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Anchorage

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lunedì 25 maggio 2009

L’Ultimo ruggito delle tigri del Tamil

L’Ultimo ruggito delle tigri del Tamil
tratto dal sito web http://www.nuovasocieta.it/inchieste/726-dc.html
di Daniele Cardetta
Lo Sri Lanka è un paese molto lontano e sicuramente non troppo conosciuto dagli abitanti della parte occidentale del mondo, tuttavia negli ultimi tempi si è “guadagnato” a prezzo di gravi tributi di sangue della sua popolazione, la ribalta internazionale. Dopo una lunga e brutale guerra con l’esercito ufficiale dello Sri Lanka infatti, le Tigri per la liberazione della patria Tamil ( LTTE) si sono affermati come il gruppo ribelle più rappresentativo e agguerrito. I guerriglieri Tamil hanno coinvolto il fragile Governo dello Stato in una sanguinosa guerra civile durata oltre 25 anni, riuscendo inoltre a occupare importanti porzioni del territorio gestite in modo autonomo da più di dieci anni.
Oggi le Tigri hanno alla fine dovuto cedere all’esercito, il quale ha utilizzato ogni genere di brutalità per avere ragione dei ribelli. Dai primi anni’80 infatti le vittime sarebbero state ben più di 70.000, e i profughi almeno mezzo milione (soprattutto tra quelli di etnia Tamil). Negli ultimi tempi evidentemente l’esercito deve aver deciso di porre la parola fine alla rivolta, utilizzando metodi repressivi vergognosi e denunciati alla Comunità Internazionale (senza nulla ottenere come del resto accade troppo spesso). La Croce Rossa e le Nazioni Unite hanno più volte fatto sapere di reputare il paese sull’orlo di una straordinaria crisi umanitaria. Ancora una volta a pagare il prezzo più alto della repressione sono stati i civili, presi tra due fuochi tra la furia dell’esercito e dalla violenza dei guerriglieri Tamil; dal solo mese di gennaio 2009 infatti i civili morti sarebbero almeno 6.500, e altri 100.000 sarebbero stati catturati e stipati in luoghi senza alimentazione, riparo e medicine. Altri 40.000, anche se dare cifre in queste circostanze appare abbastanza grottesco vista la scarsità di dati certi e di fonti accertate, sarebbero a tutt’oggi detenuti in campi militari in condizioni simili a quelli dei campi di concentramento tristemente noti approntati dai nazisti nella Seconda Guerra Mondiale; a tal proposito non è mai sufficiente rimarcare come da circa un mese l’accesso a tali campi sia vietato ai giornalisti e agli operatori umanitari. Contro questo abominio dei diritti umani non è stato fatto molto da parte della comunità Internazionale, tanto che probabilmente le stesse cifre di vittime e di detenuti sono state molto sottostimate. Le Nazioni Unite tuttavia hanno almeno provato a invocare la fine dei combattimenti o almeno una tregua che permettesse di prestare soccorso ai civili in difficoltà curando feriti e malati, ma il presidente dello Sri Lanka Mahinda Rajapaksa si è mostrato sordo a ogni richiesta, avendo intuito che la tanto agognata vittoria contro le Tigri fosse ora dietro l’angolo. Con questa sua pervicace volontà di continuare la guerra contro le Tigri ignorando l’immane tributo di sofferenza pagata dalla popolazione, Rajapaksa si mostra quindi sicuro che una volta sconfitto il LTTE si aprirebbe una nuova stagione di pace e concordia per lo Sri Lanka.
Quale futuro senza le Tigri?
Ma chi sono le Tigri del LTTE? Terroristi e spietati guerriglieri che trasformano i bambini in soldati perfezionando tecniche suicide e autofinanziandosi con estorsioni, contrabbando e pirateria?, feroci briganti in cerca di bottino che non hanno rispetto per il dissenso? Forse si. Ma di fatto le Tigri non sono l’unica espressione dell’etnia Tamil, tanto che molti attivisti per i diritti umani Tamil si sono pronunciati contro i metodi crudeli delle Tigri, la loro struttura totalitaria e le loro rivendicazioni aggressive e massimaliste. Il LTTE dai primi anni ’80 avrebbe quindi eliminato moltissimi di questi detrattori utilizzando metodi violenti e forzando il Governo a utilizzare le maniere forti per estirpare la “mala pianta”. Ma si è davvero certi che una volta sconfitte le Tigri (cosa avvenuta), per lo Sri Lanka si aprirebbe un periodo di rosea crescita e concordia nazionale? tutto lascerebbe presumere di no. Il LTTE infatti non è stata la causa scatenante del conflitto, bensì è stato il prodotto della autoritaria politica dello Sri Lanka.
Le radici del conflitto
Innanzitutto il conflitto non è nato nel 1980 ma ha radici profonde, avendo interessato alcune generazioni precedenti la formazione del LTTE. Le origini del dissenso e del caos risalirebbero fino al XIX secolo come effetti della pessima politica applicata dal colonialismo britannico nella regione. Gli inglesi infatti avrebbero senza alcun ritegno utilizzato la minoranza Tamil dell’isola per controllare la maggioranza di etnia cingalese dando loro come premio i migliori posti di governo e i benefici economici del dominio britannico. Lo Sri Lanka diventava indipendente nel 1948 e i Tamil sono stati abbandonati a loro stessi in balìa del nuovo Governo, il quale ha spesso basato il proprio consenso proprio sull’avversione nei loro confronti, tanto che presto i Tamil vennero letteralmente emarginati dalla politica nazionale. L’etnia cingalese oppressa nell’epoca coloniale ha continuamente ricercato un sentimento di rivalsa contro l’etnia Tamil, ponendosi come fine addirittura il loro allontanamento dalla regione. La zona del nord-est, da sempre roccaforte dei Tamil, dopo l’indipendenza era stata assegnata a molti contadini cingalesi, con il chiaro intento di ridurre la concentrazione Tamil nell’area mettendoli in minoranza. I cingalesi hanno sempre ignorato i tentativi dei Tamil di essere rappresentati attraverso mezzi democratici, fino al trionfare delle istanze nazionalistiche che hanno portato i Tamil alla disperazione e alla lotta armata iniziata proprio alla fine degli anni’70. Dopo anni di guerra civile con lo Stato cingalese le Tigri del LTTE erano arrivate a liberare gran parte del nord-est, iniziando anche ad amministrarlo come territori autonomi a partire dal 2000; la reazione del governo tuttavia è stata devastante tanto che il Human Rights Watch (osservatorio dei diritti umani) avrebbe definito quello dello Sri Lanka come uno dei peggiori governi del mondo. Sia le tigri che il governo hanno perso ogni occasione nel corso del tempo di arrivare ad accordi o a una pace, commettendo immani atrocità reciproche. L’annientamento ormai completato delle Tigri non avrà risolto però nessuno dei problemi dello Sri Lanka, ponendo anzi le basi per nuove e più sanguinose vendette. In particolare il timore più rilevante è che il governo una volta risolto il problema “Tigri”, passi ora a vagliare soluzioni per una definitiva chiusura del problema della minoranza Tamil. Le migliaia di Tamil imprigionati nei campi militari prefigurano un fosco futuro che non sembra promettere nulla di buono per la pace nella martoriata isola. Come ha scritto Mitu Sengupta, professoressa di Scienze Politiche a Toronto: “Per la maggior parte dei governi, il bagno di sangue nello Sri Lanka è la conseguenza di un potere sovrano assediato da una brutale insurrezione interna. Questo è ciò che bisogna aspettarsi da un mondo in cui gli Stati sono generalmente considerati legittimi, indipendentemente da quello che fanno, mentre chi sfida la loro autorità è generalmente considerato criminale”. Ancora una volta dunque, nel solito tentativo della stampa e degli analisti occidentali di semplificare la complessità, si è tracciata una linea troppo artificiosa di delimitazione tra buoni e cattivi, laddove non ci sono confini bensì si ha una distribuzione a macchia di leopardo tra entrambe le parti; e nel frattempo un'altra ingiustizia è stata perpetrata nel silenzio internazionale.

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