di Andrea Paparella
Non accenna a placarsi il fuoco della rivolta appiccato dal popolo tunisino. Dopo la Tunisia, l'Egitto e gli scontri registrati in Algeria, potrebbe essere la Siria il prossimo paese investito dalla voglia di libertà dei suoi cittadini. È di oggi la notizia dell'appello lanciato da un gruppo Facebook, che in poche ore ha raccolto 7.800 membri, nel quale si inneggia alla «Rivoluzione siriana 2011» e si invita a manifestare, venerdì prossimo, dopo la preghiera settimanale islamica, «contro la monocrazia, la corruzione e la tirannia».
Quella di venerdì, si legge ancora sulla pagina del social network, sarà la «prima giornata della collera del popolo siriano e delle ribellione civile in tutte le città siriane». Si riscontra, inoltre, un chiaro riferimento con i casi di Tunisia e Egitto: «Voi siete come i giovani di Tunisia ed Egitto. Noi - prosegue il testo - non vogliamo una rivoluzione violenta ma una sollevazione pacifica, perché esprimere le proprie opinioni è garantito dalla Costituzione. Non bisogna più accettare l'ingiustizia».
Come accaduto già per i paesi del Maghreb coinvolti nelle ribellioni, anche in questo caso la storia sembre ripetersi: i manifestanti inziano a coordianarsi usando i mezzi moderni, quali internet e i social network. Una similitudine che è davvero un oscuro presagio per il regime siriano.
Non accenna a placarsi il fuoco della rivolta appiccato dal popolo tunisino. Dopo la Tunisia, l'Egitto e gli scontri registrati in Algeria, potrebbe essere la Siria il prossimo paese investito dalla voglia di libertà dei suoi cittadini. È di oggi la notizia dell'appello lanciato da un gruppo Facebook, che in poche ore ha raccolto 7.800 membri, nel quale si inneggia alla «Rivoluzione siriana 2011» e si invita a manifestare, venerdì prossimo, dopo la preghiera settimanale islamica, «contro la monocrazia, la corruzione e la tirannia».
Quella di venerdì, si legge ancora sulla pagina del social network, sarà la «prima giornata della collera del popolo siriano e delle ribellione civile in tutte le città siriane». Si riscontra, inoltre, un chiaro riferimento con i casi di Tunisia e Egitto: «Voi siete come i giovani di Tunisia ed Egitto. Noi - prosegue il testo - non vogliamo una rivoluzione violenta ma una sollevazione pacifica, perché esprimere le proprie opinioni è garantito dalla Costituzione. Non bisogna più accettare l'ingiustizia».
Come accaduto già per i paesi del Maghreb coinvolti nelle ribellioni, anche in questo caso la storia sembre ripetersi: i manifestanti inziano a coordianarsi usando i mezzi moderni, quali internet e i social network. Una similitudine che è davvero un oscuro presagio per il regime siriano.
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