Pietro Berti

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VILLA BERTI - IMOLA VIA BEL POGGIO 13

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Anchorage

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giovedì 20 gennaio 2011

Partito dei Comunisti Italiani (PdCI)

Il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI) è un partito politico di Sinistra ispirato ai valori del Socialismo e alla cultura politica del Comunismo italiano (quella elaborata negli anni da Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti, Luigi Longo e Enrico Berlinguer). Con altri è parte della Federazione della Sinistra.
Fu fondato l'11 ottobre 1998, in seguito a una divisione interna a Rifondazione Comunista e in concomitanza con la crisi del Governo Prodi I.
Come da Statuto, il PdCI si propone di «trasformare l'Italia in una società socialista fondata sulla democrazia politica» e «affermare gli ideali della pace e del socialismo in Europa e nel mondo». Fa riferimento alla cultura marxista, ai suoi sviluppi, e all'esperienza del comunismo italiano e persegue il «superamento del capitalismo e la trasformazione socialista della società».
La presenza del Pdci sul territorio italiano è abbastanza omogenea: 16,9% nel Nord-Ovest, 13,1% nel Nord-Est (totale Nord 30%); 26,1% al Centro; 33,4% al Sud e 9,5% in Sicilia e Sardegna. Dunque un partito nazionale a diffusione capillare che dispone anche di una federazione estera particolarmente radicata in Belgio, Francia, Germania e Svizzera.
Quasi il 40% degli iscritti al Pdci è sotto i 35 anni, le donne sono il 33,9%. La metà degli iscritti al partito è anche iscritto al sindacato che per l'83,8% di questi è la Cgil.
Negli enti locali, dopo le tornate elettorali 2009 e 2010, la presenza istituzionale del partito si è ridotta a poche unità.
Il segretario nazionale è Oliviero Diliberto, presidente è Antonino Cuffaro.
Il suo settimanale politico è stato la Rinascita della sinistra (che già nel nome e nel logo si richiamava al settimanale del Pci Rinascita, fondato da Palmiro Togliatti). Dal 20 ottobre 2008 al 27 aprile 2010 il partito ha anche curato una webtv, la Pdcitv.it - televisione comunista[2].
Sua organizzazione giovanile è la Federazione Giovanile Comunisti Italiani (FGCI). Il suo colore ufficiale è il rosso.
Indice[nascondi]
1 Storia
1.1 Le origini: "cossuttiani" e "bertinottiani"
1.2 La scissione
1.3 Nasce il PdCI
1.4 Il PdCI al governo (1998-2001)
1.5 La costruzione del partito (1999-2000)
1.6 La crescita del partito
1.7 La crisi Cossutta-Rizzo
1.8 La nascita dell'Unione e le Primarie
1.9 Le elezioni politiche 2006
1.10 Il ritorno al Governo
1.11 Le dimissioni di Cossutta
1.12 La XV legislatura (2006-2008)
1.13 Dal IV Congresso a la Sinistra l'Arcobaleno
1.14 Il V congresso e la scissione di "Unire la Sinistra"
1.15 Le elezioni europee del 2009
1.16 L'espulsione di Marco Rizzo
2 Correnti e scissioni
3 Valori
4 Risultati elettorali
5 Congressi
6 Iscritti
7 Segretari
8 Presidenti
9 Capigruppo al Senato della Repubblica
10 Capigruppo alla Camera dei deputati
11 Organigramma
12 I progetti di confederazione della sinistra
13 Il Simbolo
13.1 Storia
13.2 Simboli storici
14 Voci correlate
15 Note
16 Bibliografia
17 Collegamenti esterni
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Storia [modifica]
Le origini: "cossuttiani" e "bertinottiani" [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Storia del Partito della Rifondazione Comunista (1994-1998).
In occasione delle elezioni politiche del 1996, Rifondazione Comunista stipula con la coalizione di centrosinistra (l'Ulivo) guidata da Romano Prodi un «patto di desistenza», in base al quale in alcuni collegi (27 alla Camera e 18 al Senato) l'Ulivo avrebbe rinunciato a presentare propri candidati per sostenere quelli di Rifondazione che però avrebbe usato il vecchio simbolo dell'Alleanza dei Progressisti. Così facendo, spiegava Armando Cossutta, «garantiremo la nascita di un governo dell'Ulivo, ma in cambio abbiamo chiesto che non vengano fatti accordi, per tutta la legislatura, con la destra»[3].
Quelle consultazioni si risolsero in un successo tanto per l'Ulivo, quanto per il PRC, che così toccava il suo massimo storico, e sancivano l'impossibilità di una maggioranza ulivista pura alla Camera dei deputati. Il PRC non entrò nel Governo Prodi I, ma ne appoggiò la formazione[4] in nome dell'«autonomia dei comunisti e l’unità con le forze della sinistra», come sancirà il III Congresso del PRC (dicembre 1996)[5].
Tuttavia, nell'autunno 1997 il PRC mette in discussione la fiducia al governo, alla luce di un irrigidirsi dei rapporti tra Ulivo e PRC[6]. Prodi si dimette, ma un buon pezzo di Rifondazione spinge per la ricomposizione[7] e dopo cinque giorni si giunge a un nuovo patto di un anno fra comunisti e centrosinistra[8][9]. Ma l'autunno '97 mette in luce come sia difficile la convivenza tra la fazione vicina al segretario Fausto Bertinotti e quella vicina al presidente Armando Cossutta[10]. Dal 13 ottobre 1997 iniziò a montare tra presidente e segretario del PRC, come dirà Cossutta, «un dissenso che non era frutto del temperamento, ma di qualcosa di diverso»[11]. Ne nascerà una discussione politico-strategica sulle pagine del mensile del partito Rifondazione[12], che raggiungerà il suo culmine con l'approvazione del DPEF nell'estate 1998.
Proprio quando inizia la discussione sulla legge finanziaria 1999, è ormai evidente la frattura fra "cossuttiani" e "bertinottiani" e lo stesso responsabile economico del PRC, Nerio Nesi, in agosto viene attaccato dal segretario Bertinotti, perché favorevole al compromesso col governo[13][14]. Si inizia a parlare pubblicamente di scissione[15][16].
A 7 anni dalla nascita del PRC, inizia a farsi rovente la convivenza tra i molti che venivano dal vecchio PCI di Palmiro Togliatti ed Enrico Berlinguer e chi veniva dalla cosiddetta "nuova sinistra" e dal socialismo radicale (DP, PSIUP, ecc...), più favorevoli a svolte movimentiste e di autonomia radicale da tutte le altre forze politiche.
La scissione [modifica]
I provvedimenti richiesti non trovano posto nella finanziaria '99 e nella riunione del Comitato Politico Nazionale del 2-4 ottobre 1998, il grosso di Rifondazione decide di ritirare la fiducia al Governo Prodi e di passare all'opposizione. La mozione vincente del segretario passa col voto decisivo delle correnti trotskiste, da sempre all'opposizione, e di una parte dei cossuttiani storici capeggiati da Claudio Grassi[17].
Per i cossuttiani quel voto rappresentava un «atto antistatutario», perché un semplice CPN, per quanto rappresentativo di tutto il partito, non poteva cambiare la strategia politica fondamentale del partito, cosa che poteva fare solo un congresso nazionale, massima istanza del partito[18].
Il 5 ottobre Armando Cossutta si dimette da presidente del partito che pure aveva voluto e fondato[19][20][21], mentre i parlamentari comunisti il 6 respinsero a larga maggioranza la linea di rottura con le altre forze democratiche, ma affermando che si sarebbero adeguati alle decisioni del partito in quanto «vincolati dalla propria appartenenza al partito»[22].
Tuttavia alcune centinaia di militanti e dirigenti locali vicini a Cossutta, non riconoscendosi nella decisione del CPN, si autoconvocarono presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma per il 7 ottobre, appellandosi perché non si arrivasse alla rottura con Prodi per impedire il ritorno delle destre al potere. L'assemblea fu guidata da Iacopo Venier, segretario della federazione di Trieste e, in quell'occasione, venne firmato un appello intitolato: Non c'è salvezza per il partito se rompe con il popolo, con i lavoratori, con il Paese[23][24][25].
Così, il 9 ottobre, il capogruppo comunista alla Camera, Oliviero Diliberto, annunciò, durante il dibattito sulla mozione di fiducia al governo, che la maggioranza assoluta del gruppo parlamentare avrebbe votato a favore del Governo Prodi. Bertinotti si dichiarò invece per la sfiducia[26]. Pochi minuti dopo, il governo cadeva per un voto[27].
Nasce il PdCI [modifica]

Adalberto Minucci (1983)
L'11 ottobre viene convocata al Cinema Metropolitan di Roma la prima manifestazione di tutti coloro che volevano dar vita alla costituente per un nuovo soggetto politico comunista e viene presentato ufficialmente il Partito dei Comunisti Italiani, che aderisce subito all'Ulivo[28][29].
Con la nascita del PdCI, vengono ripristinati nomi e simboli del disciolto PCI, in evidente continuità con quella storia[30][31]. Ciò è reso possibile perché i neonati Democratici di Sinistra - anche se smentiranno[22] - garantiscono nessun atto legale contro il partito di Cossutta[32]. Diversamente, il PRC si oppone a un altro simbolo con falce e martello e il tribunale delibererà che il simbolo del PdCI muti il fondo bianco con uno azzurro[33][34].
Al suo esordio, il PdCI poteva contare su 30.000 iscritti, 27 parlamentari, 28 consiglieri regionali, quasi mille amministratori locali, provenienti in maggioranza da Rifondazione, ma ci furono anche tanti che ripresero la militanza attiva, come Adalberto Minucci, già membro della Direzione Nazionale del PCI e direttore di Rinascita, che entrò a far parte della segreteria nazionale del PdCI.
Il 29 ottobre viene presentata la nuova tessera[35] e il 22 novembre si riunisce il comitato promotore del PdCI[36]. Vi partecipano 107 fuoriusciti dal CPN del Prc su 112 che votarono il 4 ottobre per la mozione Cossutta. Quest'ultimo viene nominato presidente del comitato, mentre in marzo a Rizzo va il coordinamento. Il comitato avrà il dovere di reggere le sorti del partito fino alla celebrazione del I Congresso Nazionale. La linea ufficiale è essere «un partito autonomo in un grande schieramento di sinistra»[37].
Il PdCI al governo (1998-2001) [modifica]
La coalizione si riorganizza, riuscendo a costituire un nuovo governo di centrosinistra, scegliendo come Presidente del Consiglio Massimo D'Alema (21 ottobre 1998). Il PdCI partecipa con Oliviero Diliberto, nominato ministro di Grazia e Giustizia, e Katia Bellillo, ministro senza portafoglio agli Affari Regionali. Sottosegretari comunisti sono Paolo Guerrini alla Difesa, Antonino Cuffaro all'Università e Ricerca Scientifica e Claudio Caron al Lavoro. È la prima volta che dei comunisti siedono al governo dell'Italia dal 1947.
La stessa delegazione sarà confermata nel governo D'Alema II, mentre nel successivo governo Amato II Diliberto viene sostituito da Nerio Nesi, al quale sarà affidato il ministero dei Lavori Pubblici.
La costruzione del partito (1999-2000) [modifica]
Il 21 gennaio 1999 arriva nelle edicole il settimanale del partito, la Rinascita della sinistra[38].
Il 26 marzo nasce il sito del partito (comunisti-italiani.it).
Per il 10 aprile viene indetto il I congresso nazionale[39], ma il 3 aprile viene rinviato per lo scoppio della guerra in Kossovo[40][41].
Il 18 aprile si tiene un referendum per introdurre una legge elettorale per la Camera dei deputati esclusivamente maggioritaria. Il PdCI si oppone all'abrogazione del proporzionale e il referendum non passa per il mancato raggiungimento del quorum del 50%+1.
Il 15 maggio si tiene un grande attivo dei Comunisti Italiani sui temi del lavoro con i quadri sindacali[42][43].
Dal 21 al 23 maggio 1999 si tiene a Fiuggi il primo congresso nazionale[44] che lancia il partito verso le elezioni europee del mese dopo. In quell'occasione il PdCI raccoglie il 2% dei consensi, pari a oltre 600.000 voti, valore mantenuto sostanzialmente anche alle seguenti elezioni regionali del 2000 e alle elezioni politiche del 2001. Vengono eletti al Parlamento Europeo Armando Cossutta e Lucio Manisco[45].
In occasione della I Festa de la Rinascita (organizzata a Pescara dal 24 luglio al 3 agosto[46]), il 31 luglio 1999 la componente giovanile del partito si organizza sotto la storica sigla della FGCI, col nome Federazione Giovanile Comunisti Italiani[47], e avvia il processo che porterà alla sua costituzione ufficiale, che avverrà solo il 12 dicembre 2004.

Il segretario nazionale, Oliviero Diliberto
Durante l'autunno 1999 si inizia a elaborare un programma politico attraverso una serie di convegni nazionali: "Sicurezza nelle città" (16 ottobre), "Legge Finanziaria 2000" (23 e 24 ottobre), "Sud, fra passato e presente" (13 novembre), "Autonomie per unire" (5 dicembre).
Il 29 gennaio 2000 si tiene la manifestazione nazionale a Roma Battere le destre: governare l'Italia e le regioni che, di fatto, apre la campagna elettorale per le amministrative del 16 aprile[48]. Vengono nel frattempo organizzati due convegni nazionali su lavoro e diritti (12 febbraio) e scuola (27 febbraio).
Il 20 aprile, con una lettera a la Repubblica, Oliviero Diliberto annuncia l'intenzione di dimettersi da ministro per tornare «a fare politica per il partito e per la sinistra, nel tentativo di evitare un effetto '8 settembre'». La decisione viene presa quattro giorni dopo la sconfitta dell'alleanza di governo alle elezioni regionali[49].

Margherita Hack
Dopo una lunga prima fase in cui il partito viene guidato dal solo presidente Armando Cossutta, il Comitato Centrale il 29 aprile 2000 accoglie quasi all’unanimità (118 sì, 1 no, 3 astenuti) la proposta dello stesso Cossutta di eleggere Oliviero Diliberto alla nuova carica di segretario nazionale. Il neosegretario commenterà: «Il capo resta ancora lui, il presidente. Io sono venuto qui per dargli una mano»[50].
L'8 luglio il ministro Katia Bellillo partecipa al "World Pride" di Roma[51] e, poco dopo, si apre la II Festa de la Rinascita che vede la partecipazione di tanta intellettualità italiana. Da questa esperienza nascerà il Politecnico, un luogo di studio e ricerca presieduto da Margherita Hack.
Nuovi appuntamenti nazionali si tengono tra ottobre e novembre.
Il 21 gennaio 2001 vengono festeggiati gli 80 anni dalla fondazione del Partito Comunista con un grande appuntamento al teatro Brancaccio di Roma[52].
La crescita del partito [modifica]

Sezione belga del PDCI
Alle elezioni politiche del 2001 il PdCI si presenta come l'estrema sinistra della coalizione dell'Ulivo che sostiene la candidatura di Francesco Rutelli alla presidenza del Consiglio.
Nella quota proporzionale della Camera il PdCI aveva tentato di far parte del cartello de Il Girasole con Verdi e Sdi, ma per un veto di quest'ultimo i Comunisti Italiani ne furono esclusi e costretti a superare da soli lo sbarramento del 4%[53]. Alle elezioni il partito registra un calo, raccogliendo solo l'1,7%. Vengono eletti 9 deputati (nella quota uninominale) e 2 senatori.
Dal 13 al 16 dicembre 2001, a Bellaria (RN), il secondo congresso nazionale si conclude con la conferma di Diliberto segretario e Cossutta presidente[54][55].
La linea del PdCI si caratterizza per la spiccata attenzione verso i temi del lavoro, dello sviluppo, dei diritti, delle grandi questioni internazionali (la pace, la solidarietà con i popoli sfruttati, la lotta contro l'imperialismo).
Nel corso degli anni, il partito consolida collaborazioni con i Verdi: insieme sono promotori per dare più peso ai temi della pace e della giustizia sociale. Altro caposaldo della politica del PdCI è la difesa intransigente della Costituzione repubblicana e della Resistenza al nazi-fascismo.
Nel luglio 2001 la sola FGCI è tra i firmatari nazionali del Genoa Social Forum che protesta contro la globalizzazione propugnata dal G8. Localmente aderiscono il PdCI di Roma e Lecce[56].
Sui movimenti che nascono o rifioriscono anche in Italia a partire dal 2000, il partito ha una posizione amica, ma critica, ben spiegata da Diliberto al Comitato Centrale del 12 gennaio 2003: «Noi siamo nei movimenti - e questo è un punto al quale tengo molto - senza scioglierci in essi. Senza confonderci. (...) I movimenti sono fondamentali. Più ce ne saranno, meglio sarà per la sinistra, e tuttavia vedo in alcuni di essi rischi di posizioni non politiche o prepolitiche. È l'idea di una sorta di purezza dei movimenti contro l'imbastardimento dei partiti; l'idea di una intransigenza morale dei movimenti contro lo sporcarsi le mani dei partiti. In certi esponenti dei movimenti sembra prevalere una sorta di intransigenza che non fa i conti con la politica, con la necessità del compromesso, della sintesi, della costruzione faticosa della proposta. Queste tendenze vanno contrastate, non bisogna avere un atteggiamento subalterno, perché altrimenti noi non saremmo nel movimento da comunisti»[57].
Tra il 2002 e il 2003, il PdCI è tra le forze (insieme a Verdi, girotondi, Il manifesto) che sostengono Sergio Cofferati quale ipotetico futuro leader di una sinistra riunita[58], progetto che tuttavia naufragherà nel maggio 2003[59].
Il 21 marzo 2004 Nerio Nesi lascia il PdCI[60], dopo un biennio di malumori sulla linea e sulla gestione del partito[61].
Dal 20 al 22 febbraio 2004 si celebra a Rimini il terzo congresso nazionale, dove si decide di modificare il simbolo del partito con l'aggiunta della dicitura "per la sinistra", a conferma dell'impegno del partito per spostare più a sinistra possibile l'opposizione e riaggregare la radicalità italiana.

Umberto Guidoni
Il 19 maggio si iscrive al partito Nicola Tranfaglia[62], che il 1º febbraio aveva lasciato polemicamente i DS[63].
Alle elezioni europee del 2004 il PdCI raggiunge il suo massimo storico, ottenendo il 2,4% dei consensi, pari a quasi 800.000 voti, ottenendo due seggi al Parlamento europeo. Risultano eletti Marco Rizzo e Diliberto, che però rinuncia a favore dell'astronauta Umberto Guidoni. I deputati europei aderiscono al gruppo della Sinistra Europea - Sinistra Verde Nordica.
Il 17 luglio 2004 confluisce nel partito la piccola Democrazia Popolare (Sinistra Unita), scissasi dal PRC quattro anni prima.
La crisi Cossutta-Rizzo [modifica]
Gli ottimi risultati delle elezioni europee portano con sé un'aria di crisi dentro il Partito. Contro ogni previsione, infatti, il presidente Cossutta non viene riconfermato europarlamentare perché scavalcato nel collegio Nord-Occidentale dal capogruppo alla Camera Marco Rizzo (10.325 preferenze contro le 7.802 di Cossutta)[64].
Prima delle elezioni il partito pensava di eleggere Cossutta e Venier, ma il primo, come s'è visto, viene scavalcato da Rizzo, mentre il secondo viene sopravanzato sia da Diliberto che dall'indipendente Umberto Guidoni, noto astronauta[65].
Diliberto rinuncia alla sua elezione per restare a Roma, ma a giovarsene è comunque Guidoni che, entusiasta, accetta l'incarico iscrivendosi al partito.
Cossutta invece insiste chiedendo a Rizzo di non accettare l'elezione per favorirlo in quanto primo degli eletti, ma Rizzo risponde di aver voglia di occuparsi del partito in Europa e quindi si dimette sia da deputato che da membro della segreteria.
Vengono convocate due Direzioni Nazionali e nel mezzo si tiene il 19 e 20 giugno il Comitato Centrale. Qui Rizzo ribadisce di voler andare «in Europa per contribuire ad unire, anziché dividere i partiti comunisti e della sinistra in Europa, e lascerò, per mia scelta, la segreteria. Nella campagna elettorale intensissima durata 40 giorni ho fatto ben 81 comizi, di cui 38 al Centro ed al Sud ed il resto nel Nord Ovest, circoscrizione nella quale ero candidato».
Alla fine il partito prende atto all'unanimità della volontà di Rizzo. Ma Cossutta ingoia amaro: da questo momento in poi tra i dirigenti circoleranno veleni e sospetti tra chi è vicino a Cossutta e chi a Rizzo, con Diliberto che cerca di mantenere l'unità in più occasioni.
L'antipatia sempre più esplicita fra Cossutta e Rizzo tuttavia non intacca il lavoro del partito e resta di fatto confinata ai suoi protagonisti[66].
La nascita dell'Unione e le Primarie [modifica]
Il 26 ottobre 2004 un altro indipendente di prestigio accetta di iscriversi al PdCI: lo psichiatra Luigi Cancrini, in primavera già candidato dal partito alle europee[67].
La coalizione di centrosinistra si rinnova, si apre a nuovi contributi, ritrova l'accordo con Rifondazione e con l'Italia dei Valori e assume la nuova denominazione provvisoria di Grande Alleanza Democratica o Gad (12 ottobre 2004), e poi quella definitiva de L'Unione (10 febbraio 2005).
Alle elezioni regionali del 2005 il PdCI, nelle 14 regioni chiamate al voto, raggiunge una percentuale media del 2,7%.
Romano Prodi, leader della coalizione dell'Unione, rilancia, nel frattempo, l'organizzazione di elezioni primarie per scegliere il candidato premier dell'Unione.
I Comunisti Italiani non gradiscono lo strumento delle primarie ma, preso atto della sua inevitabilità, pensano di appoggiare la candidatura di Fausto Bertinotti, se questi accettasse di diventare poi leader di tutta la sinistra massimalista. Bertinotti rifiuta e il 16 ottobre 2005 i Comunisti Italiani preferiscono schierarsi per confermare Romano Prodi leader dell'Unione. Prodi ottiene il 74,1% dei voti.
Le elezioni politiche 2006 [modifica]
Il 19 gennaio 2006 la Direzione Nazionale del partito approva le liste «qualificate e aperte, con importanti personalità della politica, della cultura, del mondo del lavoro» dei candidati alla Camera per le elezioni politiche del 2006, tra cui figurano il presidente e il segretario del partito, Armando Cossutta e Oliviero Diliberto, oltre all'astrofisica Margherita Hack, all'astronauta parlamentare europeo Umberto Guidoni e allo storico Nicola Tranfaglia. Come da statuto approvato nel 2004, vengono esclusi tutti coloro che hanno già cumulato due mandati parlamentari, tra cui la figlia del presidente, Maura Cossutta, e Gabriella Pistone. Viene anche escluso il direttore de La Rinascita della sinistra, il senatore uscente Gianfranco Pagliarulo, non ricandidato per aver partecipato il 4 dicembre 2005 alla presentazione della miniscissione dell'Associazione RossoVerde di Alessio D'Amato[68][69].
Le reazioni degli esclusi sono scomposte: Pagliarulo e la Cossutta si dimettono il 18 gennaio da tutti gli incarichi[70] (il primo per raggiungere i rossoverdi di D'Amato dal quale poi si distaccherà in luglio per fondare la Associazione Sinistra Rossoverde, la seconda rimanendo un'indipendente), mentre la Pistone, dopo tre legislature alla Camera consecutive, lascerà il PdCI il 23 febbraio[71] e il 31 marzo approderà alla Rosa nel pugno.
Diliberto, durante tutta la campagna elettorale, renderà pubblici nei comizi i litigi "per poltrone" del 19 gennaio con tristezza, ma soprattutto con l'orgoglio di chi, non facendo deroghe, ha dimostrato di guidare un partito non interessato a vecchie logiche di potere.
Il risultato è un incremento del 50% dei voti circa rispetto alle precedenti politiche del 2001. Alla Camera, la lista dei Comunisti Italiani raccoglie 885.000 voti (il 2,3%), segnando il suo nuovo massimo storico. Il partito elegge, così, 16 deputati.
Al Senato viene lanciata una lista unitaria insieme ai Verdi e ai Consumatori Uniti, denominata "Insieme con l'Unione", che raccoglie 1,4 milioni di voti (il 4,2%) superando quasi dovunque lo sbarramento regionale del 3% ed eleggendo 11 senatori, di cui 5 comunisti: un risultato incoraggiante (in alcune regioni al Senato si prendono più voti che divisi alla Camera), e così la direzione nazionale dà il suo parere positivo per la costituzione di un gruppo unico senatoriale con i Verdi. Diliberto va alla Camera, Cossutta al Senato.
Presidente del gruppo parlamentare alla Camera è Cosimo Giuseppe Sgobio, al Senato la presidenza del gruppo unitario con i Verdi è assunta da Manuela Palermi.
Il ritorno al Governo [modifica]
Durante le trattative per il nuovo governo di centrosinistra, il PdCI non segnala propri uomini di partito, ma suggerisce a Prodi sei nomi "che parlano a tutta la sinistra", a cui Prodi può attingere in piena libertà: Foad Aodi, medico e presidente nazionale dell'Associazione Medici Stranieri in Italia, di origine palestinese; Alberto Asor Rosa, storico e coordinatore della Camera di consultazione della sinistra; Marco Mancini, Rettore dell'Università della Tuscia di Viterbo; Gianni Minà, giornalista ed esperto di America Latina; Gian Paolo Patta, sindacalista già segretario nazionale e ora segretariato europeo CGIL; Luigi Scotti, presidente del tribunale di Roma. Inoltre propone come senatrice a vita la studiosa Margherita Hack.
Prodi non sembra ben disposto e in extremis il PdCI riesce a far inserire nella compagine di governo Alessandro Bianchi, rettore dell'Università degli studi "Mediterranea" di Reggio Calabria e noto urbanista: un tecnico non organico al partito, ma considerato vicino al Pdci.
Il 17 maggio nasce il governo Prodi II e Alessandro Bianchi giura da Ministro dei Trasporti. Tra i sottosegretari sono riconducibili al PdCI Luigi Scotti (alla Giustizia, diventatone poi ministro) e Gian Paolo Patta (alla Salute). Non mancheranno tuttavia strascichi polemici per il mancato conferimento del ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica ad Asor Rosa, per presunti veti della comunità ebraica, in quanto lo storico aveva recentemente assunto posizioni eccessivamente filo-palestinesi.
Le dimissioni di Cossutta [modifica]
Il 21 giugno 2006 Cossutta, con una lettera al segretario Diliberto, si dimette da presidente del partito[72]. Per Cossutta si tratta di «una decisione molto meditata e sofferta per chi come me ha fondato il Partito dei Comunisti Italiani», già ampiamente motivata in privato a Diliberto il 6 giugno. Diliberto se ne rammarica molto, ma ne prende atto.
I motivi della rottura non sono immediatamente chiari. E in effetti si tratta della conclusione di un periodo, tra il novembre 2005[73][74][75][76] e il maggio 2006, durante il quale Cossutta capisce che la sua figura di presidente non riusciva più a influenzare in alcun modo la linea del partito[77][78]. Nel giro di sei mesi, infatti, vengono bocciate pressoché all'unanimità la proposta della Lista Arcobaleno coi Verdi con un logo privo della falce e martello, quindi non vengono accolte le deroghe per le candidature alle politiche 2006 e, infine, viene rifiutata l'idea di entrare nel governo Prodi II con personalità del partito. In tutte queste scelte, Cossutta scorge una deriva estremistica del partito, in antitesi con la storia e la prassi dello stesso comunismo italiano, e un gruppo dirigente che non riesce a mettere "la politica prima della propaganda", come dirà a Il Riformista del 27 aprile.
Cossutta resta nel PdCI e Diliberto sarà il primo a fargli gli auguri per i suoi 80 anni (2 settembre), ma l'ex-presidente dal 4 agosto 2006 inizierà ciclicamente a rilasciare pesanti interviste contro il suo stesso partito e i suoi dirigenti, proponendo al contempo di superare il PdCI all'interno di un contenitore di sinistra più vasto. "Una sinistra senza aggettivi", come proporrà su l'Unità del 21 ottobre (frase che verrà ripresa da Diliberto nel quarto congresso). Ma, a detta di Cossutta, nessun partito, soprattutto il PdCI, è in grado al momento di realizzare quanto chiede. Più in là Cossutta teorizzerà che l'unico modo per favorire l'unità della sinistra sia quella di mettere da parte nomi e simboli del comunismo.
Il 21 aprile 2007 Armando Cossutta lascia il Pdci.
La XV legislatura (2006-2008) [modifica]

Carrara, 2007
Due giorni prima delle elezioni politiche del 2006 Diliberto aveva chiesto un voto al Pdci perché «se il centrosinistra vincerà le elezioni, i comunisti italiani sceglieranno come obiettivi prioritari questi due temi, la scuola e il lavoro, assumendosi contemporaneamente l’impegno del ritiro immediato delle truppe italiane dall’Iraq perché il nostro Paese possa vivere in pace.Reputo quello dell’Unione un buon programma, nella consapevolezza che si tratta di un compromesso essendo l’Unione una coalizione di partiti di sinistra e di partiti moderati. ( [...] ) Ma il punto è: riusciremo ad applicare il programma? (...)Dipenderà dai rapporti di forza che usciranno dalle urne. E i rapporti di forza ci dicono che dobbiamo continuare a lavorare per una maggiore unità della sinistra»[79].
Dunque fin dall'inizio dell'esperienza del secondo governo Prodi, il Pdci opta per un sostegno leale, ma disincantato al governo per chiedere la semplice applicazione integrale del programma di coalizione, rinunciando a proprie specifche desiderata. Al contempo resta sullo sfondo la speranza di unire la sinistra.
Già a giugno 2006 il Pdci è l'unico partito non disposto a rifinanziare la missione italiana in Afghanistan. La questione creerà non pochi malumori nella maggioranza e porterà a un braccio di ferro di settimane. Per il Pdci si tratta di applicare il programma de l'Unione[80], mentre il ministro Massimo D'Alema accusa il Pdci di voler far cadere il governo[81], cosa ripetutamente smentita da Diliberto. Alla fine l'accordo verrà raggiunto su una mozione che lascia proseguire la missione afgana, ma applicando il codice militare di pace. Per il Pdci è il segno della discontinuità col precedente governo Berlusconi[82].
La vicenda però porta allo scoperto un certo antagonismo fra Katia Bellillo e Marco Rizzo[83], e sulla stampa ha una certo eco il "ribellismo" del senatore Fernando Rossi, unico parlamentare Pdci che in un primo momento annuncia di voler votare contro la missione afgana a prescindere[84][85].
In luglio a tener banco è la spinosa questione dell'indulto, uno sconto di pena di tre anni che vede d'accordo maggioranza (Italia dei Valori esclusa) e settori dell'opposizione. Sulla questione interviene in aula a sorpresa Diliberto per annunciare l'astensione dei Comunisti Italiani. Il motivo è che l'indulto è generoso su troppe tipologie di reato ritenute gravi («noi che siamo a favore dell'indulto, non possiamo essere a favore di questo indulto»[86]).
In tutta questa prima fase della legislatura Pdci e Prc si vanno così differenziando nettamente: il primo sempre pronto a non dare sì scontati, il secondo invece sempre allineato col governo. Tutto ciò sarà motivo di conflitto acuto fra i due partiti comunisti, tanto da far sospettare a un vero e proprio assalto del Pdci al Prc[87].
Anche all'interno del Pdci però qualcosa va cambiando perché si va segnalando un aumento della visibilità di Marco Rizzo[88].
Il 23 ottobre fuoriesce dal partito il senatore Fernando Rossi[89][90][91][92], che il 30 fonda l'associazione Officina Comunista[93] e dal 15 novembre rappresenta al Senato i Consumatori Uniti di Bruno De Vita, per fondare infine il 28 luglio 2007 il Movimento Politico dei Cittadini.
Il Pdci continua intanto a offrire l'unità al Prc e alla sinistra in genere[94], ma sulla questione il segretario Giordano si oppone categoricamente perché fra i due partiti «dal 2001 ad oggi, le distanze si sono viepiù allargate»[95].
Il 4 novembre il Pdci è fra le forze politiche e sociali che scendono in piazza a Roma contro la precarietà nel lavoro (Stop precarietà ora!)[96]. Si parlerà di sinistra che manifesta contro il proprio governo e persino il ministro Bianchi prende le distanze facendo infuriare Rizzo[97].
Il 18 novembre il Pdci torna a sfilare in piazza a Roma per la pace in Palestina[98], ma stavolta non c'è nessun altro partito parlamentare (il resto dell'Unione manifesta, col Pdci presente, a Milano sullo stesso argomento ma equiparando Israele e Palestina[99]), ma le tante realtà di estrema sinistra. La manifestazione suscita scandalo e lo sdegno del presidente Giorgio Napolitano[100] perché vengono bruciati manichini di soldati italiani[101]. Diliberto prende le distanze parlando di «imbecilli»[102], ma si prenderà anche una dura reprimenda di Prodi[103].
Per la legge Finanziaria 2007 passa un emendamento del Pdci che stabilizza migliaia di precari della pubblica amministrazione[104]. Il Pdci propaganderà molto tale risultato parlando di 350mila precari assunti[105], ma altri sosterranno che non si andrà oltre i 100mila[106][107].
Tuttavia il bilancio di governo non è reputato esaltante. E alla Fiat di Mirafiori il 7 dicembre i sindacati vengono contestati dagli operai[108]. Pochi giorni dopo Gerardo Giannone e la sezione Pdci dell'Alfa Romeo fanno sapere attraverso il Corriere della Sera di pensarla come Mirafiori e chiedono al Pdci di fare «mea culpa» sull'operato del governo[109]. Rizzo fa subito sue le lamentele della sezione dell'Alfa. Il giorno dopo Diliberto sembra in sintonia con questo malcontento constatando che «nei primi otto mesi di governo abbiamo avuto un po’ di liberalizzazioni di Bersani, l’indulto con noi contrari ma che ha prodotto sconcerto nel nostro popolo. E infine una finanziaria dove per tre mesi si sono susseguiti annunci assurdi e clamorosi, tipo riforma delle pensioni, ticket al pronto soccorso, aliquote fiscali punitive anche per i redditi bassi. Alla fine non è passato nulla, ma siamo stati sulla graticola». Tuttavia il segretario del Pdci è ancora convinto che «stando dentro questo governo posso condizionarlo, posso strappare provvedimenti importanti, stabilizzare 300 mila precari, insomma posso contare»[110].
Il Pdci alla fine del 2006 appare comunque un partito in piena salute per numero di iscritti (raggiungendo il massimo storico) e anche di voti, visto il balzo in avanti avuto alle elezioni regionali del Molise (dove al contrario va male il Prc).
Con queste premesse il 21 gennaio 2007 si tiene un'importante manifestazione nazionale per festeggiare gli 86 anni dalla fondazione del Pcd'I e commemorare i 70 dalla morte di Gramsci[111][112]. La menifestazione vedrà la presenza, secondo gli organizzatori, di 7mila persone («la più grande manifestazione dalla nostra nascita», si dirà) e potrà contare su un relatore prestigioso come Luciano Canfora[113].
Ma in quegli stessi giorni di gennaio si apre una questione spinosa che avrà effetti imprevisti: la realizzazione della nuova base USA nell'aeroporto Dal Molin di Vicenza, il cosiddetto progetto «Ederle 2».
Dopo un primo periodo di incertezza, il 16 gennaio 2007 Romano Prodi da Bucarest fa sapere che «il governo non si oppone» a Ederle 2, anche perché «l'ampliamento della base era stato deciso dal governo precedente e dal Comune»[114]. Diliberto non nasconde a caldo la sua delusione: «Sono molto deluso, molto dispiaciuto. Posso capire i problemi di Prodi, ma non condivido assolutamente la decisione del governo sull'ampliamento della base Usa a Vicenza. A questo punto chiedo a maggior ragione il coinvolgimento della popolazione e che si faccia subito il referendum»[115]. La delusione è anche originata dal fatto che proprio al Pdci in question time il ministro della Difesa Artuto Parisi sulla vicenda il 27 settembre precedente aveva risposto che «per quanto riguarda le decisioni (...) a tutt'oggi, con la controparte USA non sono stati sottoscritti impegni di alcun genere. La disponibilità di massima manifestata dal precedente Governo non si è tradotta, infatti, in alcun accordo sottoscritto»[116].
Il 24 gennaio alla Camera il responsabile esteri del Pdci Venier interrompe i lavori esibendo la bandiera del movimento No Dal Molin[117].
Poi il 1º febbraio arriva un'inaspettata tegola sul governo. Quel giorno al Senato viene approvata con 152 sì, 146 no e 4 astenuti (i senatori dell'Ulivo Gavino Angius e Massimo Brutti, Domenico Fisichella e Paolo Bodini) un ordine del giorno della Casa delle Libertà sull'allargamento della base Usa di Vicenza. Decisivi per la sconfitta del governo sarà la non partecipazione al voto di sei senatori della maggioranza. Decisivi anche i sì di Giulio Andreotti e del presidente della Commissione difesa, Sergio De Gregorio, oltre a quello del parisiano Natale D'Amico. Assenti i senatori a vita Rita Levi-Montalcini, Carlo Azeglio Ciampi, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro e Sergio Pininfarina[118].
Dall'ala destra de l'Unione si punta il dito contro l'ala sinistra, e Diliberto rimanda al mittente le accuse denunciando che «si è tanto parlato della sinistra pacifista, ma i pericoli alla stabilità giungono dalle manovre neocentriste»[119].
Prodi prova la carta del dialogo diretto scrivendo una lettera a la Repubblica in cui difende otto mesi di politica estera del governo mettendo in luce gli aspetti ritenuti più "pacifisti" e concreti, come la chiusura della base militare della Maddalena[120].
Ma tutta l'ala sinistra della coalizione di governo va avanti e si dà appuntamento a Vicenza per una grande manifestazione il 17 febbraio. Alla manifestazione, a detta degli organizzatori, parteciperanno in 200mila[121], ma per quanto ritenuta un successo di partecipazione, non riuscirà a smuovere il governo dalle sue decisioni. Diliberto avverte: «Credo che il governo debba tenere conto che esiste un grande popolo della pace che è tra l'altro gran parte del suo elettorato»[122].
È a questo punto, 21 febbraio, che il ministro D'Alema si presenta al Senato per illustrare la linea del governo in politica estera. La mozione che doveva approvare le comunicazioni del ministro viene però bocciata. Rossi e Franco Turigliatto non votano, i senatori a vita Andreotti e Pininfarina si astengono (che al Senato vale come voto contrario)[123]. Prodi, preso atto del voto, poche ore dopo dà le dimissioni e apre ufficialmente la crisi di governo[124].
Il Pdci e il Prc entrano nella bufera perché accusati di aver eletto rispettivamente Rossi e Turigliatto, ma il primo era già fuori dal partito da tre mesi, e il secondo è dirigente di una corrente di minoranza del Prc. A Diliberto tocca correre ai ripari parlando di «scellerati» e giustificando il capogruppo Palermi che aveva dato in aula dello «stronzo» a Rossi, ma ricordando che comunque il governo «si ritrova contro poteri forti come Confindustria, Vaticano, amministrazione Bush», i cui referenti in aula per Diliberto sono rispettivamente Pininfarina, Andreotti e Cossiga[125].
Il Pdci chiede, come tutta l'Unione, di riconfermare il governo senza modifiche e così la crisi rientra in fretta con un nuovo doppio voto di fiducia, ma la crisi ha risvolti inaspettati a sinistra.
Il 22 febbraio alle 22 è convocato un vertice di maggioranza dove Prodi pone 12 condizioni per ripartire. Il cosiddetto dodecalogo è approvato velocemente e all'unanimità, ma presenta punti che riducono drasticamente l'agibilità politica dell'ala sinistra de l'Unione[126].
Il giorno dopo a Il Messaggero Diliberto spiega che per «arginare i tentativi di sbattere la sinistra fuori dal governo per varare operazioni moderate e neocentriste» occorre «ristabilire un canale di dialogo continuo e cordiale tra Rifondazione e il PdCI. La speranza poi è una sinistra tutta unita. Del resto, ritengo che una delle cause di fibrillazione della maggioranza sia stata proprio la competizione a sinistra»[127].
A sorpresa l'invito è indirettamente accolto da Fausto Bertinotti che con un'ampia intervista a Liberazione del 26 febbraio è giunto alla conclusione «che ci sia una via d’uscita a questa crisi solo se si uniscono forze e si mette al primo punto il problema della cultura politica e del che fare. (...) Sospendiamo la discussione su come organizzarci e iniziamo quella su cosa fare. (...) Per affrontare la crisi della politica bisogna affrontare la questione di come raggiungere la “massa critica”. Se non lo affronti, questo tema, se lo rinvii a chissà quando, potrai seminare in eterno e benissimo, ma non riuscirai mai a raccogliere. Questa massa critica deve essere trasversale»[128].
Anche se non esplicito, Bertinotti sancisce la fine di nove anni di ostile indifferenza verso il Pdci. A riprova di ciò, il 2 marzo alla Camera Diliberto conclude il suo discorso sulla fiducia al governo osservando che «questa crisi potrebbe insegnarci che ora è il momento tra noi dell'unità, cimento difficile, certo, ma credo che sia maturo il tempo e che si provi a fare un passo avanti insieme, per sventare il pericolo reale di un'emarginazione a scapito proprio degli obiettivi che ci prefiggiamo. ( [...] ) Noi Comunisti Italiani siamo pronti, dunque, ad inaugurare una stagione nuova. Sono le cose a dirci che dobbiamo fare presto e, allora, ecco gli obiettivi: più unità del centrosinistra, ma, al suo interno, anche più unità della sinistra. Verrebbe da dire, insieme ad un grande scrittore: cari colleghi della sinistra e, se posso, cari compagni, se non ora, quando?»[129].
Detto ciò e incassati gli applausi dei deputati del Pdci e, fatto nuovo, del Prc, Diliberto sale nella postazione presidenziale di Bertinotti e i due hanno un plateale abboccamento confidenziale. Decisivo per il disgelo fra i due partiti comunisti pare essere stato il vertice serale del 22 febbraio[130]. Per non essere da meno, i deputati del pdci applaudiranno anche l'intervento del segretario Franco Giordano.
Ha così inizio quel lungo processo che porterà entro l'anno alla creazione de la Sinistra l'Arcobaleno.
Dal IV Congresso a la Sinistra l'Arcobaleno [modifica]
Una settimana dopo, il 9 e 10 marzo 2007, si celebra il comitato centrale che indice il IV Congresso nazionale per la fine di aprile. A tenere banco è chiaramente l'apertura di Bertinotti. Dice Diliberto: «Per la prima volta si può forse aprire la strada della Confederazione della Sinistra». E nonostante l'entusiasmo della fase e l'assoluta flessibilità con cui il Pdci si avvia a lavorare per un'unità a sinistra, Diliberto pone dei limiti: «Ho proposto (...) il percorso dell'unità nel mantenimento della nostra identità. È così che accettiamo il terreno dello scontro unitario. Dico “scontro” perché non sarà un dialogo semplice»[131].
Il dialogo in effetti non è semplice. Bertinotti apriva al Pdci e sospendeva il progetto della sezione italiana del Partito della Sinistra Europea in modo del tutto personale. Già il 4 marzo durante un pubblico dibattito organizzato dal Prc, il segretario Giordano annunciava di avere in merito un'opinione del tutto opposta[132].
C'è poi la questione che il Pdci al suo interno presenta ormai tendenze diverse e opposte, come ammetterà lo stesso Diliberto nelle sue conclusioni al Cc: «Trovo del tutto ragionevole che nel partito ci siano su questo opinioni diverse. Il compito di chi dirige il partito non è quello di sposare l’una o l’altra tendenza, è quello di metterle insieme, di tenere tutti nel percorso che comunemente si sceglie. E così come l’intervento del compagno Rizzo ha dato una torsione di sinistra alla linea, l’intervento del compagno Guerrini ha dato una torsione di destra. Ci dobbiamo meravigliare? No! Io, il gruppo dirigente, nel suo complesso, dovrà fare sintesi fra queste due posizioni. Non possiamo permetterci né uno slittamento ipergovernista, né uno slittamento antigovernista. Dobbiamo continuare in questo crinale difficilissimo, declinando unità e diversità»[133].
Comunque sia nessuno presenta mozioni congressuali alternative e ciò garantisce una formale unanimità sulla linea politica. Nei congressi locali a far notizia è solo il Pdci della Calabria che approva delle mozioni di sfiducia verso l'operato del ministro Bianchi, rettore proprio a Reggio Calabria[134], e il segretario del Pdci Piemonte Luca Robotti che viene rimosso per, pare, aver spinto troppo sull'unità a sinistra[135].

Il Presidente del Partito, Antonino Cuffaro
Dal 27 al 29 aprile 2007 viene celebrato il quarto congresso nazionale del partito.

Presidenza e logo del IV Congresso PdCI
È un congresso che segna una significativa svolta nel processo di unità a sinistra perché vede sfilare tutti i suoi principali leader (compresi i neo-scissionisti Ds di Sinistra Democratica) che via via dichiarano di voler condividere subito il progetto unitario che il Pdci aveva lanciato sette anni prima. Emblematica è poi la presenza in sala di Bertinotti, che viene accolto calorosamente[136].
Pur essendo il primo congresso senza Cossutta, non si registrano spaccature o divisioni: un solo intervento sarà a favore dell'ex presidente, mentre Diliberto e la sua linea è approvata col 98,8% dei voti. Alla carica di presidente viene posto Antonino Cuffaro.
Il 3 maggio per la prima volta dopo nove anni, Diliberto viene intervistato da Liberazione[137].
Il 12 maggio il Pdci partecipa alla manifestazione per l'approvazione dei Dico.
A fine maggio il Pdci conferma la sua ascesa alle elezioni amministrative e, in particolar modo, festeggia per la rielezione di Rosario Crocetta a sindaco di Gela.
Il 9 giugno il Pdci aderisce al sit-in di piazza del Popolo a Roma «per dire no alla guerra, no alla politica imperialista e neocoloniale dell'amministrazione Bush, no alla logica della guerra preventiva e permanente che insanguina il mondo». Tuttavia vi partecipano in pochie va molto meglio un analogo corteo pacifista da piazza della Repubblica fino a piazza Navona organizzato dalla sinistra extraparlamentare. Diliberto ammette: «Un flop annunciato»[138].
Si acuisce intanto il rapporto tra Pdci e il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa. I Comunisti Italiani chiedono a gran voce una politica di forte redistribuzione e contrastano le ventilate ipotesi di riforma delle pensioni e del welfare. Diliberto sbotta: ««Non conosco metodi sicuri per vincere le elezioni, ma c'è un sistema infallibile per perderle: quello di Tommaso Padoa-Schioppa», e lo accusa di lavorare per conto dei poteri forti contro la sinistra[139].
In corso di trattativa per pensioni e welfare, l'8 luglio Diliberto avverte che «i margini per Prodi sono molto stretti, direi angusti, si rischia davvero la crisi»[140].
Il 23 luglio il governo presenta l'accordo coi sindacati sulla riforma delle pensioni. Il giorno dopo fa altrettanto presentando il protocollo sul welfare. Il giudizio del Pdci è severissimo e annuncia una dura battaglia[141].
A conseguenza di questi accordi che deludono tutta l'area della sinistra, il 3 agosto viene lanciato da alcuni intellettuali un appello per una manifestazione nazionale a Roma da tenersi il prossimo 20 ottobre «per ricostruire un protagonismo della sinistra e ridare fiducia alla parte migliore e finora più sacrificata del paese»[142].
Fra l'8 e il 10 ottobre i sindacati sottopongono a referendum il protocollo sul welfare del 23 luglio. La sera dell'8 dagli studi di Porta a Porta, Marco Rizzo parla di «referendum finto» perché ha le prove che c'è chi ha votato più volte[143]. Ne nascerà un vespaio di polemiche contro il Pdci. Diliberto più cauto non smentirà Rizzo, ma spiegherà che «il nostro allarme lo abbiamo lanciato perché il referendum avvenga in modo cristallino, non vedo lo scandalo»[144]. Il referendum sarà vinto dai favorevoli all'accordo: su 5.041.810 di voti validi, i sì sono 4.114.939 voti (81,62%), contro i 926.871 dei no[145].
Nonostante ciò la manifestazione del 20 ottobre vuole essere l'occasione per convincere il governo a modificare quell'accordo secondo alcune desiderata della sinistra. Per Diliberto «la manifestazione del 20 vuole rappresentare uno stimolo per il governo affinché tenga conto di un disagio sociale che esiste»[146].
Alla manifestazione del 20 ottobre aderiscono Pdci e Prc e, malgrado il dissenso di Sd e Verdi, e vedrà la partecipazione di un milione di persone.
Il giorno dopo Diliberto e il Pdci incalzano il governo sul protocollo: «Ci aspettiamo che ora il premier passi all'azione per modificare il protocollo sul welfare»[147].
Il 7 novembre una delegazione di circa 100 comunisti italiani guidati da Diliberto si reca a Mosca per una settimana per festeggiare i 90 anni dalla rivoluzione d'ottobre. Diliberto è l'unico segretario di partito straniero ad intervenire[148]. L'evento avrà vasta eco anche fuori dal partito per le polemiche seguite a una battuta di Diliberto sulla traslazione della salma di Lenin in Italia[149].
Il 24 novembre il Pdci è tra chi aderisce alla manifestazione contro la violenza alle donne[150].
Intanto il 22 novembre in commissione Lavoro alla Camera, si raggiunge un accordo di modifica del protocollo sul welfare che vede d'accordo tutta la maggioranza. Il Pdci esulta, ma dura poco[151]. Il senatore Lamberto Dini grida allo scandolo e fa pressioni perché l'accordo in commissione non venga ratificato dal Parlamento. Per Dini «ogni cambiamento voluto dall'estrema sinistra non può che essere osteggiato dalla mia parte politica»[152]. Così il 23 Prodi annuncia che porrà la fiducia sul testo originale e non su quello uscito dalla commissione lavoro[153].
L'evento viene vissuto come uno schiaffo pesante da tutta la sinistra e dal Pdci in particolare. Il comunista italiano Gianni Pagliarini, presidente della commissione Lavoro alla Camera, si dimette il 28 novembre, cioè proprio nel giorno in cui il protocollo arriva in aula[154]. Diliberto annuncia a nome del Pdci l'intenzione di non voler fare cadere il governo votando contro la fiducia, ma precisa anche che «subendo il ricatto di Dini, avete lacerato la maggioranza» e quindi «da oggi il nostro ruolo sarà molto ma molto più incisivo, su ogni provvedimento, su ogni decreto-legge, su ogni atto del Governo. Cambia tutto. Avete rotto un patto tra noi, consapevolmente. Avete confidato nella nostra lealtà, che manifesteremo anche oggi, votando la fiducia: perché noi siamo persone serie, e noi rispettiamo i patti»[155].
Tuttavia il giorno dopo il Pdci ci ripensa e preferisce a sorpresa lasciare l'aula al momento del voto, tranne Diliberto, Pagliarini e il capogruppo Pino Sgobio. Un atto plateale che non piacerà al resto della sinistra con la quale il Pdci sta ormai lavorando con riunioni periodiche per il lancio del nuovo soggetto politico unitario[156].
Il successo del 20 ottobre ha dato infatti la spinta definitiva per varare la Sinistra/l'Arcobaleno il 5 dicembre 2007, ma nasce male, tra mille maldipancia tanto nel Pdci, quanto nel Prc e nei Verdi.
All'Assemblea della Sinistra e degli Ecologisti dell'8 e 9 dicembre che presenta il nuovo logo arcobaleno senza riferimenti comunisti, Marco Rizzo è polemicamente assente «perché mancano la falce e martello e perché non si è alternativi al Pd»[157]. Rizzo è ormai individuato dai più come il leader della sinistra del Pdci e si fa portavoce di tutte le insoddisfazioni comuniste verso il governo e il processo unitario a sinistra che pure ritiene necessario per rilanciare i comunisti. Lo stesso Rizzo dal 20 novembre è in libreria con Perché ancora comunisti. Le ragioni di una scelta, libro-manifesto del Rizzo-pensiero[158], e lo stesso giorno l'europarlamentare del Pdci inaugurerà un suo blog personale (marcorizzo.eu).
In questo contesto il 19 dicembre torna a farsi sentire l'operaio Gerardo Giannone con una lettera aperta a Diliberto sottoscritta anche da 24 membri del Cc e diversi altri dirigenti locali, dove si chiede «di riconsiderare il giudizio su Prodi e di ritirare quindi la nostra delegazione dal governo, nonché di discutere la nostra presenza in un soggetto che, per ora non ha alcun profilo politico di classe, né tanto meno un "cuore" e sta assumendo invece le sembianze di una "dépendance di sinistra" del Pd»[159]. Una posizione che il giorno dopo Rizzo lascia intendere di non disprezzare[160], mentre vedrà furente la segreteria nazionale[161].
Il 10 gennaio 2008 si tiene un importante vertice di maggioranza[162]. Il Pdci chiede di reintrodurre la scala mobile. Il vertice sarà di fatto l'ultimo atto del governo Prodi.
Gli eventi precipitano improvvisamente: il 21 gennaio l'Udeur passa all'opposizione e si va ad elezioni anticipate come la Sinistra/l'Arcobaleno in corsa solitaria per Fausto Bertinotti Presidente del Consiglio, avendo il Pd respinto ogni richiesta di alleanza dopo un incontro fra segretari avvenuto l'8 febbraio.
Il 7 marzo il Pdci si distingue non candidando il proprio segretario a favore di un proprio dirigente locale operaio alla ThyssenKrupp di Torino[163], la fabbrica teatro tre mesi prima di un'orrenda strage sul lavoro.
Il 29 marzo fanno scalpore due fughe eccellenti. Dalla Calabria il ministro Bianchi annuncia la sua adesione al Pd[164], mentre in Emilia-Romagna il segretario regionale e candidata Loredana Dolci rilascia un'intervista all'edizione bolognese de la Repubblica dove invita a votare Pd per fermare la destra[165][166], scatenando la sua immediata espulsione con una riunione d'urgenza della Commissione di garanzia del Pdci[167].
Due settimane dopo la Sinistra/l'Arcobaleno non riesce a superare lo sbarramento previsto dalla legge elettorale e dunque, con un misero 3% dei suffragi non elegge nessun rappresentante in Parlamento.
Il V congresso e la scissione di "Unire la Sinistra" [modifica]
Al crollo elettorale il gruppo dirigente del Pdci reagisce subito individuando nell'identità non comunista de la Sinistra l'Arcobaleno la causa principale del pessimo risultato elettorale. «Francamente è stato un autentico disastro», commenta a caldo Diliberto che aggiunge come «la sinistra così com'è non va da nessuna parte. Dobbiamo ricominciare dalla falce e martello»[168]. E Manuela Palermi avverte «la stragrande maggioranza dell'arcobaleno è comunista», ma che questa è stata umiliata perché «abbiamo assunto un profilo troppo moderato»[169].
Tutto ciò suona a Rizzo come la conferma che negli ultimi tempi era stato più lungimirante di altri («modestamente, alcuni di noi, tra cui il sottoscritto, lo avevano detto», scrive a caldo sul suo blog) e traccia subito lo schema di riflessione del Pdci per il prossimo futuro. Per Rizzo infatti «tre sono i cardini della discussione che, schematicamente, dovremmo affrontare: [1] Una nuova riflessione e pratica dell’antimperialismo nell’era della globalizzazione capitalistica, sia nei confronti di quello americano, dominante, che di quello europeo, nascente. [2] L’alternatività all’americanizzazione della politica e quindi al Partito Democratico, appunto per una alternativa di sistema e di società. [3] Una nuova soggettività dei comunisti, cui possano partecipare tutte e tutti coloro che intendono impegnarsi per il superamento di questo modello di società, al di là delle attuali, e certo non autosufficienti, organizzazioni di appartenenza»[170]. Viene dunque delineata l'idea di un nuovo partito comunista fortemente alternativo al Pd e dall'identità comunista marcata quanto rinnovata.
Il giorno dopo, 17 aprile, dal sito web comunistiuniti.it viene lanciato da circa 100 comunisti fra personalità di cultura (come Margherita Hack, Domenico Losurdo, Gianni Vattimo, Luciano Canfora, Angelo D'Orsi), dello spettacolo (come Marco Baldini, Giorgio Gobbi, Bebo Storti) e di partito (come i già noti operai Ciro Argentino e Gerardo Giannone), un appello per riunificare in un unico partito Prc e Pdci. Rizzo lo definirà «un ottimo appello»[171], e l'intero Pdci vi aderisce istantaneamente[172] dando all'appello grande visibilità[173].
Alla Direzione Nazionale del 18 aprile Diliberto si presenta dimissionario ponendo la fiducia sulla sua relazione. Il segretario e Rizzo non sono però concordi sul passato, visto che per il secondo era il caso di non adrire all'arcobaleno e andare soli, mentre Diliberto replica: «Temo che avremmo avuto un consenso del tutto residuale come è capitato allo Sdi, cioè sotto all'uno per cento. Un disastro. Saremo stati vittime del doppio voto utile, verso il Pd e verso l'Arcobaleno». Invece, nota Diliberto, «il nostro Partito complessivamente rispetto agli altri partner dell'alleanza è quello che ne esce meglio». Per il futuro si propone un nuovo congresso che faccia proprio l'appello dei "comunisti uniti"[174]. Diliberto ottiene la fiducia, ma Rizzo in polemica non è partecipa al voto[175].
Ma le tensioni nel Pdci non vengono solo da sinistra. Alla destra del Pdci durante il Comitato Centrale del 10-11 maggio, si va coagulando una nuova area che fa riferimento a Katia Bellillo, Umberto Guidoni e Luca Robotti. Nonostante Rizzo non smetta di incalzare Diliberto con emendamenti e critiche, è evidente che dopo le elezioni Diliberto ha mutuato molti suoi argomenti e suggerimenti strategici, come quello di un Pdci nettamente alternativo al Pd. Tutto ciò fa storcere il naso a chi come la Bellillo, Guidoni e Robotti vi vede un pericoloso passo indietro, perché così si va a «liquidare con un colpo di spugna 10 anni di vita di questo partito e la sua peculiare specificità: essere sinistra di governo con una cultura costituzionalista», e suggerisce difatto di riprendere la strada dell'arcobaleno quando avverte che «la costituente o l’unità dei comunisti sono proposte che ci fanno fare un pericoloso passo indietro. I comunisti italiani devono impegnarsi per far nascere la sinistra senza aggettivi»[176].
Di lì a breve, il 27 maggio, il gruppo guidato dall'ex Ministro Bellillo, dall'europarlamentare Umberto Guidoni e dal consigliere regionale Luca Robotti apre un proprio blog (unirelasinistra.net) e si decide a dare battaglia congressuale.
Al successivo Comitato Centrale del 7 e 8 giugno si decide di rinnovare il sistema dell'inemendabilità dei documenti politici congressuali. Il documento presentato dalla segreteria cerca di fare una sintesi del dibattito interno e alla fine vede d'accordo Rizzo «al 70%», mentre la Bellillo, Guidoni e Robotti vanno per la loro strada e presentano un documento alternativo. Per la prima volta un congresso Pdci è chiamato a scegliere fra due proposte politiche, perdippiù fortemente alternative. Da un lato il documento di maggioranza Ricostruire la sinistra. Comuniste e comunisti, cominciamo da noi, dall'altro il documento di minoranza Una necessità per il paese: unire la sinistra[177].
Su 28.926 iscritti del 2007, al voto nei congressi parteciperanno in 3.868 (13,37%). La mozione 1 raccoglierà 3.259 voti (84,26% dei votanti), mentre la mozione 2 si fermerà a 513 voti (13,26%). Gli astenuti saranno 96 (2,48%)[178][179].
Dal 18 al 20 luglio si celebra così il V congresso che si conclude con una frattura con i sostenitori della seconda mozione. Questi infatti non optano per la scissione, ma decidono ugualmente di costituirsi in associazione Unire la sinistra per perseguire la propria linea politica per una «costituente di sinistra» insieme ai promotori di Sinistra Democratica e all'area di Rifondazione per la Sinistra che fa capo a Nichi Vendola. Decidono altresì di rifiutare i 27 posti su 531 (5,08%) loro assegnati dal congresso nel nuovo Comitato Centrale, come in qualunque altro organismo centrale[180].
Intanto il 21 giugno lascia il Pdci Nicola Tranfaglia con motivazioni analoghe a quelle di Unire la sinistra. Il 1º ottobre farà altrettanto Rosario Crocetta aderendo al Pd[181].
L'8 febbraio 2009 l'associazione Unire la Sinistra si scinde all'unanimità dal Pdci per lavorare a un nuovo soggetto unitario della sinistra, ovvero la cosiddetta costituente della sinistra.[182].
Per le elezioni europee del 2009 UlS si presenta insieme a Sinistra Democratica, ai Verdi, al Partito Socialista e al Movimento per la Sinistra nella lista Sinistra e libertà, dove candida Guidoni, Fernando Pignataro e Bebo Storti, raccogliendo complessivamente 21.570 preferenze.
Le elezioni europee del 2009 [modifica]
Il 28 marzo viene annunciato che PRC, PdCI, Socialismo 2000 e Consumatori Uniti, si presenteranno in una lista unica dove il PRC detiene il 60% delle candidature, dando così concretezza alla proposta della Direzione Nazionale del PRC dell'11 febbraio precedente «di promuovere una lista da presentare alle prossime elezioni europee che, partendo dalla presentazione del simbolo di Rifondazione Comunista-SE, condivida la scelta di appartenenza al GUE-NGL, unisca tutte le forze anticapitaliste, comuniste, di sinistra, sulla base di contenuti alternativi al progetto di Trattato di Lisbona e all’impostazione neoliberista e militarista dell’Unione Europea»[183]. Sembra quindi concretizzarsi un embrione della "Costituente comunista" già invocata in passato da PRC e PdCI, oltre che da numerosi altri gruppi.
Alle elezioni europee i 21 candidati in quota PdCI totalizzano 144.408 voti di preferenza (40,5% del totale) su 1.038.247 voti di lista (3,38%). Il PdCI esprime il candidato più votato di ogni circoscrizione, ma la Lista Anticapitalista rimanendo sotto il 4% non accede all'europarlamento sancendo la seconda sconfitta consecutiva.
L'espulsione di Marco Rizzo [modifica]
Dopo la sconfitta del 7 giugno, il PdCI convoca l'Ufficio Politico il 9 dove Diliberto si presenta dimissionario. Alla fine della riunione l'UP vota contro le dimissioni con l'eccezione di Marco Rizzo che vota a favore. L'UP emette un documento dove «ribadisce la fermezza della linea» e di procedere «con determinazione nel processo di riunificazione» con PRC e Socialismo 2000[184].
Il giorno dopo si costituisce il coordinamento nazionale della Lista Anticapistalista con l'intenzione di fare altrettanto a livello locale[185].
Il 13 giugno si riunisce la più ampia Direzione Nazionale dove in sostanza si replica il clima dell'UP con Rizzo voce critica. Secondo l'ex capogruppo PdCI «serve una riflessione profonda sulle ragioni della sconfitta della sinistra. Diliberto gioca sulle sue dimissioni ma purtroppo parla un vecchio linguaggio della politica». (...) «È necessario coinvolgere la base militante, dal comitato centrale ai segretari di federazione e di sezione. Servono idee nuove, progetti e programmi per l'alternativa e per dare una ultima speranza al nostro popolo sempre più sfiduciato»[186]. Maurizio Calliano invoca allora misure disciplinari contro l'ex europarlamentare perché in campagna elettorale non avrebbe sostenuto la lista del partito[187], nonostante Rizzo fosse attivamente candidato alle amministrative come sindaco di Collegno e presidente della provincia di Grosseto (risultando in entrambi caso non eletto e fuori dal consiglio).
Il 18 giugno la situazione precipita. Sul blog di Marco Rizzo e sul sito di Proletaria appare una lettera aperta a Diliberto (ma secondo statuto doveva essere rivolta al presidente Cuffaro) nella quale diversi dirigenti del PdCI, ma non Rizzo, chiedono la convocazione entro il 5 luglio del Comitato Centrale allargato ai segretari di federazione e di sezione perché, si afferma, «crediamo sia necessaria una riflessione profonda che coinvolga tutte le istanze del partito, a partire dalla base»[188].
Il giorno dopo Rizzo è convocato per telegramma dalla Commissione Nazionale di Garanzia a seguito di un ricorso di Calliano e altri della federazione di Torino. Il 22 giugno Rizzo viene ascoltato dalla CNG ed espulso. Le motivazioni dell'espulsione vengono rese note il giorno successivo, il 23. Fra l'audizione e la scrittura delle motivazioni, Rizzo rilascia un'intervista al Corriere della Sera, nella quale spiega che sta per essere espulso. Secondo Rizzo la situazione «è precipitata dopo che ho fatto notare a Diliberto che diverse iniziative pubbliche locali da lui svolte nel tempo lo vedevano sempre "accompagnato" da un volto noto della P2 di Licio Gelli: Giancarlo Elia Valori. Dal 2003 al 2007. Rizzo si guarda bene dal dire nell'intervista le vere ragioni della sua espulsione e cita la partecipazione del segretario del Partito Oliviero Diliberto "a ben otto avvenimenti con quest'uomo (Elia Valori). Gli ho chiesto chiarimenti in forma riservata per non nuocere all'immagine del partito né alla campagna elettorale. Non ho ricevuto risposte plausibili, solo una procedura di espulsione[189]. Rizzo quel giorno stesso tiene anche una conferenza stampa dove spiega e prova meglio la sua accusa[190]. Per queste accuse il segretario del Partito Oliviero Diliberto querela Marco Rizzo e l'ufficio stampa del partito fa notare che gli incontri citati da Rizzo sono "occasioni pubbliche, presentazioni di libri, convegni, dibattiti - alcuni anche alla festa nazionale del Partito - a cui hanno partecipato, fra gli altri, scrittori e uomini di cultura e delle istituzioni del calibro del prefetto di Roma Achille Serra, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e del presidente della Provincia di Roma Enrico Gasbarra.
Dal canto suo la CNG motiva l'espulsione sostenendo che Rizzo «si è astenuto dallo svolgere la campagna elettorale per le Elezioni Europee a sostegno della lista Comunista ( [...] ), ma ha finanche dato indirizzo di voto diverso da come deciso negli organismi dirigenti del Partito; nella maggior parte dei casi invitando a votare candidati di altre liste concorrenti a quella unitaria dei Comunisti (Italia dei Valori in primis, ed anche Partito Comunista dei Lavoratori e Sinistra e Libertà), in particolare sostenendo Gianni Vattimo (candidato nelle liste dell’Italia dei Valori), ed in certi casi dando indicazione di voto contro il nostro Segretario nazionale». Gli viene fatta notare la violazione del principio del centralismo democratico e quella di frazionismo, e «gli inutili tentativi di risolvere in ambito politico la questione in essere»[191].
Rizzo annuncia così di avere «molta stima del percorso che va facendo Rifondazione, ma in questo momento è necessario riflettere su idee nuove. Serve una sinistra popolare, sempre con la falce e martello, che sappia riscaldare il cuore della nostra gente. (...) Si deve ripartire da lì»[192]. Ne deriva così la silenziosa scissione di Comunisti - Sinistra Popolare che, a detta di Rizzo, nell'arco di tre mesi porterà alla fuoriuscita di 60 sezioni PdCI e qualche consigliere regionale[193].
Correnti e scissioni [modifica]
Nel PdCI le correnti organizzate e il frazionismo sono attività espressamente vietate.
Tra la fine del 2005 e i primi mesi del 2006, alcuni dirigenti hanno polemizzato col segretario Diliberto e hanno abbandonato il partito per fondare l’Associazione Rossoverde (4 dicembre 2005) e l’Associazione Sinistra Rossoverde (30 marzo 2006), quest'ultima poi confluita in Sinistra Democratica il 5 maggio 2007.
In seguito al fallimento elettorale della Sinistra Arcobaleno, Katia Bellillo e Umberto Guidoni si posizionano sulla "destra" interna chiedendo di rimettere mano al progetto di unità della sinistra e di ricercare l'alleanza con il PD, ma dopo circa sette mesi preferiscono lasciare il PdCI.
Già dal 2004, invece, Marco Rizzo aveva proposto uno "spostamento a sinistra" dell'asse del Partito, chiedendo, in occasione dell'ultimo congresso, di uscire dalle amministrazioni locali che vedono i Comunisti Italiani alleati del Partito Democratico. Il 23 giugno 2009 viene espulso dal Partito.
Valori [modifica]
Il preambolo dello statuto del partito recita:
Il Partito dei Comunisti Italiani è un partito politico di donne e di uomini che opera per organizzare gli operai, i lavoratori, gli intellettuali, i cittadini che lottano, riconoscendosi nei valori della Resistenza, per l'estensione e il rafforzamento delle libertà sancite dalla Costituzione repubblicana e antifascista, per trasformare l'Italia in una società socialista fondata sulla democrazia politica, per affermare gli ideali della pace e del socialismo in Europa e nel mondo.
Esso fa riferimento al marxismo e agli sviluppi della sua cultura, alla storia e all'esperienza dei comunisti italiani e persegue il superamento del capitalismo e la trasformazione socialista della società.
Risultati elettorali [modifica]
Segretari [modifica]
Armando Cossutta (11 ottobre 1998 - 29 aprile 2000), come presidente unico
Marco Rizzo (23 novembre 1998 - 13 dicembre 2001), come coordinatore nazionale
Oliviero Diliberto (29 aprile 2000 - in carica)
Presidenti [modifica]
Armando Cossutta (11 ottobre 1998 - 21 giugno 2006)
Antonino Cuffaro (29 aprile 2007 - in carica)
Capigruppo al Senato della Repubblica [modifica]
Luigi Marino (1998-2006)
Manuela Palermi (2006-2008)
Capigruppo alla Camera dei deputati [modifica]
Tullio Grimaldi (1998-2001)
Marco Rizzo (2001-2004)
Pino Sgobio (2004-2008)
Organigramma [modifica
Organigramma del vertice nazionale
I CongressoComitato Centrale (134 membri)Direzione Nazionale (24 membri): Grimaldi Tullio, Manisco Lucio, Marino Luigi, Bellillo Katia, Caron Claudio, Cuffaro Antonio, Guerrini Paolo, Barbieri Stefano, Bergonzi Piergiorgio, Caponi Leonardo, Coggiola Paolo, Cossutta Maura, Di Rosa Angelo, Fe' Massimo, Galante Severino, Giacomino Rocco, Michelangeli Mario, Nolli Vittorio, Notarianni Maso, Pagliarulo Gianfranco, Pellegrini Paola, Sgobio Pino, Tripodi Gerolamo, Venier Jacopo.Presidenza Nazionale (6 membri): Cossutta Armando, Diliberto Oliviero, Minucci Adalberto, Muzio Angelo, Nesi Nerio, Rizzo Marco.
II CongressoComitato Centrale (197 membri)Direzione Nazionale (37 membri): Cossutta Armando, Diliberto, Albertini Renato, Bellillo, Bergonzi, Cesini Rosalba, Chieppa Vincenzo, Corso Francesca, Cossutta Maura, Cuffaro, D'Amato Alessio, Dolci Loredana, Fissi Silvia, Galante, Giacomino, Guerrini, Luccio Riccardo, Marino Luigi, Michelangeli, Minucci, Moroni Rosanna, Muzio, Nesi, Pagliarulo, Palermi Manuela, Pignatiello Alessandro, Pellegrini, Pistone Gabriella, Rizzo, Sgobio, Soffritti Roberto, Tibaldi Dino, Tomei Luigi, Tripodi, Venier. Invitati permanenti: Benedetti Carlo, Scarpa Maurizio.Segreteria Nazionale (13 membri): Cossutta Armando, Diliberto, Cesini, Cossutta Maura, Galante, Marino, Muzio, Pagliarulo, Rizzo, Sgobio, Soffritti, Tibaldi, Venier.
III CongressoComitato Centrale (284 membri)Direzione Nazionale (66 membri): Cossutta Armando, Diliberto, Albanese Lilli, Albertini, Atalmi Nicola, Bellillo, Bergonzi, Borri Roberto, Carlini Carlo, Caron, Carpinelli Roberto, Cavallo Gemma, Cesini, Chieppa, Coccia Giovanna, Corso, Cossutta Maura, Crocetta Rosario, Crocetta Salvatore, Cuffaro, D'Amato, De Angelis Giacomo, Di Rosa Angelo, Dolci, Fabbri Marisa, Frosini Nino, Galante, Giacomino Rocco, Giansanti Gennaro, Guerrini, Licandro Orazio, Luccio, Macchioni Monica, Macoretta Nicola, Malaspina Gloria, Marino, Marzullo Lorenzo, Michelangeli, Moroni Rosanna, Muzio, Napolitano Franco, Nolli, Pagliarulo, Palermi, Paternò Valentina Filippa, Pellegatta Maria, Pellegrini, Perna Luigi, Perugini Monica, Pignatiello, Pistone, Polenghi Daniela, Procaccini Cesare, Ranocchiaro Sara, Rizzo, Robotti Luca, Sgobio, Soffritti, Tibaldi, Tripodi Michelangelo, Tripodi Girolamo, Valente Giovanni, Venier, Vesco Enrico, Zorzini Bruna. Invitati permanenti: Boyer Mario, Leonesio Piero, Pagliarini Giovanni.Segreteria Nazionale (15 membri): Cossutta Armando, Diliberto, Bellillo, Cesini, Cossutta Maura, D'Amato, Galante, Guerrini, Marino, Pagliarulo, Rizzo, Sgobio, Soffritti, Tibaldi, Venier.
IV CongressoComitato Centrale (380 membri)Direzione Nazionale (101 membri): Cuffaro, Diliberto, Antonietta Acerenza, Silvia Achilli, Elena Arcella, Nicola Atalmi, Katia Bellillo, Piergiorgio Bergonzi, Anna Bernasconi, Tirreno Bianchi, Roberto Borri, Floriana Brianti, Eduardo Bruno, Marta Bruno, Vincenzo Calò, Luigi Cancrini, Carlo Carlini, Roberto Carpinelli, Rosalba Cesini, Enzo Chieppa, Cinzia Condello, Silvio Crapolicchio, Rosario Crocetta, Salvatore Crocetta, Antonella D’Angeli, Giacomo De Angelis, Franco De Mario, Maria Demurtas, Giorgio Devoto, Loredana Dolci, Aurora Ferraro, Marino Fiorentini, Francesco Francescaglia, Nino Frosini, Riccardo Gabellini, Vincenzo Gagliano, Severino Galante, Andrea Genovali, Luciano Ghelli, Claudio Giorgi, Paolo Guerrini, Umberto Guidoni, Enzo Infantino, Piero Leonesio, Orazio Licandro, Riccardo Luccio, Gloria Malaspina, Gabriella Manganoni, Lucia Mango, Massimo Marconcini, Paolo Marini, Luigi Marino, Gianna Mastrini, Giuseppe Merico, Riccardo Messina, Mario Michelangeli, Gianni Montesano, Rosanna Moroni, Antonio Morrone, Maurizio Musolino, Franco Napoletano, Fabio Nobile, Gianni Pagliarini, Manuela Palermi, Maria Pellegatta, Paola Pellegrini, Graziano Perini, Monica Perugini, Ferdinando Pignataro, Alessandro Pignatiello, Daniela Polenghi, Cesare Procaccini, Sara Ranocchiaro, Marco Rizzo, Luca Robotti, Rossano Rossi, Lia Sansone, Rosa Santini, Claudio Saroufim, Maurizio Scarpa, Giuseppe Scotto di Luzio, Pino Sgobio, Giancarlo Sitra, Giovanni Soave, Roberto Soffritti, Franco Specchio, Stojan Spetic, Alessandra Storari, Dino Tibaldi, Mario Torelli, Nicola Tranfaglia, Michelangelo Tripodi, Girolamo Tripodi, Elias Vacca, Giovanni Valente, Iacopo Venier, Enrico Vesco, Maristella Viola, Giuliana Zagabria, Bruna Zorzini.Segreteria Nazionale (21 membri): Cuffaro, Diliberto, Bellillo, Bergonzi, Cesini, De Angelis, Galante, Guerrini, Licandro, marino, pagliarini, Palermi, Pellegrini, Pignatiello, Rizzo, Sgobio, Soffritti, Tibaldi, Tranfaglia, Valente, Venier.
V CongressoComitato Centrale (531 membri)Direzione Nazionale (65 membri): Cuffaro, Diliberto, Soffritti Roberto, Crapolicchio Silvio, Atalmi Nicola, Bacciardi Giovanni, Barbadoro Massimo, Bergonzi Piergiorgio, Berto Massimo, Bonofiglio Salvatore, Bruno Aldo, Calò Vincenzo, Cancrini Luigi, Carlini Carlo, Carpinelli Roberto, Cerusico Sandra, Cesini Rosalba, Chieppa Vincenzo, Crocetta Rosario, Crocetta Salvatore, D’Alessandro Alessandro, D’Angeli Antonella, De Angelis Giacomo, De Mario Franco, De Santis Fabrizio, Ferraro Aurora, Francescaglia Francesco, Frosini Nino, Gabellini Riccardo, Gagliano Enzo, Galante Severino, Genovali Andrea, Giorgi Claudio, Grosso M. Antonietta, Guerrini Paolo, Infantino Enzo, Licandro Orazio, Longhi Aleandro, Macera Antonio, Malaspina Gloria, Mango Lucia, Mangononi Gabriella, Marconcini Massimo, Marini Paolo, Marino Luigi, Mazzola Michele, Merico Giuseppe, Messina Riccardo, Michelangeli Mario, Montesano Gianni, Morrone Antonio, Musolino Maurizio, Nobile Fabio, Pagliarini Gianni, Palermi Manuela, Pellegrini Paola, Pennestrì Mattea, Perna Corrado, Perugini Monica, Petrucci Salvatore, Pignatiello Alessandro, Polenghi Daniela, Procaccini Cesare, Rossi Rossano, Ruffini Massimo, Saroufim Claudio, Scarpa Maurizio, Sgobio Pino, Soave Giovanni, Spetic Stojan, Strambi Alfredo, Tibaldi Dino, Tripodi Girolamo, Tripodi Michelangelo, Tucci Walter, Vacca Elias, Valente Giovanni, Venier Iacopo, Vesco Enrico, Zorzini Bruna.Ufficio Politico (20 membri): Cuffaro, Diliberto, Soffritti, Crapolicchio, Atalmi Nicola, Bacciardi Giovanni, Bergonzi Piergiorgio, Cesini Rosalba, Chieppa Vincenzo, De Angelis Giacomo, Francescaglia Francesco, Frosini Nino, Galante Severino, Guerrini Paolo, Licandro Orazio, Nobile Fabio, Pagliarini Gianni, Palermi Manuela, Pellegrini Paola, Sgobio Pino, Tripodi Michelangelo, Venier Iacopo.Segreteria Nazionale (8 membri): Cuffaro, Diliberto, Cerusico, Licandro, Pignatiello, Soffritti, Venier. Dal 18 settembre 2009 anche Tripodi[196].
I progetti di confederazione della sinistra [modifica]
Il PdCI lavora per l'unità di tutte le forze di sinistra per arrivare a coalizioni di centrosinistra che camminino su due "gambe": quella di sinistra e quella di centro. La confederazione è la forma organizzativa auspicata perché unisce i partiti, preservandone l'autonomia delle varie organizzazioni, cosa impossibile in caso di fusione in un unico nuovo soggetto politico.
L'idea federativa venne per primo a Dario Cossutta, figlio di Armando, che con un articolo su l'Unità del 7 agosto 1990, proponeva di evitare una frattura interna al morente PCI, creando una federazione tra i futuri PDS e PRC, sul modello della Federazione delle Liste Verdi. La proposta fu portata avanti fino alla fine del XX e ultimo congresso PCI, ma non se ne fece nulla e alla fine fu scissione.
Ma dal gennaio 2000, il dibattito politico del centrosinistra fu animato dalla necessità di trovare nuove forme e organizzazioni per quel che rimaneva dell'Ulivo che, dopo la caduta del governo Prodi I, era notevolmente mutato per natura e composizione. Tra chi proponeva un partito unico (Arturo Parisi) e chi una federazione (Walter Veltroni), il dibattito sembrò non trovar compromesso e già a febbraio tutto sembrava lettera morta.
La sconfitta alle regionale del 16 aprile 2000 e la mancata abrogazione del proporzionale al referendum del 21 maggio spinsero Veltroni, con un'intervista a la Repubblica del 23 maggio, a rilanciare l'idea di una "Casa dei riformisti da contrapporre alla Casa delle Libertà", cioè una "grande federazione del centrosinistra".
Proprio quello stesso giorno, la Direzione Nazionale del PdCI lanciava la propria idea di Confederazione della Sinistra, affinché PdCI, Rifondazione Comunista, Verdi e DS potessero confederarsi e successivamente trovare un accordo con le forze di centro più riformiste che, proprio in quei giorni, andavano verso un'unione più stretta che, anni dopo, avrebbe portato alla nascita de La Margherita. In fondo si trattava di ricomporre il popolo di sinistra, che oggi si trova unito solo sindacalmente nella CGIL, mentre politicamente si divide in 3-4 partiti e innumerevoli associazioni. Per anni saranno solo rifiuti, specie da parte dei DS interessati a forme di unione o federazione con partiti di centro, più che con partiti della sinistra comunista.
L'idea di trovare un'unità a sinistra sembra iniziare a dare i suoi frutti il 15 gennaio 2005, quando Alberto Asor Rosa fonda la Camera di consultazione della sinistra a Roma, con intenti analoghi a quelli avanzati dal PdCI. Qualche nuovo spiraglio si intravede nel giugno 2005, quando la Federazione dei Verdi propone la Lista Arcobaleno, cioè l'aggregazione di almeno PdCI, Rifondazione Comunista, Verdi e associazioni varie. Il PRC rifiuta subito, mentre parte della CGIL e sinistra diffusa, oltre al PdCI, accolgono l'idea con entusiasmo.
Ma nel giro di pochi mesi la legge elettorale diviene proporzionale, lo sbarramento si dimezza e la Federazione dei Verdi rinunciano al progetto Arcobaleno (19 novembre 2005), non senza strascichi polemici. I Verdi sostengono di non essere più disponibili perché trovano privo di senso un Arcobaleno a due (Verdi+PdCI) e, comunque, rifiutano la presenza della falce e martello accanto al loro sole che ride, nell'eventuale simbolo della Lista Arcobaleno. I Comunisti Italiani sostengono invece che sia stato il dimezzamento della soglia di sbarramento a spingere i Verdi a ritrattare tutto.
Per il PdCI, malgrado tutto, resta la prospettiva di cercare di confederare la sinistra, come stabilito dalle linee guida del congresso 2004.
Il 14 febbraio 2006 si raggiunge un accordo elettorale per presentare al Senato una lista unica con Verdi e Consumatori Uniti. L'accordo prevede che 16 capilista siano equamente divisi tra Verdi e PdCI (cioè Armando Cossutta), mentre ai Consumatori vadano le rimanenti due regioni. Diliberto, presentando l'accordo nato certamente per superare agilmente lo sbarramento del 3%, non mancherà di far notare che "sarebbe utile che questo tentativo unitario a sinistra, il primo dopo quindici anni, avesse un buon risultato".
La lista unitaria andrà meglio al Nord, ma lo strano boom di voti ottenuti dal Prc solo al Senato, indurranno il partito a capire che rimpicciolendo la propria falce e martello, si sono regalati molti voti a Rifondazione. In ogni caso la XV legislatura si apre al Senato con la costituzione di un gruppo parlamentare unico tra Pdci e Verdi.
La crisi di governo aperta il 21 febbraio 2007 riapre improvvisamente il problema dell'unità a sinistra. Il 23 febbraio Diliberto su Il Messaggero dichiara che per «dare un segnale di unità forte dobbiamo ristabilire un canale di dialogo continuo e cordiale tra Rifondazione e il Pdci. La speranza poi è una sinistra tutta unita. Del resto, ritengo che una delle cause di fibrillazione della maggioranza sia stata proprio la competizione a sinistra». Tre giorni dopo arriva a sorpresa una risposta da Fausto Bertinotti attraverso Liberazione. Per l'ex segretario del Prc per «affrontare la crisi della politica bisogna affrontare la questione di come raggiungere la “massa critica”. Se non lo affronti, questo tema, se lo rinvii a chissà quando, potrai seminare in eterno e benissimo, ma non riuscirai mai a raccogliere. Questa massa critica deve essere trasversale». Per la prima volta dal 1998 il Prc apre al Pdci. Dal 9 dicembre 2007, nella conferenza della Sinistra ecologista della fiera di Roma, il Pdci assieme al Prc, la Sinistra Democratica ed i Verdi ha dato origine al nuovo soggetto politico chiamato la Sinistra - l'Arcobaleno. Con il simbolo della Sinistra Arcobaleno partecipa alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008.
La debacle elettorale, che sancisce l'uscita della scena parlamentare della Sinistra, il PdCI nella persona del suo segretario Diliberto, è la prima tra le forze del cartello a ricusare il progetto, prospettando un ritorno agli storici simboli "falce e martello".
Il Simbolo [modifica]
Storia [modifica]
Al momento del battesimo del PdCI (11 ottobre 1998), non era ancora pronto nessun simbolo, ma la dirigenza del neonato partito intendeva riproporre subito un logo che fosse il più simile possibile a quello del disciolto Partito Comunista Italiano, non solo per ragioni affettive, ma soprattutto per dare un forte segnale di continuità tra quella esperienza (1921-1991) e quella che si andava a iniziare. Tuttavia il simbolo apparteneva ai Democratici di Sinistra, seppure questi, otto mesi prima, lo avessero rimosso dal proprio logo di partito per sostituirlo con la rosa del Partito Socialista Europeo.
Visto però il contributo, seppure vano, del PdCI nel salvare il governo Prodi I, i DS accettarono di non contrastare un simbolo del PdCI che clonasse quello del PCI, a patto di qualche lieve modifica.
Il simbolo del PdCI viene presentato il 15 ottobre 1998 e, in effetti, è pressoché identico a quello del PCI disegnato a suo tempo da Renato Guttuso.
Il simbolo però non piace a Rifondazione Comunista che due settimane dopo si rivolge alla Corte d'appello di Roma e di tutte le città in cui vengono depositate liste del PdCI per le imminenti elezioni amministrative di novembre.
Sostiene il PRC che, essendo il simbolo dei Comunisti Italiani molto simile a quello di Rifondazione, gli elettori potrebbero esserne confusi e indotti in errore. Tesi accolta dai giudici, in quanto "gli elementi in base ai quali il simbolo del PdCI, molto simile a quello del PRC, potrebbe confondere e indurre in errore gli elettori, sono sussistenti". La confondibilità tra i due contrassegni deriva, secondo Rifondazione, "dai caratteri grafici e cromatici con cui sono riprodotti nel contrassegno contestato gli elementi figurativi essenziali e centrali del simbolo del PRC". Il segretario del PRC Fausto Bertinotti chiarirà che "non siamo contrari al fatto che chiunque si senta e si definisca comunista si presenti con un proprio simbolo", ma occorre fare "una scelta di tutela nei confronti degli elettori in modo tale che possano scegliere secondo coscienza".
La richiesta di impugnazione del simbolo da parte di Bertinotti viene respinta per le elezioni nei comuni di Pisa, Pescara, Massa, Civitavecchia, Sezze (Lt), Bitonto (Ba), Impruneta (Fi), Pisticci (Mt), mentre è accolta per la provincia di Roma, di Massa, di Foggia e nei comuni di Viareggio e Anzio.
Il PdCI teme di perdere insieme al proprio simbolo i propri voti e Marco Rizzo accusa: "Bertinotti con questo scellerato attacco fa nuovamente, per la terza volta nel giro di quindici giorni, un enorme favore a Fini e Berlusconi". Anche gli alleati accusano il PRC di masochismo, visto che spesso il ricorso è fatto in comuni e province dove il PRC è alleato con tutta la coalizione ulivista.
Il 3 novembre la soluzione della Corte d'Appello di Roma: la semplice aggiunta di un fondo azzurro al simbolo del PdCI eviterà confusioni col PRC. Da questo momento in poi l'azzurro accompagnerà sempre i simboli del PdCI e Rifondazione continuerà a presentare ricorsi senza successo.
In vista delle elezioni europee del 2004 e a seguito del III congresso del partito, il 7 marzo 2004, la Direzione Nazionale approva un nuovo simbolo elettorale dove viene aggiunta la dicitura "per la sinistra" nel bordo superiore, per meglio esplicitare la linea politica del PdCI. È un simbolo che non sostituisce, ma affianca quello precedente, che resta l'unico ufficiale per statuto (art. 31).
Ma questo nuovo simbolo avrà vita breve. Al Comitato Centrale del dopo europee, il 20 giugno 2004, Diliberto segnala: «I compagni hanno detto che occorre rendere più riconoscibile il simbolo. Sono d'accordo. Non ho ancora idee chiarissime su come fare, ma vedremo, studieremo ogni possibile ipotesi. Ci sono stati tantissimi errori sulle schede che, se evitati, avrebbero aumentato la nostra percentuale. In Sardegna, dove credo di essere più conosciuto che altrove, ho avuto 13.000 preferenze per le europee, ma 2.500 cittadini hanno scritto il mio nome sul simbolo di Rifondazione. E questo è successo un po' ovunque. A Bisceglie, dove anche le pietre conoscono Giovanni Valente, ci sono stati moltissimi analoghi errori. Salvatore Crocetta (detto Totò), anch'egli conosciutissimo a Gela, ha avuto 1.400 preferenze perse sempre per la stessa ragione. Stiamo parlando di numeri impressionanti».
Detto fatto, da Natale 2004 inizierà a circolare un simbolo schiarito e con la scritta comunisti italiani in neretto blu. La scelta deriva dall'osservazione che sulle schede elettorali stampate dalla Zecca di Stato i simboli tendono a scurirsi. Nel simbolo del PdCI questo fenomeno andava a danno soprattutto della scritta bianca comunisti italiani, che così risultava illeggibile o quasi.
Quest'ultimo simbolo è ormai l'unico usato dal PdCI ed è stato inserito anche nella tessera 2006, divenendo così non solo simbolo elettorale, come poi ufficializzato dalle modifiche allo statuto durante il IV congresso..
Voci correlate [modifica]
Politici del PdCI
Federazione della Sinistra
Partito della Rifondazione Comunista
la Sinistra - l'Arcobaleno
Eurocomunismo
Marxismo
Note [modifica]
^ Preambolo allo Statuto del partito
^ LUNEDI’ 20 DILIBERTO PRESENTA ‘PDCITV.IT’
^ Cossutta: intesa con l'Ulivo, ma Dini...
^ "Saremo nella maggioranza"
^ Documento finale approvato dalla maggioranza
^ Bertinotti affonda il governo Prodi
^ Cinquanta metalmeccanici "marciano" su Rifondazione: no alle elezioni
^ Bertinotti: voteremo la Finanziaria
^ Trattativa al telefono tra Massimo e Fausto. E alla fine Cossutta disse: "Garantisco io"
^ Si divide Rifondazione "travolta" dalla pace
^ «Fondo il partito comunista realista»
^ Bertinotti e Cossutta divisi sul futuro di Rifondazione
^ Finanziaria, Nesi divide Rifondazione
^ Bertinotti Cossutta, sul governo ormai è rottura
^ La Finanziaria spacca Rifondazione E Bertinotti: "Rischio di scissione"
^ Diliberto: il segretario non evochi la scissione. Chi ne parla la vuole...
^ Il "no" di Rifondazione affossa il governo
^ La nascita del PARTITO DEI COMUNISTI ITALIANI
^ La lettera di dimissioni di Armando Cossutta alla segreteria del Prc
^ Cossutta si dimette, Bertinotti minaccia
^ PRC: Armando Cossutta ha rassegnato di dimissioni da Presidente org. c/o la sala stampa di Montecitorio
^ a b Cossutta verso l'addio a Rifondazione
^ PRC: assemblea della corrente cossuttiana dopo il dibattito alla Camera sulle comunicazioni del Governo org. c/o Palazzo delle Esposizioni
^ L'addio di Cossutta: non possiamo obbedire
^ In marcia verso il governo al canto di "Bandiera rossa"
^ "Compagni, l'abbiamo scampata bella..."
^ Prodi battuto per un voto, cade il governo
^ "L'Italia e i comunisti" org. dalla corrente cossuttiana (c/o Cinema Metropolitan)
^ E il partito dei comunisti nasce in un cinema di Berlusconi
^ Cossutta: mai al governo con Cossiga
^ Ecco il nuovo simbolo "rosso"
^ L'ira di Bertinotti: chi vota Prodi è fuori
^ Simbolo, accolto ricorso del Prc contro il Pdci
^ I Comunisti di Cossutta "ritoccano" un colore e il loro nuovo simbolo può partecipare al voto
^ PDCI: presentazione delle liste elettorali per le prossime elezioni provinciali di Roma e la nuova tessera dei Comunisti Italiani org. c/o il Gruppo Parlamentare dei Comunisti Italiani
^ Riunione del Comitato promotore nazionale del PDCI org. c/o Centro Congressi Cavour
^ Cossutta media sulla scuola
^ "Rinascita della Sinistra" presentazione del nuovo settimanale del PDCI org. dal PDCI (c/o Gruppo dei Comunisti Italiani)
^ E Cossutta chiede un patto a sinistra
^ PDCI: conferenza stampa al termine del Coordinamento Nazionale org. c/o Hotel Jolli Leonardo
^ [1]
^ Pdci: Attivo nazionale dei sindacalisti e quadri operai - Iª parte
^ Pdci: Attivo nazionale dei sindacalisti e quadri operai - IIª parte
^ Pdci: presentazione del primo congresso che si terrà a Fiuggi dal 21 al 23 maggio org. dal PDCI (c/o sala stampa di Montecitorio)
^ Armando Cossutta commenta i risultati delle elezioni conferenza stampa organizzata a Montecitorio Armando Cossutta commenta i risultati delle elezioni conferenza stampa organizzata a Montecitorio
^ Cossutta chiude la Festa di Rinascita
^ Tornano i giovani comunisti della Fgci nuova creazione del partito di Cossutta
^ PdCI: «Battere le destre: governare l'Italia e le regioni»
^ Ecco perché ho scelto di non fare più il ministro
^ Pdci, Diliberto eletto segretario
^ Bellillo: «Io che ho stretto la mano al Papa, al corteo sarò in prima fila»
^ Cossutta e Diliberto alla manifestazione di Roma per gli 80 anni dalla fondazione del PCI
^ Girasole, al via senza il petalo comunista
^ PdCi: 2° Congresso nazionale (giornata conclusiva)
^ Pdci: subito unità a sinistra
^ Firmatari Genoa Social Forum
^ La relazione di Oliviero Diliberto
^ «E se Cofferati guidasse l'Ulivo?»
^ «Cofferati sindaco? Lo preferivamo leader»
^ Nerio Nesi lascia il Pdci
^ Nesi assente, finisce il feeling con Cossutta
^ L'iscrizione del professor Nicola Tranfaglia al Partito dei Comunisti Italiani
^ Tranfaglia si dimette. Bruxelles, malumori tra gli eurodiessini
^ Cossutta, la prima volta da secondo
^ C.C. 19 E 20 GIUGNO - Relazione Diliberto
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^ Relazione di Diliberto al Cc del 9-10/3/2007
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^ Conclusioni di Diliberto al Cc del 9-10/3/2007
^ Il Pdci calabrese contro il «suo» ministro «Bianchi ha tradito la nostra fiducia»
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^ Il Pdci riabbraccia Bertinotti
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^ Diliberto: “Non inseguiamo i no-global, incalziamo Prodi”
^ Padoa-Schioppa ci fa sbandare
^ Diliberto: «A riposo su base volontaria o c’è la crisi»
^ Comunicati stampa del 23-24/7/2007
^ A ottobre in piazza
^ Il militante comunista vota tre volte in tre seggi
^ WELFARE, DILIBERTO: NOSTRA DENUNCIA AIUTA IL SINDACATO
^ Consultazione sul Protocollo d'intesa Governo - CGIL, CISL e UIL del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro, competitività per l'equità e la crescita sostenibili 8/10 ottobre 2007
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^ Prima pagina sito Pdci del 17/4/2008
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^ la Rinascita della sinistra n. 20/2008, pag. 27
^ Verso il V congresso del Pdci
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^ Unire la Sinistra: finita esperienza del PdCI, alle elezioni con la Sinistra
^ Odg della Direzione nazionale dell'11.2.2009
^ EUROPEE, DOCUMENTO DELL'UFFICIO POLITICO DEL PDCI
^ Ferrero-Diliberto-Salvi, nasce coordinamento: "Obiettivo costruzione polo comunisti e sinistra autonomo da Pd"
^ PDCI: RIZZO, DILIBERTO GIOCA CON LE SUE DIMISSIONI
^ la Rinascita della Sinistra n. 24/2009
^ Lettera al Segretario del PdCI Oliviero Diliberto
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^ Decisione CNG n. 14 del 23.06.2009
^ Rizzo: io cacciato dal Pdci, capro espiatorio della sconfitta
^ Ritorna il simbolo del Pci, made in Rizzo
^ a b Dato dell'Ufficio dipartimento e organizzazione del PdCI comunicato all'Istituto Cattaneo
^ Al congresso 2008 avevano «diritto di voto tutti gli iscritti al Partito per l’anno 2007». Dati della commissione congressuale divulgati da unirelasinistra.net
^ PdCI: Direzione approva Federazione partiti comunisti
Bibliografia [modifica]
Andrea Cossu, Forme rituali e selezione del passato nella fondazione del Partito dei Comunisti Italiani (ottobre 1998), Contributo a Forme della Memoria e Rappresentazioni del Passato - Associazione italiana di Sociologia, Pavia, 27 febbraio 2004.
Andrea Cossu, “Tenetela cara questa bandiera!”. Simbolismo politico e ricorso al rituale nella scissione del partito dei comunisti italiani, in «Polis. Ricerche e studi su società e politica in Italia», n. 2, pp. 207 – 236, agosto 2004.
Armando Cossutta, Una storia comunista, Rizzoli, 2004.
Paola Bordandini, Aldo Di Virgilio, Partito dei Comunisti italiani. Ritratto di un partito che non avrebbe dovuto esserci, Dipartimento di Organizzazione e Sistema Politico dell'Università di Bologna, 11 ottobre 2005. Leggi qui
Collegamenti esterni [modifica]
Comunisti Italiani
La Rinascita della Sinistra, giornale del PdCI
Rinascita della scuola, sito del partito sulle tematiche scolastiche
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Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Partito_dei_Comunisti_Italiani"
Categorie: Partiti politici italiani (presente) Partito dei Comunisti Italiani

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