è importa poco. Ciò nondimeno, l'aggressore evita chiunque potrebbe metterlo in pericolo. E' così si guarda scrupolosamente dall'opporsi ad altri perversi narcisisti o ai paranoici, troppo simili a lui. Quando perversi e paranoici si associano, ciò non fa che decuplicare l'effetto distruttivo sulla vittima designata. E' quello a cui si assiste soprattutto nei gruppi e nelle aziende. E' più divertente disprezzare o prendersi gioco di qualcuno davanti a uno spettatore che incoraggia! HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 145).
32 Il semplice fatto di essere esposto alla violenza provoca nel bambino alterazioni psichiche gravi. Essere testimone di violenze è altrettanto, se non più dannoso che l'esservi esposto direttamente. I genitori hanno torto a minimizzare l'impatto della violenza, specie riguardo ai piccolissimi, che non hanno la possibilità di allontanarsi.
Per un bambino, essere testimone di violenze coniugali è lo stesso che essere maltrattato in prima persona. La madre può fare in modo che non assista alle violenze, ma lui vedrà le tracce delle botte e lo sconforto nei suoi occhi.
Una madre che subisce violenza senza potersi difendere potrà avere la tentazione di usare il bambino come sfogo.
Quando c'è violenza fra i genitori, il bambino si sente sempre responsabile, e questo gli provoca una perdita di autostima.
La maggior parte dei bambini che sono vittime o testimoni di violenze non diventano violenti a loro volta..
Paradossalmente, mentre molte donne vittime di violenza dicono di restare a causa dei figli, alcune decidono di andare via quando la violenza si dirige contro i loro bambini., HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 173.
33 Le donne vittime sono sensibilissime alle reazioni della loro cerchia. E incontrano spesso commiserazione, disagio, rifiuto o attribuzione di colpa, atteggiamenti negativi che rafforzano la loro difficoltà a denunciare i fatti. Osservare il comportamento dell'uomo non consente di capire la situazione. D'altronde, se si interrogano i vicini egli amici sui modi di quest'ultimo, di solito dicono di non essersi accorti di niente perché, come abbiamo visto, la maggior parte di questi individui hanno un comportamento socialmente accettabile. Amici e colleghi non notano l'accumularsi della tensione che precede l'atto di violenza. Tutt'al più possono dire che la persona sembrava loro un po’ preoccupata, tesa o distratta. E' raro che l'aggressore mostri in pubblico il suo comportamento e, in genere, le persone che avrebbero potuto aiutare la donna sono state allontanate. Non va dimenticato che, nella dinamica della violenza, la donna viene isolata dai suoi amici, dalla sua famiglia, da tutti quelli che potrebbero portarla a reagire. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 207.
34 Quello che distingue le vittime di un perverso dai masochisti è il fatto che quando, a prezzo di un immenso sforzo, riescono a separarsi, hanno la sensazione di un'immensa liberazione. Sono sollevate perché la sofferenza in sé non le interessa. Si sono lasciate coinvolgere dal gioco perverso, magari per un lungo periodo, perché sono piene di vita e vogliono dare la vita, anche assumendo l'incarico disperato di dare la vita a un perverso: "Con me cambierà!". Non rinunciano perché non possono immaginare che non ci sia niente da fare e che non ci si possa aspettare nessun cambiamento, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., .147
35 Nel rapporto con il perverso non c'è simmetria, ma dominio dell'uno sull'altro e la persona sottomessa non ha la possibilità di reagire e di fermare lo scontro. E' per questa ragione che si tratta effettivamente di un'aggressione. Il condizionamento realizzato in via preliminare ha tolto il potere di dire di no. Non è possibile negoziare, tutto viene imposto. La vittima è trascinata in questa situazione perversa suo malgrado, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit .147.
36 Il rifiuto alla comunicazione diretta è l'arma perfetta dei perversi. Il partner si trova costretto a fare le domande e a dare le risposte e, avanzando allo scoperto, commette ovviamente errori che vengono rilevati dall'aggressore allo scopo di sottolineare l'incapacità della vittima. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 7.
37 Tale situazione viene definita delirio interpretativo paranoide. Un paranoico deve trovare a tutti un lato negativo, anche se i motivi di denigrazione sono del tutto aleatori, talvolta legati a una possibilità offertagli dall'interlocutore ma, per la maggior parte, a circostanze esterne casuali. Si instaura un processo di dominazione: la vittima si sottomette, è soggiogata, controllata, travisata. Se si ribella, se ne sottolineerà l'aggressività e la cattiveria. Deve agire come vuole il perverso, deve pensare secondo le sue regole. Non è possibile più alcuno spirito critico. In un perverso il dominio è subdolo e negato. La violenza perversa si mette in atto in modo ingannevole, talvolta sotto una maschera di dolcezza o di benevolenza. Il partner non ne ha coscienza, a volte può conservare addirittura l'illusione di condurre il gioco. Non c'è mai conflitto aperto, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., 120.
38 La derisione consiste nel farsi beffe di tutto e di tutti. L'aggressione si compie facendo poco rumore, con allusioni, senza che sia possibile dire in quale momento è cominciata e se ci sia veramente. Chi attacca non si compromette, spesso anzi ribalta la situazione additando le intenzioni aggressive della sua vittima: "Se pensi che io ti aggredisca, è perché sei aggressivo tu!" Il perverso narcisista ama la controversia. E' capace di sostenere un giorno un punto di vista e di difendere le idee opposte il giorno dopo, giusto perché la discussione si ravvivi o nell'intento deliberato di scioccare. Se il partner non reagisce abbastanza, è sufficiente esagerare un po’ con la provocazione.La vittima riconosce l'aggressività del messaggio solo quando è diventato un'abitudine., per destabilizzare l'altro basta farsi beffe delle sue convinzioni, delle sue scelte politiche, dei suoi gusti; non rivolgergli la parola; ridicolizzarlo in pubblico; denigrarlo davanti agli altri; privarlo di ogni possibilità di esprimersi;beffarsi dei suoi punti deboli;fare allusioni scortesi, senza mai esplicitarle; mettere in dubbio le sue capacità di giudizio e di decisione. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit., 103
39 I perversi quando accusano gli altri di essere responsabili di quello che succede, non accusano, constatano: poiché loro non possono essere responsabili, è necessario allora che lo sia l'altro. Gettare la colpa su di lui, parlarne male facendolo passare per malvagio permette non soltanto di sfogarsi, ma anche di scagionarsi. Mai responsabili, mai colvevoli: tutto ciò che va male è sempre colpa degli altri. Si difendono anche negando la realtà, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 141.
40 Nella maggior parte dei casi, i perversi scelgono le loro vittime tra persone piene di energia e che hanno gioia di vivere, come se cercassero di accaparrarsi un poco della loro forza. I beni di cui si tratta sono raramente beni materiali. Sono qualità morali, difficili da sottrarre: gioia di vivere, sensibilità, qualità comunicative, creatività, doti musicali o letterarie… Se il perverso che è invidioso, non fosse accecato dall'odio potrebbe, in un rapporto di scambio, imparare come acquisire una parte di queste doti. Ciò presuppone una modestia che i perversi non hanno.La vittima dà molto, ma non è mai abbastanza. I perversi non sono mai contenti, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 138.
41 I perversi narcisisti poiché non sono capaci di amare, cercano di distruggere col cinismo la semplicità di un rapporto naturale.Per accettarsi, i perversi narcisisti devono trionfare su qualcun altro, sentendosi superiori.Gioiscono della sofferenza altrui. Per affermarsi, devono distruggere. In loro vi è un'esacerbazione della funzione critica, che fa sì che trascorrono il loro tempo a biasimare tutto e tutti. In questo modo, si mantengono in posizione di onnipotenza: "Se gli altri sono nullità, io sono per forza migliore di loro". Niente va mai bene, tutto è complicato, tutto è una prova. Impongono agli altri la loro visione pessimistica del mondo e la loro cronica insoddisfazione della vita. Smorzano ogni entusiasmo intorno a sé, cercano prima di tutto di dimostrare che il mondo è cattivo. Con il loro pessimismo, inducono chi hanno accanto a deprimersi, per poi rimproverarglielo. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 138.
42 I perversi narcisiti tendono a presentarsi come moralizzatori; danno lezioni di probità agli altri. In questo sono vicini alle personalità paranoiche. Il perverso però, a differenza del paranoico, se conosce bene le leggi e le regole della vita in società se ne serve per aggirarle con successo. Caratteristico del perverso è sfidare le leggi.I paranoici prendono il potere con la forza, i perversi invece con la seduzione, ma quando questa non funziona più, possono ricorrere alla forza. La fase violenta è di per sé un processo di scompenso paranoico: l'altro deve essere distrutto perché è pericoloso. Bisogna attaccare prima di essere attaccati a propria volta. La vittima è il ricettacolo di tutto quello che il suo aggressore non è capace di sopportare. Se questo meccanismo funziona, l'odio proiettato su un bersaglio divenuto preda basta a calmare le tensioni interiori, cosa che permette al perverso di essere, per il resto, di gradevole compagnia. Di qui la sorpresa o addirittura il diniego delle persone che vengono a conoscenza delle azioni perverse di un vicino che fino a quel momento aveva mostrato solo il suo lato positivo. Le testimonianze delle vittime non sembrano credibili. HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 143.
43 Più che una menzogna diretta il perverso utilizza un insieme di sottintesi, di non detti, volti a costruire un malinteso da sfruttare poi a proprio vantaggio. Dire senza dire è un modo ingegnoso per far fronte a qualunque situazione. Un altro tipo di menzogna indiretta consiste nel rispondere in modo impreciso o marginale, o con un attacco diversivo. A una donna che esprimeva dubbi sulla sua fedeltà, il marito ha detto: " Per dire una cosa del genere bisogna che tu abbia qualcosa da rimproverarti". La menzogna può anche attaccarsi ai dettagli: Alla moglie che gli rimproverava di essere andato otto giorni in compagnia di una ragazza, il marito risponde: "Sei tu la bugiarda, innanzitutto non erano otto giorni ma nove, e poi non si trattava di una ragazza ma di una donna!" Qualunque cosa si dica, i perversi trovano sempre un modo per avere ragione, tanto più che la vittima è già destabilizzata e non prova, a differenza del suo aggressore, alcun piacere a polemizzare. Verità o bugia, ai perversi importa poco: è vero quello che dicono in quel dato istante. Queste falsificazioni della verità sono a volte molto vicine a una costruzione delirante, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 108.
44 I divorzi da un perverso narcisista, chiunque prenda l'iniziativa della separazione, sono quasi sempre violenti e cavillosi. I perversi mantengono il legame tramite lettere raccomandate, avvocati, la giustizia. Le vittime sono raramente capaci di usare la legge, mentre l'aggressore, che ha una struttura molto vicina a quella paranoica, riuscirà a fare le procedure necessarie. Non di rado il perverso, dopo avere spinto il suo partner a sbagliare, se ne serve per ottenere il divorzio a proprio vantaggio. In linea di principio, non si può imputare il divorzio a un solo coniuge quando si possono scusare i torti dell'uno con il comportamento dell'altro. Nella realtà, nel timore di venire manipolati anche loro e non sapendo chi manipola chi, i giudici fanno mostra di prudenza e permettono alle situazioni di violenza perversa di continuare, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 7.
45 Consiste nel togliere a qualcuno ogni qualità, nel dirgli e ripetergli che non vale niente, fino a indurlo a pensare che sia davvero così. Come abbiamo visto, ciò accade dapprima in modo latente, sul piano della comunicazione non verbale: sguardi di disprezzo, sospiri esagerati, sottintesi, allusioni destabilizzanti o malevoli, osservazioni scortesi, critiche indirette dissimulate in una battuta, pettegolezzi. La squalificazione attraverso l'uso del paradosso, della menzogna e di altri procedimenti si estende dal bersaglio designato al suo ambiente, a famiglia, amici e conoscenti: "Conosce solo fessi". Tutte queste strategie sono destinate a fare cadere in basso l'interlocutore per mettersi meglio in risalto, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 117.
46 Un tipo di messaggio paradossale consiste nel seminare il dubbio su fatti più o meno insignificanti della vita quotidiana. Il partner finisce per vacillare e non sa più chi ha torto e chi ha ragione. Si dice qualcosa che immediatamente si nega, ma la traccia resta, sotto forma di dubbio: "Ha voluto dire questo o sono io che interpreto tutto male?". Se la vittima cerca di parlare dei suoi dubbi, viene trattata da paranoica che interpreta tutto per il verso sbagliato. Il paradosso nasce, il più delle volte, dal divario tra le parole dette e il tono con cui le si pronuncia. Questa sfasatura induce i testimoni a fraintendere completamente la portata del dialogo. Non è facile riconoscere i messaggi paradossali. Anche nei casi di conflitto apparentemente aperto, non si menziona mai l'argomento della discordia, perché la vittima non sa in che situazione si trova. Come parlare di impressioni vaghe, di intuizioni, di sensazioni? Nulla è mai concreto. La comunicazione perversa è spesso costituita da messaggi sottili che non vengono immediatamente percepiti come aggressivi o distruttivi, perché altri messaggi, emessi simultaneamente, intervengono a confonderli. Molto spesso li si potrà decodificare solo dopo che il destinatario sarà uscito dal condizionamento, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 113.
47 Queste aggressioni perverse destabilizzano la famiglia. I bambini, i testimoni non possono supporre che si tratti di una cattiveria gratuita. I bambini non sono in grado di reagire, La manipolazione perversa causa, tanto nei bambini quanto negli adulti, disturbi gravi. Come è possibile pensare rettamente quando un genitore ti dice che si deve pensare in un modo e l'altro ti dice esattamente il contrario? Se non viene eliminata da parole ispirate al buon senso e pronunciate da un altro adulto, questa confusione può portare il bambino o l'adolescente a una fatale autodistruttività. Molto spesso in quegli adulti che da bambini sono state vittime della perversione di un genitore si constatano alternanze di anoressia o di bulimia o altri comportamenti addizionali.
Manipolare i bambini è facilissimo. La loro tolleranza non ha limite, sono pronti a perdonare tutto ai loro genitori, ad assumere su di sé la colpa, a comprendere, a cercare di capire perché la madre o il padre è scontento. I bambini percepiscono molto presto la comunicazione perversa ma, poiché dipendono dai genitori, non sono in grado di definirla. Tutto quanto non è stato metabolizzato durante l'infanzia viene continuamente riprodotto in età adulta., HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 7.
48 HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 173.
49 I paranoici sono di rado accessibili ad una terapia. Non avvertono alcun bisogno in tal senso dato che sono persuasi che tutto il problema venga dall'altro e di avere ragione ad agire così. Ciò nonostante, possono beneficiare con profitto di un trattamento antidepressivo che, diminuendo la pressione interna, può a volte attenuare il senso di inferiorità e, di conseguenza, disinnescare la violenza. In genere, vedono uno psichiatra soltanto su ordine giudiziario e mantengono una notevole diffidenza nei suoi confronti, HIRIGOYEN , Sottomesse, cit. 161.
50 La perversione narcisista costituisce un'assoluta controindicazione a una mediazione coniugale o familiare, perché il mediatore corre il grosso rischio di essere usato per distruggere ancora meglio il partner.
Queste personalità non sono minimamente accessibili alle cure e, d'altronde, non provano alcuna esigenza in tal senso. Quando vanno da uno psicoterapeuta, è perché la cosa può avere un'utilità per loro, per esempio per giustificarsi di fronte al partner o alla giustizia. Il loro gioco consiste nel manipolare il terapeuta, HIRIGOYEN. Sottomesse, cit. 148.
51 Si tratta di individui meticolosi, perfezionisti, dominatori, che si concedono pochi contatti emotivi, pur avendo rapporti forti e tirannici con chi li circonda. La donna deve essere sottomessa e, per questo, la isolano materialmente impedendole di lavorare, di amministrare il denaro di casa, di vedere gli amici e la famiglia. Sospetta significati nascosti o minacciosi nei commenti degli altri o rispetto a eventi anodini. Il minimo passo falso altrui viene stigmatizzato senza nessuna pietà e il paranoico è capace di usare tutta una serie di argomenti inoppugnabili per dimostrare che l'altro ha torto. Può divertirsi a mentire, tradire, aggredire, ma, nonostante tutto, ritiene che siano gli altri che mentano, tradiscono, aggrediscono. Mantiene una lusinghiera immagine di sé, considerandosi irreprensibile, mentre gli altri sono cattivi. Non se la prendono con chi è più forte di loro. Alcuni si mostrano perfino sottomessi, addirittura ossequiosi con chi li domina, per esempio il loro superiore gerarchico. Mentre sanno prosternarsi di fronte ai potenti, non hanno pietà con le persone più fragili. I paranoici non si fidano di nessuno, si aspettano di essere sfruttati, traditi….nella coppia, mettono in dubbio, costantemente e senza motivo, la fedeltà del coniuge. Questa gelosia morbosa è stata definita "paranoia coniugale". Questi uomini controllano tempo e spazi della moglie: "Dove sei stata? Perché torni a quest'ora?" e, soprattutto, si agitano per qualunque contatto con un altro uomo. Il paranoico non ha la minima fiducia nella compagna e lei deve giustificare, in ogni momento, il suo impiego del tempo. Tutto è costantemente sottoposto a verifica: i soldi, il tempo, e perfino i pensieri! Hanno talmente paura di essere abbandonati o traditi che interpretano tutto in tal senso. Ciò nonostante, non si tratta di un delirio in senso stretto. Questa gelosia esacerbata non si incontra unicamente negli uomini che hanno una personalità paranoica: anche le personalità bordeline e gli psicopatici possono essere tremendamente gelosi, tra i paranoici, però, la gelosia può portare all'omicidio. Il rischio di passaggio all'atto dell'omicidio è massimo quando la donna cerca di andarsene, quando non ha più paura del compagno e cerca di tenergli testa. A quel punto, lui smette di seguire i soliti schemi e si fa giustizia da sé. Secondo uno studio americano risalente al 1992, il 45 per cento degli omicidi di donne erano provocati dall'ira cieca dell'uomo che si riteneva abbandonato dalla compagna.La violenza dei paranoici non lascia scampo. Qualunque atteggiamento vissuto come offensivo può provocare, in loro, un rancore inflessibile e devastante. la loro rabbia e la loro gelosia possono portare a un omicidio, quello della donna che cerca di fuggire, ma a volte anche quello dei bambini, seguito in qualche caso dal suicidio. Quando l'uomo è paranoico, è la paura a trattenere la donna, e la paura, ahimè, è giustificata. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 161.
52 HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. , 166; la vulnerabilità allo stress varia da un soggetto all'altro. Tuttavia, le persone impulsive di carattere sono più sensibili allo stress, mentre i perversi non lo sono affatto. Si sfogano facendo soffrire l'altro. L'aggressore sfugge allo stress o alla sofferenza interiore addossando all'altro la responsabilità di tutti i suoi disturbi. Le vittime non hanno via d'uscita, perché non capiscono il processo in corso. Niente ha più senso, si dice una cosa e poi il suo contrario, si negano le evidenze. Si sfiniscono nel dare risposte inadeguate che esasperano la violenza, logorano e infine causano una disfunzione neurovegetativa.Dato che queste pressioni proseguono per lunghi periodi (mesi, a volte anni), la resistenza dell'organismo si esaurisce ed esso non è più in grado di evitare l'insorgere di un'ansia cronica. Possono sopravvenire disordini funzionali e organici, dovuti alle scosse neurormonali, HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 166.
53 Ci sono diversi profili di uomini violenti e a seconda di tali profili le terapie saranno differenti e avranno differenti risultati.Gli uomini violenti in modo impulsivo e circoscritto, la cui patologia non è molto marcata, finiranno forse per riconoscere la loro violenza, a condizione di accettare un trattamento psicoterapeutico regolare, che gli insegnerà a controllarsi, specie se, contemporaneamente, si sforzeranno di smettere con alcol e droghe. Con gli psicopatici, le sanzioni legali e l'obbligo di curarsi in genere non fanno che rafforzare le loro tendenze aggressive. Con i perversi narcisisti il lavoro terapeutico è difficile, o addirittura impossibile, perché non ammettono i fatti e non si mettono in discussione. Se accettano un trattamento psicoterapeutico, di solito è in modo del tutto strategico e utilitaristico. HIRIGOYEN. Sottomesse, cit. 188.
54 Le vittime descrivono, tutte, una sensazione di paura. Sono costantemente sul chi vive, a spiare lo sguardo dell'altro o una rigidità dei gesti, un tono gelido, che potrebbe mascherare un'aggressività non espressa. Temono la reazione del partner se non sono conformi alle sue attese, la sua tensione o la sua freddezza, osservazioni offensive, sarcasmi, disprezzo, derisione.Che le vittime, terrorizzate, si sottomettano oppure reagiscono, hanno torto comunque. Nel primo caso i perversi, e forse anche l'ambiente circostante, diranno che sono proprio delle vittime nate; nel secondo caso, se ne sottolineerà la violenza, le si accuserà di essere responsabili del fallimento del rapporto e anche di tutto quello che non va, a dispetto di ogni verosimiglianza. Più si è generosi nei confronti di un perverso, più lo si destabilizza. Sforzandosi di sembrare benevoli, non si fa altro che fargli vedere quanto gli si è superiori, il che, naturalmente, ne riattiva la violenza.Quando l'aggredito, per reazione comincia a odiare, i perversi sono contenti. Ciò li giustifica:"Non sono io che lo/la odio, è lui /lei che mi odia", HIRIGOYEN, Molestie morali, cit. 168.
55 Per uscire da una posizione di vittima, è necessario, con un lavoro psichico, ritrovare una buona immagine di sé. Le umiliazioni lasciano tracce incancellabili, ma che possono essere superate, se si accetta la propria storia. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 180.
56 La psicoterapia di coppia non è assolutamente adatta in caso di violenza coniugale, perché parte dal principio che ognuno dei due partner sia corresponsabile dei problemi matrimoniali. Di conseguenza, permette all'uomo di trovare giustificazioni alla sua violenza, e rischia di rafforzare il senso di colpa della donna. Inoltre, questa terapia può essere pericolosa per la donna perché ciò che viene detto durante la seduta rischierà di essere usato dall'uomo per potenziare ancora di più la sua violenza. La vulnerabilità della donna aumenterà. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 180.
57 Bisognerà, poi, insegnare alla persona a porre limiti, a rifiutare una situazione che non le giova, per uscire dalla confusione e proteggere la propria intimità dalle intrusioni esterne. Peraltro si constata che, una volta che la persona ha indicato con fermezza i propri limiti, il partner avverte di non potersi spinger oltre. Ma sarà bene stare attenti, perché cercherà di nuovo di infrangerli. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 180.
58 Anche se è necessario che il trattamento sia multidisciplinare e che ci siano contatti fra il terapeuta dell'aggressore e quello della vittima, mi sembra pregiudizievole per la donna vittima essere seguita nelle stesse strutture del marito. Come abbiamo detto, le donne hanno paura, e ce l'hanno ancora molto dopo la separazione, e quindi l'eventualità di un incontro con il loro aggressore può costituire un trauma supplementare che sarebbe meglio evitare, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 188.
59 Nel caso delle aggressioni perverse, l'aggressore non riconosce mai i propri torti, e così la vittima deve fare opera di sopportazione, da sola. Le donne che ne escono meglio sono quelle che sono riuscite ad andare fino in fondo a un procedimento legale. Ora quando si tratta di violenza psicologica, questo è impossibile perché non ci sono tracce, non ci sono prove, e le vittime vengono difficilmente credute. Questo le inchioda in una posizione di vittime eterne, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 180.
60 Le donne sviluppano strategie di adattamento per limitare la violenza del partner e salvaguardare la coppia e la famiglia. Se tardano ad andarsene, è perché non è così semplice liberarsi dal plagio. Si tratta di una lunga presa di coscienza che richiede appoggio, allo scopo di identificare le "trappole".
- Molte donne, non vogliono continuare a sopportare la violenza ma non sanno come fare ad andare via. Quali che siano gli approcci terapeutici proposti, è importante che sia la donna, e non una persona esterna, a decidere se lasciare o meno il partner violento, HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 193.
61 Per gli effetti di tali farmaci si rinvia CHINDEMI-CARDILE, Molestie morali: tutela giuridica e rimedi terapeutici, in questa Rivista, 2006.
62 Per essere sicuri di non ricadere in un torbido sistema di manipolazioni è preferibile assicurarsi di certe garanzie relative alla sua formazione. Nel dubbio, è preferibile scegliere qualcuno che sia psichiatra o psicologo. La cosa più semplice per la vittima, è chiedere un indirizzo a una persona di fiducia o al suo medico generico. Non si deve esitare a incontrare più terapeuti, per poi scegliere quello con il quale ci si sentirà più in confidenza. Il paziente giudicherà la capacità che un dato terapeuta ha di poterlo aiutare sulla base delle proprie sensazioni., HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 199.
63 È molto raro che un perverso narcisista accetti una consulto di terapia familiare o di coppia, perché non gli è possibile rimettersi davvero in discussione. Quelli che hanno il coraggio di farlo sono individui che utilizzano difese perverse senza essere veramente perversi. Nel caso di consulti imposti, ad esempio di mediazioni su richiesta di un giudice, i perversi tendono a manipolare anche il mediatore per fargli vedere fino a che punto il partner è "cattivo". E' importante, quindi, che i terapeuti e i mediatori siano particolarmente vigili. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 213.
64 Di fronte a questi pazienti feriti nel loro narcisismo la neutralità benevola, che in certi psicanalisti assume l'aspetto della freddezza, non è ammissibile. Il silenzio dello psicoterapeuta fa eco al rifiuto comunicativo dell'aggressore e provoca una vittimizzazione secondaria. D'altra parte, la maggior parte degli psicanalisti che prendono in carico delle vittime non seguono più Freud per ciò che riguarda la realtà del trauma. Dobbiamo imparare a pensare con indipendenza rispetto a qualunque riferimento, a qualunque certezza, con il coraggio di rimettere in discussione i dogmi freudiani. Gli psicoterapeuti devono dar prova di flessibilità e inventare un modo nuovo di lavorare, più attivo, benevolo e stimolante. Finchè la persona non è uscita dal condizionamento non può aiutarla una cura psicoanalitica tipo, con tutto quello che essa comporta in termini di frustazione. La vittima non farebbe che cadere in un'altra suggestione, HIRIGOYEN , Sottomesse , cit, 200
65 E' importante che il traumatismo derivato da un'aggressione esterna venga riconosciuto come premessa dal terapeuta. I pazienti fanno spesso fatica a ricordare la relazione passata, da un lato perché cercano di rifugiarsi nell'oblio, dall'altro perché per loro quello che potrebbero dire è ancora impensabile. Per giungere gradualmente a formularlo avranno bisogno di tempo e del sostegno del psicoterapeuta. Alcuni pazienti che hanno vissuto una situazione di molestia dicono che, quando hanno cercato di parlarne con uno psicoterapeuta, questi non ha voluto ascoltare e li ha informati di essere più interessato agli aspetti intrapsichici che alla violenza effettivamente vissuta. Parlare di manipolazione perversa non induce la persona a rimurginare, le consente invece di liberarsi dal senso di ingiustizia e di colpa. Liberarsi dal peso dell'ambiguità delle parole e del non detto vuol dire accedere alla libertà. Perché ciò avvenga, il terapeuta deve consentire alla vittima di ritrovare fiducia nelle proprie risorse interiori Non è possibile curare la vittima di un perverso (morale o sessuale che sia) senza tenere conto del contesto. Alla presa di coscienza della natura perversa del rapporto si deve aggiungere quella di come viene messo in atto il condizionamento. Fornendo alla vittima gli strumenti per riconoscere le strategie perverse, le si dà la possibilità di non lasciarsi più sedurre, né impietosire dal suo aggressore. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit, 201.
66 Bisogna parlare col paziente di perversione e chiedere di dare voce alla collera che non ha potuto provare perché era suggestionato, consentirgli di pronunciare parole e di provare emozioni fino a quel momento censurate; se il paziente non trova espressioni, lo si deve aiutare a verbalizzare. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 201.
67 Guarire vuol dire essere in grado di riconnettere le parti sparse, di ripristinare la circolazione. Il paziente deve riconoscere la propria sofferenza come una parte di se stesso degna di stima e che gli consentirà di costruire un avvenire. Deve trovare il coraggio di guardare in faccia la propria ferita. Potrà a questo punto smettere di lamentarsi o di nascondere a se stesso il proprio stato morboso. Il trauma vissuto implica una ristrutturazione della personalità e una relazione diversa con il mondo circostante. Lascia una traccia che non si cancellerà, ma sulla quale è possibile ricostruire. Questa dolorosa esperienza di vita è spesso l'occasione per una ristrutturazione personale. Se ne esce più forti, meno ingenui. Si può decidere che, da questo momento in poi, si verrà rispettati. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit. 207.
68 In nessun caso la terapia deve intervenire a rafforzare il senso di colpa della vittima, rendendola responsabile della sua posizione. Non ne è responsabile: piuttosto accetta la situazione. Finchè non esce dal condizionamento, resta in preda al dubbio e al senso di colpa: "In che cosa sono responsabile di questa aggressione?", e questo senso di colpa le impedisce di fare progressi, soprattutto se, come spesso accade, l'aggressore ha puntato il dito sulla malattia mentale della vittima: "Sei pazzo/a!". Non ci si deve preoccupare di lui e di quello che ha detto, ma di se stessi. HIRIGOYEN, Sottomesse, cit, 203.
69 Il manuale diagnostico americano (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), qualifica “disturbo delirante” i deliri non bizzarri, della durata di almeno un mese, che si riferiscono a situazioni presenti nella vita reale, quali il tradimento , l’essere seguiti, l’avvelenamento etc senza compromissione della situazione psicologica della persona se non per quanto riguarda l’oggetto del delirio che non dipende da assunzione di farmaci.
I principali deliri sono differenziati in base al contenuto o effetto predominante: a) mania di grandezza ; b) erotomania (convinzione di essere oggetto di innamoramento); c) gelosia (convinzione della infedeltà del partner); d) mania di persecione (da parte di terzi).
70 L’aripiprazolo è stato approvato in Italia nel 2005 e nel 2002 dalla US Food and Drug Administration (FDA).
71 Antipsicotici aticipi negli anziani, Medical letter 2005, 34.
72 Farmaci per i disturbi psichiatrici, Tratment Guidelines, 2004, 2.

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